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19 marzo 2014

Pensieri e sensazioni durante una passeggiata in campagna


Ciao miei cari lettori,
questa riflessione nasce dalla voglia di confidarvi molti pensieri che attraversano la mia mente.

Sto passeggiando lungo un sentiero di campagna. Le nuvole coprono il cielo. Un leggero vento abbraccia il mio corpo. L'erba è molto verde, alcuni uccelli si posano su teneri rami spogli che si specchiano nelle acque del torrente. Esse, con il loro soave canto, accompagnano il mio passo leggero che accarezza il suolo del terreno e risvegliano nel mio animo una sensazione di profonda malinconia.

Ripenso agli ultimi giorni di vita di mio nonno Francesco, ripenso alle mie lacrime di dolore, ripenso alle sue sagge parole:"Anna, sei una ragazza meravigliosa e diventerai una donna straordinaria. Non devi mai perdere tenacia e determinazione. Realizza te stessa, realizza i tuoi sogni! Tu sei una ragazza dotata, puoi dare molto al mondo."  Ricordo il giorno del suo funerale: la chiesa piena, di persone e di fiori, i canti tristi, la preghiera che io e mia cugina abbiamo letto durante la celebrazione; preghiera dedicata alla nostra nonna Teresa che aveva accudito il nonno con una tenerezza e con una diligenza davvero esemplari e ammirevoli.  Sono passati ormai due anni dalla morte del mio caro nonno Francesco. A volte, quando penso al giorno della sua morte, mi sento davvero molto triste. Respiro profondamente, per ricacciare indietro una lacrima. Non voglio piangere, non devo piangere. L'ho promesso a me stessa ultimamente. Per me, per la mia famiglia, per mio nonno.
Di tanto in tanto, da vera credente, mi capita di immaginare mio nonno Francesco in Cielo che ride, scherza e chiacchiera con il nonno Augusto, ovvero, il padre di mia madre, morto quando io avevo soltanto 17 mesi (22 febbraio 1997).

Non so perché, ma ora mi ritornano alla mente i versi di "Lavandare", celebre poesia di Pascoli:
"Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi, che pare
dimenticato, tra il vapor leggero.

E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene.

Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese!
Quando partisti, come son rimasta!
Come l’aratro in mezzo alla maggese."
 Ciò che mi colpisce molto di questa lirica è proprio l'ultima strofa. Mi piace molto l'espressione "nevica la frasca"... le foglie che cadono dai rami come se nevicasse... davvero una bella immagine!
 E quella languida voce femminile che lamenta un'assenza mi fa pensare a una storia d'amore e di abbandono. La lirica, è vero, è stata scritta nel 1884, però a me fa pensare a una travagliata storia d'amore ambientata durante la Prima Guerra Mondiale. Immagino un giovane uomo che a malincuore parte per il fronte e penso alla sua amata, una ragazza che, durante la sua assenza, soffre l'abbandono e la solitudine.

Un piccolo e grazioso uccellino vola davanti a me sbattendo le ali molto velocemente. Sussulto e spalanco gli occhi. Vedo, tra l'erba verde, dei piccoli e delicati fiori. Vedo, su alcuni ramoscelli, le prime gemme. E allora sorrido e dico, tra me e me: "Certo Anna, tu puoi dare molto al mondo!"
Ad un tratto, nella mia mente riaffiorano ricordi molto piacevoli e positivi. E allora ricordo tutte le soddisfazioni che questi anni di adolescenza mi hanno dato: negli ultimi due anni e mezzo, ho ricevuto cinque premi di poesia e, con alcune persone, ho instaurato rapporti di amicizia davvero arricchenti e significativi.
Un'altra cosa che mi fa stare bene è che io ho le idee molto chiare riguardo al mio futuro. E questo mi dà la forza necessaria per affrontare un presente caratterizzato soprattutto da studio, ansia e impegno.

Penso a tutte le persone che mi danno fiducia e che mi vogliono bene. E, sempre tra me e me, dico:"Vi ringrazio. Siete molto importanti per me; ma forse non riesco a farlo capire ad alcuni di voi. Dovrei imparare a ringraziarvi più spesso".






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