24 agosto 2014
"Il colombre" e la scelta di una "non-vita":
Ho letto più volte questo racconto. Lo aveva scritto Dino Buzzati alla fine degli anni Sessanta, probabilmente allo scopo di far comprendere ai lettori che è importante valorizzare ciò che ci appare affascinante ma al contempo misterioso.
Nel giorno del suo dodicesimo compleanno, Stefano Roi, il protagonista del racconto, chiede al padre, capitano di mare e proprietario di un elegante veliero, di accompagnarlo in uno dei suoi viaggi. Il padre esaudisce volentieri la richiesta del figlio. Durante il viaggio, però, Stefano intravede dalla poppa della nave uno strano pesce che sembra inseguire la nave.
Poco dopo, il padre gli rivela con angoscia che quel pesce è un colombre, animale molto temuto dai marinai, divoratore di uomini, visibile soltanto dalla vittima e dai suoi più stretti familiari.
Il capitano decide dunque di far sbarcare subito il figlio e di fargli proseguire gli studi in una città lontana dal mare.
Ma, con il passare degli anni, Stefano diviene sempre più ossessionato dal pensiero del colombre e, dopo la morte del padre, lascia l'ambiente cittadino e decide di intraprendere la vita dei marinai.
"Egli navigava, navigava e sulla scia del suo bastimento, di giorno e di notte, con la bonaccia(stato di mare calmo) e con la tempesta, arrancava il colombre. Egli sapeva che quella era la sua maledizione e la sua condanna, ma proprio per questo, forse, non trovava la forza di staccarsene."
"... navigare, navigare era il suo unico pensiero. Non appena, dopo lunghi tragitti, metteva piede a terra in qualche porto, subito lo pungeva l'impazienza di ripartire. Sapeva che fuori c'era il colombre ad aspettarlo e che il colombre era sinonimo di rovina. Niente. Un indomabile impulso lo attraeva senza requie(senza pace), da un oceano all'altro."
Divenuto anziano, si accorge di essere molto infelice e di aver consumato la sua esistenza nella fuga dal colombre attraverso i mari. Così una sera, sale su un barchino, si fa calare in mare e rema verso il colombre per colpirlo con un arpione. Ma il colombre, stanco e affaticato, gli dice: "Quanto mi hai fatto nuotare! E tu fuggivi, fuggivi. E non hai mai capito niente. Non ti ho inseguito attraverso il mondo per divorarti, come pensavi. Dal Re del mare avevo avuto soltanto l'incarico di consegnarti questo." Prima di scomparire tra le onde, l'animale trae fuori la lingua e porge al vecchio capitano una piccola sfera fosforescente, ovvero, la Perla del Mare, conosciuta dai marinai come la perla che dà agli uomini amore, fortuna e pace nell'animo.
Stefano, amareggiato, riconosce di aver vissuto una non-vita e di aver rovinato la propria esistenza con una fuga inutile.
Questo è uno dei racconti più famosi di Buzzati e, piuttosto spesso, gli insegnanti delle scuole medie lo leggono agli allievi.
Ma non penso che questo sia un racconto riservato esclusivamente ai ragazzini.
A dire il vero, lo trovo piuttosto complesso per i preadolescenti; sono infatti convinta che il contenuto sia molto più adatto ai giovani della mia età e anche agli adulti. E' infatti necessario che questi ultimi riflettano ponderatamente sulle proprie azioni, sui loro obiettivi e sulle loro scelte.
Potrei provare a dare una mia interpretazione del racconto.
Credo che il misterioso animale rappresenti il futuro. Stefano si sente attratto dal futuro, ma, dal momento che prova anche un incontrollabile timore verso di esso, continua a viaggiare per fuggire dal proprio destino, in preda ad un assurdo pregiudizio trasmessogli dal padre.
Stefano desidera la felicità, l'amore e la pace, ma non è in grado di coglierle laddove sono presenti, dal momento che è succube dei propri timori infondati. Fuggendo nega a se stesso la gioia di vivere.
Certo, egli riesce a realizzarsi dal punto di vista professionale, ma muore solo e infelice, consapevole della propria irrequietudine. Egli diviene ricco materialmente ma povero spiritualmente perché non é abbastanza coraggioso e tenace per poter affrontare le proprie paure e i propri conflitti interiori, anzi, continua a scappare, sia dal colombre che da se stesso.
Io penso che Stefano rappresenti tutte quelle persone che non sanno vivere e che quindi sono incapaci anche di approfittare delle buone opportunità, delle "occasioni d'oro" che la vita potrebbe offrire.
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