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11 aprile 2024

"Una vita", G. De Maupassant:

"La vita, vedete, non è né così bella né così brutta come si crede".

(Cit. tratta dal romanzo)

CONTENUTI ROMANZO:

Una vita è stato scritto da Guy De Maupassant e la prima pubblicazione risale al 1883. Si tratta di un'opera appartenente alla corrente del Verismo francese.

Vorrei recensire questo romanzo, che è una lucida indagine socio-morale della Francia del secondo Ottocento, approfondendo i personaggi principali.

Sicuramente non è un libro che narra la vita felice di una donna realizzata, tuttavia mi è piaciuto molto: Guy De Maupassant scrive divinamente, secondo me aveva proprio talento! Descrive molto bene i paesaggi e la natura ma è eccellente anche nel delineare gli stati d'animo dei suoi personaggi. Ve lo consiglio!

Uno dei temi fondamentali è proprio la disillusione come conseguenza di un grande sogno disatteso.

GIOVANNA:

Giovanna (Jeanne) è la protagonista ed è l'unica figlia del barone Simone Le Perthuis. All'inizio della storia è una diciassettenne piena di speranze per il futuro. Appare infatti gioiosa e spensierata, sogna un matrimonio felice e romantico.

La madre della ragazza appare sin dal primo capitolo una donna malaticcia e anche un po' insignificante che scompare quando la figlia è sposata da poco. La morte della figura materna porta alla luce dei segreti sconcertanti: infatti la figlia scopre che, quando era molto giovane, per diversi anni, sua madre ha tradito il barone Simone con un altro uomo.

Giovanna è stata istruita nel Collegio Religioso del Sacro Cuore. 

Il romanzo inizia nel momento in cui, concluso il suo percorso di istruzione, Giovanna va a vivere con i genitori ai Pioppi, residenza della famiglia vicina alla località marittima di Yport, paese che si trova nell'attuale Normandia.

Dopo soli tre mesi di fidanzamento decide di sposarsi con il giovane Giuliano De Lamare (Julièn), figura da lei idealizzata. 

I capitoli relativi al fidanzamento con Giuliano dovrebbero far riflettere i lettori sul verbo idealizzare.

Per l'Enciclopedia Treccani l'atto di idealizzare comporta "l'attribuire alle cose reali un'idea di bello e di bene che è nella propria fantasia o nelle proprie aspirazioni".

Il Dizionario Garzanti ne dà una definizione simile: "idealizzare significa attribuire a persone o cose una perfezione ideale".

Durante la lettura di questo libro ho pensato alla frase di una canzone di Ligabue che ormai avrà 10 anni: "Sono sempre i sogni a dare forma al mondo, sono sempre i sogni a fare la realtà".

I sogni fanno la realtà quando sono concreti, quando le persone a cui essi appartengono sanno essere realiste e anche consapevoli dei "lati ombrosi" della vita come i sacrifici, le salite e le difficoltà. 

I sogni fanno la realtà quando gli obiettivi prefissati non sono imperniati da idealizzazioni o mitizzazioni, altrimenti a lungo andare divengono fumo.

Anche la Jeanne adolescente sogna ad occhi aperti e, poco prima dei diciott'anni, fa una scelta che in pratica le rovina la vita, ma questo aspetto lo approfondisco meglio nel paragrafo dedicato a Rosalia.

GIULIANO DE LAMARE:

Il matrimonio con Giuliano si rivela fin da subito infelice dal momento che si dimostra un uomo egoista, insensibile, irascibile e meschino. Inoltre, il giovane ha pessimi rapporti con il suocero Simone ed è anche un marito infedele dal momento che tradisce la moglie dapprima con la serva Rosalia e poi con la contessa Gilberta, la migliore amica di Giovanna.

Con De Lamare la sofferente protagonista del romanzo ha due figli: Paolo e una bambina nata morta proprio nel giorno della morte del padre. Giuliano infatti viene ucciso dal furioso consorte di Gilberta che, in un pomeriggio primaverile, li coglie sul fatto.

IL FIGLIO PAOLO:

Si tratta di un bambino molto viziato dalla madre ed eccessivamente protetto. In effetti Giovanna ha per lui un attaccamento molto morboso oltre che iperprotettivo: rifiuta per un po' di tempo di mandarlo a scuola per paura di separarsene. Su questo pensiero ovviamente il nonno Simone non è d'accordo: il barone infatti desidera fortemente che il nipotino divenga una persona istruita, visto che la cultura per quest'uomo è simbolo di "pensiero critico". E infine il barone la spunta: al compimento dei 15 anni Paolo (Paolino) viene finalmente inviato in un collegio cittadino. 

Tuttavia il ragazzo si rivela decisamente svogliato e molto problematico. Non completa il ciclo di studi e, intorno ai vent'anni, inizia a condurre una vita disonesta e immorale, trasferendosi per alcuni anni in Inghilterra e contattando la madre solo per questioni di saldo di debiti.

Alla fine del romanzo Paolo va a convivere con una prostituta che dà alla luce, morendo, una bambina.

ROSALIA:

Giovanna e Rosalia sono cresciute insieme, d'altronde, Rosalia era figlia di due domestici di casa Le Perthuis ed è appena più grande della protagonista.

Eppure Rosalia viene sedotta da Giuliano. Non appena Giovanna scopre questo primo tradimento del marito, si dispera follemente: la notte della dolorosissima scoperta esce di casa correndo disperata in mezzo alle campagne piene di neve fino alla riva del mare. E così si ammala gravemente, ma riesce a guarire.

Nel frattempo il barone Simone si occupa di sistemare Rosalia: non la caccia dalla propria dimora; piuttosto, le trova un coniuge disposto a contrarre matrimonio con lei e, oltre a ciò, riesce ad acquistare per loro una casa nella quale vivere con il figlio di Rosalia.

Rosalia e Giovanna si incontrano dopo vent'anni, tra l'altro proprio al funerale del barone Simone.

In vent'anni Rosalia appare molto maturata: aiuta Giovanna ad amministrare le finanze della residenza dei Pioppi e quindi si rivela una donna di grande senso pratico oltre che saggia, volitiva e decisa.

"Non bisogna ridere, signora, perché senza denari non ci son più che i tangheri e i villanacci".

Il matrimonio di Rosalia è andato bene. Quando la protagonista del romanzo le dice: "Tutto è andato male per me. La fatalità si è accanita contro di me", l'energica Rosalia ribatte: "Non bisogna dir queste cose. Voi siete stata maritata male, ecco tutto. Non ci si marita a quel modo, senza conoscere bene chi si prende".

Per buona parte del libro, da lettrice, ho solidarizzato con l'enorme sofferenza di Giovanna, insultando mentalmente e pesantemente Giuliano. 

Ma l'affermazione di Rosalia appena citata mi ha "svegliata" per due motivi: primo perché mi sono ricordata di alcuni passaggi del romanzo in cui De Lamare, da fidanzato, dimostra indifferenza verso gli stati d'animo della protagonista e, in secondo luogo, quel matrimonio con Giuliano non le è mai stato imposto. Lei si è gettata a capofitto in un'idealizzazione tardo-adolescenziale a senso unico ma, ad ogni modo, resta il fatto che i comportamenti di Giuliano non possono essere giustificati o banalizzati.

Ma all'interno di questo libro c'è un personaggio completamente positivo?

IL BARONE SIMONE:

Nemmeno lui è totalmente positivo dal momento che, a sua volta, ha tradito la moglie con qualche "avventuretta" passeggera.

Pur essendo un uomo del suo tempo, gli ho riconosciuto diverse qualità: la gentilezza nei confronti dei servitori, modalità di trattamento non così scontata da parte dei nobili, l'amore sincero che prova per la figlia, l'importanza che dà alla cultura e all'istruzione.

Certo, educa sua figlia a sottomettersi ai desideri sessuali di Giuliano secondo un'ottica indubbiamente maschilista, del tipo: "Tu appartieni interamente a tuo marito".

Per me invece un rapporto, indipendentemente dal fatto che sia completo o di "petting", quando non è consensuale è stupro e toglie dignità ad una donna.

IL "PROBLEMA SESSUALITA' " NEL ROMANZO:

Anche questo è un tema importante in quest'opera.

Il personaggio più negativo in assoluto è l'abate Tolbiac... un "ministro di Dio" sconcertante, scandaloso, con una moralità tossica impiegata per condannare, per imprecare contro gli sbagli dei fedeli, per denunciare apertamente durante le omelie e le funzioni gli amanti clandestini.

C'è un episodio che disgusta la nostra protagonista: quando il religioso massacra una cagnolina che ha appena partorito. Di conseguenza solo uno dei sei cuccioli sopravvive e viene chiamato Massacro dal barone Simone.

L'Abate Tolbiac ha un rapporto patologico con la sessualità e l'affettività, e non è certo l'unica figura religiosa del passato che considera la procreazione e i rapporti come qualcosa di sporco. 


5 aprile 2024

La chiesa di San Giorgio in Braida, una pinacoteca sulle rive dell'Adige:

 Una galleria di buoni quadri, tutte pale d’altare, 

anche se non dello stesso valore, tutte notevoli. 

(Scipione Maffei).

La chiesa di San Giorgio in Braida si trova presso il lungadige Re Teodorico, sulle rive del fiume Adige.

1. LA LEGGENDA DI SAN GIORGIO CAVALIERE:

San Giorgio era un soldato romano vissuto nel III° secolo d.C., durante il governo dell'imperatore Diocleziano.

Secondo una leggenda, San Giorgio è l'eroe che ha salvato una principessa dalla ferocia di un drago. 

In epoca medievale infatti, i cavalieri vedevano in questo santo l'incarnazione dei loro ideali dal momento che il combattimento tra un cavaliere e un drago simboleggiava la lotta tra il Bene e il Male. 

Dunque, se il drago era l'emblema del Male, la principessa era il simbolo della Chiesa che i cavalieri cristiani erano tenuti a difendere.

2.SINTESI DELLE PRINCIPALI FASI STORICHE DELLA CHIESA:

La chiesa di San Giorgio in Braida esisteva già nel XI° secolo come monastero benedettino. Tuttavia, dell’epoca romanica, rimane solo la base del campanile in tufo.

Nel XV° secolo la comunità dei canonici veneziani di San Giorgio in Alga ha indetto per questo edificio sacro un progetto di profondo rinnovamento architettonico. In questo periodo storico Verona era soggetta al dominio politico ed economico della Repubblica di Venezia.


San Giorgio in Braida è dunque una chiesa emblema di un “Rinascimento in riva all’Adige”, un tentativo di riforma morale e spirituale interno alla Chiesa cattolica che per la comunità di San Giorgio in Alga era troppo esposta agli interessi mondani.

3.IL TOPONIMO BRAIDA:

Ragioniamo innanzitutto sull'ubicazione di questa chiesa. 

San Giorgio in Braida si trova a pochi minuti di distanza da Ponte Garibaldi che porta al centro storico di Verona. Tuttavia, questo edificio religioso è molto vicino al quartiere di Borgo Trento. 

Accanto alla chiesa c'è il Forte dedicato a San Giorgio, una struttura con piccole stanze non pavimentate e costituita da gallerie sotterranee. Durante la seconda guerra mondiale, nelle notti in cui avvenivano i bombardamenti aerei, una parte della popolazione di Borgo Trento e alcuni abitanti del centro storico si rifugiavano all'interno del Forte che attualmente è la sede Scout del gruppo di cui anche Matthias fa parte. Oltretutto, la seconda domenica di ogni mese, un gruppo parrocchiale di San Giorgio in Braida organizza visite guidate presso il Forte seguite da un pranzo in condivisione.

La zona in cui è stata eretta San Giorgio in Braida era denominata, nei secoli scorsi, "pradonego", ovvero, "prato del fisco".

Il toponimo Breit deriva dalla lingua dei Longobardi. La parola veniva impiegata per definire un prato recintato appena al di fuori dalle mura cittadine.

4.LA FACCIATA:

Questa è la facciata che a noi, uomini e donne del XXI° secolo, rimane di questa chiesa. Come potete constatare, non ha nulla di medievale. 

Si suppone che sia stata progettata da Paolo Farinati. La sua costruzione è iniziata nel corso del Cinquecento ed è stata completata a metà Seicento.

E’ in stile rinascimentale classico costituito da lesene e capitelli ionici e corinzi. In alto c’è una finestra seriana.

Gli elementi più importanti sono le nicchie con le statue di San Giorgio e di San Lorenzo Giustiniani. Quest'ultimo è stato l’ispiratore della comunità di San Giorgio in Alga.

5. L'INTERNO DELLA CHIESA:

L’unica navata è scandita da tre lesene ioniche.



Il soffitto è costituito da volte a botte sostenute da muri contrafforti perpendicolari alla navata. L’innalzamento della cupola è stato progettato da Michele Sanmicheli.

Vi sono otto altari laterali in marmo bianco e, al di sopra di ognuno di essi, una pala d’altare.

Il pavimento della Chiesa è a labirinto, simbolo di un itinerario tortuoso ma destinato ad approdare, a fine navata, davanti a tre stelle a sedici punte che riconducono a FEDE, SPERANZA E CARITA'


6. ALCUNI DIPINTI:

6.1) "MADONNA DELLA CINTURA", DI GIROLAMO DAI LIBRI:


In quest'opera la Vergine fa cadere la cintura per ricordare agli Apostoli che, dopo la sua Ascensione al Cielo, sarà comunque sempre legata a loro.

Dietro la Madonna c’è sia un albero con le mele che ricorda il Peccato Originale sia una pianta di limoni, simbolo sia di vita sia dell’asprezza che Gesù dovrà affrontare nei suoi ultimi tre anni di vita.

Sullo sfondo si intravede un limpido paesaggio primaverile montuoso.

A sinistra della Madonna troviamo San Lorenzo Giustiniani e a destra San Zeno, patrono della città di Verona.

6.2) "SANT'ORSOLA CON LE UNDICIMILA VERGINI":

Questo dipinto, realizzato intorno al 1545 da Giovan Francesco Caroto, è collocato al di sopra del primo altare a sinistra.

Sant'Orsola, vissuta in piena epoca medievale, è stata martirizzata dagli Unni.

Lo sguardo di Sant’Orsola, figura al centro della composizione, è rivolto verso il Cielo e quindi verso Cristo. Sullo sfondo c’è una schiera in processione.

6.3) "LA PENTECOSTE":

Quest'opera, situata a destra al di sopra del terzo altare, rappresenta la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli e sulla Madonna raccolti in preghiera al cenacolo. 

Molto probabilmente questa tela è stata realizzata da Domenico Robusti all'inizio del XVII° secolo.

La colomba bianca in alto è simbolo dello Spirito Santo, stagliata nel mezzo di un cerchio giallo-oro attorniato dal rosso, colore che rimanda alle lingue di fuoco.

6.4) MADONNA CON IL BAMBINO IN GLORIA:


Questa pala è stata realizzata nel 1540 dal pittore Alessandro Moretto ed è collocata nella zona dell'attuale organo. 
E' possibile suddividere la composizione dell'opera in due metà: nella parte superiore è stata raffigurata la Madonna con il Bambino. Il largo mantello di Maria è tenuto aperto ai lati da piccoli angeli. Il cielo è pieno di nubi vaporose.
Nella zona inferiore troviamo invece, in primo piano da sinistra a destra, Santa Caterina di Alessandria, Santa Lucia, Santa Cecilia, Santa Barbara e Sant'Agnese. Sempre in basso, scorgiamo alcune architetture simili a torri in rovina, come quella a destra, o a colonne.

7.IL PRESBITERIO:

Dietro l'altare è stato collocato un dipinto di Paolo Veronese realizzato nel 1564 che raffigura il martirio di San Giorgio.

Si tratta di una pala commissionata dai monaci di San Giorgio in Alga.

In basso vediamo i soldati che stanno per eseguire la condanna mentre San Giorgio, senza armatura, volge gli occhi verso l’alto.

In cielo sono raffigurati la Madonna con i Santi Pietro e Paolo e tre donne, simboli delle tre virtù teologali.

L’angelo che sta per porre la corona del martirio funge da raccordo tra la parte bassa e la parte alta del dipinto.



Ai lati dell'altare maggiore vi sono altri due dipinti: La moltiplicazione dei pani e dei pesci realizzata da Paolo Farinati e La caduta della manna nel deserto di Felice Brusasorzi.


8. L'OPERA NELLA CONTROFACCIATA:

Al di sopra della porta principale d’ingresso troviamo il “Battesimo di Cristo", opera attribuita a Jacopo Tintoretto.

La colomba inondata di luce è simbolo dello Spirito Santo mentre la figura di Cristo è in torsione e in penombra. L’agnello vicino al Battista anticipa il Suo sacrificio.


9. LA CAPPELLA DEL CROCIFISSO:

Collocata a sinistra della navata, questa cappella, spesso chiusa al pubblico, ha le pareti piene di piccoli quadri in legno realizzati tra Settecento e Ottocento per grazia ricevuta.


10. IL CHIOSTRO:


Si tratta di un chiostro cinquecentesco fatto costruire dai canonici di San Giorgio in Alga che si erge sul lato meridionale della Chiesa.

La struttura è rettangolare con colonne di ordine ionico (ad eccezione del lato nord dove le colonne sono di ordine dorico) in calcare bianco veronese.




28 marzo 2024

"MONTY PYTHON E IL SACRO GRAAL"- FILM UMORISTICO SUI CAVALIERI MEDIEVALI:

Film strano, visto rigorosamente in lingua inglese. 

A Matthias piace molto l'umorismo inglese, a me non dispiace, in fin dei conti lo trovo leggero e al contempo arguto, ma non mi fa impazzire.

Monty Python e il Sacro Graal è un film assurdo appartenente al genere dello humor inglese, liberamente ispirato alla letteratura del ciclo bretone. 
E' il film più conosciuto dei Monty Phyton, un gruppo di attori comici del Regno Unito.
Si tratta di una parodia delle imprese di Re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda che nel Medioevo cercavano il Sacro Graal. Secondo una leggenda, il Sacro Graal è la coppa in cui Giuseppe d'Arimatea ha raccolto il sangue di Cristo.

In questo film re Artù, accompagnato dal suo scudiero Patsy e da cavalieri come Galahad e Lancillotto, riceve da Dio l'incarico di cercare il Sacro Graal. 

La narrazione del film è un concentrato di incontri assurdi con cavalieri, contadini, maghi e streghe, guardie di una fortezza, un coniglio assassino e un mostro a tre teste.

-Cavalli a galoppo e noci di cocco:

In molti affermano che l'idea di rappresentare il suono del galoppo dei cavalli attraverso l'uso di noci di cocco è sorta da una ragione economico-pratica: la regia non poteva permettersi cavalli veri (e infatti re Artù e i suoi cavalieri fingono di andare al galoppo su cavalli). Ma per me questa raffigurazione contribuisce anche a rafforzare l'elemento umoristico e quello del non-sense, piuttosto rilevante nel film. 

Il Morandini, dizionario di critica dei film, a proposito di Monty Python e il Sacro Graal, rileva giustamente che il doppiaggio dell'edizione italiana "fa un uso sconsiderato dei dialetti stravolgendo il testo". Per questo motivo è molto meglio vedere il film in inglese.

-Il marxismo nel Medioevo:

Nel loro percorso Re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda incontrano contadini dalle idee radicali.

Uno di loro dice a Re Artù: "What I object to is that you automatically treat me like an inferior. You're a king, that's very nice. How did you get that? By exploiting the workers! By hanging on to outdated imperialist dogma which perpetuates the economic and social differences in our society!" 

("Quello che contesto è che automaticamente mi tratti come un essere inferiore. Sei un re, molto bene. Come hai ottenuto questo ruolo? Sfruttando i lavoratori! Aggrappandoti al dogma imperialista che perpetua le differenze economiche e sociali nella nostra società") .

E la moglie del medesimo contadino si rivolge così al re dei Bretoni: "I didn't know we had a king. I thought we were an autonomous collective."

("Non sapevo avessimo un re. Pensavo fossimo un collettivo autonomo").

Verso la fine del dialogo, quando re Artù chiede ai due contadini chi è il signore che vive in un castello poco lontano dai campi, si sente rispondere: "No one lives there. I told you. We're an anarcho-syndicalist commune".

(Nessuno vive là. Te l'ho detto. Siamo una comune anarco-socialista).

-Le animazioni:

All'interno del film sono presenti le animazioni di Terry Gilliam che riguardano soprattutto giganti, draghi, paesaggi collinari con il sole e le nuvole dotati di gambe umane. Ad un certo punto compare anche una grande lumaca.

Si tratta di elementi che hanno lo scopo di legare gli sketch del film. Gilliam ha ammesso di aver preso alcune di queste animazioni da un manoscritto miniato. 

-Finale:

Quando re Artù e i cavalieri si preparano per assalire il castello in cui credono si trovi il Sacro Graal finiscono improvvisamente nelle mani della polizia, incolpati di aver ucciso uno storico che raccontava la loro storia.

EXCURSUS LETTERARIO:

Approfitto dei contenuti di questo film per scrivere un excursus letterario sul ciclo bretone.

Va innanzitutto precisato che il ciclo bretone si è diffuso inizialmente tra la Francia e l'Inghilterra: i Normanni per un periodo hanno unificato sotto il loro regno l'Inghilterra, la Normandia e la Bretagna. Il patrimonio a cui gli autori del ciclo bretone si richiamano deriva in gran parte dalle tradizioni e dai miti celtici che accomunavano i popoli alto-medievali di quei territori. Il primo personaggio del ciclo bretone profondamente legato al mondo celtico è Mago Merlino che si serve dei suoi poteri sempre a fin di bene, proprio come i Druidi.

Interessante è poi rilevare che la Tavola Rotonda è tale affinché i cavalieri vi siedano senza distinzioni gerarchiche. Tra i cavalieri spiccano Tristano, Lancillotto e Perceval.

Tristano e Lancillotto, sempre in conflitto con potenze magiche e sovrannaturali, rappresentano la contrapposizione tra la fedeltà ai rispettivi signori per i quali sono al servizio e l'attrazione intensa per le loro mogli: Tristano per Isotta, che è già moglie di Marco e Lancillotto per Ginevra, già moglie di re Artù... compare quindi il tema dell'adulterio per quel che concerne il triangolo tra Artù, Ginevra e Lancillotto. 

Ma è nel Ciclo di Perceval, contenuto sempre nel Ciclo Bretone, il cui probabile autore è Chrètien de Troyes, che si sviluppa l'avventura della ricerca del Sacro Graal. 

Graal deriva dal latino "gradalis", ovvero, "vaso".

Infatti è Perceval che cerca questo oggetto e, con lo sviluppo narrativo delle sue avventure, appare anche il motivo ascetico-religioso mischiato ad elementi di fantasia: per divenire cavaliere il soldato deve superare una serie di prove e di avventure che lo mettono in contatto con il mondo fantastico. 

Le prove affrontate da Perceval sono finalizzate alla sua maturazione spirituale. Gli sbagli di Perceval divengono occasioni per acquisire sempre più consapevolezza del suo ruolo di cavaliere oltre che della fede cristiana e dell'amore. Proprio per questa ragione lo studioso Hermann Grosser definisce il Ciclo di Perceval un'opera di formazione.



20 marzo 2024

"Il Cavaliere del giglio", biografia romanzata di Farinata degli Uberti:

Io avea già il mio viso nel suo fitto;

ed el s'ergea col petto e con la fronte

com'avesse l'inferno a gran dispitto.


E l'animose man del duca e pronte

mi pinser tra le sepulture a lui,

dicendo: "Le parole tue sien conte".


Com'io al piè de la sua tomba fui,

guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso,

mi dimandò: "Chi fuor li maggior tui?"

(Dante, Inferno X°, 34-42)

Non si tratta soltanto di un romanzo in cui si racconta la biografia di Farinata degli Uberti. E' anche un libro che, nella sua complessità, illustra al lettore i conflitti tra guelfi e ghibellini nella Toscana dei secoli XII°-XIII°.

A) PREMESSA:

Nella prefazione l'autrice Carla Maria Russo rivela al lettore che, sin dai tempi del liceo, era rimasta affascinata dalla figura di Farinata degli Uberti, protagonista del X° canto dell'Inferno. Da ragazza le sembrava un grande eroe disposto a pagare qualsiasi conseguenza pur di restare fedele alle sue idee.

Tuttavia, una volta divenuta adulta e dottorata oltre che laureata, ha constatato quanto fosse difficile scrivere una biografia storica su Farinata dal momento che sulla famiglia Uberti sono state conservate e rinvenute pochissime informazioni.

... gli Uberti e la loro parte politica sono usciti sconfitti dallo scontro con la Chiesa, e i guelfi vincitori non solo si sono impegnati a distruggerne la memoria ma hanno riscritto la storia dal loro punto di vista, sforzandosi di mettere in cattiva luce i comportamenti degli avversari e in particolare del nemico per antonomasia: gli Uberti appunto.

E gli Uberti erano i capi del partito ghibellino toscano.

B) PRIMI CAPITOLI DEL LIBRO:

I primi capitoli si concentrano prima di tutto sulla figura del nonno di Farinata, Schiatta Uberti.

Schiatta amava molto trascorrere il tempo insieme ai nipoti. Faceva con loro lunghe cavalcate fuori le mura, durante le quali il primo si dilettava a raccontare e i secondi ad ascoltare le affascinanti vicende del casato più antico della città. Una storia che coincideva con quella stessa di Firenze, alla cui difesa e grandezza gli avi, fin dai tempi più remoti, avevano contribuito con l'ingegno, il coraggio, il valore delle armi, il sangue tante volte versato. Perciò, a loro più che a chiunque altro incombeva l'onere di proteggere la patria, se volevano mostrarsi degni di un tale passato.

"L'Aquila e il Giglio. Per queste due insegne gli Uberti sono sempre stati pronti a morire" ammoniva, alludendo ai simboli dell'Impero e di Firenze, cui il casato si era mantenuto fedele fin dalle origini.

Il romanzo inizia nel 1216. Schiatta in quell'anno ha già intuito che Farinata, seppur solo dodicenne, ha un fortissimo senso del dovere e una straordinaria determinazione oltre che un'intelligenza notevole. Secondo il nonno già da ragazzino si intravedono in Farinata doti di forza e autorevolezza.

Nella prima parte del libro l'autrice dà rilievo ad un litigio che fa riesplodere le rivalità tra guelfi e ghibellini. Infatti, durante un lauto banchetto che la famiglia Mazzinghi organizza per festeggiare il figlio appena nominato cavaliere, scoppia una lite tra Oderigo dei Fifanti e Buondelmonte dei Buondelmonti. Buondelmonte è figlio di guelfi, mentre Oderigo è un ghibellino.

Schiatta Uberti propone il seguente accordo al fine di garantire la pace a Firenze: Buondelmonte dovrà sposare Beatrice Amidei, nipote di Fante dei Fifanti.

Tuttavia, sia Madonna Gualdrada Donati sia Ranieri Zingane ordiscono un complotto al fine di umiliare sia Schiatta sia gli Amidei. Per questo motivo il matrimonio non va in porto.

* Schiatta Uberti è realmente esistito, come anche lo scoppio delle rivalità tra guelfi e ghibellini a causa dei piani di Gualdrada e di Ranieri che hanno mandato a monte il matrimonio tra  Beatrice e Buondelmonte.

C) GIOVINEZZA DI NERI E DI FARINATA DEGLI UBERTI:

Neri è di un anno più grande di Farinata. Risulta un personaggio leale e abbastanza spesso anche intraprendente. Entrambi i fratelli studiano all'Università di Bologna.

Un fatto storico realmente avvenuto e narrato anche in questo romanzo è il matrimonio tra Neri Uberti e Gemma, figlia di Ranieri Zingane, avvenuto nel dicembre 1239. Nel libro Gemma è una ragazza pulita, sensibile e onesta, una figlia mai accettata dal padre vedovo, "incarognitosi" dopo che la moglie è morta di parto.

Ad ogni modo, il matrimonio tra Neri e Gemma è durato veramente pochi anni proprio a causa di una trappola ordita dai guelfi tre anni dopo la celebrazione delle nozze. E così, dopo l'obbligato ripudio di Neri della moglie, in Gemma sorge il desiderio di recarsi in convento. Il suo secondo marito, scelto dal padre Ranieri, accetta e rispetta questa decisione. Carla Maria Russo riferisce a noi lettori che la giovane definiva il marito il più nobile, il più valoroso, il più gentile cavaliere della provincia d'Italia.

Da giovane, Farinata dimostra il suo valore nella battaglia della Rocca di Mortenanno. 

Eccovi la narrazione dell'episodio:

Una galleria sotterranea, aperta nel ventre della collina sulla quale sorgeva la fortezza, avrebbe dovuto consentire di raggiungerne la base. Una volta aperta una voragine e minata la stabilità delle fondamenta, secondo le intuizioni di Farinata e i calcoli degli ingegneri, essa sarebbe crollata a causa del suo stesso peso. Nei limiti del possibile, si adottò la precauzione di condurre le operazioni in segreto, nella speranza che il nemico si avvedesse solo troppo tardi della manovra che si tramava ai suoi danni. L'ingresso della galleria venne protetto da una tettoia di travi che consentiva anche di lavorare al sicuro dalle pietre e dalle frecce dei mortenanni, mentre l'interno fu puntellato e rafforzato da una struttura di piloni in legno, per impedire che franasse e anche per poterle appiccare il fuoco una volta concluso il lavoro, accelerando così il crollo del baluardo. (...)

Una staffetta riuscì a violare l'assedio e a raggiungere Poggibonsi, recando una disperata richiesta di soccorsi, concessi e inviati senza esitazioni. Le milizie di San Pietro Scheraggio, di cui facevano parte Neri e Farinata, per quanto colte alla sprovvista e inferiori di numero, ricevettero l'ordine di resistere a qualunque costo fin a quando i commilitoni non avessero appiccato il fuoco all'impalcatura e sferrato l'attacco finale alla rocca. Che, tuttavia, non fu necessario: gli assediati si arresero e si rimisero alla mercé dei vincitori.

Il castello di Mortenanno, con la sua imprendibile rocca, fu saccheggiato e raso al suolo. Ai proprietari fu fatta grazia della vita, ma solo per esibirli in catene per le vie di Firenze durante il trionfale rientro delle armate vincitrici e gettarli poi a marcire nelle carceri della città, in attesa di un riscatto che nessuno mai pagò.

D) MEMORIA DI FARINATA:

Nell'epilogo del libro, l'autrice rende merito a Dante Alighieri, la cui onestà intellettuale ha consegnato a noi il ritratto di un Farinata valoroso e combattivo.

Oltretutto viene anche citato il ritratto realizzato nel 1450 da Andrea del Castagno nel quale Farinata ha i capelli biondi e gli occhi azzurri.


13 marzo 2024

"CARI COMPAGNI!"-FILM SULLA RIVOLTA DI NOVOCKERKASSK

Si tratta di un film storico in bianco e nero, molto complesso, che io e Matthias abbiamo visto circa due mesi fa, in un cinema di Verona. 

Vorrei dare spazio soprattutto alle riflessioni di Matthias (tutte le sue frasi e considerazioni sono in rosso) a proposito di impressioni sui personaggi e sui rapporti che intercorrono tra loro.

TRAMA E CONTENUTI:

Cari compagni!, in russoDorogie tovarišči, è un film prodotto in Russia e uscito nel 2020. 
Il regista è Andrey Konchalovsky, dedito a tematiche storico-sociali che interessano il Novecento come ad esempio i drammi dei lager e la critica dell'URSS nel periodo di Kruscev.

Il contesto è l'Unione Sovietica di Kruscev che, nel 1962, è impegnata sia in un'aspra competizione con gli Stati Uniti sia nel coltivare gli ideali del comunismo.

Il film è ambientato nella piccola città di Novockerkassk, situata nella regione del Don e al confine con l'Ucraina. Proprio qui, il 2 giugno 1962 scoppia un rivolta operaia in una fabbrica di locomotive locali, repressa nel sangue.

Questo episodio è stato per molto tempo nascosto e, i manifestanti uccisi durante la protesta, sono stati seppelliti al di fuori di Novockerkassk, in mezzo a vasti campi e sotto falso nome.

Ci sono due figure molto importanti: Lyudmila, funzionaria del Partito e sua convinta sostenitrice e la figlia Svetka che sostiene invece i manifestanti e che, dal giorno degli scontri tra operai e apparati governativi, sembra scomparire nel nulla.

Non conoscevo questo evento storico.

Riporto una parte del commento di Tommaso Tocci:

Cari compagni! romanza e riassume la storia di un massacro di stato, tornando a un momento storico in cui il comunismo sovietico rifletteva su se stesso e non poteva essere messo in discussione da uno sciopero operaio.

Un maestro dell'immagine come Andrei Konchalovsky mette in scena (l'episodio) con rigore attraverso la storia di una donna il cui ruolo di madre finisce per mettere in crisi il suo patriottismo.

Personalmente ritengo che il film sia tecnicamente buono.

LE NOSTRE IMPRESSIONI SU QUESTO FILM:

C'è una scena che mi ha colpito molto e in cui ho visto un'analogia: quando Lyudmila cerca sua figlia scomparsa per le vie cittadine, ad un certo punto vede una cagna intenta ad accudire i cuccioli molto piccoli e... inizia a stare male, a soffrire. Perché intuisce di dover dialogare di più con sua figlia e di dover curarsi di più di lei. Mentre solo pochi giorni prima della scomparsa di Svetka nutriva disprezzo per i rivoltosi, secondo lei tutti da condannare a morte, quando un evento di protesta contro il governo coinvolge anche sua figlia inizia a desiderare che Svetka sia viva, salva e nascosta da qualche parte.

A me invece ha impressionato il confronto-scontro tra due generazioni diverse. Nella scena in cui Lyudmila, Svetka e il nonno si trovano in cucina attorno alla tavola ho notato che mentre da un lato c'è una madre particolarmente affezionata ai tempi di Stalin, e lo si comprende da discorsi come "Stalin ha vinto la guerra", "Stalin non ci faceva mancare il pane in tavola", dall'altro c'è una figlia poco più che adolescente la quale considera Stalin un criminale e desidera maggior giustizia sociale e la dignità del lavoro. Ed è qui che sua madre le fa una domanda intelligente, rivolta a mio avviso anche a noi spettatori per farci pensare: "Come mai hanno tutti parlato dei crimini di Stalin dopo che è morto?" e sua figlia le risponde: "Avevano tutti paura di lui quando era vivo". E a quel punto Lyudmila dice qualcosa sul fatto che, a tal proposito, alcuni anni prima, ai dissidenti di Stalin faceva comodo stare in silenzio. C'è una parte di ragione nelle parole della protagonista più adulta del film!

Per me questa pellicola è anche un tentativo di analisi del potere autocratico russo.

Sì, anche se però, quando la figlia le dice chiaramente "Avevi paura anche tu di Stalin", allora la madre inizia a picchiarla...

Poi non dimenticare che il nonno di Svetka è zarista, quindi il film si concentra anche su questi tre componenti di una stessa famiglia figli di tre diverse fasi della storia russa del Novecento. 

Il nonno dice che non c'è alcun Dio nella regione del Don. 

In questo film l'affidarsi a Dio rappresenta una fonte di speranza quando Lyudmila, durante una riunione con i membri del Partito comunista, si rifugia angosciata in un bagno e inizia a pregare per la figlia scomparsa.

Il clima omertoso caratterizzava anche l'Unione Sovietica post-Stalin negli anni Sessanta visto che si nasconde la verità nella vicenda del 2 giugno: chi ha sparato sulla folla? Non è una situazione molto chiara. Nell'Unione Sovietica la reale realtà del socialismo viene insabbiata.

Lyudmila vede un cecchino sul tetto e quindi sembra che siano stati i cecchini del KGB ad aver ammazzato le persone per fare un servizio al governo centrale dell'URSS. "Ma se i cecchini sparano in aria come hanno fatto a sparare sui manifestanti?" si chiede il generale che aiuta la protagonista a cercare la figlia. Mi sono chiesto per quale motivo un membro dell'esercito voglia aiutarla: non è molto chiaro neanche questo aspetto.

Coloro che hanno assistito alla rivolta, insieme ai sopravvissuti alla sparatoria, sono stati costretti a firmare dei documenti con la promessa di tacere per cancellare questo fatto dalla storia dell'URSS, pena la morte. 

Mi viene spontanea un'altra domanda: ci sono figure positive in questo film?

No, nessuna figura in questo film è del tutto positiva ma secondo me non ci sono neanche personaggi del tutto negativi: pensa di nuovo ai tre componenti della famiglia di Lyudmila, tutti e tre "diversamente ideologizzati". L'ideologia, di qualsiasi tipo essa sia, ottenebra il pensiero critico.

Secondo te invece c'è un'evoluzione del pensiero politico di Lyudmila?

Non lo so. A lei piace Stalin e, anche verso la fine, dice qualcosa come "Se ci fosse stato Stalin questa rivolta non sarebbe accaduta". 

Per me Lyudmila nel corso del film non ha affrontato un percorso che le facesse mettere in discussione la stima per Stalin. 

Questo non è un film sulla formazione politico-sociale di una delle sue protagoniste... e infatti sono rimasta colpita nel punto del film in cui, credendo che la figlia fosse sepolta in una fossa in mezzo ai campi con altre vittime della rivolta, Lyudmila, nell'auto del generale che la accompagna, inizia a cantare un inno patriottico comunista le cui prime parole sono: "Tovarišč, tovarišč!".