7 dicembre 2013

"Molto forte, incredibilmente vicino"

 Più di un anno fa ho visto questo film americano un po' avventuroso e un po' commovente, che dà un messaggio di speranza e che valorizza la realizzazione personale attraverso il contatto con gli altri.

Il protagonista è Oskar Schell, un bambino che coltiva un ottimo rapporto con il padre Thomas, uomo molto intelligente e solare,  con il quale gioca spesso ad inventare fantastiche spedizioni alla ricerca di luoghi immaginari; tra questi, viene più volte citato il sesto distretto di New York. 
Ma nella mattina dell'11 settembre 2001, avviene il terribile attacco alle torri gemelle, nel quale il signor Schell perde la vita, dopo aver tentato ripetutamente e disperatamente con sei messaggi lasciati in segreteria di contattare la moglie e il figlio. Oskar, al suo ritorno da scuola, ascolta questi messaggi con sconcerto e con terrore e non riesce a riflerirli agli altri componenti della famiglia.  
Oskar non riesce ad accettare la morte del padre, che rappresentava un ottimo punto di riferimento e che cercava di aiutarlo sia a superare determinate paure sia a relazionarsi con le altre persone. Devo precisare che il ragazzino è portatore della Sindrome di Asperger, malattia abbastanza simile all'autismo, che comporta grave difficoltà di relazioni con gli altri e schemi di comportamento ripetitivi. Gli individui affetti sono dotati spesso di un IQ superiore alla media e sono spesso interessati ad argomenti di discipline scientifiche. 
Apro una piccolissima parentesi; alcune persone molto incompetenti credono di poter riconoscere questa sindrome e di saperla diagnosticare scambiando la riservatezza di una persona con le caratteristiche di questa malattia. Che incredibile flop!!

Comunque, Oskar non ha un buon rapporto con la madre, che appare una donna spenta e immalinconita a causa della morte del marito e dei disagi relazionali del figlio, che talvolta arriva a criticarla molto aspramente.
Un giorno però, rovistando nell'armadio collocato nella camera del padre, scopre una chiave in un involucro con la scritta "Black". Il ragazzino inizia dunque a pianificare i suoi incontri con tutti i Newyorkesi che portano il cognome di Black. Oskar incontra molte persone, le ascolta, riflette sulle loro storie di vita cercando di scoprire non soltanto la serratura in grado di accogliere la chiave ma anche e soprattutto il motivo per cui quella chiave era arrivata al padre.
Nella sua ricerca, si fa aiutare da Virgilio, il "misterioso inquilino della nonna", un signore anziano (probabilmente il nonno di Oskar) che si rifiuta di parlare e che comunica soltanto attraverso dei biglietti. Sulle spalle di Virgilio grava un passato molto duro...
Mi ha fatto molta compassione questo personaggio, chiuso in se stesso, dilaniato da un insopprimibile dolore che lo porta ad abbandonare la ricerca con il ragazzino, dal momento che è incapace di superare le angoscie che lo tormentano da anni.
Dopo mesi di intense ricerche, il protagonista riesce a perseguire i propri obiettivi, a superare alcune paure (tra queste, la paura di dondolarsi su un'altalena) e a ristabilire un rapporto diverso con la madre, che segretamente stimolava le sue ricerche e manteneva i contatti con molte persone che il figlio incontrava. E' molto rilevante anche aggiungere che alla fine del film, Virgilio ritorna a New York.

Ritengo che la singolare avventura che vive Oskar possa essere considerata un "percorso di formazione" attraverso il quale il nostro protagonista, sfruttando intensamente le sue ottime risorse intellettuali e compiendo un faticoso percorso caratterizzato anche da ostacoli e contrasti, riesce a rielaborare il lutto subìto e a individuare il suo "posto nel mondo", ovvero, riesce a comprendere sia il valore della sua individualità sia l'importanza dell' incontro- confronto con le altre persone.

Vorrei concludere con una citazione tratta da un'altra recensione su questo film, che mi è parsa davvero significativa e interessante e che vi propongo come occasione di riflessione:

(“Molto forte, incredibilmente vicino” è un film duro da affrontare. Stephen Daldry, infatti, sceglie di portarci una pellicola assai lontana dalla leggerezza, un film in cui ci sembra di sostenere  il peso di “quella” disperata caduta da “quella” terrificante altezza. In “Molto forte, incredibilmente vicino” non si buttano giù solo gli uomini disperati dai grattacieli del World Trade Center, piuttosto sembrano cadere tutti, schiacciati dalle paure, dalla solitudine, dalla mancanza, dalla perdita di qualcuno o di qualcosa.)



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