25 novembre 2017

25 novembre: considerazioni etiche e storiche


25 NOVEMBRE. 
Negli ultimi anni, questa data è diventata la "giornata contro la violenza sulle donne".
Avrete la pazienza e la buona volontà di leggere due post così lunghi? (L'altro, un po' più culturale, uscirà probabilmente prima di martedì).

Ne ho fatti due perché ho troppe cose da dire su questo argomento e, anche se ne ho parlato diverse volte lo scorso anno, non ho mai smesso né smetterò mai di ragionarci sopra!
Si tratta di due post che contestano alcuni aspetti dell'ultimo saggio della Murgia: "L'ho uccisa perché l'amavo".

*Se state studiando Giurisprudenza e vi accorgete che ho sbagliato alcune date relative all'introduzione di alcune leggi, avete il pieno diritto di correggermi con un commento sotto.

A) LA VITA DI UNA DONNA E LA VITA DI UN BAMBINO:

Non è passato proprio così tanto tempo da quando sono uscita dal liceo.
In effetti, è ancora vivo in me il ricordo di alcune lezioni di religione a scuola: la nostra insegnante che, ogni anno e almeno una volta al mese, si collegava a un sito intitolato "In quanto donna", per proiettarci sulla Lim un sacco di storie orribili che avevano come protagoniste ragazze e donne massacrate in modo orribile dai loro compagni o mariti.

"Oddio, si sarà impressionata parecchio", penseranno o commenteranno alcuni di voi dall'altra parte dello schermo, conoscendo la mia grande sensibilità.
In realtà non più di tanto, perché lo so da sempre che non tutti gli uomini sono violenti e arroganti.

Mi sono impressionata molto di più quando alcune lezioni sono state dedicate a un film molto crudo sull'aborto, ambientato in Romania: la protagonista era una studentessa universitaria che voleva abortire illegalmente alla fine del quarto mese di gestazione. Alla fine ci è riuscita e, quel che è peggio, senza alcun genere di rimorso!
Sono stata male verso la fine del film: brividi, stomaco chiuso e, tra l'altro, un mio compagno di classe mi aveva detto che ero diventata pallidissima.
E vogliamo parlare di quando la mia insegnante di italiano al biennio ci ha assegnato la lettura di "Balzac e la piccola sarta cinese"?
All'epoca avevo 14 anni e mezzo e leggere tutte quelle scene di sesso non è che mi abbia fatto proprio così bene. Anche lì, la protagonista, una sarta poco più che ventenne, quando scopre di essere incinta, sceglie di abortire.
La fine della storia? Lei che, tutta sorridente e saltellante, esce dall'ambulatorio del medico.

Che schifo! Ma la coscienza dove cavolo ce l'hanno certe tipe?! Ma che vadano a nascondersi in qualche cespuglio spinoso e che ci restino a vita!
Perdonatemi se risulto così dura a questo proposito ma sono oltremodo infastidita dalla mentalità che oggi dilaga, con frasi come: "Qualunque donna ha il diritto di essere libera di decidere se continuare o interrompere una gravidanza".
Questa era anche l'opinione di Margherita Hack, illustre astronoma.
Che poi, se avesse pensato unicamente al suo lavoro di scienziata e se non fosse mai intervenuta in questioni etiche così delicate, sarebbe stato molto meglio.
E la coscienza?? E la realtà di una creatura in arrivo??

La vita di una donna è preziosa. 
Nessun uomo crudele dovrebbe permettersi di interromperla in modo brutale, violento e sanguinoso.
Ma anche la vita di un embrione o di un feto è preziosa, anzi, è dotata di un valore inestimabile.

A 22 anni (entrambe le protagoniste delle storie che ho descritto poco sopra hanno l'età che ho io adesso) si dovrebbe essere abbastanza adulte per potersi assumere tutte le responsabilità di ciò che comporta una relazione affettiva.
Il bimbo in arrivo non è un fardello, dovrebbe essere una gioia, una ricchezza.

La Murgia, in quella settantina di pagine, muove delle critiche pesantissime alla componente cattolica.
Considera "puerili" tutte quelle donne cattoliche che cercano di sottolineare il problema degli aborti in aumento negli ultimi anni.
Perché secondo lei, se qualcuno puntualizza sulle migliaia di aborti volontari che avvengono ogni anno, sminuisce il fenomeno del "femminicidio".

Dico la verità, mi sono sentita offesa.
 
La legge che permette l'aborto è stata introdotta nel 1974; anzi, se non ricordo male è stata promossa con una votazione da parte del popolo italiano chiamato alle urne.
Ma l'aborto è davvero progresso? Per me è un diritto fasullo.
E' un qualcosa che dà l'illusione della libertà e dell'emancipazione.
Io la scelta di abortire la concepisco soltanto in un caso tragico ed estremo, come quello di una violenza sessuale.

Se facciamo passare per "diritto" l'uccisione di una creatura indifesa che sta soltanto auspicando di venire alla luce, siamo veramente superficiali, indelicati e fortemente tendenti all'egoismo, almeno a mio avviso.

B) NON CONFONDIAMO LA MORALE CON LA PSICHE!

L'altro giorno sono andata nella biblioteca civica di Vicenza. Dovevo consultare alcuni manuali utili per la mia tesi di laurea. Nei corridoi dell'edificio, erano affissi manifesti simili a questo sotto:


E' brutto da vedere quel coltellaccio conficcato nel cervello, vero? E' cruenta come immagine.

Più che "morale", dovevano mettere "psicologica".
Le lingue classiche aiutano a distinguere significati di questo genere:
- Morale deriva da "mos, moris", ovvero, "abitudine, tradizione, usanza". E quindi, a partire dall'alba dell'era cristiana "abitudini e modi di vita". La moralità riguarda i sani valori,ovvero,  concerne "l'essere in grado di adottare dei comportamenti consoni per vivere il più rettamente possibile".

- Psicologica invece deriva dal greco "ψυχή" (La Psiche, l'anima). La psiche di una donna che soffre di "dipendenza affettiva" nei confronti di un uomo cattivo è facilmente influenzabile e purtroppo anche manipolabile. La psiche è strettamente legata all'interiorità e all'indole di una persona.
Chi è psicologicamente molto fragile di solito non riesce a uscire da situazioni di pesante oppressione e non è certo dotato di una forte personalità!

Riassumendo: la psiche è un elemento piuttosto complesso. Riguarda la componente caratteriale, il nostro modo di porci con gli altri, i nostri stati d'animo.
La morale coincide invece con l'etica, ovvero, con ciò che è giusto fare nella propria vita per essere leali e il più possibile coerenti con se stessi e con le proprie scelte.
Psiche e morale non sono la stessa cosa. Però non sono nemmeno così inconciliabili, perché un animo dotato di bontà si impegna a mettere in pratica buoni valori morali, cosa che un animo corrotto e perverso invece non fa.

C) NON SI UCCIDE MAI PER AMORE:

"La amavo più di me stesso. Non riuscivo a sopportare il fatto che mi avesse lasciato."

Ragioniamo. Se si ama qualcuno lo si uccide?! In quale logica rientra un comportamento del genere?!
Per essere completamente veritieri bisognerebbe dire:
"Non riuscivo a sopportare il fatto che mi avesse lasciato, per questo l'ho uccisa."
Adesso sì che il discorso è dotato di senso logico-concettuale.
Un uomo violento e malvagio non uccide la sua compagna perché non riesce a vivere senza di lei, ma stiamo scherzando??
La massacra per un altro motivo, totalmente differente, ovvero, quello del "terribile affronto" che sente di aver subito.
"Lei mi lascia? Lascia un compagno attraente e affascinante come me? (o meglio, come credo di esserlo io?) Come può farmi questo?"

In parole povere, la trucida, spesso in modi indicibili, perché la sua sconcertante prepotenza non sopporta il fallimento in una relazione.

Il diritto di compiere il "delitto d'onore" è stato abolito nel 1981.
Che poi, quale "onore"? L'onore di possedere la moglie? Ucciderla se ti tradisce per poter essere stimato dalla comunità? Ma che senso ha un'espressione del genere?
"Io guadagno l'onore presso i miei concittadini se uccido mia moglie che va a letto con un altro."
E quindi, l'onore acquisito spegnendo per sempre la vita di una donna che credi di amare ma che in realtà non hai mai amato veramente?!
No, direi che non ci siamo. Era piuttosto arretrata anche l'Italia del Secondo Novecento!

Il delitto d'onore è stato abolito dalla legge, ma nella realtà del nostro presente si continua a commetterlo.
Alcuni giudici puniscono l'assassinio di una donna con 30 anni di reclusione o con l'ergastolo.
E' il caso di Michele Buoninconti che circa due anni fa aveva ucciso la moglie Elena Ceste, madre dei suoi quattro figli (la più grande attualmente ha soltanto 15 anni).
Ma anche pene così giuste nella loro severità, non potranno mai restituire la madre uccisa a dei figli ragazzini, consapevoli di avere anche un padre assassino, bugiardo, anaffettivo, insensibile.


D) CHE COS'È LA VERA EMANCIPAZIONE FEMMINILE?

Sono davvero preoccupata se penso ai comportamenti che molte ragazze appartenenti alla mia generazione adottano. 
Abbastanza di recente sono stata in un night club, anzi, è più corretto dire che mi hanno trascinata in quel posto.
A mezzanotte e venti ho assistito ad una scena disgustosa: tre ragazze, molto vicine alla mia età, che sono entrate nello stesso bagno. Già sbronze, ciascuna con una mano teneva un boccale pieno di birra mentre con l'altra, tutte e tre tenevano gli smarthphone già aperti sull'opzione "fotocamera".
Tutte e tre nello stesso bagno. 
Capacissime di essersi fotografate certe parti del corpo per poi averle inviate a qualche ragazzo, nella speranza di essere lodate dalla componente maschile, che solitamente o finge di apprezzare cose di questo genere con commenti sarcastici, o insulta pesantemente e diffonde tutto.
Chiaro che i ragazzi non possono avere stima di ragazze che "mostrano troppo", almeno, quelli un pochino sani di mente, perché non dimentichiamoci che i porcellini esistono e sono sempre esistiti!

Le nostre bisnonne e nonne hanno lottato per il diritto di voto. Le italiane hanno votato per la prima volta nel 1946, appena dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Le nostre mamme si sono battute per vedersi riconosciuti i loro diritti sul lavoro e per fare in modo che le molestie e le violenze sessuali venissero considerate un reato punibile anche con la reclusione.

E noi, nate negli anni Novanta? 
Io, e fortunatamente non sono l'unica, studio e cerco di sfruttare nel miglior modo le mie doti umane e intellettive. 
Purtroppo però esiste un buon numero di ragazze, adolescenti e giovani adulte, convinte che, per poter essere emancipate sia necessario adottare le peggiori abitudini maschili, come drogarsi, ubriacarsi, adottare un linguaggio scurrile e bestemmiare.
A tutto questo, aggiungono anche "azioni pornografiche". E questo mi preoccupa. 
Non voglio che ci sia regressione in futuro.

E) LA DONNA NELLA PREISTORIA NEOLITICA:

Nel Neolitico la società dell'Europa non è sempre stata patriarcale e non ha sempre comportato la subordinazione della donna all'uomo.

Gli archeologi hanno scoperto che l'Europa prima dell'invasione degli indoeuropei (popolo dalla cui lingua derivano molte lingue antiche storiche come greco, latino e sanscrito), era una società matriarcale.
La donna si occupava dell'educazione dei figli, poteva avere più mariti, poteva addirittura ereditare.
Mi sto riferendo ad un' Europa parecchio remota, diciamo intorno al VI° millennio a.C.
Oltre a ciò, il corpo della donna era proprio venerato dalla religione e dall'arte.
La religione dei popoli di quell'antichissima Europa aveva come divinità principale la "Grande Madre", protettrice della fecondità della terra, spesso collegata anche alla capacità di procreare e di partorire.
La morte era il "passaggio ad una vita più felice" rispetto a quella terrena. Nei sepolcri erano spesso presenti immagini che richiamavano l'apparato riproduttore femminile, simbolo non soltanto dell'alba della vita ma anche di una rinascita dopo la morte.
La morte era vista come un "dolce riposo", una quieta e calma attesa, necessaria per poter iniziare una vita completamente serena.
Fateci caso, nell'arte preistorica sono molto frequenti le sculture in terracotta che evidenziano un po' troppo le parti del corpo femminili, nel senso che le rendono decisamente più grandi di quello che sono nella realtà. Se digitate "Veneri Preistoriche" ve ne accorgete ;-)
Indubbiamente gli uomini preistorici erano più affascinati di noi dal mistero della nascita.

La società dell'Europa pre-indoeuropea non ha lasciato fonti scritte relative alle leggi.
Si suppone che ci fosse un sistema di scrittura rettilineo (non decifrato), utilizzato però soprattutto per scopi religiosi.
Il fatto che all'epoca la donna fosse in una posizione privilegiata lo sappiamo soprattutto dall'analisi di fonti archeologiche e scultoree, ma non abbiamo leggi né costituzioni.

Come anche i giuristi sanno, le più antiche testimonianze legislative prevenuteci sono il Codice babilonese di Hammurabi (basato sulla legge del taglione), le leggi di Dracone in Grecia (VII° a.C.) e le leggi delle dodici tavole nel 450 a.C., nell'epoca di una civiltà latina ancora preletteraria.

Con la conquista dell'Europa da parte degli Indoeuropei, probabilmente originari delle steppe della Russia Meridionale, i valori si capovolgono. La società diviene patriarcale e inizia la lunga storia di subordinazione della donna agli uomini della famiglia.
C'è una parola in indoeuropeo che addirittura sembra evidenziare delle differenze di importanza all'interno della famiglia tra donna e donna: *swesòr (=sorella) da cui inglese "sister", tedesco "Schwester" e latino "soror, sororis".
Da notare che *swesòr è composta dal pronome *swe (=propria) + *sòr (=donna).
Probabilmente quindi, negli stadi più antichi della lingua indoeuropea (ricostruita, tra l'altro, quindi i linguisti non hanno nulla di certo tra le mani!) era un termine che designava tutte le donne appartenenti alla famiglia di origine di un uomo, quindi le sorelle, la madre, le nonne, le cugine.
Già soltanto per il fatto che erano sue consanguinee potevano essere considerate "di proprietà" del pater familias, che regolava le loro vite.
La moglie dell'uomo, ovvero la *snusòs, la nuora del capo-famiglia, era sempre vista come un'estranea, come una parente acquisita tramite accordo matrimoniale e per questo di minor rilievo rispetto alle parenti consanguinee.
I figli del capo-famiglia, quando si sposavano, non fondavano una nuova famiglia, ma rimanevano all'interno del nucleo familiare originario.
Da notare anche che in indoeuropeo non soltanto manca un termine per designare la moglie ma addirittura sembra che non siano mai esistiti dei termini per definire le relazioni tra il marito e la famiglia di origine della moglie, forte indizio del fatto che questa società era decisamente maschilista.
La donna, durante l'infanzia e l'adolescenza era sottoposta all'autorità del padre, poi, una volta sposatasi, era sottomessa al marito e anche al padre del marito, cioè al suocero.

Dal V° millennio a.C. la società europea è divenuta patriarcale, e lo è stata per millenni.
Patriarcale al punto tale da considerare un oggetto e non una persona colei che è portatrice di vita.

Negli ultimi decenni sono certamente stati fatti dei progressi significativi.
Quello che vorrei comunicare con questo post è ciò che ho già scritto diverse altre volte: ragazze, tenetevi stretta la vita! E' ciò che di più prezioso abbiamo ed è una sola.
Per questo non dovremmo permetterci di disprezzare questo enorme dono con comportamenti lesivi per la nostra dignità.



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