14 gennaio 2018

"Il gigante buono":


Rendetevi conto di che cosa è in grado di partorire la mente della vostra complessata vecchiona, anche a ridosso degli esami!
Mi trovo costretta a interrompere le spiegazioni sugli sviluppi linguistici dei popoli indoeuropei a causa di una fulminea ispirazione, che mi ha portata a creare un racconto piuttosto carino.
Creato... Non credo sia il termine appropriato in un contesto come questo. 
Ho praticamente reinventato, stravolto e un pochino modernizzato la storia del gigante egoista. 
Ma il mio è un gigante dotato di un cuore meravigliosamente pulsante di vita.
Ah e... se, mentre leggete, riuscite ad immaginare gli ambienti e i personaggi descritti, questo significa che come scrittrice potrei promettere bene!
Oddio... liberissimi anche di considerarla una favoletta ridicola inficiata di inutile e patetico pietismo. A me modestamente piace.

IL GIGANTE BUONO:

CAPITOLO PRIMO- LE ORIGINI DEL GIGANTE:
 
In un tempo non molto lontano dal nostro, esisteva una città chiamata Fango a causa del clima piovoso e umido. Raramente il sole illuminava questo luogo e, a causa di acquazzoni torrenziali, le strade risultavano quasi sempre macchiate di grandi pozzanghere marroncine, sulle quali le nubi si specchiavano mentre passeggiavano per le vie del cielo.
In questa città triste, inquinata e purtroppo ricca di innumerevoli condomini fatiscenti, viveva anche una famiglia un po' particolare; si trattava di una coppia con un figlio dotato di rara bellezza fisica. Ciò che di lui colpiva erano certamente i suoi capelli ricci di un colore che richiamava alla mente i campi di grano baciati dai tramonti estivi.
Era molto, molto alto, molto più alto dei suoi coetanei, i quali spesso non perdevano l'occasione per deriderlo o per insultarlo con espressioni grossolane a causa di questa sua caratteristica.
I genitori non lo amavano particolarmente: era infatti frequente che entrambi gli rinfacciassero di essere imbranato e rimbambito a causa della sua timidezza.
Il bambino non aveva mai ricevuto da loro nessun complimento, nemmeno per un bel voto preso a scuola.
Le uniche carezze che aveva ricevuto nella vita erano stati soltanto gli schiaffi di suo padre il quale, purtroppo aveva il brutto vizio dell'alcool.

Eppure, i motivi per cui i suoi genitori avrebbero dovuto lodarlo sarebbero stati molti, a cominciare dalla sua grande sensibilità: il ragazzino, nei momenti di solitudine, si affacciava sul balcone del suo condominio e ammirava il sorgere del sole, la nascita delle stelle, la luminosità della luna.

Quando gli capitava di vedere delle rondini volare, non poteva mai fare a meno di esclamare: "Rondinelle, portatemi con voi! Voglio andare in un bel posto lontano!!"

L'altissimo ragazzino era molto intelligente e molto portato per qualsiasi forma d'arte: i suoi dipinti ad acquerello raffiguravano delicati  paesaggi collinari e montuosi che egli però non aveva mai avuto l'occasione di vedere.
In musica era fortissimo: da qualsiasi strumento era sempre stato in grado di ricavare melodie ora ballabili; e queste soprattutto con la batteria, ora tranquille; in particolar modo quando toccava i tasti di un pianoforte. Aveva talento, indubbiamente, anche se non sapeva nemmeno una nota!
Era inoltre molto portato per la poesia: le sue parole tratteggiavano immagini delicate, in cui veniva spesso descritta una natura bellissima, piena di sole e di brezza, incontaminata dall'inquinamento.

Con grandi sacrifici che comportavano la conciliazione degli orari lavorativi in un ristorante con degli intensi momenti di studio, il ragazzo era riuscito a terminare gli snervanti studi universitari.
"Dottore in Ingegneria"... Già... bel traguardo, gran bella soddisfazione, se almeno dell'ingegneria gli fosse importato qualcosa!! Aveva scelto quella facoltà soltanto per accontentare i genitori, che gli avevano sempre detto: "Con la musica e con la poesia non si mangia, devi fare qualcosa che ti sia utile, gigantone rimbecillito!"
E con quella laurea si mangiava anche se non si aveva la minima intenzione di dedicarsi ad una professione adeguata a quel percorso di studi??!
Oddio, oddio!!! Che senso aveva avuto iscriversi ad Ingegneria per non diventare ingegnere??
E così, il nostro protagonista, che ormai era un ragazzone che aveva raggiunto un'altezza vertiginosa e maestosa, aveva deciso una notte di partire di nascosto da casa.


CAPITOLO SECONDO- IL VIAGGIO:

Il ragazzo aveva raggiunto la stazione di quella che, per venticinque lunghi anni, era stata la sua cupa città natale.
La stazione gli sembrava un luogo anonimo, piuttosto silenzioso nelle ore notturne.
Nel corridoio di ingresso si sentivano i passi ticchettanti degli altri frequentatori, per la verità pochi.
Si udiva inoltre un rumore lontano di rotaie che stridevano.
Con serena calma, il nostro dolce gigantone stava consultando il tabellone delle mete.
I suoi occhi si erano fermati in particolare sulle scritte: "Fango-Limpida Valle".
Digitando sul suo smarthphone il nome di quel paese mai sentito, aveva scoperto che si trattava di una piccola cittadina incastonata tra le montagne, lontana e... resa meravigliosa da un suggestivo gioco di luci ed ombre che le fotografie permettevano di osservare.

Aveva deciso, allora. Avrebbe preso un biglietto per Limpida Valle.
Il treno per quel luogo che sembrava un paradiso sarebbe partito tra venti minuti.

Poco prima del sorgere del giorno, avrebbe finalmente iniziato una nuova vita. Per davvero.
Basta, basta con l'invenzione di mondi e contesti in cui si immaginava un musicista e un pittore molto stimato e molto ammirato dalle ragazze!
Era stanco ormai di dedicare buona parte delle notti a pensare a quelle cose.
Doveva dare una svolta decisiva alla sua vita, ora!
Doveva farlo prima che quelle ricorrenti immaginazioni mentali gli facessero pericolosamente perdere il contatto con una realtà che non gli era mai piaciuta.
Era emozionato. Gli occhi, brillanti per l'eccitazione, parevano perle d'argento.


CAPITOLO TERZO- L'ARRIVO A LIMPIDA VALLE:

A Limpida Valle era una fresca e soleggiata mattina di primavera.
Sui verdi prati spuntavano miriadi di fiori colorati, accarezzati dal leggero battito d'ali delle farfalle.
Giù da una ripida e imponente montagna scorreva un ruscello dalle acque cristalline.
Le case di quella cittadina, fatte di legno e pietre, erano quasi tutte circondate da grandi alberi.
Il nostro Gigante Buono ammirava tutto questo, bisbigliando, con sincero stupore di fanciullo estasiato: "Che bello!"
Le stelle stavano per spegnersi e il cielo stava per accogliere le prime tenui luci dell'aurora.
Dopo aver percorso alcune vie periferiche di quel grande villaggio, aveva trovato una villa abbandonata, circondata da un giardino piuttosto spazioso.
Il cancello, un po' arrugginito, era del tutto aperto.
Incuriosito, era entrato e, scoprendo la villa disabitata, aveva deciso di rimanervici.
Cioè, chiariamo una cosa: a lui, che per più di vent'anni aveva vissuto in un condominio, quel posto sembrava una villa enorme, in realtà era una casa dai soffitti molto alti, dotata di otto stanze all'interno e di un giardino popolato di cipressi, ulivi e di qualche altalena appesa ai solidi tronchi delle querce.


CAPITOLO QUARTO- ASSURDI PREGIUDIZI:

Era passata ormai una settimana da quella notte di fuga.
Il nostro ragazzone stava bene, era felice, si occupava volentieri dei lavori di casa: aveva ridipinto di azzurro le pareti del salotto e, con grande zelo, aveva anche ripulito tutti i mobili dalla polvere.
Finalmente, dopo anni di studio e lavoro, trovava il tempo di dipingere e di scrivere!
Si riteneva fortunato ad aver trovato quella casa nella quale abitare: in una stanza, accanto a un camino, c'era anche un pianoforte verticale.
Il Gigante Buono lo suonava ogni giorno e puntualmente, ogni giorno, le rondini e i passeri si affacciavano sul davanzale della finestra della stanza, per ascoltarlo e per cinguettare.
Lui e gli uccellini formavano una banda perfetta!!

Ma, a una settimana dal suo arrivo, era accaduto qualcosa di veramente molto spiacevole: il Gigante si trovava in giardino, vicino alla porta di ingresso della casa.
Stava dipingendo, quando improvvisamente aveva alzato lo sguardo dalla tela.
Vicino al cancello, perennemente aperto, aveva visto dei bambini giocare e rincorrersi.
Alcuni si dondolavano sulle altalene e uno in particolare, molto piccolo, non riusciva a salire sulla sedia, fatta di un materiale ligneo piuttosto scivoloso.
"Poverino! Lo aiuto, così evito che si faccia male!", pensava il nostro Gigante Buono.
Ma, non appena si era avvicinato, con il suo gran bel sorriso, tutti i bambini erano fuggiti strillando: "Aiuto! C'è un mostro in questo giardino!"
"C'è un mostro che vuole mangiarci per cena!" "E' un gigante! E' un gigante mostruoso, è altissimo!".
Inutile dire che queste frasi piene di paura e di spavento avevano oltremodo intristito il nostro ragazzone straordinariamente sensibile.

Molto presto, nel paese, si era diffusa la voce che in quella bella casa dotata di un ridente giardino vivesse un orco altissimo e bruttissimo, prova vivente dell'esistenza del demonio sulla terra.
Nessuno più passava in quella zona periferica di Limpida Valle e il nostro povero Gigante Buono soffriva tremendamente di solitudine.
Anche gli adulti raccomandavano caldamente ed energicamente ai loro figli di non provare mai a raggiungere quel giardino. "C'è un gigante alto, altissimo e cannibale!", "C'è un gigante cattivissimo!", esclamavano, con occhi sbarrati o spiritati.
Ma in realtà non sapevano bene di che cosa stessero parlando.


CAPITOLO QUINTO- ZOE:

Il tempo scorreva, veloce, infaticabile e inesorabile come una cascata che bagna le rocce e scorre tra la vegetazione di una foresta.
Il Gigante Buono era molto malinconico. Quella nuova vita gli permetteva di dedicarsi a tutto ciò che gli piaceva, è vero, ma non aveva amici.

In un pomeriggio assolato di luglio, mentre era seduto di fronte al pianoforte senza voglia di toccare i tasti, aveva sentito una voce leggera e delicata che stava cantando.
"Come può esserci in questo posto una presenza umana all'infuori di me?", si chiedeva sbalordito.
Poco dopo si era deciso ad uscire di casa.

Sotto l'ombra di un ulivo, c'era una ragazza intorno ai vent'anni che indossava un grazioso vestito blu e che pizzicava le corde di una chitarra. Cantava delle parole in inglese di cui il nostro protagonista non riusciva a cogliere il significato.
"E' molto bella", pensava tra sé, mentre ascoltava e ammirava i capelli castani e la carnagione rosea, tratti tipici delle bambole tirolesi.

"Ma che bel sorriso che hai!", aveva esclamato lei ad un tratto, interrompendo la canzone.
"Ciao", aveva sussurrato il Gigante, sentendo un gran calore alle guance.
"Sorridere e socchiudere gli occhi quando una persona canta e suona è indice di grande tenerezza e sensibilità!" diceva con voce squillante la giovane ragazza, che intanto si avvicinava sempre di più al ragazzone super-alto.
"Mi chiamo Zoe. Piacere di conoscerti, tu devi essere un Gigante Buono!" aveva aggiunto poco dopo, abbracciandolo.
Gigante Buono... Gigante Buono, proprio così llo aveva chiamato.
Era la prima volta che il nostro protagonista riceveva dei complimenti.
Era la prima volta che qualcuno non lo derideva e non lo maltrattava.
Era la prima volta che qualcuno lo abbracciava volentieri, spontaneamente e con sincerità.
Per questo, la prima volta che aveva incontrato Zoe, aveva pianto molto.

Da quel pomeriggio, la ragazza aveva preso l'abitudine di andare a trovarlo ogni giorno.
E quel nome di "Gigante Buono", che soltanto l'autrice di questa storia gli ha affibbiato quasi fin dall'inizio delle vicende, non se lo sarebbe mai e poi mai dimenticato.
Ben presto Zoe era diventata la luce della sua vita, con la sua spontaneità e generosità.


CAPITOLO SESTO- IL CONCERTO CON GLI UCCELLINI:

Era ormai terminato anche l'autunno, con i suoi caldi colori e i suoi cieli ora grigi, ora chiari e tersi.
In una giornata tardo-autunnale, mentre un leggero vento faceva cadere le ultime foglie delle querce in una dolce e tacita pioggia che accarezzava i volti di Zoe e del Gigante Buono, il burbero Inverno aveva fatto capolino dal cancello della casa. Si era fermato per alcuni minuti ad osservare quella coppia felice, in perfetta sintonia.

Ad un tratto, sentendoli cantare insieme, si era perfino commosso e, toccandosi la lunga barba bianca nevosa, aveva pensato: "Loro sono troppo meravigliosi, non meritano la mia durezza. Dirò alla mia collega Primavera di venire in questo luogo paradisiaco il prima possibile. Ma solo qui, nel giardino di questa casa. Io rimarrò comunque in questa cittadina e genererò gelidi venti e abbondanti nevicate, alternate da piogge battenti e grandine."

Ciò che aveva escogitato l'Inverno si era avverato: dappertutto c'era freddo, tranne che nel giardino di Zoe e del Gigante Buono.
Zoe però di tanto in tanto esclamava: "Ma... forse l'Inverno si è dimenticato di noi?"
Intanto il loro prato diveniva sempre più ricco di fiori, sempre più popolato di variopinte farfalle.
Su ogni albero c'erano gemme.

Zoe e il Gigante Buono erano sempre più uniti e affiatati.
Una mattina, entrambi con le guance arrossate e con gli occhi luminosi, avevano deciso di cantare la loro canzone preferita, una canzone di cui il Gigante Buono aveva scritto le parole in versi e che la sua donnina si era preoccupata di mettere in musica.

Quella mattina, Zoe e il Gigante Buono cantavano a voce talmente alta che la gente di Limpida Valle, attratta da quella melodia, era accorsa verso la casa.
 A tutti quanti erano venute le lacrime agli occhi, pieni di meraviglia per la soavità di quelle due voci.
Anche i passeri e i fringuelli che volavano in quel giardino incontaminato dal gelo si erano fermati accanto alla coppia per cinguettare soavemente.
Alcuni bambini allora avevano lasciato le mani dei loro genitori, erano entrati nel giardino e avevano iniziato a dondolarsi sulle altalene.
"Ma è buonissimo! Altroché orco malefico!", dicevano i più piccoli, mentre applaudivano quelle due creature che avevano dato vita, nei loro cuori e nell'ambiente loro circostante, ad un'atmosfera di perfetta armonia.
A quel punto anche gli adulti avevano capito.
E anche loro avevano cominciato a varcare le soglie del cancello.
"Via da qui! L'avete considerato un mostro fino a pochi minuti fa, perché pretendete che vi accolga? Sparite tutti! Questo è il nostro posto, è soltanto il nostro posto!", urlava Zoe, incredibilmente indignata.
"Zoe, calmati. Il perdono è la più bella cosa che si possa donare nelle relazioni con gli altri. Per donarlo bisogna essere forti, bisogna superare le offese e i muri del pregiudizio.", le aveva detto il Gigante Buono, accarezzandole una guancia con un dito.

Per un po' Zoe era rimasta ad osservare il suo compagno giocare con i bambini, accanto a un cipresso.
Ad un tratto, con gli occhi un pochino umidi, aveva pensato al momento, per la verità non troppo lontano, in cui anche lei sarebbe diventata madre.
E così, dopo aver vinto del tutto l'indignazione, si era aggiunta anche lei ai giochi di gruppo, divertendosi molto.

Ad un certo punto però, la gente di Limpida Valle si era accorta che il mega sorriso del Gigante Buono era inaspettatamente scomparso.
Aveva visto i suoi genitori entrare nel giardino.
Ma come avevano fatto a ritrovarlo proprio nel posto giusto?
Gli sembravano invecchiati, tristissimi, smagriti. Soprattutto suo padre, pieno di rughe.
Il Gigante Buono si era avvicinato verso di loro, provando un senso di profonda compassione.
"Mio caro figlio, quanto ci è mancata la tua bontà! Da quando non vivi più con noi abbiamo compreso quanto vali", aveva esclamato la madre, piangendo e porgendogli tutti i suoi quaderni di poesie scritti durante l'adolescenza.
 "Non credo che riuscirai a perdonarci per i nostri gravi errori. Qui sei riuscito davvero a creare un ambiente d'amore e di pace.", gli aveva detto suo padre, abbracciandolo stretto stretto.
"Cari genitori miei, vi perdono di cuore. Se non riuscissi a farlo non sarei degno di appartenere al genere umano. Ho sofferto molto da bambino e da adolescente, questo è vero, ma durante la mia breve vita ho appreso che l'amore sa come spezzare le catene dell'odio e del risentimento."
Poi, aveva allargato la bocca in un sorriso splendido come il sole a mezzogiorno di una bellissima giornata d'estate e aveva detto: "Zoe, stellina mia, accogliamoli in casa e prepariamo loro un buon pasto. Oggi festeggiamo, perché la gioia di ritrovarsi ha cancellato il rancore del passato e la voglia di vivere ha davvero sconfitto la malinconia e la paura della solitudine."

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Indipendentemente dal fatto che vi sia piaciuta, vi pongo alcuni spunti di riflessione qui sotto. So che può sembrare un'azione da "maestrine", ma tenete presente che tra pochi anni sarò per davvero un'insegnante di Lettere! Comunque sì, sono consapevole di farvi domande strane.

A) "FANGO":

- Nel racconto, il nome di questa città assume valenza negativa, decisamente triste. Quali sensazioni e quali concetti colleghereste alla parola "fango"? (esempio mio: intensa malinconia e incapacità di uscire da una condizione di solitudine, incapacità dovuta per lo più a pigrizia e sfiducia verso la vita).

B) "LIMPIDA VALLE": 

- Già dalle fotografie che appaiono sullo schermo dello smarthphone, appare come un luogo incantevole. La descrizione di questo posto fatta nel terzo capitolo vi ricorda almeno lontanamente alcuni paesaggi montani che vi è capitato di vedere?
Quale ambiente naturale considerate "paradisiaco"?
Vi è mai capitato di sognare luoghi incontaminati sia dalla presenza umana sia dall'inquinamento?

C) IL "GIGANTE BUONO":

Domanda per chi conosce la storia del "Gigante egoista" (chi non l'ha mai letta può passare all'altra frase sottolineata):

- Confrontate il "Gigante egoista" con il "Gigante Buono".
Vi accorgerete che mentre il Gigante Egoista fa una sorta di percorso di formazione che lo porta a diventare generoso e sensibile, il mio Gigante Buono invece non cambia personalità, cambia dapprima stile di vita e poi sono gli altri che mutano il modo di approccio verso di lui.

Domanda di riserva per chi non conosce la storia del "Gigante Egoista":

-Fatevi una specie di mappa mentale in cui inserite gli aggettivi che secondo voi caratterizzano bene il "Gigante Buono". (ovvio, esclusi gli aggettivi che ho scritto io!!)

- Valido per tutti voi, che conosciate o meno la storia del "Gigante Egoista":
a vostro avviso, una persona che nasce con una buona indole e per molto tempo vive in contesti (familiari o scolastici, o entrambi) in cui è maltrattato, come riesce a mantenere il suo ottimo carattere??

Se non riuscite a rispondere non preoccupatevi, è una domanda che anch'io faccio a me stessa quando a volte ripenso a certe esperienze adolescenziali ma non riesco mai a trovare una risposta che mi sembra convincente! Ma sapete, forse si tratta di più cose messe insieme: la mia forza interiore, aver avuto, nonostante tutto, una buona madre, aver sfruttato al meglio le mie qualità e non aver mai perduto la fede in Dio.


D) ZOE: 

- Vale lo stesso discorso per il Gigante Buono: mentalmente fatevi una mappa in cui inserite gli aggettivi che possono caratterizzarla meglio. (ovvio, esclusi gli aggettivi che ho scritto io!!)

-Zoe è priva di pregiudizi. A quale elemento della Natura la paragonereste? Avete un po' di opzioni qui sotto.

1) A una margherita.
2) Alla sorgente di un fiume.
3) A un'onda del mare.
4) A una verde collina.
5) A una montagna illuminata dal sole.
6) A un torrente in piena!
7) A una leggera farfalla.
8) Al profumo del gelsomino.


E) IL FINALE:

"(...) aveva allargato la bocca in un sorriso splendido come il sole a mezzogiorno di una bellissima giornata d'estate e aveva detto: "Zoe, stellina mia, accogliamoli in casa e prepariamo loro un buon pasto. Oggi festeggiamo, perché la gioia di ritrovarsi ha cancellato il rancore del passato e la voglia di vivere ha davvero sconfitto la malinconia e la paura della solitudine."


- Confrontatela con questa parte di una parabola del Vangelo che spero tutti conosciate:

"Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa."

 (Luca, 15, vv. 22-24)

 Dal confronto ricavate tutti i valori positivi che la mia storia contiene. Anzi, non c'è nemmeno bisogno che lo facciate, perché alla fine ho pensato di metterli io qui sotto:

1) L'amore.
2) Il perdono.
3) La generosità.
4) La dolcezza, madre del calore umano.
5)La voglia di vivere e di ricominciare a vivere.
6)No ai pregiudizi! Sì all'ascolto e alla voglia di conoscenza dell'altro!!




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