4 gennaio 2016

Due capolavori artistici... che "fanno molto pensare":


Primo post del 2016: descrizione e interpretazione di due opere drammatiche che però contengono anche elementi che mi fanno pensare alla speranza.


LA ZATTERA DELLA MEDUSA-GERICAULT:

Per dipingere quest'enorme tela (491x 716 cm), l'artista si è ispirato ad un fatto di cronaca relativo al naufragio della fregata francese "Medusa" che si era inabissata al largo delle coste africane nell'agosto del 1816. Vengono raffigurati in primo piano i pochi superstiti proprio nel momento in cui avvistano la nave che dovrebbe portarli in salvo. (è un piccolo puntino all'orizzonte).
Tutti gli uomini sono disposti nell'unica porzione ancora solida del relitto e tutti i loro sguardi sono rivolti verso il puntino che rappresenta la loro salvezza: alcuni di loro sventolano dei fazzoletti per cercare di rendersi visibili. All'interno del quadro sono presenti dei particolari molto realistici: a sinistra, un giovane morto (con i calzini arrotolati) è sorretto da un anziano che indossa un mantello rosso, a destra invece un altro cadavere è ricoperto da un drappo bianco che fa pensare al lenzuolo funebre degli antichi. I corpi sono attraversati da una luce che conferisce loro solidità.
Le punte delle onde alte e minacciose sembrano quasi sfiorare il cielo ancora piuttosto plumbeo.
Il soggetto è tragico e la violenza della Natura sembra sovrastare le energie umane.


A dire il vero, questo quadro è di grande attualità dal momento che fa pensare a ciò che succede ogni giorno sulle coste siciliane: migliaia di immigrati che tentano di fuggire da paesi disastrati in cui le dittature militari sono interessate soltanto a favorire la guerra, l'odio razziale e l'integralismo religioso, intraprendono un lungo e faticosissimo viaggio verso l'Europa, verso una terra che potrebbe dar loro una vita decisamente migliore... e potrebbe anche imparare ad ascoltare il loro grido di dolore... Certo, loro sono portatori di tradizioni culturali e religiose profondamente diverse dalle nostre e questo crea spesso diffidenza da entrambe le parti. Però impariamo ad accoglierli con un po' di calore umano, mettendo in primo piano la generosità e la solidarietà e in secondo piano invece la diffidenza e il pregiudizio.
Durante la mia esperienza di volontariato con "Libera", ho avuto l'occasione di conoscere un giovane ragazzo nigeriano ospitato da una comunità locale che si prende cura dei rifugiati. Anche la Nigeria, ricca di petrolio che le multinazionali europee e nordamericane rubano agli abitanti, non offre futuro ai giovani, nemmeno ai ragazzi che con molti sacrifici hanno portato a termine gli studi.
Nel nostro dialogo, tutto in lingua inglese (era arrivato in Italia da poco), mi ha raccontato le sue travagliate avventure di un viaggio durato ben sei mesi. Ha impiegato circa tre mesi per attraversare il deserto del Sahara, luogo inospitale, il luogo più arido di questo pianeta. Nel deserto purtroppo suo fratello e i suoi genitori hanno perso la vita. Pensate a cosa mi ha raccontato... io credo che ci voglia un gran bel fegato a narrare queste grosse disgrazie ad una sconosciuta, che però è tutta orecchi e si dimostra aperta al dialogo.
Incontrare un rifugiato disposto a raccontare il suo faticoso viaggio verso l'Europa ti cambia un po' la vita. Sul serio, perché vi assicuro che nell'ascoltarlo, ho provato proprio compassione ed empatia e alla fine del nostro colloquio avevo gli occhi lucidi. Ero riuscita quasi a immedesimarmi in lui, nel suo dolore, nella sua nostalgia per il luogo natale, nelle sue speranze.

La luce chiara che si intravede sullo sfondo di questo dipinto, insieme al puntino che indica la nave all'orizzonte sono gli unici elementi positivi, che comunque bastano a dare sollievo allo spettatore del quadro...riconducendo anche questi particolari all'attualità, io li associo alla grande tenacia e forza d'animo di molti profughi che in questi anni stanno lottando per trovare il loro posto nel mondo e per realizzare il sogno di un'esistenza dignitosa e gratificante.



CAMPO DI GRANO CON VOLO DI CORVI-VAN GOGH:

Van Gogh dipinse quest'opera poche settimane prima di suicidarsi, nel luglio del 1890. Egli raffigura qui l'incombere di un violento temporale: il campo di grano, scosso dal vento e raffigurato con nervose pennellate di un giallo luminoso, quasi dorato, è tagliato da tre viottoli dai quali si leva uno stormo di corvi neri (realizzati con delle w rovesciate).
Nonostante sia evidente l'avvicinarsi di nubi minacciose, il cielo è ancora luminoso (il colore azzurro occupa circa 1/3 della tela), anche se prima o poi sarà coperto dal colore scuro.

In questo dipinto traspare quasi un sentimento di impotenza dell'artista, il quale, nel luglio 1890, scrive al fratello Theo:" (...) a osservare il cielo turgido, carico di tempesta, sento dentro di me la rivolta contro la mia fatalità... (...) E così mi sono rimesso al lavoro anche se il pennello mi casca quasi di mano e ho ancora dipinto tre grandi tele. Sono immense distese di grano sotto cieli tormentati, e non ho avuto difficoltà ad esprimere la mia tristezza, l'estrema solitudine..."



Quest'opera, suggestiva e struggente, rimanda a situazioni senza dubbio dolorose, come ad esempio una malattia grave e incurabile... faticosa da accettare per qualsiasi persona, che si sente quasi "schiacciata dal destino", si sente più precaria e più fragile dei petali di una margherita...
Il grano lucente e l'azzurro del cielo però potrebbero alludere all'affetto e alla vicinanza di familiari, amici e conoscenti, che in qualche modo alleviano la sua sofferenza spirituale. Anche se la loro vicinanza non impedirà l'approssimarsi della morte.
In compagnia di un parente o amico molto malato si mescolano le lacrime ai sorrisi... Gioia e dolore, condivisione e solitudine... ma è proprio questa la vita?! Credo di sì. Difficile da programmare, ma facile da vivere intensamente.
Theo è sempre stato pronto ad aiutare Van Gogh. Theo sosteneva il fratello non soltanto dal punto di vista economico... era l'unica persona che ai quei tempi riusciva a comprendere la profondità di Vincent, il quale però è stato sopraffatto dalla sua depressione e dalla sua schizofrenia. In effetti era troppo geniale e dunque troppo tormentato.
Theo rappresenta probabilmente la profondità del cielo azzurro e la bellezza del campo di grano, che però verranno sopraffatti da nubi che scateneranno la loro violenza sul paesaggio.





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