26 ottobre 2021

Le meraviglie di Ravenna e dintorni- (con riferimento a Dante):

In questo ultimo fine settimana ho visitato la "capitale italiana del mosaico". Vorrei però illustrarvi soltanto alcuni tra i numerosi edifici e mosaici. 

Indubbiamente è una città che merita: le strade, le piazze e le vie sono tipiche di una località di pianura ma la storia e l'arte di Ravenna si possono certamente definire uniche. C'è molta arte tardo-romana e medievale infatti.

A) MAUSOLEO DI GALLA PLACIDIA:

Questa struttura architettonica è stata fatta costruire da Galla Placidia nel secondo quarto del V° secolo ed è collocato nella stessa zona in cui si trova anche la chiesa di San Vitale.

Galla Placidia era la figlia dell'imperatore Teodosio I. Era la moglie di Costanzo III dal quale aveva avuto due figli: Onoria e Valentiniano. Galla Placidia, rimasta vedova, aveva governato l'Impero Romano d'Occidente negli anni in cui il figlio Valentiniano era minorenne.

La pianta di questo sobrio edificio è a croce latina e i muri inferiori sono decorati da archetti, fra i quali di tanto in tanto compaiono strette finestrelle.

Quando si entra al mausoleo, la sensazione è proprio quella di "venire abbracciati" dai mosaici e, in particolar modo, dalla preziosità dell'oro e dalla profondità del blu che caratterizza i cieli.

Parto dalle lunette laterali e qui ve ne ho fotografata una:


In entrambe le lunette laterali ci sono coppie di cervi che stanno per abbeverarsi alle acque di un laghetto stilizzato e percorso dalle onde. Le fisionomie dei cervi sono ricoperte da verdi volute d'acanto. Si tratta di un'immagine presa dal Salmo 41:

Come la cerva anela ai corsi d'acqua, 

così l'anima mia anela a Te, o Dio.

I cervi sono metafore di tutti gli uomini e le donne che attingono alle sorgenti della fede e della vita eterna.


Questa invece è la lunetta che si trova di fronte all'ingresso. A destra, San Lorenzo è vestito di bianco e in una mano tiene una croce, nell'altra invece la Bibbia. Sono entrambe insegne del diaconato (da διάκονος, "servo"). Il diacono è una figura che "serve Dio e i fedeli nel ministero dell'altare e della carità". 
Ai tempi del liceo (e anche per buona parte dell'università) definivo grezzamente il diacono un "mezzo prete". Da quel che sapevo e che so, i diaconi possono proclamare il Vangelo e distribuire le comunioni in una messa, dare benedizioni, celebrare matrimoni. 
Mi resta il forte dubbio se, tra le "possibilità" dei diaconi, siano compresi anche i battesimi e i funerali.

San Lorenzo si sta avviando verso la graticola, il leggendario strumento del suo martirio. A sinistra si vede un armadio aperto dentro il quale sono custoditi i testi dei quattro evangelisti.


Il mosaico dedicato alla figura del Buon Pastore si trova sopra la porta di ingresso. In questa immagine è sullo sfondo, ma almeno, rende l'idea di quanto affascinante sia quel blu intenso delle volte.

Il buon pastore dà la vita per le pecore

(Gv. 10,11)

Gesù qui ha un aspetto giovanile, una tunica d'oro e un mantello di porpora. E' seduto su una roccia e con una mano fa una carezza ad una delle pecore che gli stanno intorno. Tutte le sei pecore hanno il muso rivolto verso Cristo.

L'immagine non soltanto di Gesù ma anche di Dio come Buon Pastore compare talvolta anche nell'Antico Testamento, come qui, nei primi versetti del salmo 23, uno dei Salmi di Davide: 

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.

Rinfranca l’anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.

Infine, è interessante accorgersi del fatto che le lunette appena al di sotto della cupola, come questa, presentano coppie di apostoli (tra cui San Pietro e San Paolo) in atto di adorazione. Al di sotto delle figure umane, ci sono delle colombe vicine ad una fonte.


B) CAPPELLA ARCIVESCOVILE DI SANT'ANDREA:

Era il luogo di preghiera privato, riservato ai vescovi. E' molto piccola ma splendida.

Sembra sia stata commissionata dal vescovo Pietro II (494-519).

La pianta è a croce greca e il pavimento in lastre marmoree. Si è incerti se far risalire le seguenti lastre alla fine del V° secolo oppure al pieno medioevo.

La cappella è stata restaurata nel secolo scorso tra il 1911 e il 1930. Al suo interno si conserva una croce d'argento che apparteneva all'arcivescovo Agnello (557-570).

Anche qui gli occhi dei visitatori vengono immediatamente conquistati dal mosaico della volta centrale a vela:


Facile decifrarlo per chi è credente e praticante: nel cerchio c'è l'iniziale greca di Cristo e, fra i quattro angeli che sorreggono il cerchio, ci sono i simboli dei quattro evangelisti su sfondo oro: l'aquila per Giovanni, il toro alato per Luca, il leone che riconduce a San Marco e l'angelo, simbolo di San Matteo.

C'è, al di sopra della porta d'entrata, un mosaico che presenta un Gesù guerriero con mantello purpureo chiuso da un fermaglio decorato da una pietra preziosa. Questo Cristo guerriero porta una corona gemmata e una croce sulle spalle, mentre, con una mano regge la scritta: Io sono la via, la verità e la vita. (Gv. 14, 6)

Con i sandali il Cristo calpesta un leone e un serpente, animali simboli della violenza e del male.

Camminerai su aspidi e vipere, schiaccerai leoni e draghi. (Salmo 91).

C) BATTISTERO NEONIANO:

Accanto al museo e alla Cappella arcivescovile si trova questo battistero degli ortodossi di pianta ottagonale. Anche l'otto è un numero simbolico: è il numero dei petali del fiore di loto ed è anche il numero dell'equilibrio cosmico nelle correnti religiose orientali. Ma, oltre a ciò, per noi cristiani è simbolo del Nuovo Testamento e della trasfigurazione: dopo i sei giorni dedicati alla creazione e dopo il settimo giorno di riposo, l'ottavo richiama alla vita eterna e alla risurrezione.

C'è una precisazione che mi preme fare a questo punto: l'immagine della croce, a Ravenna, non è mai legata alla sofferenza di Cristo, bensì, diviene simbolo di speranza in un aldilà oppure, come avviene nel mosaico dell'abside di Sant'Apollinare in Classe, la croce è anche simbolo di trasfigurazione.

La decorazione interna, anche questa a mosaico, è stata ordinata dal vescovo Neone nella seconda metà del V° secolo.

Al centro dell'interno c'è una grande vasca ottagonale di marmo greco e porfido, rifatta nel XVI° secolo. Dell'epoca di Neone resta l'ambone di marmo.

Anche qui, quel che vale la pena notare è il mosaico della cupola:


Il medaglione al centro raffigura la scena del Battesimo di Cristo e, intorno al medaglione, tra il blu intenso si stagliano i dodici apostoli che portano tra le mani una corona ciascuno, simbolo di gloria.


Vale la pena soffermarsi comunque sulla scena del Battesimo di Cristo, confinata su fondo oro: Gesù è immerso per metà nelle acque del Giordano, personificato da un uomo piuttosto anziano che emerge dalle acque con un panno verde.

San Giovanni Battista è invece in piedi e tiene una croce mentre versa l'acqua sulla fronte del Redentore.

D) BASILICA DI SANT'APOLLINARE IN CLASSE:

Sono entrata da questo ingresso sabato mattina. 

Certamente, anche Sant'Apollinare Nuovo è un capolavoro, ma ho preferito la chiesa di Classe (che è anche parrocchia), paese che dista davvero pochi chilometri dalla città.

Il toponimo del paese Classe deriva proprio dal latino classis, is (=flotta). In epoca romana infatti, a Classe c'era un porto (Civitas Classis) che ospitava la flotta militare dell'impero per la difesa del mar Adriatico.

 Sant'Apollinare proveniva da Oriente, da Antiochia per la precisione, verso la fine del I° secolo. A Classe aveva fondato la prima comunità cristiana della quale è stato vescovo. Era un martire: è stato picchiato a morte da alcuni fanatici pagani.

Quel che mi preme spiegare di questa basilica è il mosaico dell'abside:


 Partirei dal centro: entro un cerchio azzurro, c'è una croce gemmata e, al centro di questa croce, c'è un medaglione con il volto di Cristo.

In alto, la mano di Dio Padre che, durante la trasfigurazione di Gesù, aveva detto: questi è il mio figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo. (Mt.17, 5)

Ai lati del cerchio, i due profeti Mosé ed Elia, i cui busti sporgono dalle nubi.  Il fondo oro riconduce all'illuminante presenza divina, mentre, nella parte inferiore del cerchio, troviamo la scritta Salus mundi= Salvatore del mondo.

E iniziamo ora con la zona verde, della natura: le tre pecore rivolte verso la grande croce rappresentano i tre apostoli presenti sul monte Tabor: Pietro, isolato a sinistra, e Giacomo con Giovanni a destra.

Al di sotto della croce, tra piante e cespugli, si trova la figura di Sant'Apollinare in atteggiamento di preghiera, attorniato da 12 pecore. Dodici è certamente un simbolo apostolico ma qui rappresentano i fedeli dell'antica comunità cristiana di Classe, fedeli che accettano di farsi guidare dal vescovo Apollinare.

I colori predominanti sono certamente l'oro e il verde. Quest'ultimo è il colore della natura, della rinascita della vita e di parte del paesaggio romagnolo, costituito non soltanto da lidi e paludi ma anche da campi e pinete.

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LA TOMBA DI DANTE:

Ci sono passata davanti. All'esterno è piena di curiosi che si accalcano, in un atteggiamento di scrupoloso rispetto verso un cartello laterale che dice qualcosa come: "niente assembramenti sulle scalinate del sepolcro".

Eccovi dunque l'interno:

Colgo l'occasione per illustrare i contenuti di un sonetto che mi è sempre piaciuto molto, presente nella Vita Nuova, al capitolo XX°:

 Amore e ’l cor gentil sono una cosa,

 sì come il saggio in suo dittare pone, 

e così esser l’un sanza l’altro osa 

com’alma razional sanza ragione. 

 

Falli natura quand’è amorosa,

Amor per sire e ’l cor per sua magione,

dentro la qual dormendo si riposa  

talvolta poca e tal lunga stagione.

 

Bieltate appare in saggia donna poi,

che piace a li occhi sì, che dentro al core

nasce un disio de la cosa piacente;

 

e tanto dura talora in costui,

che fa svegliar lo spirito d’Amore.

 E simil face in donna omo valente.

 Sin dall'inizio, centrale risulta il tema dell'interdipendenza tra l'amore e l'animo nobile. E' con "nobile" che si deve parafrasare "gentile". 

Gentile deriva da gens che, nella romanità, indicava "una stirpe regale" oppure "una famiglia patrizia". Da qui l'aggettivo gentilis, passato, in epoca medievale, ad indicare "il nobile", fino all'epoca contemporanea, dove "gentile" è sinonimo di "educato, affabile, cortese". 

Qui Dante si riferisce, senza ombra di dubbio, alla nobiltà d'animo, accessibile a chiunque, non soltanto alle classi sociali alte.

Il saggio del secondo verso è Guido Guinizzelli, poeta bolognese fondatore dello Stilnovo. A conclusione della prima quartina, una proporzione: l'amore sta ad un cuore gentile come la ragione ad un'anima razionale.

Si prosegue poi affermando che l'indole disposta ad amare rende l'amore signore di una dimora particolare: il cuore. All'interno del cuore la predisposizione ad amare si riposa, a volte per un breve periodo, a volte per lungo tempo, finché non è destata dalla bellezza che colpisce gli occhi e infonde desiderio. E qui si ricorda un sonetto di Cavalcanti relativo sia alla passione amorosa che alla sofferenza d'amore: voi che per li occhi mi passaste 'l core/ e destaste la mente che dormìa. 

Secondo i concetti aristotelici: l'amore dimora in potenza nei cuori, ma poi viene messo in atto dalla bellezza e da un aspetto piacevole.

Anche in Tanto gentile e tanto onesta pare. Dante tratta della bellezza femminile:  qui si specifica che la bellezza esteriore è tipica delle donne di valore morale. Queste piacciono agli uomini e queste suscitano desiderio.

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*Eccola qui, la mia uscita a Ravenna con mio zio Attilio. E pensare che non volevo nemmeno partire considerando che la nonna non sta affatto bene. Alla fine mi hanno convinta e mi sono rifatta gli occhi di arte; e gli orecchi di storia e di cultura.

...Saranno le ultime settimane di vita di mia nonna, di una donna che da giovane ha patito guerra, fame, fascismo, bombardamenti... che con lo zio e il padre (dichiaratamente antifascista, picchiato a manganellate dai fascisti a inizio dittatura) ha nascosto, per alcuni mesi durante la guerra civile, prima un disertore austriaco e poi un ebreo ferito.


13 ottobre 2021

"Utz", B. Chatwin: riflessioni sui tipi di personalità e sul significato della porcellana:

Prima di recensire il romanzo volevo presentarvi un curioso ma insigne intellettuale a quattro zampe, meritevole di una laurea honoris causa in letterature europee!    

Litighiamo per quest'opera russa del secolo scorso... vedete come appoggia la zampetta sulla copertina!

Come me, Fumino adora il protagonista di questo romanzo da 650 pagine, ovvero, il dottor Jurij Zivago. 

Lo sto divorando: a due settimane dall'inizio della lettura sono già arrivata al viaggio in treno di Jurij, Antonina e Aleksandr verso Varykino.

Il mese prossimo arriveranno due post di recensione su questo unico romanzo di Pasternak, che era soprattutto un poeta.

Utz di Bruce Chatwin invece non mi ha attratta più di tanto: per leggere 130 pagine mi ci è voluta più di una settimana. Utz non è sensibile né partecipe al mondo come lo è invece Jurij... Utz si estranea per sua scelta dal mondo. Secondo l'enneagramma sarebbe un cinque involuto: per Utz le persone non contano, conta soltanto la sua passione sfegatata per la storia e per le porcellane.

1) UTZ E L'ENNEATIPO CINQUE:

Ho avuto un anno di tempo per leggere diversi libri sull'Enneagramma, per ragionare su di me e su chi mi circonda, per ascoltare video-conferenze e corsi.

Voglio iniziare questo post in modo originale. Ogni enneatipo è rappresentato da un colore.

I Cinque "di livello sano", "integrati" o, secondo la lettura cristiana dell'enneagramma, "redenti", sono rappresentati dal blu cobalto, tonalità che vedete qui sotto:

Cosa significa? I Cinque che sanno superare la compulsione dell'isolarsi per acquisire conoscenze hanno compreso che l'interazione ha un'importanza vitale, tanto quanto l'apprendimento e tanto quanto l'ampliamento della propria competenza culturale. Per questo, oltre allo studio, alle riflessioni e alle letture, cercano delle opportunità di socializzazione al di fuori del proprio mondo interiore. E' soprattutto in questo modo che il Cinque "si libera" da alcuni schemi tipici della propria personalità. 

Ecco dunque che il blu cobalto indica la profondità dei pensieri e anche dei sentimenti dei Cinque integrati. Però, al di là di ciò, il blu è un colore freddo, emblema di un tipo di persona che non è né estroversa né espansiva.

Può dunque esistere un Cinque altruista?! 

La ragazza che sta scrivendo questo post si definisce tale, perché un conto è la personalità (=dall'etimo latino, "maschera", cioè, personaggio costruito nel corso dell'infanzia sulla base di relazioni familiari e reazione agli stimoli esterni), e un altro è il carattere, un insieme di doti e di fragilità individuali che mi contraddistinguono, sia rispetto ad altri Cinque sia rispetto ad un Uno e a un Due, che hanno schemi comportamentali e reazioni diverse dalle mie. 

 E adesso date un'occhiata al disegno:


Io sono "quella più in basso a sinistra". Parlando di Cinque parlo per forza anche di me. Già la posizione del numero è indice di alcune caratteristiche che definiscono il mio tipo in modo sintetico: introversione, tendenza ad osservare e ad ascoltare piuttosto che a mettersi al centro dell'attenzione, autonomia, isolamento, paura di un mondo percepito come invasivo. Il Cinque è reso razionale non soltanto dalla propensione al pensiero ma anche dalla paura: dell'emotività degli altri, di venire tradito dagli altri e... talvolta ha paura del proprio sentire.

Utz è esattamente così?! Utz vive la paura di un mondo invasivo in un modo molto nascosto, come vedremo nei paragrafi successivi: riempie la propria casa di porcellane, legge un sacco di libri di storia, trascorre molte delle sue giornate da solo, non comprende l'importanza di interagire. Non gli importa ferire i sentimenti delle donne che sono attratte dalla sua intelligenza e dal suo fascino. Interagisce unicamente con un amico che è come lui, cioè, di tanto in tanto va a pranzo con un docente universitario che si interessa di mammuth preistorici.

Tutti gli psicologi e gli studiosi di enneagramma pensano a legare il tipo Cinque a paesi freddi, puliti e con alti tassi di alfabetizzazione come ad esempio l'Austria, la Svezia, la Norvegia e la Finlandia. Può starci, è tutto soggettivo, ma può starci anche la Grecia a mio avviso, per i Cinque "redenti" che fanno dono di se stessi e del loro bagaglio culturale alla società.

Prima di passare agli altri tre paragrafi del post volevo rivelarvi i colori che corrispondono agli altri Enneatipi, ma soltanto se sono di livello sano:

UNO= Argento, simbolo di: sete di amore incondizionato, notevole forza interiore unita ad un'ammirevole capacità di discernimento, chiarezza e onestà nei rapporti con gli altri. 

DUE= Rosso. Simbolo di una grande generosità e di propensione ad aiutare senza per forza aspettarsi che gli altri dipendano da te che li aiuti.

TRE= Giallo canarino. Simbolo di un'efficienza che, rinuciando alle apparenze e all'esibizionismo, sa creare un gruppo unito e determinato verso un obiettivo.

QUATTRO= Malva. E' il quattro che non è né umorale, né depresso né egocentrico, né sente più di tanto il continuo bisogno di apparire unico e speciale. E' un tipo di Quattro  sa fare della propria originalità e della propria propensione artistica un dono per la società.

SEI= Beige. E' il Sei che ha compreso che nel mondo non esistono soltanto leggi da seguire e da rispettare. E' un Sei leale, collaborativo.

SETTE= Verde. Accetta anche la sofferenza come occasione per esplorare il proprio mondo interiore. (Controfreccia Cinque).

OTTO= Bianco. Converte la propria arroganza in sana leadership, cogliendo anche i bisogni altrui e reprimendo la tendenza a ridere dei loro punti deboli.

NOVE= Giallo zafferano o arancione. Supera la pigrizia e la poca stima di sé per 

utilizzare la dote di mediatore e di pacificatore all'interno di un gruppo.

2) TRAMA E INCIPIT:

Praga, mattino presto. Il romanzo inizia con il funerale di Utz. E' l'11 marzo 1974.

Il 7 marzo 1974, un'ora prima dell'alba, nel suo appartamento di Via Sirokà 5 che dava sul vecchio cimitero ebraico di Praga, Kaspar Utz morì di un secondo colpo da tempo previsto. Tre giorni dopo, alle sette e quarantacinque, il suo amico Vaclav Orlìk si trovava davanti alla chiesa di San Sigismondo, in attesa dell'arrivo del carro funebre, e stringeva in mano sette dei dieci garofani che aveva sperato di potersi permettere dal fioraio. Notava con approvazione i primi segni della primavera: in un giardino sull'altro lato della strada le taccole roteavano sopra i tigli con i rametti nel becco e, di tanto in tanto, qualche piccola slavina scivolava giù dal tetto di tegole di un caseggiato.

Indubbiamente è un incipit dettagliato che dà al lettore informazioni precise. Si tratta di un funerale "tristanzuolo": Utz è compianto soltanto da un altro topo da biblioteca. Praticamente, il suo funerale consiste in una benedizione seguita da un brano suonato all'organo.

Si precisa poi che gli Utz erano una famiglia di piccoli proprietari terrieri sassoni. Curioso è stato leggere che, nel dizionario etimologico dei fratelli Grimm, "utz" ha soltanto connotazioni negativeo comunque poco nobiliari: "ubriaco", "scemo", "venditore di ronzini". 

Ma chi era Utz? Viene definito dall'autore "un Rodolfo II del nostro tempo". Rodolfo II era un imperatore che collezionava oggetti esotivi come antidoto contro la depressione.

E, a partire da qui, si ripercorre la vita di Kaspar Utz: da bambino era solito passare un mese presso il castello della nonna a Ceské Krìzove. E lì, rimane ammaliato dalla statua di Arlecchino:

L'Arlecchino era seduto sul tronco di un albero. La sua scattangte figuretta era inguainata in un costume a losanghe multicolori; in una mano brandiva un boccale d'argento ossidato, nell'altra un cappello floscio giallo. Sul volto aveva una maliziosa maschera arancione.

 Utz è esistito quando sono avvenuti: la prima guerra mondiale, la rivoluzione bolscevica, il crollo di Wall Street, la Kristallnacht (=notte dei cristalli), l'occupazione di Praga da parte dell'esercito di Hitler.

Gli eventi di questo fosco secolo (...) erano, per quel che lo riguardava, rumori di fondo.

La storia gli scorre sotto il naso. Anzi, vi dirò di più: per lui è positivo che avvengano tragedie di questa portata, perché, i drammi storici, scaraventano sul mercato nuove opere d'arte. Dopo la Kristallnacht del '38, ad esempio, Utz si reca a Berlino per acquistare le porcellane degli ebrei che le avevano cedute dal momento che stavano per emigrare negli Stati Uniti. 

 

3) SPUNTI CULTURALI DEL ROMANZO:

 (Tutti enumerati e spiegati da Utz)

A) I GOLEM= In ebraico questo termine significa "informe" in ebraico. Lo stesso Adamo era un Golem enorme prima che Adonai gli desse la facoltà di parola.

 

B) CYPREA MONETA=  In Africa e in Asia questa conchiglia era la moneta attraverso la quale avvenivano scambi commerciali. Cioè, veniva scambiata con avorio, oro e schiavi. Marco Polo la chiamava "conchiglia di porcellana" (porcellana da "porcella", ovvero, "scrofa").

C) JOHANN BOTTGER= Il possibile inventore della porcellana, nato a Turingia nel 1682. Era uno studente di alchimia convinto che oro e argento maturassero nelle viscere della terra dall'arsenico. Secondo le credenze antiche le pietre preziose e i metalli maturavano nel ventre della Terra. (Per gli alchimisti cinesi l'oro era il corpo degli dei).

Finché, nel 1706, Bottger aveva incontrato Ehrenfried, chimico che stava creando un forno per fondere smalti. Ma, da quel forno, si cuoceva la porcellana a 1450°C. Nel 1708 Bottger e Ehrenfried avavano consegnato a re Augusto i primi campioni di porcellana.

4) LA PORCELLANA: INTERPRETAZIONI

Utz muore solo e, alla sua morte, la sua collezione di porcellane scompare misteriosamente.

Per me ha essenzialmente due significati: 

*FRAGILITA'= Se un piatto di porcellana cade, si frantuma. La porcellana sta ad indicare la precarietà della vita di ognuno di noi... tutti siamo appesi ad un filo. E tutti dobbiamo sfruttare al meglio la nostra esistenza. Non vale la pena chiuderci in noi stessi né dedicarsi esclusivamente ai nostri interessi. Così si diventa aridi ed egoisti, proprio come Utz. (Le involuzioni del Cinque sono due: aridità di sentimenti e disinteresse verso gli altri, aggravate dalla freccia Sette che aggiunge anche l'irrequietudine e l'incostanza nei pochi rapporti che si hanno/ depressione dovuta ad un senso di sottostima e di "vuoto" o anche al considerare talvolta un peso la propria solitudine e le proprie paure).

*RIGIDITA'= La porcellana però è anche un materiale rigido, non elastico. E questo riconduce certamente al piccolo egoismo di Utz. Con l'autore, che lo incontra in prima persona, è cortese. Ma non è né empatico né interessato al vissuto dell'altro. A Utz non interessa la formazione, il vissuto e lo stato d'animo di chi ha davanti, visto che deve sfoggiare alla perfezione la sua sapienza.


4 ottobre 2021

L'Europa dell'Est:

 Un resoconto di viaggi 

che tutti i giovani 

dovrebbero leggere 

per riflettere sull'attualità. 


Recentemente ho avuto l'occasione di leggere È Oriente, opera che racconta i viaggi compiuti da Rumiz nell'Europa dell'Est in un arco di tempo compreso tra il 1998 e il 2001. Durante la recensione del libro avrò anche l'occasione di presentarvi in modo sintetico i contenuti di un film intitolato Est.

Ad ogni modo, qui riassumo brevemente, aiutandomi attraverso alcune citazioni, i sei viaggi dell'autore.


1) TRIESTE-VIENNA IN BICI CON IL FIGLIO MICHELE:

*Siamo nell'estate del '98. 

All'inizio del capitolo Rumiz evoca, in modo poetico, la notte alla vigilia della partenza. È un delicato notturno di Trieste:

C'era la luna, la notte della vigilia. Una notte inquieta di cani e pipistrelli. Ho attraversato la città in scooter, l'aria era immobile e umida, lasciava sospesa, una rugiada argentata. Succedeva una cosa rarissima: i profumi del mare e quelli della montagna non entravano in conflitto, ma si armonizzavano senza sovrapporsi. Così ho attraversato profumo di fieno e mare aperto, di cipressi e bagnasciuga, di pini marittimi e secca brughiera, il respiro delle acacie e l'odore della pescheria chiusa, e poi il droghiere, il macellaio, il panettiere.


Interessante, dal punto di vista linguistico, il primo gerundio del figlio dello scrittore:

Ricordo Michele, anni fa, quando si svegliò nello zaino porte-enfant e formulò così il suo primo gerundio; "Papà, dove andiamo stando?". Quella capriola sintattica aveva in realtà una logica di ferro. L'andare non era forse una conseguenza dello stare, della condizione esistenziale di essere beatamente sistemati dietro papà orso?

Il gerundio italiano ha la funzione di sottolineare la continuità di un'azione, proprio come la forma verbale "-ING" in inglese (I am studying/I was having a shower; e, ovviamente, il present perfect continuous: I have been working all day and I haven't finished yet). 

Ad ogni modo, il nostro gerundio non ha persona né numero ed ha due tempi: presente e passato (amando/avendo amato).

Ma i gerundi non sono tutti uguali nelle lingue europee, antiche o moderne che siano. In latino ad esempio, il gerundio può essere considerato la declinazione dell'infinito e, a seconda dei casi, ha diverse funzioni (Agricolae parati erant ad pugnandum= I contadini erano preparati a combattere- gerundio in accusativo con valore di finale). Il gerundivo invece, con il quale viene formata la perifrastica passiva, esprime senso del dovere (Proficiscendum est/Liber legendus). 

Poi c'è un altro punto del capitolo decisamente interessante, relativo alla differenza tra il viaggiare e lo spostarsi:

Da noi si è smesso di viaggiare: ci si sposta. Così il mondo minore scompare, e la memoria pure. Aveva ragione Pasolini, nessuno ascolta più le storie. (...) Il territorio è perduto e anche l'appartenenza.

Condividete?! 

Io credo sia piuttosto vero. Viaggiare significa gustare le meraviglie di un panorama senza farsi condizionare da orari e tempistiche. Quindi è da un bel po' che non viaggio. Da due anni esatti, dall'ottobre 2019, quando sono stata a Stresa e alle Isole Borromee... 

Lo spostarsi invece implica il ricorso ai mezzi di trasporto (treni, aerei, autobus, automobili) per raggiungere un luogo, quindi, è un qualcosa di maggiormente legato agli orari e alla fretta, tipica di un mondo sur-moderno che si sta riempiendo sempre più di tecnologie avanzate e di non-luoghi, ovvero, di stazioni, aeroporti, centri commerciali, autostrade, sale d'attesa; tutti posti nei quali nessuno sta in modo permanente e dove nessuno esprime storia e cultura. 

Nel nostro mondo sur-moderno ci si sposta quotidianamente per motivi di studio e di lavoro, ma si viaggia poco e soprattutto ci si meraviglia poco della bellezza del mondo. Tra l'altro, l'abitante ha una diversa percezione dei luoghi rispetto al viaggiatore. Questo bisogna tenere presente mentre si legge È Oriente.

2) TRIESTE-KIEV IN TRENO:

*Siamo nell'inverno 1999.


Di questa parte del libro mi ha molto colpito la descrizione dell'Ucraina.

Le ucraine sono straordinarie. Ne vedo spesso a Napoli, sul lungomare di Chiaia. 
Sono badanti, almeno così le chiamano nel Nord Italia. Badano ai nostri vecchietti in cambio di un modesto stipendio e un tetto di famiglia. (...) Certo, stanno meglio che in patria. In Ucraina non tornerebbero nemmeno per morire, dicono che nei loro ospedali si crepa come cani. Ma lo sradicamento è terribile. E dietro l'apparenza di quella seconda vita italiana protetta da casa e famiglia, subito traspare la precarietà di una condizione reclusa, non paritaria. "Se il nonno muore", ti dicono, "Se io mi ammalo, chi aiuta me?".

Non è mai stata facile la vita in Ucraina. Le badanti ucraine vengono di solito da famiglie povere, disagiate o disastrate. In alcuni casi, le ucraine immigrano o in Italia o in altri paesi dell'Europa centrale per trovare lavoro e mandare i soldi ai figli rimasti là, in modo tale da assicurare loro un futuro. 

L'Ucraina è l'ottavo paese d'Europa per numero di abitanti (42 milioni di abitanti). Gran parte del territorio ucraino è pianeggiante e attraversato dal fiume Dnepr. Soprattutto nelle tre regioni settentrionali, ovvero, in Volinia, Polessia e Podolia si trovano paludi, foreste e rilievi di modeste altitudini. 

Due anni dopo il crollo del muro di Berlino, il 24 agosto 1991, l'Ucraina è divenuta uno stato indipendente dalla Russia. Nel dicembre dello stesso anno il Partito Comunista Ucraino è stato sciolto per promuovere il pluralismo dei partiti e la libertà di stampa e di opinione. 

Tuttavia, l'indipendenza ucraina è minacciata, da alcuni anni a questa parte, dal conflitto militare iniziato nella primavera 2014 nella regione del Donbas, quando alcuni manifestanti contro il governo ucraino, sostenuti dalle politiche russe, hanno occupato alcune sedi istituzionali del Paese. 

Questi episodi hanno avuto, purtroppo ma prevedibilmente, delle conseguenze internazionali: i rapporti fra l'Europa, gli Stati Uniti, la NATO e la Russia di Putin sono tesi.

3) BERLINO-ISTANBUL IN TRENO:

* Siamo nell'inverno 2000.

Anche in questo capitolo si trovano degli spunti di riflessione, validi vent'anni fa come anche ora:

I sondaggi dicono che nel Nord Italia il rumeno o il bulgaro sono sentiti come più stranieri di un nigeriano o di un vietnamita. Ecco come allontaniamo le culture europee. E ne accettiamo altre, distanti anni luce, solo perché si adattano meglio alle nuove schiavitù.

I nigeriani e i vietnamiti, avvezzi al vivere alla giornata, pur di campare accettano lavori manuali, molto faticosi e pesanti che comportano un precariato assoluto e uno sfruttamento vergognoso delle loro energie fisiche. 

Per questo motivo pochissimi italiani fanno i raccoglitori di frutta o i muratori. 

I rumeni e i bulgari preferiscono lavorare per il settore terziario (camerieri o badanti per quel che mi viene alla mente ora). Accettano stipendi modesti ma giustamente, per loro dignità, non si piegherebbero mai ad accettare l'indecenza di 12 ore di lavoro al giorno per soli 150 euro al mese.

Viene da chiedersi intanto se davvero tutti gli immigrati stranieri trovano una vita migliore venendo in Italia e inoltre, dopo la lettura di queste frasi ci si domanda anche: Quanta importanza ha per gli abitanti dell'Est la realtà dell'Unione europea? 

Tutti loro non solo risultano reduci dalle politiche oppressiva di quella che era l'Unione sovietica, ma hanno inoltre anche sperimentato sulla loro pelle la fame, l'alto tasso di corruzione dei governi, le guerre civili e i regimi dittatoriali. 

A certi giovani automi ingabbiati nei luoghi comuni sui migranti farebbe bene leggere È Oriente. 

Le emigrazioni e le immigrazioni sono conseguenze della globalizzazione, fenomeno planetario iniziato a partire dalla metà degli anni Novanta con la diffusione di tecnologie più avanzate che davano e danno tuttora la possibilità di un mondo interconnesso e multietnico, come rivela la descrizione dell'autore relativa alla stazione di Berlino: 

Ma non è solo la Germania che si ingolfa là dentro, è il mondo intero. I treni ingoiano fiumi di turchi, indonesiani, bengalesi. Con quella scansione implacabile, la stazione diventa l'allegoria di un paese che si sforza di assorbire i conflitti con l'efficienza della propria macchina. Ma è anche il luogo che svela la bollente demografia tedesca. Altro che Italia. I musulmani, ad esempio, sono tantissimi. L'otto per cento della popolazione.

L'immigrato può destare diffidenza per il suo (spesso difficile) vissuto, per le sue diverse tradizioni, per la sua diversità linguistica e culturale. Ma è una risorsa da accogliere, non da denigrare e da sfruttare.

Paolo Rumiz, in questo viaggio, ha inoltre l'occasione di visitare Bucarest. La Romania, nota dolente dell'Europa dell'Est.



La Romania è talmente scassata che non ci sono nemmeno i soldi per sgombrare le strade dalla neve. L'autista accelera, frena, bestemmia, si impantana, pattina a vuoto. Taglia i concetti con la mannaia: "Bucarest è bianca, tutto il resto nero". Spiega che sotto, nelle fogne, ci vive della gente. Barboni, bambini, rintanati come nel film Underground.

Venerdì sera ho visto al cinema un film intitolato Est- dittatura last minute, ambientato nell'ottobre 1989. I protagonisti sono tre amici intorno ai 24 anni che, per spirito di avventura, decidono di trascorrere un breve periodo di vacanza in Romania. 

Fino a 32 anni fa in Romania c'era la dittatura di Ceausescu: Bucarest era piena di poliziotti e tutti i cittadini, oltre a patire la fame, erano controllati dallo stato e intercettati telefonicamente. Durante una sosta a Budapest i tre ragazzi incontrano un uomo rumeno che li supplica di portare per lui, rifugiato politico, una valigia in Romania destinata alla moglie e alla figlia.  

I tre giovani, non appena entrano nelle campagne rumene, si accorgono della povertà: la Romania di 30 anni fa sembra l'Italia contadina degli anni '20.

Questo viaggio li rende un po' diversi rispetto a come erano partiti: ritornano più sensibili, più attenti agli altri e agli eventi della politica internazionale. In Romania tra l'altro passano dei guai: i poliziotti di Bucarest ad esempio ritirano i loro passaporti dopo averli visti distribuire cibo ai cittadini.

Nel dicembre 1989 è crollato il governo di Ceausescu, che dev'essere stato senz'altro un gran porco corrotto, a causa di una rivolta popolare.

4) NAVIGAZIONE SUL DANUBIO:

* Siamo nella primavera del 2000.

Rumiz attraversa a bordo di una nave l'Austria, la Cecoslovacchia, l'Ungheria e la Serbia. 


Ad ogni modo, questa è l'occasione per lui di passare di fronte al Palazzo di Milosevic:

Il palazzo di Milosevic a Dedinje. La casa, oltre il giardino, sembra vuota. La polizia mi allontana, non so se per proteggerlo o per tenerlo in isolamento. Nei Balcani ogni verità ha due letture. Vedo passare la figlia in automobile, dicono che rifornisca il vecchio di grappa alla pera. La gente non parla più di lui. Molti dei suoi ex fedelissimi lo chiamano "assassino". Ipocriti, oltre che voltagabbana.

Che anni furono, quelli in cui Slobodan divenne presidente e inaugurò la stagione dei raduni oceanici. Lo schema era perfetto. La stampa iniziava il fuoco di copertura, le masse manovrate premevano sul palazzo e invocavano il Duce. Lui arrivava, le infiammava e le domava, era l'uomo della provvidenza. (...) Un brivido percorse la Serbia. Il clima cambiò, il nome di Slobo appassionò e divise. Lui non aveva bisogno di terrore. Gli era bastato liberare l'irrazionale del suo popolo, ibernato da decenni di retorica titoista.

Milosevic era divenuto Segretario della Federazione Comunista di Belgrado nella primavera dell'86. Nel '90 era poi stato eletto Presidente del Partito Socialista di Serbia. Con Milosevic si è svegliato un nazionalismo aggressivo che ha portato la Jugoslavia ad una guerra sanguinosa durata quattro anni (1991-1995), un conflitto che ha portato ad una grave episodio di pulizia etnica nel luglio '95 e che ha indubbiamente diviso famiglie e popoli. 

Pensate inoltre alla distruzione del Ponte di Mostar nel '93, costruito sul fiume Narenta, simbolo del rapporto pacifico fra bosniaci e serbi, emblema dell'unione fra due parti della città abitate da due popoli diversi e di diversa religione.


5) REGIONI ADRIATICHE IN AUTO:

* Viaggio della primavera del '99.

Questo è un capitolo piacevole: Rumiz parte da Venezia per raggiungere il Salento e per visitare tutta la sponda adriatica. Il suo viaggio inizia così:

Da cinquant'anni l'Adriatico è stato rimosso dall'immaginario degli italiani, non è più sentito come "mare nostrum", ma come mare degli altri. Per la gente è solo il mare dei bombardieri e dei profughi. E mentre l'Italia diventa tirrenocentrica, nessuno dice che, se non ci fosse l'Adriatico, avremmo la guerra in casa...

Il nostro viaggiatore ad ogni modo arriva in Puglia. Ed è qui che ho trovato un'osservazione cartografica interessante:

Prova a guardare dal Gargano la retta infinita che divide il verde dell'Adriatico dal giallo andaluso del Tavoliere. Indica l'oriente. Solo a quel punto ti accordi che lo Stivale s'inclina, che la Puglia non è affatto Sud ma guarda a Settentrione. L'Adriatico è il mare del Nord. I latini lo chiamavano "superum", mentre il Tirreno era "inferum", meridionale. 


6) IL PROFONDO NORD-EST IN BICI:

* Pedalata che risale alla primavera del 2001.

Prima di iniziare a leggere quest'ultimo capitolo credevo che per "profondo Nord-Est" si intendesse di nuovo la Romania. Pensavo: stavolta avrà fatto una pedalata da solo da Vienna a Bucarest. Invece ha percorso il profondo Nord-Est d'Italia: Friuli e Veneto. 

Il viaggio però termina sull'Altopiano del Gavia, in provincia di Sondrio.


Da alcune osservazioni dell'autore viene naturale chiedersi: ha senso per Veneti e Friulani essere o sentirsi cittadini europei?

Leggete qui sotto a proposito dei paesini di montagna friulani:

Come in Veneto, anche qui l'identità è qualcosa che si coltiva nel chiuso del tinello, davanti al fogolar e al tajut, il focolare e il bicchiere di vino. Al riparo dal mondo, non in relazione a esso. L'identità aderisce a simboli morti, a reperti fossili, come la pialla, la gerla, il bue, in cui i giovani non possono riconoscersi. Il mondo dei "tavernicoli" raccontato da Tim Parks.  "I friulani" racconta Maniacco, "sono tecnicamente bravissimi, navigano su Internet, parlano inglese, delocalizzano alla perfezione. Insomma: si adattano al mondo. Ma quando tornano al fogolar non trovano il mondo nel loro microcosmo. Tengono accuratamente separate dal globale la briscola e l'osteria. Ed ecco che la lingua friulana serve a tracciare un confine con il mondo, è un'arma di difesa più che una naturale espressione identitaria.

A mio avviso si possono affermare più o meno le stesse cose per il Sudtirol. 

Facciamo un ragionamento: in cittadine come Merano (Meran), Siusi (Seis am schlern) Bressanone (Brixen) e Ortisei (St. Ulrich) il fenomeno del bilinguismo è più accentuato: i residenti sono di madrelingua tedesca ma, buona parte di loro, sa parlare piuttosto fluentemente l'italiano. L'Alto Adige è ancora Italia ma, per lingua, paesaggi, clima, pulizia e architetture sembra di essere in Austria. Eppure non sono austriaci.

È da circa tre anni che non metto piede in Sudtirol, ma anche qui sembra quasi che l'identità di coloro che ci vivono venga coltivata tra boschetti, casette dai balconi in legno e feste popolari. 

I Tirolesi, soprattutto i giovani, sanno adattarsi alle innovazioni del mondo ma al contempo ci tengono moltissimo a coltivare il loro dialetto tedesco che, oltre a delineare la loro identità, traccia un netto confine con il resto d'Italia, come a voler precisare: "Noi siamo diversi, dagli italiani ma anche da austriaci e tedeschi".

Per quale motivo in Veneto si è diffusa in modo significativo la paura dell'extra-comunitario?

Ma dietro alla nuova sindrome di assedio c'è una paura antica, sommersa e primordiale. Quella di ricadere nella miseria dei padri. La prova? Il mestiere che tira di più al Nord non è il tornitore o il disegnatore tecnico. Non è nemmeno il mago del marketing. È  lo strizzacervelli. In Veneto gli psicologi crescono al ritmo di di centosessanta unità all'anno (...) Tutti ne hanno bisogno: famiglie, aziende, associazioni, enti pubblici. Un boom. Non è solo l'alienazione che si sposta dalle megalopoli alla provincia. È il lettino che prende il posto del confessionale, Freud che sostituisce il prete. (...) Ieri non avevo, domani ho paura di non avere. Ma come fanno, ti chiedi, a produrre nella paura? Domanda errata. Qui si produce grazie alla paura.


Concludo il post con un'osservazione che Rumiz scrive alla penultima pagina di È Oriente:

Povera montagna italiana. L'effetto serra si mangia la neve, la Telecom non aggiusta i telefoni dei rifugi, l'Anas abbandona il territorio, vuol chiudere le strade meno trafficate. 

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Con mercoledì sono tre mesi esatti dalla discussione della mia tesi. Ma so già che il 6 ottobre non avrò tempo per scrivere. 

Anche se ancora non lavoro, ma spero di iniziare in questo mese, il periodo che sto vivendo è piuttosto intenso e mi manca il tempo per fare quel che vorrei- alle dieci e mezza della sera sono già mezza morta. 

Non ho tempo per le boiate, non ho tempo per le bugie e i pettegolezzi e non ho più nemmeno il tempo né la voglia per svolgere un servizio presso un Emporio della solidarietà che come ricompensa comporta da parte della responsabile il continuo e asfissiante controllo di quel che faccio e, oltre a ciò, dei discorsi piuttosto cattivi. La carità la si deve applicare tra di noi prima che con i poveri.

Però qualcosa devo caricare sul Drive: due dei cinque capitoli della mia "tesi comunista". Natalia Ginzburg non è certo "la cattolicissima donna di chiesa" ma la sua biografia è toccante e, a mio avviso, ha qualcosa da trasmetterci. Vi ricordo che aveva un marito anti-fascista che è morto, è MORTO per la NOSTRA LIBERAZIONE e PER LA DEMOCRAZIA. 

Avete idea di quanto ha sofferto la Ginzburg nel corso della sua vita? 

Con questo link andate direttamente alla cartella con il file in pdf: 

https://drive.google.com/drive/folders/1Gp-7VJeolqj7utCAuyNbzGLtLAo5tuaD

Certo, ho notato anch'io che gli spazi e i capoversi non sono perfetti continuando a passare da una pagina elettronica all'altra e da un formato all'altro, ma il quarto capitolo è il mio orgoglio!