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7 febbraio 2014

Cose che nessuno sa

Diverso tempo fa ho concluso la lettura di "Cose che nessuno sa", il secondo romanzo dell'ormai celebre professor D'Avenia.  E' una storia molto profonda che da un lato propone riflessioni interessanti sull'amore, sentimento meraviglioso ma al contempo molto difficile da applicare nella nostra vita quotidiana, mentre dall'altro, illustra le fragilità dell'essere umano e tra queste, la paura di amare e la fatica di perdonare se stessi e gli altri.

Non intendo svolgere un riassunto del romanzo. Vorrei focalizzarmi sui personaggi ed enunciare le mie impressioni.

La protagonista della vicenda è Margherita, una ragazzina di quattordici anni. Nelle prime pagine del libro, la troviamo seduta sulla prua di una barca guidata dal padre.  Margherita ha "occhi verdi, ridenti e malinconici, calamitati all'orizzonte: una linea troppo netta per non averne paura". Credo che queste parole delineino con molta chiarezza il carattere della protagonista e i suoi sentimenti. Ho sempre pensato che gli occhi dicano molto di una persona. Margherita è ansiosa nei confronti del futuro che l'attende, è preoccupata per l'inizio del primo anno di liceo. I due aggettivi riferiti agli occhi sembrano contraddittori ma in realtà, se ci si sofferma a riflettere per qualche istante, si comprende che designano una persona molto sensibile, sveglia e soddisfatta (ma solo nel primo capitolo!) della sua vita presente.

Il giorno prima dell'inizio dell'anno scolastico, la ragazzina ascolta dalla segreteria telefonica un terribile messaggio da parte del padre. Egli infatti le annuncia che non tornerà più a casa ma non le spiega il motivo. La vita della ragazzina cambia bruscamente e drammaticamente.
Margherita inizia a provare un dolore straziante causato appunto dall'improvvisa separazione dei genitori: piange in continuazione, mangia pochissimo, non riesce ad affrontare con serenità e con entusiasmo l'inizio del primo anno di liceo, si dimostra molto polemica con il giovane professore di lettere e si chiude in se stessa, rifiutando di dialogare con la madre.
La figura della madre mi ha fatto molta pena: Eleonora è indubbiamente una donna mite che si adopera per il bene dei suoi due figli;  però, di fronte ad una situazione così triste e così difficile, si dimostra disorientata e incapace di rispondere alla grande e intelligente domanda della figlia:
"Dov'è finito il mondo che mi avevi promesso?". In questa domanda c'è un esplicito riferimento a quel meraviglioso progetto di vita caratterizzato da tutti quei valori straordinari e profondi che un uomo e una donna si prefiggono quando decidono di unire le loro vite.
Andrea, il fratello minore di Margherita, è un vivace e simpatico bambino di cinque anni che inizialmente non comprende la situazione ma che ben presto inizia a chiedere notizie del padre.
Mi è piaciuta moltissimo la figura di nonna Teresa, donna calma e saggia che cerca di aiutare la nipote a superare il dolore. Quanto ho ammirato questa nonna! Mi ricorda molto la mia, che è una buona maestra di vita. Sono molto grata a mia nonna: pensate che da quando ho iniziato a vivere  l'adolescenza, si è adoperata molto per aiutarmi, con i suoi buoni consigli, a potenziare le mie capacità e a migliorare i miei difetti (ma ho ancora molta strada da fare!). Soprattutto grazie a lei ho imparato che la vita deve essere vissuta con spirito di accoglienza verso gli altri.
A scuola Margherita instaura un rapporto di amicizia con Marta, ragazzina solare e piena di energie, dotata di molta fantasia e incredibilmente comprensiva di fronte alla sofferenza altrui.
Sin dai primi giorni di scuola, la protagonista è attratta da Giulio, un ragazzo che frequenta la quarta liceo, bisognoso di amore e in costante conflitto con se stesso, incapace di perdonarsi di essere orfano. All'inizio del libro, a causa del suo comportamento un po' arrogante, sembrerebbe la tipica faccia da sberle... ma in realtà, la sua straffottenza nasconde un enorme dolore, una grande rabbia e, direi anche, una feroce avversione verso se stesso che riguarda proprio il suo essere stato abbandonato dai genitori. Queste parole che dice a un certo punto del libro sono penetrate dentro di me come una spina particolarmente appuntita: "Se tua madre ti abbandona, è perché fai schifo."

E il mitico prof., che bella figura!!!! Pieno di entusiasmo nei confronti del suo lavoro e anche nei confronti della vita. Il professore di Lettere di Margherita è simile a un mio insegnante il quale,
oltre a spiegare la sua materia con sincera passione, concilia abilmente la letteratura con le situazioni della vita reale.  
L'insegnante di Margherita ama i libri con tutto se stesso ed è alla ricerca di se stesso. Tuttavia, l'appassionato professore, proprio perché è alla ricerca di se stesso, non si sente pronto ad amare. E a questo proposito, ho ritenuto che Stella, la ragazza del prof., fosse un personaggio un po' scomodo: da una parte infatti, ammiravo la sua forza d'animo, la sua maturità e la sua ferma volontà di realizzare un progetto collettivo di vita, ma dall'altra la trovavo molto dura, dura e inflessibile al punto tale da non apprezzare un invito a cena da parte del prof. e da far pesare costantemente al professore le sue fragilità e le sue paure.

Tempo fa, ho ritenuto opportuno scrivere una mail al signor D' Avenia, affinchè chiarisse questa mia perplessità. Naturalmente mi sono complimentata per il romanzo e alla fine, riguardo alla figura di Stella, ho scritto esattamente così:"Perchè avrebbe dovuto scrivere su una lettera: "Ti amo" e "Voglio estrarre da te il tuo migliore tu", anziché pensare di dirglielo a voce? Ritengo sia molto più bello e significativo parlarsi con queste frasi faccia a faccia, invece  di continuare a evidenziare i difetti e le fragilità dell'altro durante un incontro e di scrivere poi belle letterine (anche se marcate da frasi pesanti e molto forti come:"Sei lo specchio della tua fragilità"). Secondo me avrebbe dovuto essere più comprensiva e avrebbe potuto anche stargli un po' più vicino per aiutarlo a superare i suoi timori. L'amore non richiede forse pazienza verso l'altro?  Ma chi sono io per giudicare le altre persone e le relazioni umane?!! Proprio io parlo di comprensione e di pazienza, io che sono una persona che tende a giudicare gli altri talvolta con intransigenza..."

Durezza verso me stessa, ipercriticità e permalosaggine: ecco le mie fragilità, visto che siamo in tema. Però almeno io le ammetto, le mie fragilità. Al contrario di molte persone!

Comunque l'illustre professor D'Avenia è stato molto gentile con me e ha chiarito i miei dubbi con queste parole: "... come tu dici l’amore esige comprensione e pazienza, che Stella ha avuto
con il professore per tutta la loro storia ma adesso sente l’esigenza che il loro amore cresca, che diventi più adulto e profondo e si rende conto che solo una forte scossa può farlo evolvere in meglio o farlo finire per sempre. Le scelte importanti della nostra vita quasi sempre le prendiamo quando sentiamo mancarci il terreno sotto ai piedi perché è lì che capiamo davvero cosa è importante per noi."

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