5 luglio 2014

"Sostiene Pereira": una dura critica alle dittature


"Sostiene Pereira" è un avvincente romanzo ambientato a Lisbona durante il terribile periodo del regime dittatoriale salazarista.

Mi sento ora in dovere di aprire una breve parentesi storica a proposito della dittatura portoghese.

All'inizio degli anni trenta, il Portogallo era governato da politici liberali, che, nonostante avessero instaurato un governo democratico, non erano in grado di sanare la disastrosa situazione economica del Paese e si dimostravano incapaci di placare violente rivolte sociali.
In questo contesto, il generale Antonio Salazar, dirigente di un piccolo partito nazionalista, sollecitò le truppe del suo esercito a  ribellarsi contro il governo. I militari riuscirono a rovesciare le istituzioni e il loro generale divenne dunque capo assoluto del governo. Il periodo della sua dittatura durò dal 1932 al 1968. Salazar, simpatizzante dell'ideologia fascista, introdusse diverse strutture già create da Mussolini, quali:il corporativismo, la propaganda, il saluto romano, l' inquadramento della società in organizzazioni paramilitari, la limitazione della libertà di stampa e l'abolizione della libertà di opinione. Salazar istituì anche la polizia segreta, ovvero, la PIDE (Polizia Internazionale di Difesa dello Stato) incaricata di arrestare e di assassinare gli oppositori e i presunti ribelli.

Dunque, il romanzo è ambientato nel 1938 e il protagonista è il signor Pereira, giornalista incaricato di curare la rubrica culturale di un quotidiano chiamato "Lisboa".
Nei primi capitoli del romanzo, Pereira appare come un uomo mediocre, privo di senso critico, indifferente nei confronti della situazione politica del suo paese. La sua vita è monotona, priva di amicizie, caratterizzata soltanto dal lavoro alla redazione, dai lauti pasti al Café Orquidea (che tra l'altro sono la causa principale della sua obesità e della sua cardiopatia!) e dal triste ricordo della moglie, morta qualche tempo prima di tubercolosi. Pereira parla tutte le sere al ritratto della moglie, confidando i suoi pensieri e chiedendo consigli.
All'inizio del terzo capitolo, viene raccontata brevemente la gioventù di Pereira. Egli, da ragazzo e da studente universitario alla facoltà di lettere, suonava la viola durante le feste studentesche, era attraente, magro e agile, e perdutamente innamorato di una ragazza (quella che poi era divenuta sua moglie) che scriveva poesie ed era gracile e pallida.


Una mattina Pereira legge un interessante articolo che contiene delle riflessioni sulla morte e, incuriosito dal contenuto, decide di contattare l'autore per offrirgli un posto come collaboratore esterno della pagina culturale del "Lisboa". Lo scrittore dell'articolo, di nome Francesco Monteiro Rossi, giovane neo laureato in filosofia e di origini italiane, accetta con entusiasmo il nuovo posto di lavoro.
Pereira però gli affida uno strano compito: scrivere dei necrologi anticipati di celebri letterati ancora in vita; in modo tale che siano subito pubblicabili in caso della loro morte improvvisa.
Monteiro scrive dapprima il necrologio di D'Annunzio, contestando duramente la sua adesione al fascismo. Il giovane scrive poi altri necrologi nei quali contesta le posizioni politiche di altri scrittori. 
Pereira giudica impubblicabili i suoi necrologi, dal momento che esprimono una forte avversione verso il regime. Ma Monteiro, influenzato anche dallo spirito rivoluzionario della sua fidanzata Marta, contesta la sua neutralità e la sua indifferenza nei confronti della violenza dittatoriale. 

Grazie alla conoscenza con Monteiro e Marta, Pereira inizia a dubitare del suo stile di vita. Nasce dunque dentro di lui un forte conflitto interiore, dal momento che è combattuto tra il desiderio di aiutare i giovani antifascisti e la preoccupazione di ritrovarsi coinvolto in pericolose questioni politiche.

Qualche tempo dopo Pereira si reca in ferie presso una clinica talassoterapica, per cercare di curare la sua cardiopatia. Proprio in quel luogo incontra il dottor Cardoso, che gli consiglia di fare i bagni alle alghe. Tra i due uomini si instaura un buon rapporto di amicizia: Pereira confida al dottore il suo travaglio interiore. Il dottore pensa che l'inquietudine di Pereira potrebbe dare origine ad un grande cambiamento nella sua vita.

Man mano che il tempo scorre, il protagonista diviene sempre più consapevole del clima intimidatorio creato dal regime, della violenza, delle sanguinose lotte sociali, della pesantissima censura di stampa. E, proprio per questo, decide infine di aiutare Monteiro, che nel frattempo ha partecipato agli scontri tra repubblicani antifascisti e salazaristi. Pereira infatti accetta di ospitarlo e di nasconderlo nella sua dimora, per proteggerlo dal momento che il giovane è ricercato dalla polizia salazarista.
Una notte, due individui aggressivi, dichiarandosi uomini della polizia politica, entrano con la forza in casa di Pereira e lo picchiano a sangue. Poi, scoprono Monteiro e lo uccidono brutalmente.

Sconvolto da questo atroce omicidio, Pereira scrive per la pagina culturale del Lisboa il necrologio di Monteiro Rossi, accompagnato da un articolo di palese denuncia verso le atrocità del regime e, con un astuto stratagemma riesce a farlo pubblicare. Dopo aver preparato in fretta le valigie, decide di fuggire immediatamente dal Portogallo.
Alla fine del libro, l'autore racconta che Pereira è vissuto in Francia fino alla metà degli anni novanta e che là ha continuato a praticare la sua attività di giornalista.

Il finale rivela proprio la metamorfosi del protagonista: da individuo indolente, passivo ed esasperatamente abitudinario a uomo ribelle, coraggioso e promotore di giustizia.
  • PRECISAZIONE: Il sintagma "Sostiene Pereira" viene ripetuto molte volte nel corso della narrazione, come se l'autore avesse scritto il romanzo con Pereira presente e come se dovesse rilasciare la deposizione del personaggio protagonista.



LA CONCEZIONE DELLA LETTERATURA DEL PROTAGONISTA: Lo so, mi sta venendo un post chilometrico, come al solito d'altronde, ma ritengo giusto soffermarmi anche su questo aspetto del libro.
 Dunque in questa vicenda traspare anche la concezione della letteratura del protagonista che, nella prima parte del libro, afferma: «non è facile fare del proprio meglio in un paese come questo … io non sono Thomas Mann». Queste sono parole di rassegnazione, di passività e, potremmo anche dire, di automortificazione. Con questo discorso Pereira è convinto che sia impossibile attuare processi di ribellione da parte degli intellettuali verso il governo. 
Però, dopo la metà del romanzo, per il nostro giornalista la letteratura diviene parte integrante della storia. Egli infatti asserisce: «Se loro (i salazaristi) avessero ragione la mia vita non avrebbe senso, non avrebbe senso aver studiato lettere a Coimbra e aver sempre creduto che la letteratura fosse la cosa più importante del mondo, non avrebbe senso che io diriga la pagina culturale di questo giornale del pomeriggio dove non posso esprimere la mia opinione, non avrebbe senso più nulla ed è di questo che sento il bisogno di pentirmi...». Qui invece il protagonista è consapevole del proprio ruolo di coscienza critica della società e in queste parole, valorizza la letteratura come attività che valuta scrupolosamente gli eventi storici per poi far riflettere il lettore sul presente.




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