22 settembre 2015

"Diario di un killer sentimentale":


Altro romanzo intrigante e curioso, scritto da Sepulveda, un autore sudamericano praticamente contemporaneo a Garcìa Marquez. Solo che Garcìa Marquez era colombiano, Sepulveda invece era cileno. 

Il killer sentimentale di cui si tratta è uno scrupoloso professionista dell'assassinio, molto abile nell'eseguire gli incarichi, molto richiesto e molto ben pagato.
La narrazione, in prima persona, è organizzata in una forma molto simile a quella diaristica, dal momento che invece dei capitoli, si trovano le diciture: "Prima giornata", "Seconda giornata", "Terza giornata" e così via, fino a narrare gli avvenimenti che accadono in un'intera settimana. Però, mentre le pagine di un diario sono sempre corredate da una data o comunque da indicazioni temporali ben precise, il "diario" di questo killer non contiene alcuna annotazione cronologico-temporale. In compenso, sono piuttosto precise le indicazioni relative ai luoghi.

L'inizio della vicenda si svolge a Madrid, città in cui il nostro protagonista, di cui i lettori non sapranno mai il nome, atterra. Una volta giunto all'albergo, riceve una busta: "Dentro c'era la foto di un tipo che non mi piacque: giovane, sui trentacinque anni, snello, belle presenza, seduto davanti a un lungo tavolo in compagnia di altri cinque tizi che gli assomigliavano. (...) Un minimo di etica professionale vieta di chiedere cosa hanno combinato i tipi che uno deve liquidare, ma guardando la foto provai della curiosità e la cosa mi dette fastidio. Nella busta non c'era altro e andava bene così. Dovevo prendere familiarità con quel viso, osservare i dettagli che ne avrebbero rivelato la forza o la debolezza."
Per la prima volta nella sua brillante carriera di assassino, il protagonista, solitamente abituato a passare da un incarico all'altro senza alcun indugio e senza porsi domande, arriva a chiedersi il motivo per cui dovrebbe assassinare l'uomo che vede nella fotografia.
Pochi istanti dopo, una rapida occhiata all'orologio della sua stanza d'albergo gli ricorda che mancano poche ore all'atterraggio dell'aereo proveniente dal Messico sul quale si è imbarcata la sua amante. E qui, la sua mente ritorna un po' indietro nel tempo: viene descritto infatti il loro primo incontro e anche gli sviluppi della loro relazione. Ne riporto alcune parti:
"Voleva diventare una traduttrice e come tutte le intellettuali era abbastanza ingenua da bersi qualunque storia, per cui non feci alcuna fatica a convincerla che ero il rappresentante di una società aeronautica e che perciò dovevo viaggiare molto." 

"(...) io violai varie regole sulla sicurezza, soprattutto quelle che si basano sulla solitudine e sull'anonimato, sul restare uno sconosciuto, sul non essere altro che un'ombra. E così l'appartamento dei contatti divenne l'ufficio dove dovevo andare ogni giorno, mentre il pomeriggio e la sera ne dividevamo un altro che iniziò a puzzare di casa borghese perché venivano i suoi amici e si facevano feste. In quei tre anni portai a termine vari incarichi in Asia e in America e credo addirittura di aver superato me stesso come professionista perché agivo alla svelta per tornare da lei."

Ma, colpo di scena, la sua amante, che egli chiama e continuerà a chiamare "la mia gran figa francese", gli invia un fax che si rivela scioccante:"Non mi aspettare. Mi dispiace ma non verrò. Ho conosciuto un uomo che mi ha fatto vedere il mondo in maniera completamente diversa. Ti voglio bene, ma credo di essermi innamorata di lui. Resterò in Messico per altre due settimane prima di entrare a Parigi. Là parleremo di tutto. (...)"
Questa rivelazione lo sconvolge, al punto tale che il killer cade in uno stato di prostrazione: cerca conforto nell'alcool, nei rapporti con delle prostitute, nei lunghi dialoghi sia tra se stesso e il suo doppio, sia tra se stesso e la foto della sua futura vittima, il cui nome è Victor Mujica. Addirittura arriva a dire al Mujica fotografato: "Non so che cosa hai combinato, ma sei fottuto. Forse ti consolerà il fatto che verrai ucciso da uno non meno fottuto di te e la cosa più strana è che ti invidio perché non appena ti avrò ficcato in corpo un paio di pallottole di piombo per te sarà tutto finito, mentre io, dovrò continuare a vivere."

Il "killer sentimentale" è profondamente angosciato. Proprio i sentimenti negativi che nutre nell'animo saranno la causa dei suoi molti sbagli professionali che mettono in pericolo la riuscita
dell’omicidio, di questo incarico particolarmente difficile che lo costringe a continui spostamenti geografici: uno degli errori più gravi che commette è quando, in una caffetteria di Istanbul, gli rivela di avere l'ordine di ucciderlo.
Tutti questi errori portano il suo capo, denominato anche come: "l'uomo degli incarichi" a decidere di mandarlo in pensione in anticipo. Prima però, il killer dovrà assassinare Victor Mujica.
Prima di congedarlo, "l'uomo degli incarichi" gli rivela anche che Mujica collabora con varie organizzazioni di trafficanti di droga negli Stati Uniti, motivo per cui deve essere eliminato dalla faccia della Terra.

Colpo di scena in finale: il nostro killer giunge a Città del Messico e, all'interno della sede dell'organizzazione del traffico di eroina di cui la sua vittima fa parte, trova il suo "incarico"
in compagnia della sua ex fidanzata!

Lo stile del romanzo è piuttosto ironico e la conclusione, in quanto inaspettata, coglie il lettore di sorpresa. Ad ogni modo, ciò che rende interessante il romanzo è proprio l'indole del killer, abile assassino razionale e calcolatore ma al contempo anche vulnerabile, sensibile alle sofferenze d'amore.


 "Il volto umano non mente mai: è l'unica cartina che segna tutti i territori in cui abbiamo vissuto."

A mio parere, questa è una frase molto significativa. E mi trovo d'accordo! Intanto, ho pensato ai volti delle persone anziane: le rughe, le macchie, le occhiaie sembrano quasi tracciare una mappa della loro vita, del loro lungo passato caratterizzato da gioie, da momenti di serenità, da speranze giovanili, da rimorsi... Io nel volto di mia nonna vedo tutto questo. Quando osservo bene le sue rughe e i suoi occhi, mi rendo conto di quanto lei abbia lavorato in gioventù per garantire una vita dignitosa a se stessa e ai propri figli, di quanto abbia sofferto, durante la guerra, la lontananza del fidanzato e del fratello.
Marc Levy, scrittore francese dei giorni nostri, scrive:
"Le rughe della vecchiaia formano le più belle scritture della vita, quelle sulle quali i bambini imparano a leggere i loro sogni."

La prima parte della frase comunque riguarda tutti e non soltanto i più anziani: soprattutto gli occhi rivelano il vero stato d'animo di un individuo... quando vedi piangere la persona che ami, logicamente ti rattristi e le chiedi che cosa c'é che non va. E anche se lei, magari per non farti preoccupare troppo, ti dice: "Sto bene, è tutto a posto", tu comunque capisci che non è affatto così, perché ti accorgi che dai suoi occhi traspare sofferenza, malinconia, senso di delusione.
Se ami davvero qualcuno, allora sei anche perfettamente in grado di comprendere quello che i suoi occhi esprimono. Il bello è che quando vedi piangere la persona che ami, non solo ti assale il desiderio di stringerla forte, ma addirittura vorresti proteggerla dal male e dal dolore del mondo. Però ti rendi conto che questo è impossibile, perché la vita di ogni essere umano non è un cielo senza nuvole. E quindi non ti resta che amarla e starle vicino.

Penso ad un aforisma di Nietsche, che mi è rimasto impresso:"Si può mentire con la bocca: ma con l'espressione che si ha in quel momento si dice pur sempre la verità."




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