28 agosto 2021

"La nostra storia", film sulla figura di Hector Abad Gomez:

La nostra storia è stato l'ultimo film che ho visto prima di partire per le ferie, più agognate che mai quest'estate. Si racconta, in poco più di due ore di proiezione, buona parte della vita professionale, familiare e sociale di Hector Abad Gomez, ottimo medico e docente universitario, padre premuroso e zelante attivista sociale. Gomez non frequentava mai messe, chiese e parrocchie... Eppure era una persona piena di valori, di larghe vedute, decisamente più umano e più coerente di alcune figure ecclesiastiche dell'America Latina.

Siamo nella Colombia degli anni '70 e '80, a Medellin.

1) CONTENUTI DEL FILM: 

Il film presenta una famiglia felice e vivace in cui regnano i valori dell'affetto, dell'aiuto reciproco e della solidarietà: Cecilia ed Hector sono infatti due genitori di sei figli, i quali, man mano che crescono, apprendono sia lo stile di vita cristiana sia l'importanza del prendere posizione e del lottare per rendere il mondo un posto migliore. 

Cecilia è cattolica, è la nipote di un arcivescovo. Hector non si dichiara mai ateo ma crede fermamente nei valori dell'onestà, dell'equità sociale e del progresso della medicina. È un idealista che non soltanto sogna, ma lavora per "guarire" il clima socio-politico di una Colombia dilaniata dalla violenza di narcotrafficanti e gruppi militari. 

Questo film dedica diverse scene al suo operato come docente universitario, che porta non soltanto gruppi di studenti ma anche il suo omonimo figlio negli ospedali, a contatto con chi soffre. Hector era uno dei maggiori promotori del sud America di vaccini contro quelle che nel secolo scorso erano delle malattie mortali: a Medellin, i suoi figli sono i primi giovanissimi a sottoporsi alla vaccinazione anti-polio.

Hector Abad Gomez era indubbiamente una personalità dotata di un'enorme e ammirevole forza interiore; per la maggior parte della sua vita è stato in contrasto con la politica degli anni in cui è vissuto. Hector lottava a favore di un sistema democratico e anche a favore del progresso culturale della Colombia. Nel corso della sua vita ha sviluppato anche dei programmi di salute pubblica a favore dei poveri di Medellin: d'altra parte, come ripeteva sempre ai suoi studenti, le cinque "A" per poter vivere bene consistono in: Aria, Acqua, Alimenti, Abiti, Affetto. In questo suo discorso sembra quasi di sentire Leone Ginzburg:

Non ho mai ritenuto che il mio ruolo di professore implicasse una rinuncia ai miei diritti di cittadino e alla libera espressione delle mie idee e opinioni.

Non c'è film più adatto di questo per l'epoca in cui viviamo, ovvero, per quest'epoca di valorosi eroi dei fine settimana che protestano nelle piazze contro i "Green Pass" e contro i vaccini. I miei complimenti! Battetevi e morite, morite con dignità per le vostre sacre idee di libertà, magari contagiandovi a vicenda di ignoranza e di idiozie prima che di Covid.

Cari No-vax, cari complottisti e salvatori della nostra patria, paladini di verità, custodi del libero pensiero, urlate, urlate pure come primitivi della foresta nelle piazze cittadine. Create pure le vostre espressioni originali e raffinate per esprimere giudizi su tutto il nostro personale sanitario. La variante Delta apprezzerà moltissimo tutto questo, vi verrà incontro a braccia aperte con un sorriso smagliante e, soprattutto, con la buona intenzione di portarvi in uno dei posti più felici che esistano sulla faccia della Terra: il letto d'ospedale. 

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Certamente c'è un'ignoranza culturale. Anch'io mi sento, per un certo verso, culturalmente ignorante. D'altronde è impossibile approfondire e studiare tutto: sono una linguista, ho intrapreso un percorso di studi per insegnare materie letterarie nelle scuole secondarie quindi non saprò mai molto di matematica, di fisica o di chimica. Non ero idonea ad intraprendere facoltà scientifiche e non avrei mai voluto studiare Medicina o Scienze Infermieristiche. C'è un'ignoranza culturale, con la quale tutti abbiamo a che fare, ma c'è anche un'ignoranza etica a mio avviso: ognuno dovrebbe assumersi conseguenze e responsabilità delle scelte che compie, anche se per l'imbecillità non c'è un vaccino. O meglio, la letteratura, la storia e la linguistica sarebbero anche degli strumenti di prevenzione contro la stupidità, ma risultano più efficaci sui soggetti in età evolutiva. Per gli adulti c'è poco da fare!

Grazie ai vaccini sono state sconfitte malattie temibili e pericolose come il tetano e il vaiolo. Nel mondo occidentale, grazie ai vaccini sono divenute rarissime altre malattie come la rosolia, la difterite e il morbillo. Riflettete su questo.

Mi sento di aggiungere solo una cosa prima di continuare a recensire il film: a quei trentenni che perdono il loro tempo ad esibire, sui social media, lunghe, sterili e inutili discussioni sui vaccini anti-Covid, dico: vergognatevi! Siete già vecchi interiormente, siete la generazione che sa soltanto lamentarsi di tutto invece di rimboccarsi le maniche, come fanno alcuni un po' più giovani di voi. Alcuni vostri coetanei sono stati in terapia intensiva e hanno rischiato di rimetterci le penne per questa bestia di virus. E sotto l'equatore ci sono milioni di africani e di sudamericani che vorrebbero sottoporsi alle vaccinazioni per immunizzarsi, fra le tante difficoltà della vita, ma che non possono, a causa di sporchi e ingiusti traffici commerciali che privilegiano Cina, Europa e Stati Uniti. Riflettete su questo e fatevi un grande esame di coscienza, prendendo atto del fatto che siete come le fragole in aprile: immaturi.

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Nella Colombia di quegli anni gli ambienti accademici erano luoghi tumultuosi e pericolosi, di manifestazioni giovanili contro le dittature militari che si susseguivano.

Purtroppo a Hector muore una figlia, un'adolescente meravigliosa: Marta, la quartogenita, è deceduta a 16 anni a causa di un melanoma della pelle. Sapeva le lingue, sapeva cantare e suonare più strumenti. Il film ci mostra la vitalità e il sorriso di Marta, un po' stanco e tirato nei momenti della malattia. Dopo la morte di questa ragazzina speciale, Hector decide di dedicare più tempo alla politica e all'attivismo. Si raffredda un po' il rapporto con la moglie e con gli altri figli. Come se, con la morte di Marta, si fosse estinta "l'anima vitale" della sua famiglia.

Suo figlio Hector, una volta divenuto adulto, ha scritto un libro sull'operato di suo padre intitolato L'oblio che saremo. Ma, da ragazzo, contestava la figura paterna dal momento che gli sembrava esagerata la sua dedizione al sociale: da quando mia sorella è morta ti occupi solo dei problemi degli altri e mai della nostra famiglia.

E si sente rispondere: nessun problema è solo degli altri.

La famiglia Gomez è una delle poche famiglie colombiane di condizione benestante visto che può permettersi di mandare i figli all'estero per motivi di studio. In effetti, Hector junior si reca presso l'Università di Torino per alcuni anni.

Hector si candida come sindaco di Medellin a metà degli anni '80. Alla domanda: il suo partito è di destra o di sinistra? risponde con molta arguzia: Io sono un medico, quandi so che a sinistra ho il cuore, al centro il cervello, a destra la bile.

Purtroppo Hector Gomez è stato assassinato a Medellin nell'estate dell'87, di mattina, davanti ad una sede di sindacato. Aveva 67 anni, era Presidente del Comitato per i Diritti Umani e insegnava ancora e, pochi giorni prima, si era proclamato orgoglioso di far parte della "lista nera" del governo, una lista che girava fra le mani dei cittadini e nella quale vi erano decine di nomi di oppositori al regime che dovevano essere eliminati.

2) IL CATTOLICESIMO NEL FILM:

 Non ci sono figure di chiesa molto positive nel corso del film, lo ammetto. Il primo personaggio è Suor Josefa, alla quale, per un periodo, Cecilia aveva affidato l'educazione, soprattutto religiosa, dei due figli più piccoli (Hector è il quinto figlio).

Questa suora ha fatto sua una teologia a mio avviso deleteria e bigotta che consiste soprattutto in una logica di meriti e castighi. Il principale merito consiste nel frequentare la messa e nel recitare il rosario ogni sera. Questa affermazione ne è la prova più lampante: Vostro padre non va mai a messa, per questo andrà all'inferno.

Un'altra figura arcigna è proprio lo zio arcivescovo che frequenta di tanto in tanto la famiglia Gomez. L'unica domanda che l'ecclesiastico rivolge a Hector è questa: "Si ricorda di Dio ogni tanto? Si ricorda di onorare il nostro Signore recandosi alla messa?"

Mai una volta, nel corso della proiezione, il teologico si sforza di dialogare e di trovare dei punti di contatto con quella laicità che ha a cuore la giustizia e la semplicità.

Alcuni fra gli interrogativi che lo spettatore del seguente film deve porsi sono questi: certi principi laici sono così distanti dai fondamenti della fede? Cosa significa credere? Che cos'è la religione? 

 

3) RIASSUNTO DELLA STORIA DELLA COLOMBIA: 

Affascinata dal valore storico di questo film e incuriosita da ciò che mostrava al pubblico in una delle serate di cinema all'aperto, ho voluto cercare su un'Enciclopedia ulteriori informazioni sulla storia della Colombia. Voglio però precisare una cosa: questo che vi propongo qui sotto è un riassunto delle fasi principali e delle date più determinanti. Per informazioni più dettagliate sulle politiche dittatoriali nell'America Latina degli anni '70 e '80 dovreste cercare altrove.

Nell'antichità, in quel che ora è lo stato della Colombia, vivevano i Chibcha, un popolo suddiviso in cinque classi sociali: sacerdoti, guerrieri, commercianti, artigiani e coltivatori. I Chibcha vivevano in case dal tetto piramidale, costruite con paglia o tronchi di legno. Erano politeisti: due delle divinità più importanti erano Chiminagua, dio supremo dell'Universo, e Nemtacoa, dio dei boschi e delle arti figurative. 

Nel 1499 Amerigo Vespucci aveva scoperto la costa settentrionale della Colombia. Con l'inizio del XVI° secolo dunque, gli spagnoli si erano imposti sui Chibcha sottomettendoli e opprimendoli e av evano inoltre importato nel loro territorio molti schiavi dall'Africa per sfruttarli per bene nelle coltivazioni delle piantagioni.

Nel 1538 Jimènez de Quesada aveva fondato Bogotà.

Alla fine del Settecento erano sorti i primi movimenti di indipendenza contro il dominio europeo e, nel 1819, Simòn Bolivar era divenuto il primo Presidente della Repubblica della Colombia, territorio che comprendeva anche l'Ecuador, il Venezuela e Panama. Nel 1903 c'è stata la secessione di Panama e, pochi anni dopo, anche del Venezuela e dell'Ecuador.

Durante il secondo conflitto mondiale la Colombia era schierata, a partire dal '43, a fianco degli Stati Uniti.

Verso la metà degli anni '60 in Colombia era iniziata una guerra civile fra governo, comunisti e gruppi para-militari che promuovevano il traffico di droga. 

Non dimentichiamo che la Colombia è il massimo esportatore mondiale di cocaina, sostanza che, per la maggior parte dei contadini del secolo scorso, era l'unica e possibile fonte di guadagno. 

Nelle bidonvilles di Bogotà avveniva e avviene tutt'oggi lo smistamento di droga. Questi luoghi però, negli anni '60, erano tormentati anche dal terrorismo urbano che compiva atti di delinquenza e imponeva un clima omertoso. 

Alla fine degli anni '60 in Colombia sono state fondate le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane), di stampo comunista e appoggiate dai narcotrafficanti, e l'EPL (Esercito Popolare di Liberazione), di matrice castrista. 

Nel corso degli anni '70 la Colombia ha subìto un'esplosione demografica che era causa di disoccupazione e di delinquenza. 

Nel corso degli anni '70 era inoltre stato fondato l'M-19, movimento extra parlamentare rivoluzionario di estrema sinistra formato dai più fedeli seguaci di Pinilla. Il suo nome prendeva origine da una data, il 19 aprile 1970, data in cui il generale Gustavo Pinilla aveva perso le elezioni, secondo i suoi seguaci a causa di brogli elettorali. Nel '70 aveva invece vinto le elezioni, che si erano svolte in maniera democratica, Pastrana Borrero, conservatore.

Con l'elezione di Betancur, nell'82, aveva avuto inizio una campagna di pacificazione della Colombia attraverso il dialogo con i gruppi para-militari. Era però difficoltoso trattare amnistie con le forze militari che praticavano violenze quotidiane. Ma l'M-19 aveva occupato, nel novembre dell'85, il Palazzo di Giustizia di Bogotà per chiedere "un processo pubblico" sulle cause che ritardavano la pace fra le forze vive del paese. Molti giudici trattenuti come ostaggi all'interno della struttura erano stati uccisi. Ad ogni modo, il governo, ricorrendo all'esercito, era riuscito ad impedire l'inizio di un governo dittatoriale dell'M-19.

All'inverno 1988 risaliva l'assassinio di Hoyos, magistrato impegnato nella lotta contro il narcotraffico. Due anni più tardi, con l'elezione di Gaviria, erano stati aperti ancora una volta accordi e negoziati con i gruppi militari e con i narcotrafficanti, questi ultimi si erano riuniti sotto il Cartello di Calì. 

Il clima di violenza e di oppressione persisteva comunque, anche per le politiche contraddittorie del governo che da una parte combatteva il traffico di droga e dall'altra invece era connivente.

Nel '94, con l'elezione di Samper, del partito liberale, era iniziata una severa lotta contro i narcotrafficanti ma, nel'95, subito dopo che il governo aveva fatto arrestare Orejuela, capo del cartello di Calì, era avvenuto un attentato dinamitardo a Medellin che aveva causato circa una trentina di morti.

Dopo Samper, il presidente Andrès Pastrana, a partire dal '98, aveva avviato un piano di riconciliazione con le FARC.

Nel 2002 è stato assassinato monsignor Isaias Cancino, l'arcivescovo di Calì che aveva consigliato al popolo degli elettori di non appoggiare i candidati politici sostenuti dai narcotrafficanti.

La droga, la violenza nelle bidonvilles e la disuguaglianza sociale sono tuttora i principali problemi della Colombia, territorio al quale non è comunque preclusa la possibilità di ideare e di costruire un avvenire migliore, in cui l'umanità possa trionfare sulla disumanità, soprattutto attraverso la memoria di personaggi eminenti come Hector Abad Gomez.

Qui sotto, l'immagine di Medellin ai nostri giorni:


18 agosto 2021

"A sud del confine, a ovest del sole", Murakami

Tra un fiore colto

e l'altro donato

l'inesprimibile nulla. 

(G. Ungaretti) 

Tra questo romanzo e Passaggio in India non c'è paragone. Anzi: c'è un terribile scarto di qualità! 

Prima di "perdere punti" presso i lettori più seri chiarisco una cosa: il titolo del libro mi attirava e, dopo la lettura di alcuni brevi riassunti che avevo cercato, credevo di leggere un romanzo dai contenuti e dalle tematiche simili al film Un ponte per Terabithia. Ma nel caso di Murakami si parla di una bellissima amicizia fra due pre-adolescenti soltanto nelle prime 15 pagine. 

Leggendo sia la trama sia i miei spunti di riflessione comprenderete per bene i motivi per cui io non farò mai parte della categoria di quelle insegnanti di Lettere che fanno leggere agli alunni soprattutto i romanzi degli anni Novanta e del Duemila, che piuttosto spesso sfociano nello scabroso, nel pornografico e nella violenza brutale. E quindi non ci sono stimoli utili per gli adolescenti che anzi, rischiano di rimanere affascinati da queste forme di male, soprattutto se si trovano nell'età 13-16.

Quel che voglio dire è questo: primo; siamo anche degli/delle insegnanti di "Lingua, Cultura e Letteratura italiana" quindi siamo tenuti/e a far conoscere ai ragazzi la storia della letteratura, a insegnare la grammatica e le figure retoriche soprattutto attraverso esempi e a spiegare un buon metodo per scrivere in modo chiaro. Secondo: siamo degli educatori/educatrici che devono cercare il più possibile di ricavare spunti di riflessione dai testi. Questo è ciò che molti genitori si aspettano da figure come noi. Probabilmente anche i ragazzi stessi se lo aspettano, al di là dei loro squilibri e dei loro comportamenti.

Basta, basta con Murakami, non voglio cercarmi altri suoi romanzi. L'unico veramente bello, pulito e significativo per me è After dark.

1) TRAMA:

Hajime, il protagonista, è nato il 4 gennaio 1951, unico figlio di due genitori ai quali l'autore non dà mai spazio, né fisionomia, né parola.

 Nell'ambiente in cui crebbi, una famiglia tipica aveva due o tre bambini. A ripensarci, tutti gli amici della mia infanzia e della mia adolescenza erano vissuti in famiglie così, dove i figli erano sempre due, al massimo tre. Era raro che ce ne fossero sei o sette, e ancora di più uno solo. (...) Nell'ambiente in cui vivevo, essere figli unici voleva dire essere viziati dai genitori, deboli e molto capricciosi, questa era l'opinione indiscutibile e condivisa da tutti. Era considerata una legge di natura, alla stessa stregua dell'enunciato: "la pressione atmosferica diminuisce in alta montagna" o "le mucche producono latte in abbondanza".

Secondo voi è ancora diffusa questa equazione di luogo comune del "figli unici=figli viziati"? Ve lo chiede proprio una figlia unica che avrebbe voluto un fratello o una sorella minori. Sarebbe stato l'ideale un fratello del '97 o del '98. Ogni tanto nella mia mente fantastico pensando: "Ora sarebbe in ansia per la maturità", "In questo periodo gli darei una mano con la tesi di laurea", "Dovremmo contenderci il monopolio del mega Apple di casa", "Dovrei sopportare le risate e le urla dei suoi amici/amiche qui a casa", "Se esistesse sicuramente manifesterei a volte della gelosia, anche da adulta, ma al contempo gli vorrei un bene dell'anima".

L'esistenza di un altro figlio/figlia avrebbe reso meno complicati certi momenti e io, con un altro fratello in casa di età simile alla mia, forse sarei meno introversa e un po' più combattiva, anche nei confronti del mondo esterno. Probabilmente grazie ad un fratello sarei più capace di perdonare gli errori e i torti degli altri. E, se mio fratello esistesse per davvero, lo sosterrei sempre e comunque, sarei comunque sempre stata la sua spalla, anche di fronte alle sue boiate. Perché come me sarebbe stato figlio degli stessi genitori e avrebbe nel suo DNA qualcosina anche che rimanderebbe a me. L'Hajime ragazzino la pensava più o meno come me:

Sono cresciuto senza fratelli. Se ne avessi avuti, sarei una persona diversa da quella che sono ora.

Nella scuola di Hajime c'è soltanto un'altra figlia unica: Shimamoto, con la quale il protagonista instaura una profonda amicizia. I due bambini condividono non soltanto la passione per la lettura e per i dischi musicali ma anche degli aspetti del loro carattere, come quando ad esempio Hajime ammette che in entrambi c'era una certa difficoltà nell'esprimere le emozioni sul momento. Ad ogni modo, il titolo di questo romanzo è preso da una canzone di Nat King Cole, relativa al Messico, intitolata A sud del confine.

Alla fine delle scuole medie però, il ragazzino perde le tracce di Shimamoto, che si trasferisce per frequentare il liceo di un'altra città. Dopo queste prime belle pagine si passa purtroppo al periodo del liceo e alla storia d'amore, sporca, triste e travagliata, di Hajime con Izumi. Entrambi hanno 16 anni. Approfitto però per inserire una piccola curiosità che ho appreso dalla cultura popolare giapponese: "izumi" significa "sorgente di montagna". In Giappone è molto conosciuta la fiaba del boscaiolo che perde la propria ascia di legno nei pressi di una sorgente di montagna che si trova al limitar del bosco. Poco tempo dopo, una fata emerge dalle fredde acque della sorgente del fiume per donargli un'ascia d'oro.

Ad ogni modo, Hajime prova per Izumi soprattutto attrazione fisica e insiste per più di un anno per poter ottenere un rapporto completo. La loro relazione finisce malissimo, anche per il fatto che Hajime, per soddisfare il suo appetito fisico, va in cerca di un'altra ragazza che per qualche mese diviene un mero oggetto di incontri sessuali bollenti. Poi però, Hajime si stanca anche di questa ragazza che rimane ostinatamente senza nome. Prevedibile che si stanchi, poverino, una volta che diminuiscono le prestazioni d.o.c. ...

Hajime dice così infine, a proposito di Izumi:

Non ero abituato ad aprire il mio cuore agli altri, mentre lei lo aveva fatto con me. Io non ci riuscivo, non l'avevo veramente accettata.

Il periodo universitario di Hajime è grigio, senza passioni, senza dei seri progetti di vita. Con l'altro sesso intrattiene soltanto alcune avventurette che implicavano solamente il lato fisico. Ma che giovane serio e profondo! 

Hajime studia Letteratura e Filologia con risultati modesti e poi inizia a lavorare, per ben 8 anni, come correttore di bozze di libri scolastici per una piccola casa editrice. Anche in Giappone, come negli Stati Uniti e in Regno Unito, l'Università dura di norma 4 anni. Ma, come in ogni parte del mondo, è facile che gli studenti meno  motivati delle materie umanistiche e letterarie finiscano a lavorare come correttori di bozze anziché come insegnanti, giornalisti o promotori di eventi sociali e culturali in ambienti di pubblica amministrazione.

A 30 anni, Hajime conosce Yukiko, più giovane di 5 anni che, dopo un brevissimo periodo di fidanzamento, diviene sua moglie:

Ci davamo appuntamento per andare a chiacchierare noi due da soli in qualche posto tranquillo. Con lei potevo parlare con franchezza e semplicità. (...) Quando arrivava l'ora di salutarci ero assalito da profonda inquietudine e tristezza.

Suo suocero inoltre, "gli prepara la vita": grazie ad alcuni dei suoi capitali Hajime apre ben due jazz club.


Diviene ricchissimo e al contempo, anche se diviene padre di due bambine, coltiva un hobby altamente etico: tradire Yukiko con delle amanti periodiche. 

Pensate inoltre al fatto che il suocero, che si occupa anche di riciclaggio di denaro sporco, incoraggia e approva queste scappatelle. Ma che personcina dallo stile di vita esemplare! Veramente molto corretto!

Una nota di serietà mi par giusto inserirla, in tutta questa ironia: credete che Hajime stesso sia soddisfatto di questa vita, apparentemente perfetta??

Copio un altro estratto del romanzo:

Alle quattro del mattino, la città appariva squallida e sporca. C'erano dappretutto segni di degrado e di rovina, nei quali mi sembrava di riconoscere me stesso, come un'ombra impressa su quei muri.

Non mi ricordo più che città è, se Tokyo o Kyoto o un'altra. Tanto in questo romanzo i luoghi rispecchiano il disinteresse culturale e il degrado morale delle persone o almeno, di molte persone.

A questo punto però piomba una svolta: a 36 anni appena compiuti, Hajime rivede Shimamoto in uno dei suoi locali. Dopo più di 20 anni, si riconoscono ancora (non avrei mai pensato che i giapponesi medi potessero essere più abili degli ispettori nel riconoscere e nell'identificare immediatamente le fisionomie mutate nel corso del tempo). Lui le dice: Non ti vedo da più di vent'anni e voglio colmare, anche se solo in parte, questo vuoto. 

Già, il vuoto della tua scatola cranica.

E lei: Sei stato l'unico amico che abbia mai avuto. Questa frase ha già più senso.  

Shimamoto e Hajime riprendono, a partire da quella sera, a frequentarsi, entrambi incuranti di Yukiko la quale però, dopo un anno, scopre la loro frequentazione reagendo con grande dignità, nonostante la sua sofferenza sia grande. 

Naturalmente vi risparmio la minuziosa descrizione dell'intenso rapporto, che dura per tutta la loro ultima notte insieme, fra Shimamoto e Hajime presso la villa in collina di quest'ultimo. Bravi!!!! Non pensate a chi è a casa: d'altronde una promessa di matrimonio non è da prendere così seriamente.

2) CONSIDERAZIONI E SPUNTI DI RIFLESSIONE:

Bando all'ironia: questo libro è una porcata. E qui vengono elencati i motivi.

A) Ricchezza economica vs povertà culturale+miseria morale: Questa tematica del romanzo è ben visibile soprattutto nei dialoghi fra Hajime e suo suocero che gli dice: "Sei ancora giovane, hai 36 anni, divertiti! Concediti pure delle scappatelle per evadere dalla monotonia familiare". I due uomini non leggono un libro (Hajime ha chiuso con la letteratura da anni), non si interessano di alcun film né di mostre d'arte, di spettacoli teatrali o di musei. Pensate a quanti italiani sono così e fanno crescere i figli così, con una visione  limitata della vita...

Hajime e il suocero sono interessati soltanto ad accumulare denaro a scapito delle vite degli altri. Certo, nei due locali di proprietà di Hajime ci sono dei concerti jazz ma niente di più. Hajime non acquista nemmeno più dei dischi.

B) L'incapacità di amare profondamente: questo riguarda soprattutto Hajime, che manifesta questo deficit prima con Izumi e poi con Yukiko. Con entrambe c'è una fisicità senza dialogo. E con la moglie, quando c'è dialogo, è un dialogo fatto di sotterfugi e bugie.

 C) Solitudine ed egoismo: Questo tema riguarda un po' tutte le figure del libro. C'è la dolorosa solitudine di Izumi, incupita per sempre dopo la rottura della relazione con Hajime. C'è la solitudine di Shimamoto, alla quale è morta una figlia, che non ha un marito sulla quale poter contare, che con Hajime scompare e riappare quando vuole: "Accettami così come sono. Anche se per alcuni periodi sparisco". Shimamoto è sola ed egoista. C'è la solitudine di Yukiko, moglie tradita. C'è la solitudine di quella ragazza senza nome di cui Hajime si serve come oggetto di orgasmi, solitudine che sfocia in bisogni fisici che non appagano la fame di vita. E infine, ultima ma non meno importante, c'è la solitudine di Hajime, insoddisfatto del suo castello di cristallo apparentemente bello e senza crepe, incapace di godere del bene che ha, egoista nel tradire la moglie.

In tutto questo bel ragionamento mi manca però un tassello: le figure genitoriali, che in questo libro sono praticamente inesistenti.

Izumi è descritta come una ragazzina obbediente ai genitori. Ma quali genitori?! Ma che madre è una madre che non dà delle dritte alla figlia sedicenne in ambito affettivo? Se Izumi fosse mia figlia le direi che l'intesa psicologica è fondamentale in un rapporto di coppia e che viene prima, molto prima del lato fisico. Fossi una madre non permetterei che l'adolescenza di mia figlia venisse rovinata da un ragazzaccio.

Hajime sembra in figlio senza genitori. Mai una volta vengono menzionati all'interno di questo romanzo. Come se il ragazzo compisse le proprie fasi di vita senza direttive.

Shimamoto perde il padre a 27 anni e, in seguito a questa perdita, si raffredda il rapporto con la madre. Quella madre che lasciava lei e Hajime a casa da soli per ore quando avevano 11-12 anni e che usciva per fare shopping o andare dalle amiche, della serie: "Siete dei bambini, ma la casa è vostra, arrangiatevi".

Quanto al padre di Yukiko ho già spiegato prima che razza di personaggio raccomandabile è.

Quindi: se "i vecchi" sono questi, se i punti di riferimento sono questi, come possiamo pretendere autenticità dai figli?

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 Vi chiedo un pensiero e, possibilmente, una preghiera per un ragazzo che era stato, per un periodo, un mio adolescente in parrocchia e che si trova in ospedale. La mia famiglia conosce bene la sua: sua mamma e sua sorella erano venute, quasi due anni fa, a portarmi Fumino, il gatto nero con cui condivido le sgtanze di casa mia. Il ragazzo sta molto male. 

Anche se oggi  sono in vena di ironia, sono comunque molto preoccupata. A dire il vero, è difficile spiegare chiaramente il subbuglio di sensazioni che sto provando in questa giornata.

 

 

10 agosto 2021

"A passage to India", E. M. Forster:

A Don Diego e a Don Andrea.

Grazie per esserci stati in questi mesi difficili.

Grazie per la fiducia che riponete nei confronti di noi giovani.

(Beati i miti perché erediteranno la Terra, Mt. 5,5).


 La stella disse: "Io darò la luce.

Non so 

se le tenebre scompariranno".








La guerra di fratelli contro fratelli

è guerra contro Dio.

(R. Tagore)

11 ANNI!!

BUON ANNIVERSARIO A ME E AI MIEI BEN UNDICI ANNI DI ATTIVITÀ DA BLOGGER!

(E comunque riconosco, un po' per scherzo e un po' per lungimiranza verso il futuro, che ormai mi servirebbe un aiutante per continuare a mantenere viva questa piattaforma culturale. Un eventuale nome ce l'avrei già in mente, ma è troppo presto per cercare di coinvolgerlo adesso: abbiamo iniziato a conoscerci seriamente in queste ultime settimane).

Questo lungo post è suddiviso in sette parti: la prima riguarda la biografia, in sintesi, di Forster. Le altre sei invece sono dedicate ad alcune tematiche del romanzo e ai suoi aspetti più significativi. Se mi fossi laureata in Lingue Europee avrei volentieri chiesto una tesi magistrale su stile e tematiche di A Passage to India!

A) VITA DI EDWARD MORGAN FORSTER:

Edwar Morgan Forster era nato a Londra nel 1879. Rimasto molto presto orfano di padre, aveva studiato a Cambridge, laureandosi in Lettere Classiche nel 1900. Nel corso della sua vita aveva viaggiato molto nelle località dell'Europa. In particolare, adorava Grecia e Italia. 

Monteriano, where Angels fear to tread (Monteriano, dove gli angeli temono di mettere piede) è stato il suo primo romanzo in cui era evidente l'ammirazione dell'autore per gli italiani e per i paesaggi collinari toscani.

A room with a view (Camera con vista) è del 1908. Seguiva, nel 1910, Howards End (Casa Howarts), romanzo sulle relazioni fra membri di diverse classi sociali.

Forster si era recato in India per la prima volta nel 1912 e vi era rimasto per sette mesi. Era decisamente disgustato dalla superbia e dall'arroganza britannica nei confronti delle popolazioni indiane. L'anno successivo, Forster iniziava la stesura di A Passage to India (Passaggio in India), interrotta poi con lo scoppio della prima guerra mondiale. 

Fra il 1914 e il 1918 l'autore aveva prestato servizio per la Croce Rossa ad Alessandria d'Egitto. Ormai è appurato che Forster aveva tendenze omosessuali: durante la guerra era morto il suo amante egiziano

Nel 1921 lo scrittore era ritornato in India dove aveva proseguito con la stesura del romanzo, pubblicato nel 1924. A Passage to India è la sua ultima opera. Fino al 1970, anno della sua morte, Forster si era dedicato esclusivamente alla stesura di articoli di giornale e all'insegnamento presso il King's College.

B) INDIANI VS BRITANNICI:

Le due figure femminili più rilevanti in questo libro sono Mrs Moore e Miss Adela, alto-borghesi che decidono di recarsi in India per due motivi: conoscere meglio questo mosaico multiculturale e combinare il fidanzamento e il conseguente matrimonio tra Adela e Ronny, figlio di Mrs Moore. Ronny è infatti uno dei funzionari dell'amministrazione britannica in India.

A Passage to India è prevalentemente ambientato nella città di Chandrapore, luogo che è l'emblema della suddivisione tra Indiani, che sono nativi del luogo in cui abitano e Britannici che amministrano e governano i territori da loro conquistati. 

Per i Britannici i nativi dell'India sono "esseri inferiori, mostruosi" non per motivi religiosi o politici ma per il colore della loro pelle. D'altro canto, gli Indiani nutrono diffidenza e odio verso i colonizzatori.

Proprio come afferma George Thompson, in questo romanzo viene rappresentata una società caratterizzata da barriere razziali, religiose, politiche e culturali.

Mentre Ronny tratta con profondo disprezzo gli Indiani, Mrs Moore si mostra radicalmente diversa nei loro confronti: infatti lei dà subito confidenza ad Aziz, medico nativo dell'India. 

Una sera, dopo una conversazione con Aziz nelle vicinanze della Moschea di Chandrapore, Mrs Moore discute con suo figlio. Anche Adela è presente in questo dialogo:

"You can't walk alone at night here, mother. There are snakes.", said Ronny.

"Yes, I know. The young man told me".

"What young man? Was he nice?" asked Adela.

"Very nice", said Mrs Moore.

"Who was he?" asked Ronny.

"A doctor. I don't know his name.", replied Mrs Moore.

"Was he at the Club?"

"No, He said he wasn't allowed in". 

"Not a Moslem? Why didn't you say he was a native? You shouldn't have spoken to him!" 

Non avresti dovuto rivolgergli la parola in quanto nativo indiano. É così che Ronny rimprovera la madre.

Nel periodo in cui l'India era una colonia di dominio britannico, gli Indiani non erano ammessi nei Club e nei locali inglesi; e questo rimanda molto alla suddivisione, presente per buona parte del secolo scorso, tra bianchi e neri negli Stati Uniti: anche qui c'erano locali che potevano frequentare solo i bianchi e locali destinati esclusivamente ai neri. Bianchi e neri dovevano addirittura salire su diversi mezzi di trasporto pubblico. Segregazione razziale, per l'appunto.

In questo romanzo di Forster però c'è anche un'altra figura, di nazionalità britannica, che non è per nulla altezzoso nei confronti dei nativi indiani. Si tratta di Mr Fielding, uno dei migliori amici di Aziz.

Fielding è anche dotato di un certo senso dell'umorismo, poco apprezzato dai sui connazionali:

He said with a laugh that the so-called white race was really pinkish-grey. He did not realize that the symbolic value of the word "white" was very important to the Anglo-Indians.

pinkish-grey= Il colore dei Britannici sarebbe un mix tra grigio e rosa.


C) LA FIGURA DI MRS MOORE E IL DESIDERIO DI ARMONIA CON L'UNIVERSO:

Mrs Moore è la miglior figura di questa storia, è dotata di una forza spirituale commovente: sa accogliere la profonda umanità di chi le sta accanto e, nelle relazioni, si impegna con grande generosità, senza pretendere nulla in cambio e senza desideri di vanità o di tornaconto personale. Mrs Moore è convinta che Dio sia Amore. Dice, in contrasto con molti dei suoi connazionali:

India is part of the Earth and God has put us on the Earth to be pleasant to one another.

Grande verità! Dio ci ha creati per essere gentili e solidali gli uni con gli altri.

Mrs Moore aspira inoltre a divenire un tutt'uno con l'Universo. Sa contemplare la natura e, come conferma l'autore e narratore esterno alle vicende narrate, questa figura sa stabilire dei profondi legami tra gli elementi naturali, i sentimenti umani e i comportamenti etici che dovrebbero caratterizzare tutta l'umanità. 

Poco dopo l'inizio del romanzo, non appena giunge in India, Mrs Moore si esprime così:

"In England the moon has seemed dead and alien; here she was caught in the shaw of night together with Earth and all the other stars." 

A sudden sense of unity, of kindship with the heavenly bodies passed into the old woman...

*shaw= Equivale al termine shadow, tipico dell'inglese contemporaneo per indicare "ombra, oscurità". Shaw è un sostantivo comunque legato al buio nell'inglese dei nostri giorni, visto che indica un "boschetto", luogo in cui, da che mondo e mondo, gli alberi fanno ombre.

*kindship= Nella lingua di Forster indica l'affinità che Mrs Moore prova con la luna, le stelle e le creature angeliche del Paradiso.

Però Mrs Moore muore ad un certo punto della storia. 

Aziz e Fielding, pochi giorni dopo la  morte della signora, contemplano un bel cielo stellato. Sono tristi, ma non disperati, perché in fin dei conti l'hanno conosciuta bene. Come infatti asserisce Thompson, il destino spirituale di Mrs Moore dipende non soltanto dalla volontà di Dio ma anche da tutti coloro che lei ha amato, da tutti quelli che hanno amato lei e anche da tutti quegli uomini e da tutte quelle donne che, come lei ha fatto quando era in vita, hanno saputo rispettare e cogliere come risorse, non come motivi di divisioni, tutte le diversità esistenti tra i popoli.

Fielding looked up at the stars and thought that people are not really dead until the people who love them know they are dead.

Questo lo penso anch'io: una persona non è mai veramente morta finché al mondo ci sono degli altri che possono ricordarla, anche se non la rivedranno mai più.

D) MARABAR HILLS (or "Marabar Caves"): LA SIMBOLOGIA DEL PAESAGGIO


Primo: esistono veramente in India le grotte di Marabar? Sì. Sono luoghi collinari impervi, piuttosto pericolosi, da visitare con delle guide turistiche esperte. Sono grotte dalle pareti piuttosto lisce nelle quali risuonano echi sonori. Però, nella realtà, sono le Grotte di Barabar, non di Marabar.

Una mattina, Aziz, Adela e Mrs Moore decidono di visitare queste grotte. Dopo la visita della prima grotta, Mrs Moore, alla quale non piacciono né il buio né il risuonare dell'eco all'interno di quelle caverne, decide di sostare all'aperto e di attendere che Adela e Aziz visitino anche le grotte più alte:

In Mrs Moore's opinion, the cave had been horrible: it was dark, hot, crowded and smelly. Mrs Moore had nearly fainted. A soft, naked thing had touched her face. She had hit her head and begun to panic. And there was a terrifying echo.

Ad un certo punto però, il dottor Aziz entra in una grotta e Adela in un'altra. Quando il medico indiano esce, non riesce più a trovare la giovane britannica e chiede notizie su di lei alla guida, che però non sa rispondergli. 

Supponendo che si sia fatta riportare a Chandrapore con un taxi, Aziz decide di lasciare Marabar per ritornare in città. Ma, poco dopo il suo ritorno, il medico indiano viene arrestato, con l'accusa di aver tentato di violentare Adela all'interno di una delle grotte. 

Gli unici due personaggi fermamente convinti dell'innocenza di Aziz sono Mr Fielding e Mrs Moore. Quest'ultima si esprime così a proposito del dottor Aziz, di fronte al figlio Ronny: 

"Do you have any evidence in the prisoner's favour?", asked Ronny.

"I know people's characters. I have heard both English and Indians speak well of him".

Ma di che cosa sono simbolo le Grotte di Marabar, nell'ottica di Forster?

Qui ho avuto alcune ottime intuizioni, confermate e un po' ampliate dall'articolo di critica letteraria di Thompson che ho letto ieri.

1) Adela e il dottor Aziz sono attratti dall'oscurità delle grotte. Quindi questo luogo rimanda senza dubbio innanzitutto alla loro condizione di infelicità e di smarrimento esistenziale: Aziz è un vedovo poco più che trentenne con tre figli piccoli a suo carico, Adela invece si è appena fidanzata con Ronny, un uomo che non ama. Per George Thompson, Adela è caratterizzata da "spiritual dishonesty", da disonestà spirituale. Adela è più affascinata di Aziz verso il paesaggio delle colline in cui si trova:

How lovely they suddenly were (the hills)! But she couldn't touch them. In front, like a shutter, fell a vision of her married life.

*shutter= Significa "saracinesca". Approfitto per far presente che in questo caso, una vocale al posto di un'altra, è in grado di cambiare completamente il senso della parola: shatter, con la "a", significa infatti "frantumare, frantumarsi".

2) Le colline di Marabar simboleggiano anche la mancanza di connessione con il prossimo e una certa solitudine esistenziale. Una mancanza di relazione che fa perdere, soprattutto ad Adela, sia l'esatta e la chiara cognizione degli eventi sia la percezione della verità:

"I shouldn't mind if it had happened anywhere else; at least I really dont' know where it did happen". (Adela)

D'altro canto, Aziz non ricorda bene in quale grotta è entrato da solo e non sa indicare nemmeno in quale grotta Adela sia entrata poco prima che accadesse... che accadesse qualcosa che indubbiamente per ogni ragazza e donna è umiliante.

3) Ma qual'è la verità? Quelle avances sono state veramente fatte ad Adela? Al lettore del libro rimarrà sempre il dubbio. Quell'evento terribile è stato un'allucinazione di Adela? Oppure Adela ha accusato Aziz per malizia? (in tal caso  sarebbe una scema, perché su fatti del genere non si scherza!) O è stata la guida che li accompagnava a commettere il fatto?

Aziz ad ogni modo è innocente. Quando, durante il processo in tribunale, Adela "riacquista coscienza e lucidità", dichiara lei stessa di fronte al giudice che il dottor Aziz è innocente. Il medico indiano ritorna libero ma arrabbiato e risentito. I rapporti fra lui e Fielding si raffreddano, dal momento che Fielding, dopo il processo, si avvicina ad Adela per un breve periodo, ma come amico e confidente, al di là dei pettegolezzi che Indiani e Britannici fanno su di loro.

Ronny rompe il fidanzamento con Adela che, poche settimane dopo il processo, ritorna in Regno Unito. 

4) Nelle grotte di Marabar c'è buio pesto. Per questo, secondo Thompson, le grotte sono anche simbolo di aridità spirituale, evidenziata dal rimbombo dell'eco all'interno. Si tratta di un'aridità spirituale che deriva proprio dalla mancanza di connessione con la luce e con gli altri, tutti ammassati al buio senza la possibilità di vedersi in faccia. 

Per Thompson inoltre, sia Adela che Aziz sono degli aridi razionalisti, poco praticanti delle loro rispettive religioni. Hanno un rapporto molto superficiale con le divinità e con il soprannaturale. 


E) LA QUESTIONE DEL MALE:

C'è una citazione che mi preme inserire, a proposito del contrasto bene/male. Si tratta di un discorso pronunciato dal dottor Goldbole, docente presso un college locale di Chandrapore. Quando gli viene chiesto se, a suo parere, è Aziz il colpevole, risponde così:

"It was performed by the guide. It was performed by you. It was performed by me. It was even performed by the lady herself. When evil occurs, it expresses the whole universe. Similarly when good occurs. Good and evil are different, as their names imply. But they are both aspects of my Lord. He is present in one and absent in the other. The difference between presence and absence is great.  (...)".

Sostanzialmente dice che può essere stato chiunque a commettere il fatto. 

When evil occurs, it expresses the whole universe. Similarly when good occurs.= Quando il male si verifica, esprime l'intera umanità, proprio come quando si verifica il bene.

Il punto è che, nel Duemila, il male fa molta più notizia. Il discorso di Goldbole allude al fatto che in ognuno di noi c'è bene e male. A noi, dotati di ragione e di libero arbitrio, sta scegliere, giorno per giorno e minuto per minuto, se fare del bene o del male. In ogni caso nessun essere umano è incontaminato dal male.

Riprendendo le parole della dama elfica nel film Un viaggio inaspettato: 

Sono le piccole cose, le azioni quotidiane dei piccoli, della gente comune, che illuminano il mondo. Sono semplici atti di gentilezza, di generosità e di amore.

Questo è vero, ma è vero anche che la bestia, cioè il male, è una parte di te, come sussurra il teschio della scrofa morta a Simon nel Signore delle mosche.

F) LE RELIGIONI IN INDIA: 

Sono principalmente due: l'Induismo e l'Islam. In netta minoranza, il Cristianesimo, praticato da gruppi ristretti.

In questo paragrafo intendo sintetizzare al massimo i caratteri di Islam e Induismo, tutto qui. Ma servirebbe un post a testa per entrambe le religioni.

L'Induismo è praticato da circa 9oo milioni di persone (è la terza religione più diffusa al mondo). Non c'è un vero e proprio fondatore dell'Induismo anche se questa religione risale a circa 2000 anni prima della nascita di Cristo. Vengono venerate centinaia di divinità ma anche molte piante e molti animali, ritenuti sacri.

Vi elenco le tre divinità induiste più importanti: Brahma è il creatore dell'Universo, Vishnu il creatore del mondo, Shiva è il dio della dissoluzione. Le tradizionali rappresentazioni di Brahma lo raffigurano nato da un fiore di loto che spunta dall'ombelico di Vishnu. Brahma era in origine dotata di ben 5 teste- una di queste però è stata tagliata da Shiva.

I Veda sono i testi sacri dell'Induismo: sono in sanscrito e pare siano stati scritti fra il 1300 e il 300 a.C. Al loro interno troviamo i miti della creazione e il ciclo universale di morte e rinascita al quale ogni uomo è sottoposto. Gli Induisti credono nella reincarnazione.

L'Islam conta invece quasi due miliardi di fedeli (è la seconda religione più diffusa al mondo dopo il Cristianesimo). Fondata in epoca alto-medievale (VII° secolo d.C.) da Maometto nella penisola araba, è una religione monoteistica: Allah è l'unico dio venerabile e Maometto il suo ultimo profeta, che sulla Terra ha compiuto la sua missione di rivelare agli uomini la volontà di Allah.
Anche Gesù è considerato un profeta dai seguaci dell'Islam. L'Islam è sopraggiunto in India con l'inizio dell'Impero Moghul (1526-1857) che, con il sovrano Akbar (1556-1605) ha raggiunto il suo apice in termini di sviluppo culturale, artistico e architettonico. 
All'inizio del XVII° secolo, con Aurangzeb, che aveva imposto la religione islamica in tutto il territorio, l'Impero Moghul aveva raggiunto una grande estensione territoriale ma, proprio per questo, cominciava a declinare: molti popoli sottomessi, come i Sikhs, avevano iniziato a ribellarsi contro le leggi Moghul. Nel 1707, con la morte di Aurangzeb, l'Impero Moghul si era disgregato e, circa 150 anni dopo, l'India era stata conquistata e colonizzata dai Britannici dopo la Prima Guerra d'Indipendenza Indiana (1857).

Qui sotto: la Moschea blu di Istanbul


G) I TRE STADI DI SVILUPPO SPIRITUALE: 

Non dimentichiamo infine che questo romanzo di Forster è composto da tre parti con tre titoli diversi: "Moschea", "Grotte" e "Tempio". Questa struttura, secondo Thompson, rimanda ai tre stati di sviluppo spirituale: la Moschea indica  l'immaturità e la superficialità umana. La Moschea, nei primi capitoli di questo romanzo, risulta spesso lo sfondo dei pregiudizi, dell'ingenuità e della "vuotezza" di molti dei protagonisti.

In questa prima sezione del romanzo, Adela crede, con somma ignoranza, che Aziz sia poligamo. Ronny tratta con maleducazione Aziz: si gira dall'altra parte o non lo ascolta quando gli parla. 

Unica piccola-grande eccezione: Mrs Moore che crede fermamente nell'armonia con l'Universo, nonostante quel che le sta accadendo intorno. Per lei siamo tutti abitanti e creature dello stesso pianeta.

Nelle buie grotte di Marabar Dio è assente. Questa è, per Thompson, la fase della disillusione. C'è soltanto l'aridità, emotiva e spirituale, di due dei personaggi principali della storia. Le grotte, sempre secondo questo critico letterario, rimandano anche alla cecità d'animo e alla mancanza di sensibilità degli ufficiali britannici che amministrano i territori indiani. Sono ufficiali che compiono i loro doveri amministrativi da prepotenti, da oppressori, con alterigia. Senza quindi aperture mentali.

E infine c'è il Tempio, simbolo di un avvicinamento spirituale dell'uomo con Dio: questa terza parte si apre con la celebrazione del Natale cristiano. Qui Dio non è più assente. Nell'atmosfera gioiosa di una comunità che si raduna per ricordare l'umiltà e al contempo la gloria di Dio, si apre uno spiraglio di speranza per gli uomini: è la speranza di raggiungere una serenità, presente e futura, dopo i travagli interiori che hanno permesso loro di progredire psicologicamente. Ecco come viene descritta la notte di Natale:

The clock struck midnight. The air was full of incense and the sound of bells. The God was born. Alla sorrow was annihilated, not only for Indians but for foreigners, birds, caves, railways and the stars. There was joy and laughter. 

Quindi chi è Dio per Edward Morgan Forster?

Dio è l'Universo, è  lo spirito di tutti quegli uomini che donano amore agli altri, è la realtà spirituale verso la quale ogni uomo aspira.


4 agosto 2021

John Roland Reuel Tolkien, biografia:

In questo post, oltre a illustrare gli avvenimenti della vita di Tolkien, mi soffermerò un pochino anche sulle lingue elfiche e sul Silmarillion, oltre che su alcuni quadri di questo autore. 

BIOGRAFIA:

John Roland Tolkien era nato in una cittadina del Sudafrica nel 1892 da Mabel Suffield e Arthur Tolkien, originari entrambi di Birmingham. Arthur Tolkien si era trasferito in Sudafrica con la moglie nel 1891 per motivi di lavoro. 

Tre anni dopo la nascita di John, Mabel decide di ritornare in Regno Unito con i due figli (=Hilary Reuel, il fratello di John era venuto al mondo nel 1894). L'anno successivo, Arthur si era gravemente ammalato ed era morto lasciando una vedova di 26 anni con due figli molto piccoli a carico. 

Ma, a quanto sembra, Mabel era una donna forte e determinata: aveva preso in affitto un cottage nella zona del Warwickshire, ovvero, nelle campagne poco lontane da Birmingham e aveva deciso di istruire da sola i due figli. Poi, nel 1900, si era convertita al cattolicesimo e, nello stesso anno, John era stato ammesso in una scuola di Birmingham. Sin da bambino eccelleva nello studio della letteratura e delle lingue.


Nel 1904, con la morte di Mabel, John e Hilary erano stati affidati dapprima a zia Beatrice, una donna anaffettiva e fredda, poi a un sacerdote cattolico che aveva finanziato la loro istruzione superiore e che era stato amico e guida spirituale di Mabel. 

Da adolescente Ronald organizzava di nascosto tè pomeridiani nella biblioteca della scuola con i compagni più brillanti, tra cui Geoffrey Smith, ragazzo altrettanto talentuoso negli studi letterari, vittima, alcuni anni dopo, del primo conflitto mondiale.

Nel 1911 John aveva vinto una borsa di studio in Lettere Classiche presso la prestigiosa Università di Oxford. Certamente il futuro scrittore fantasy riusciva bene in greco e latino, ma non rendeva come i docenti si aspettavano che rendesse, cioè, non eccelleva. Per questo, nei primi due anni di università, Tolkien aveva rischiato di perdere la borsa di studio. Aveva deciso quindi di chiedere il passaggio a Lettere Moderne, percorso che, in Regno Unito, implicava e implica tuttora lo studio della Letteratura inglese, di Storia della lingua inglese e della Filologia Germanica. 

Così si era diplomato con il massimo dei voti nel giugno 1915, poco prima di arruolarsi e nove mesi prima di sposarsi con Edith Bratt (=matrimonio avvenuto nella primavera del '16). 

Il 1916 era stato anche l'anno in cui Tolkien, per febbre da trincea, aveva ottenuto l'esonero dai combattimenti.

Già in quegli ultimi due anni universitari (1913-1915) Tolkien aveva iniziato a creare le lingue elfiche. Tuttavia, è dal Natale 1916 che sua moglie inizia a fargli da copista per i suoi primi racconti di mitologia elfica. Dal matrimonio fra John ed Edith, solido e intenso legame durato 55 anni, erano nati 4 figli. 

Alla fine della prima guerra mondiale Tolkien aveva deciso di collaborare per la stesura del New English Dictionary e, nel 1920, era divenuto docente di Lingua inglese presso l'Università di Leeds. Qualche anno dopo aveva conosciuto e incontrato Clive Staples Lewis, futuro autore delle Cronache di Narnia e all'epoca ricercatore di Filologia Germanica. Con Lewis c'è stata una solida amicizia durata nel tempo.

Lo Hobbit è un'opera del '37. Per la saga del Signore degli Anelli bisognerà attendere il secondo periodo post-bellico, o meglio, il periodo dello sviluppo economico europeo, ovvero, la metà degli anni '50. 

Fra Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli, Tolkien aveva scritto un altro racconto fantasy umoristico intitolato Il cacciatore di draghi (1949)

Fino al 1962, anno della pensione, Tolkien aveva insegnato sia Lingua inglese che Filologia Germanica in diverse Università dell'Inghilterra.

Nel '68 si era trasferito con la moglie nel Dorset. 

John Roland Tolkien è morto nel 1973 a Bournemouth.


LE LINGUE ELFICHE:

Tolkien è l'inventore della famiglia delle lingue elfiche.

Il Quenya, parlato anche da Frodo Baggins, e il Sindarin risultano non soltanto due lingue dotate di regole grammaticali e di ordine sintattico ma anche imparentate, dal momento che gli studiosi di Tolkien hanno riconosciuto diverse somiglianze lessicali qui sotto esposte:

UOMO: atan (Quenya), adan (Sindarin)

Quella trasformazione da "atan" ad "adan" fa pensare alla Legge di Verner, che si verifica in questo caso qui sotto:  

-pater (latino) corrisponde a fadar (gotico). 

Verner aveva notato che le occlusive sorde intervocaliche (come la "t") del proto-indoeuropeo e del latino divenivano, sempre se in posizione intervocalica, occlusive sonore in gotico e nelle lingue germaniche ("d").

Oltre a ciò, penso anche alla Legge di Grimm

Questa però è relativa a delle trasformazioni fonetiche all'inizio di parola. Vi faccio vedere, prendendo l'esempio di prima e ampliandolo. (Quanto mi sono piaciute Linguistica e Glottologia! Auguratevi che io non diventi mai Ministro dell'Istruzione, perché se ci fossi io  metterei due ore la settimana di Glottologia in molte scuole superiori, per almeno un paio d'anni):

PIE (proto-indoeuropeo): *ph₂tḗr

-πατήρ (greco antico), pater (latino), padre (italiano), père (francese)= father (inglese), fadar (gotico), far (svedese), faðir (islandese), Vater (tedesco), vader (olandese).

A inizio di parola, l'occlusiva sorda aspirata del proto-indoeuropeo (ph) è occlusiva bilabiale sorda in greco, in latino e nelle lingue romanze (p), ma diviene fricativa, sorda  (f) o sonora (v), nelle lingue germaniche.

LUCE: cala (Quenya), Gil-galad (Sindarin)

PARLARE: quendi (Quenya), pedo (Sindarin)

RACCONTO: quenta (Quenya), pent (Sindarin)

Anche qui avviene un procedimento di mutazione fonetica: "qu" latino corrisponde solitamente al gallese "p". Ecco che cosa mi ricorda questo procedimento.

PIE (proto-indoeuropeo): *penkw

-quinque (latino)= pump (gallese)

SPADACCINO: Menel-macar (Quenya), Menel-vagor (Sindarin)

Qui la prima parte della parola è identica.


IL SILMARILLION:

L'opera è stata pubblicata postuma. Il suo autore ha lavorato ad essa per quasi tutta la vita.

Sostanzialmente si tratta della storia del mondo di Arda e degli Elfi della Terra di Mezzo, storia che comprende almeno un migliaio di anni. I tre Silmaril sono i gioielli che racchiudono la luce immacolata degli alberi di Valinor. Ma vengono rubati da Morgoth. Elfi e uomini allora devono raggiungere la fortezza di questo Signore Oscuro per recuperarli.

Il Silmarillion è formato da cinque parti: nel primo si racconta la genesi di Arda, nel secondo compaiono Morgoth, Sauron e gli Orchi come forze del male, nel terzo avviene il furto dei Silmaril e la guerra contro Morgoth. Morgoth perde le battaglie e viene confinato nel vuoto esterno ad Arda, al di fuori dello spazio e del tempo. 

Nella quarta parte si narrano tutti gli eventi del Regno di Numenor, continente di Arda, nell'ultima infine Sauron consegna gli Anelli del Potere a elfi, uomini e nani. Ma non lo fa per generosità, bensì per governarli con il suo Anello, creato dalla fiamme del Monte Fato.

ALCUNI DIPINTI DI TOLKIEN:

In quest'ultimo paragrafo del post ci tengo a soffermarmi su tre pitture realizzate da Tolkien nel suo ultimo anno di università. Tolkien ha coltivato la passione per il disegno e per l'arte soprattutto da giovane.

A) INQUIETUDINE, gennaio 1914:


Eeriness, nome che potete scorgere in basso, è l'antenato di Gandalf. Qui i colori dominanti sono il grigio, il blu e il rosa. C'è un cerchio di luce intorno alla figura del mago, come per i tre alberi rosa in alto a sinistra.

Altra cosa: a destra c'è un albero scheletrico che sembra protendere minaccioso uno dei suoi rami, simili ad una mano tra l'altro, verso il mago che cammina lungo il viale.


B) "THE LAND OF POHJA", dicembre 1914


La terra di Pohja fa parte della tradizione letteraria finlandese. Tolkien era affascinato dall'epica finlandese del Kalevala

A 21 anni aveva chiesto in prestito alla sua biblioteca universitaria una grammatica finlandese e, nel giro di poco tempo, aveva appreso questa lingua a un buon livello, abbastanza per poter decifrare e gustare il Kalevala.

Tolkien aveva poi adattato in prosa una parte del Kalevala: si tratta della storia di Kullervo, personaggio che da bambino era stato ridotto in schiavitù dallo zio ed era in seguito morto suicida. 

Ecco cosa pensava Tolkien degli eroi finlandesi:

Se gli eroi del Kalevala sembrano dimostrare una singolare mancanza di dignità nel senso convenzionale del termine e sono facili alle lacrime e ai rapporti scorretti, a esser sinceri non hanno meno dignità e non sono meno complicati di un amante medioevale che va a letto per sfogarsi della crudeltà della sua dama.


C) "PAESAGGIO DI FANTASIA", 1915:


Tolkien aveva realizzato questo dipinto pochi giorni prima di discutere la tesi. E a me piace moltissimo!

In primo piano c'è un tunnel che sembra uscire dalla pagina e sembra una porta di ingresso per le montagne in alto sullo sfondo. In modo stilizzato e bidimensionale, in basso si scorge una forma strisciante di drago rosso e nero. 

Secondo voi è giorno o notte in questo quadro? Io propendo per dire "notte". La luna, cerchio sottile lambìto dalle fiamme triangolari, sembra l'anello maledetto della famigerata saga dello scrittore.

Mi sento di aggiungere una mia osservazione: i contorni in nero qui sono molto marcati. Conosceva Tolkien forse il modo di disegnare dei Fauves francesi di quel periodo? 

Oppure quei contorni nerissimi ed evidenti vogliono simboleggiare l'inquietudine e l'intensità di un periodo della sua vita? Ora mi si presenta l'occasione di spiegarlo meglio: per Tolkien in 1915 è stato l'anno in cui nell'ultimo semestre doveva seguire delle lezioni per poter dare gli ultimi due esami, doveva preparare la tesi in Filologia Germanica, era tenuto a svolgere delle esercitazioni militari e ginniche più volte la settimana e... avrebbe voluto sposarsi in quello stesso anno. Ma non aveva soldi e doveva pensare ad andare in guerra!

Nel corso della sua vita Tolkien non è mai stato un gran viaggiatore. 

Ha viaggiato moltissimo nella sua fantasia. Nella realtà è stato inviato come soldato in Francia durante la guerra, da studente aveva fatto un'escursione in Svizzera con dei compagni di corso, da docente era stato più volte in Irlanda come esaminatore esterno e un anno aveva visitato Assisi e Venezia con la figlia. Ma preferiva le località balneari e montane del Regno Unito, soprattutto, dell'Inghilterra e del Galles.

Le campagne del Warwichshire, che da bambino Tolkien conosceva benissimo, sono state in seguito fonte di ispirazione per i paesaggi verdi che caratterizzano la Contea di Bilbo e Frodo Baggins.