26 gennaio 2013

La shoah attraverso una significativa testimonianza letteraria

"Il bambino con il pigiama a righe."

In occasione della giornata della memoria (27 gennaio), vi lascio un mio commento su questo libro famoso e commovente, che ho letto molto tempo fa, ancora all'epoca della terza media.
"Il Bambino con il pigiama a righe è un romanzo ambientato durante il periodo nazista, a "Auscit" , il nome che Bruno, un bambino di appena nove anni, dà al luogo dove è costretto a trasferirsi con la famiglia a causa del lavoro del padre colonnello, chiamato dal "Furio" (Hitler, il Fuhrer) a dirigere un campo di sterminio.
Qui Bruno vive delle esperienze e vede delle cose che non comprende, ma che comunque nessun bambino e nessun adulto dovrebbero mai vedere. La casa ad "Auscit" è completamente diversa dalla casa di Berlino,dove Bruno viveva prima del trasferimento: infatti, è molto piu' piccola e dalle finestre non si vedono piu' strade e bancarelle, ma soltanto una grande rete e molte persone chiuse dentro di essa, che portano tutte un pigiama a righe e un berretto di tela in testa. Ad "Auscit" tutto è grigio e non c'è nulla di particolarmente interessante. Questo aspetto, spinge il bambino a cercare divertimento al di fuori delle mura domestiche e ad esplorare la grande rete che ogni giorno vede dalla finestra di casa.
Questa ricerca, fatta di nascosto dai genitori, lo porta un giorno ad incontrare Shmuel, un bambino ebreo che vive nel recinto del campo di concentramento. Shmuel è un coetaneo di Bruno, indossa sempre il pigiama a righe ed è sempre tristissimo. Di fronte alle molte domande di Bruno, Shmuel non riesce a dare una spiegazione del perchè lui sia dentro ad un recinto e non possa uscire. Inoltre, Bruno si accorge che Shmuel scappa quando teme di essere visto.
La vita di Bruno inizia a cambiare grazie a questa amicizia, che lui stesso giudica divertente e strana, perchè i due bambini chiacchierano senza poter giocare. La loro amicizia è molto sincera.
Il libro si conclude con un tragicissimo evento: la famiglia di Bruno decide di ritornare a Berlino,ma, pochi giorni prima della partenza, Bruno decide di aiutare l'amico che è angosciato per la scomparsa improvvisa del padre. Shmuel riesce a procurargli un pigiama a righe, per poter passare inosservato, e così gli apre un varco attraverso il recinto. Durante quell'avventura però, entrambi, con molti altri ebrei, vengono spinti nelle camere a gas e insieme muoiono.

Questo libro mi è servito molto per riflettere sulle ingiustizie umane accadute agli ebrei durante il nazismo e che possono accadere anche oggi, soprattutto quando nelle guerre vengono coinvolti bambini innocenti.
Il romanzo evidenzia gli aspetti importanti di un'amicizia sincera senza discriminazioni, che vorrebbe eliminare tutti i recinti. Mi sono indignata molto quando ho letto il punto in cui un domestico ebreo che serviva la famiglia di Bruno, viene picchiato per aver guarito il bambino da una ferita alla gamba quando in casa non c'era nessuno L' ebreo aveva rivelato a Bruno di essere stato un medico e il bambino trovava assurdo che un dottore sia costretto a pelare patate e a vivere da servitore.
Mi ha colpito molto anche quando l'autore descrive il campo di concentramento e la scena dei bambini che piangono all'interno di esso.

Questo libro dimostra che in una guerra tutti sono vittime, anche i figli degli oppressori, e tra loro, quelli a cui viene sempre negata la parola, sono i bambini.
Ritengo con assoluta fermezza che certi trattamenti riservati a popolazioni che hanno sempre avuto una vita difficile e che sono quindi stati spesso oggetto di discriminazioni e di oppressioni, non debbano più ripetersi nella storia, altrimenti il progresso dell'umanità non avverrà mai.




23 gennaio 2013

I diritti: riflessioni personali sull'esperienza quotidiana e sulla fratellanza

Diritti. 
Da quando gli uomini hanno iniziato a vivere in società hanno cercato di definire i propri diritti. E' difficile dare una definizione appropriata del termine "diritto". Certamente è possibile affermare che il diritto è una serie di regole che stabiliscono il vivere comune tra le persone.

Io ritengo quindi utile riflettere sull'esperienza quotidiana e sul significato della parola "diritto". 

DIRITTO è chi rimane stabile sulle proprie gambe e che procede lungo una strada rettilinea, senza curve, senza procedere a zig-zag, senza inciampare.  

Se il diritto è inteso quindi come legge e come norma è un servizio alla persona. Si tratta di fare in modo che nessuno sia oppresso e che tutti gli uomini possano camminare tranquillamente lungo la propria strada di vita senza essere costretti a "sterzare".
Mettere al primo posto i diritti significa, appunto, mettere al primo posto ogni uomo, donna, bambino di questo pianeta.

Dopo le azioni disumane e gli eventi catastrofici avvenuti durante la Seconda Guerra Mondiale, i popoli si erano costituiti nell'Assemblea delle Nazioni Unite. Nel 1948 veniva così creata la DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI. E' una dichiarazione costituita da 30 articoli nei quali ogni persona è considerata importante a prescindere dalla propria nazionalità, dal colore della pelle, dalla religione, dalla lingua... 
 Il primo articolo parla di "fratellanza" come stile di vita in comune e impegno per la persona dotata di ragione e di buon senso. La Dichiarazione diviene dunque un motivo di stimolo per realizzare ancora quanto manca da fare affinchè ogni individuo abbia diritto alla vita, alla libertà.

Tuttavia, anche se i diritti umani sono stato scritti su carta, la realtà di parecchi popoli ci fa pensare che bisogna fare ancora molto per concretizzare quegli impegni assunti dalla comunità internazionale.  
Io ritengo che ai giorni nostri manchi una visione collettiva e un'unità di intenti a livello globale che rende difficile l'attuazione di quei principi. E' necessario quindi accantonare le divisioni che affliggono il mondo per ridonare slancio a una visione condivisa di unità, solidarietà, fraternità. E tutto questo affinchè noi giovani possiamo camminare su un'unica strada "lunga, rettilinea e senza curve".

10 gennaio 2013

DOLCE EPIFANIA 2013


Buon 2013 a tutti voi!!!
 Le mie vacanze di Natale sono state tranquille e piacevoli, dal momento che ho trascorso molto tempo con i miei familiari (anche con il mio caro cugino che non vedevo da diverso tempo). 
Ho quindi riconosciuto ulteriormente la fondamentale importanza delle relazioni umane e dei sentimenti.
 Ho deciso di dedicare il mio primo post del 2013 a un evento che mi ha colpita moltissimo.

Era il 6 gennaio, quindi proprio l'ultimo giorno di vacanza. Dopo aver pranzato lautamente, avevo deciso di dedicarmi al ripasso della storia dell'arte e quindi a un' ulteriore revisione dell'ultimo argomento affrontato: i pittori veneti del Cinquecento. Mentre stavo rileggendo diligentemente i miei appunti sulla "Venere di Urbino" di Tiziano Vecellio, mia zia era entrata nella mia stanza proponendomi una passeggiata lungo le vie di Villafranca (il paese in cui frequento il liceo), giusto per godermi fino in fondo l'ultimo giorno di vacanza. 

Ho accettato, e, una volta conclusa la revisione dei miei appunti scolastici, siamo partite.
Villafranca è stupenda con tutte quelle luci natalizie e quei delicati alberi di Natale collocati appena fuori dai negozi.
Adoro il periodo di Natale: le luminarie appese lungo le strade sono fantastiche!   
In effetti, suggeriscono un'idea di calore che ogni volta mi ricorda i valori del Natale: la pace, la prosperità, la gioia, la speranza. 
E mi fa pensare alla prospettiva di un mondo migliore sostenuto dalla carità fraterna.
Dopo mezz'ora di cammino, abbiamo deciso di sostare in una pasticceria. 
L'ambiente era molto riscaldato, il cameriere gentile, le sedie comode. Era la prima volta che entravo in quella pasticceria e così ho osservato attentamente il locale.
Una famiglia era seduta proprio attorno al tavolo accanto al nostro. Una donna giovane teneva tra le braccia un bambino di pochi mesi mentre con molta tenerezza gli asciugava gli occhi lucidi e le guance piene di lacrime. Era proprio un bel bambino: i due occhi grandi, le guance rosee. Avevo una voglia incredibile di fargli una carezza. 
La giovane signora aveva un' espressione calma e serena sul volto. 
Di fronte a lei era seduto un uomo, probabilmente il marito. 
E quello che mi ha colpita maggiormente è stata proprio la figura di questo signore: nei suoi occhi brillava l'amore, ne sono convinta. Gli occhi erano molto luminosi, pieni di trasporto affettivo nei confronti della moglie e di quella piccola creatura delicata e fragile come una foglia. Erano occhi che mi facevano pensare alla straordinaria lucentezza di un cielo stellato in una calda notte d'estate.
Sorrideva.
Sorrideva con una dolcezza che raramente ho visto sul volto di un adulto: solo i miei genitori sorridono così. 

Un pensiero ha attraversato la mia mente: "Ecco un uomo che sa amare. Ecco un adulto soddisfatto e orgoglioso della famiglia che si è formato, ecco una persona che ha realizzato il suo sogno di felicità e che sta percorrendo con gioia il cammino della vita."

Ed è qui che mi sono chiesta: Come si fa a diventare genitori? Bisogna imparare ad amare, a voler amare, bisogna fare almeno un figlio ed avere una forza simile a quella di Dio. Magari un giorno anch'io diverrò un' ottima moglie e una buona madre. Chissà se saprò davvero diventarlo.