30 marzo 2018

Le tappe del Venerdì santo:

Sono tutte dolorose ma tutte intrise di senso profondo.
Con questo post vorrei "far passare" l'idea che la Crocifissione e la morte di Gesù non sono eventi  avvenuti in un tempo molto lontano da noi, passati. In essi credo sia possibile scorgere le fatiche della vita quotidiana.
Le parti di brano che qui sotto cito sono tratte dal Vangelo di Matteo.
Ci sono delle tappe che possono far pensare al nostro presente o a situazioni molto difficili che abbiamo dovuto affrontare in passato.
Ve le elenco, e carico anche un brano di Einaudi:


1)  L'arresto di Gesù- Mt. 26, 47-50:


"Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo. Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». E subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti e misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono."


"Trado, tradire", in latino classico significava "consegnare". In epoca cristiana ha assunto l'attuale senso di "tradire"

Voi non avete idea di quante espressioni si possano comporre con il verbo "tradire", tutte quante diverse le une dalle altre e tutte quante riconducibili a contesti diversi. Ve ne elenco soltanto alcune, che mi passano ora per la mente: a) "Tradire la fiducia di qualcuno", b) "Tradire il coniuge", c) "Tradire l'emozione", d) "Tradire le speranze di qualcuno", e) "Tradire un segreto", f) "Tradire la presenza di qualcosa o qualcuno".

Giuda "consegna Gesù ai sommi sacerdoti per farlo processare". Lo consegna per trenta denari d'argento. La vita del suo maestro valeva 30 denari d'argento. Riduce a merce la vita di un amico e guida morale, permette ad una giustizia ingiusta di farlo arrestare. Proprio come se fosse un brigante, un ladro o un assassino. Consegna un innocente... e manifesta la sua grande falsità (da qui deriva "falso come Giuda"), baciandolo davanti a tutti mentre pochi secondi fa ha ordinato ai soldati di prenderlo brutalmente.


Le domande che mi/vi pongo sono queste: In quali momenti e occasioni vi siete sentiti traditi?

-Uno dei miei ricordi di tradimento che ho è questo, per esempio: avevo, anni fa, un'amica mia coetanea con cui mi trovavo benone, che in questo breve racconto soprannominerò "la ragazza x", per questioni di privacy e per evitare pettegolezzi. Entrambe eravamo delle appassionate di lettura, di gatti e di musica. Per molti mesi il nostro rapporto è andato avanti bene. 
Ma il punto è che poi, quando ho iniziato a frequentare il liceo, uno dei miei compagni di classe, poco dopo essersi presentato, mi fa: "Ah, sì certo, tu sei la famosa Anna. La "ragazza x" non fa altro che parlare di te. Dice che sei la persona più musona e più antipatica che abbia mai conosciuto, e che è molto difficile farti sorridere."
Credo di essere diventata una statua di sale, in quell'istante. E io che la credevo un' amica. Che viscida! "Sparlava di me alle mie spalle", capite? Tanti abbracci e toni dolci quando ci incontravamo, per poi tradire la mia fiducia in questo modo!
Per questo non ho più voluto vederla, ho troncato.  
In quelle poche volte che la incrociavo in Ateneo ci scambiavamo un semplice "ciao" con la manina. Punto. Poi lei ha i suoi corsi e i suoi impegni ora. Io i miei. Lei ha le sue compagnie e le sue attività. Io ho avuto e ho le mie. Non voglio avere niente in comune, ci sono rimasta troppo male.

- Il processo a Pilato l'ho personalmente commentato nel post del 25 marzo 2016, ve la risparmio ora. Passo direttamente alle pesanti derisioni dei soldati.-


 2) "Cristo deriso"- Mt. 27, 27-31:


Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte. Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: «Salve, re dei Giudei!». E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo.


 Questo Gesù che si lascia fare tutto!! Che si lascia trattare così male!! 

So che è brutto, ma vi inviterei a pensare a tutte quelle occasioni in cui vi siete sentiti presi in giro o siete stati presi in giro.
Anche qui, ve ne racconto una mia.

-Ero in seconda superiore e risultavo tra le migliori alunne in latino nella mia classe (è stato l'anno in cui ho avuto 8 in latino in pagella! Negli altri quattro comunque era sempre 7). Una mia compagna mi chiede di prestarle il versionario perché: "io non riesco più a trovare il mio e devo fare le fotocopie dei compiti altrimenti rischio il debito" (che poi, il debito lo ha avuto lo stesso, più altre due materie).

Io glielo presto. "Te lo riporto fra due giorni", mi promette. Ma dopo due giorni non me lo riconsegna. "Anna, mi sono dimenticata, ma giuro che te lo ridò domani"... e accade la stessa cosa del giorno prima. Intanto era arrivato il week-end. La prof. Ticinelli era buona e umana ma anche esigente: voleva che traducessimo almeno una versione la settimana, oltre a delle frasi. A quel punto le invio un messaggio, di questo tenore: "Senti, potrei riaverlo il mio eserciziario per favore? Se mi dici dove abiti vengo con mia mamma a prenderlo entro domani mattina. Se arrivo a scuola senza traduzione non rischio il debito, ma rischio la nota sul registro."
Lei non risponde. Nel frattempo, un'altra mia compagna, decisamente più gentile, mi invia la fotocopia del testo latino e martedì mattina entro in classe anch'io con il compito fatto. A quel punto, la compagna alla quale avevo prestato il versionario mi viene incontro aggressiva e, sbatte il mio libro sul banco e urla: "Str***a! Eccolo qui il tuo libro! Mi hai trattata da ladra".
Mi hai trattata da ladra. Quando in realtà mi sentivo presa in giro, e di brutto.
Chi non ha provato sulla propria pelle un'esperienza del genere, può pure ridere ironicamente. Io non posso permettermelo.

3) "Portare la croce"-Mt. 27, 32, 38:


Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui. Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio, gli diedero da bere vino mescolato con fiele; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere. Dopo averlo quindi crocifisso, si spartirono le sue vesti tirandole a sorte. E sedutisi, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: «Questi è Gesù, il re dei Giudei». 
Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.

 "Portare la croce", è un'espressione che assume, di primo pelo, un senso molto negativo. La croce è un qualcosa che preoccupa, che crea angoscia. "Chi vuole seguirmi prenda la sua croce e mi segua", dice Gesù in un punto della sua predicazione. 

Simone di Cirene è veramente esemplare in questo, perché credo rappresenti bene il cristiano disposto a caricarsi sulle proprie spalle non soltanto i propri pesi, ma anche le debolezze altrui. Simone rappresenta il cristiano generoso, compassionevole, di buon cuore.
La croce è sì un supplizio ma anche e soprattutto i sacrifici quotidiani, ovvero, la sopportazione dei limiti e delle fragilità, proprie e altrui.
Credo che la croce sia anche simbolo delle difficoltà che la vita ci pone davanti.
Quando avete portato o portate dei fardelli sulle spalle?

Per quel che riguarda me: la morte di Luciano, persona meravigliosa, cugino di mia madre ma così fantastico al punto tale che lo sentivo come fosse anche il mio cugino di primo grado, la malattia di mio nonno, la scomparsa di Gabriella dopo alcuni mesi di infermità. Questi soprattutto i miei periodi difficili. 


4) "Perché mi hai abbandonato?"- Mt. 27, 45-54: 



Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala di aceto, la fissò su una canna e così gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!». E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono. E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».

 Sono gli ultimi istanti della vita di Gesù. Io vi invito a pensare ai momenti in cui vi sentite o vi siete sentiti soli. Soli non nel senso di: trascorro una serata da solo, davanti a un film, o suonando la chitarra o leggendo. Lo dico ai giovani come me: in fin dei conti, è meglio stare da soli così, piuttosto che con una compagnia che ci costringe a "cambiare" e a rinnegare noi stessi.
  Soli nel senso di incompresi, abbandonati anche dalle persone di cui vi fidate o vi siete fidati.
E qui è meglio che io non risponda, almeno per iscritto.Perché dovrei parlare soprattutto di un periodo in cui, a 19 anni, dopo la fine della scuola superiore, ero tristissima, in cura e sotto determinati farmaci. Vi raccomando i miei pianti in solitudine di quel periodo. 
E pensavo, come una mezza-depressa: "Ma cosa lascio al mondo io, se dovessi andarmene? Cosa lascio di bello agli altri, se tutti mi rifiutano?"

NE SONO USCITA! Questo è ciò che conta.

Grazie al percorso universitario, che richiedeva entusiasmo e "cuore" per poter riuscire, grazie alla conoscenza di altre persone, grazie alle opportunità di volontariato che mi sono state offerte, grazie alla mia inestinguibile creatività e soprattutto... grazie al sostegno di chi mi ama veramente.
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 N.B: Con questo scritto non voglio farmi compatire. E non voglio nemmeno dire che tutta la mia vita intera è stata un "venerdì santo". Ma almeno vi rendete conto che chi ha la memoria lunga non riesce a dimenticare?
Certamente, ci sto male ancora a convivere con un passato fatto di "fallimenti relazionali". C'è ancora in bocca quell'amaro che soltanto le persone con una storia simile alla mia possono capire.
Il passato non si può cambiare. 

"Tutto ciò ti farà stare ancora male, quando ci penserai. Il bullismo femminile è deleterio. Ma pensa che, dal punto di vista delle amicizie, non hai perso niente" (Grazie Davide per avermelo detto! Sono frasi che sollevano, queste)


Confermo l'intento già citato sopra: pensare, senza improvvisarsi dei religiosi consacrati, alla nostra storia di vita inserita nelle pieghe più autentiche della cristianità.








19 marzo 2018

L'olio di Lorenzo:


"L'olio di Lorenzo" è un film basato su una storia vera.


Questa intervista rivolta ad Augusto Odone, padre di Lorenzo, è stata fatta nel 2013.
Il signor Odone è autore di un libro in cui racconta la sua incredibile e travagliata vicenda familiare.
Nel video vengono alternate le immagini reali e fotografiche con alcune immagini tratte dal film.
Augusto è morto da poco.
E qui sotto spiego la storia e le caratteristiche di una terribile malattia genetica rara che ha colpito suo figlio.

L'ADRENOLEUCODISTROFIA:

E' una malattia genetica rarissima, che soltanto i figli maschi possono ereditare da una madre portatrice sana, dal momento che il difetto genetico in questo caso risiede soltanto nel cromosoma X.
E' abbreviata e denominata anche con le sigle ALD.
Il male si manifesta solitamente in un'età compresa tra i 5 e i 10 anni.
L'ALD comporta una concentrazione molto alta di grassi saturi nel sangue, in particolare, delle catene di grassi C24 e C26. L'eccessiva quantità di grassi comporta la progressiva e graduale distruzione della guaina mielinica che riveste i nervi del cervello.
Senza mielina i neuroni si deteriorano e vengono compromesse le funzioni vitali dell'individuo malato.
Queste sono le fasi (dall'esordio alla morte) che un bambino affetto da ALD attraversa:

1) Alcune anomalie preoccupanti negli atteggiamenti: aggressività, rabbia immotivata, crisi epilettiche violente.

2) Leggero ritardo motorio: il bambino inizia a perdere facilmente l'equilibrio e a camminare lentamente e male, come se avesse una scoliosi molto accentuata o il bacino troppo spostato da un lato.

3) Difficoltà di pronuncia delle parole, infermità fisica. Ma è ancora mantenuta la capacità di capire ciò che succede.

- Dal quarto punto in avanti, la progressione diventa impressionante e terribile anche soltanto per chi la legge.- E' un avvertimento affettuoso che vorrei dare ai miei lettori particolarmente sensibili. Perché da qui in poi, il bambino ALD non può più comunicare in alcun modo con il mondo esterno.

4) Incapacità di parlare: il bambino non riesce più a pronunciare nemmeno una parola che abbia un senso compiuto, solo una serie di sillabe senza significato, come farebbe un qualsiasi neonato di sei mesi, ma non di sei anni. Inoltre, non comprende più quello che gli viene detto.

5) Difficoltà di deglutizione e di conseguenza, enorme difficoltà a mangiare e bere.

6) Incapacità di respirare autonomamente.

- il bambino da questo punto in poi va rapidamente verso uno stato vegetativo.-

7) Crisi respiratorie dovute all'incapacità di deglutire la saliva.

8) Cecità e sordità.

9) Coma.

10) Morte. (in genere dopo 20 mesi dall'esordio)


CONTENUTI DEL FILM:

Isole Comore
Augusto e Michela Odone sono due felicissimi coniugi di origine italiana con un bambino eccezionale, buonissimo, molto più intelligente della media e grandemente sensibile.
Augusto Odone è un brillante economista e un appassionato cultore di musica classica, Michela invece una glottologa laureata in letterature.
A cinque anni Lorenzo parla in modo molto fluido tre lingue: inglese, italiano e arabo.

L'ambientazione iniziale del film sono le Isole Comore, situate nell'Africa Orientale, a nord del Madagascar.
Qui Lorenzo appare come un bambino felice, intento a correre con altri bambini verso un aquilone lanciato in aria da Omouri, un giovane che, nel corso della tragedia, si rivela un ottimo appoggio psicologico e solidale per la famiglia Odone.

Augusto, Michela e Lorenzo rimangono alle Comore per tre anni. Alla fine del 1983 si trasferiscono negli Stati Uniti, dove Lorenzo inizia a frequentare una nuova scuola.
Ma qualcosa inizia a minare la serenità di quella stupenda famiglia.
Mi riferisco ad una serie di comportamenti inquietanti che il loro figlio inizia a manifestare.
Elenco alcuni episodi:

a) Un giorno, quando ritorna da scuola, la maestra preoccupata dice a Michela:
"Signora, ma c'è qualche problema in casa? Suo figlio, che di solito è un bambino eccezionale, stamatttina all'improvviso ha buttato via i suoi disegni e ha strappato tutti quelli degli altri bambini."

b) Una sera, quando Augusto ritorna dal lavoro, entrando in casa trova suo figlio in preda a una crisi epilettica, con la moglie Michela accanto che fa fatica a calmarlo.

c) Mentre, sotto Natale, il bambino sale su una sedia per mettere una pallina sul ramo dell'albero, ad un tratto, perde l'equilibrio e cade, perdendo un'incredibile quantità di sangue.

A causa di questi episodi allarmanti, i genitori decidono di sottoporlo a diverse visite mediche.
Dopo esami, controlli dell'udito e della vista, risonanze e radiografie, ecco la disgrazia: si tratta di adrenoleucodistrofia, malattia che negli anni '80 era incurabile e considerata inoltre troppo rara per poterle dedicare dei fondi di ricerca o di prevenzione. Prima di Lorenzo c'erano stati soltanto altri 17 casi in tutto il mondo.
A Lorenzo il neurologo dà al massimo due anni di vita.

Quella che soffre maggiormente è proprio Michela.
Anche per un forte senso di colpa di responsabilità: non è stata una combinazione di geni a determinare la malattia del figlio, ma solo il suo cromosoma difettoso.
Mamma mia, ma quanto ha pianto quella donna? Nonostante ciò, lei rifiuta fin da subito di chiudersi nel suo immenso dolore e cerca di rendere comunque piacevole la quotidianità del bambino.
Io la ritengo una madre esemplare... E' il mio modello perché se mai dovessi diventarlo anch'io in avvenire, vorrei essere esattamente così: premurosa, affettuosa, capace di relazione autentica e profonda con un bambino in tenera età, intenta già a istruirlo con un pochino di cultura greco-romana e cristiana.
Poco prima che le venga rivelata quella terribile diagnosi, lo spettatore del film trova Michela intenta a spiegare al figlio che la Pasqua, prima dell'avvento del Cristianesimo, era l'emblema della primavera, della rinascita della natura. Chissà quante volte io ho scritto questa cosa su questo blog!
Comunque è così: marzo, in epoca romana, era il primo mese dell'anno (gennaio e febbraio sono stati aggiunti dopo). Era il mese in cui tutto rifioriva nei prati, era il mese delle gemme e degli uccellini che uscivano dai loro nidi.
Era detto "marzo" da "marziale, marcia", dal momento che, essendo il primo mese dal clima tiepido, era considerato il periodo ideale per iniziare le marce militari.

Al sesto compleanno di Lorenzo partecipano un sacco di invitati: parenti, amici di famiglia e amici del bambino. Ma poi, quando il bambino continua a peggiorare, dove c***o va a finire tutta questa gente??!
Se mi arrabbio è per il fatto che io tengo moltissimo alla pratica concreta della solidarietà umana.
Nel momento in cui Lorenzo è sottoposto a chemioterapie, diventa infermo, fa fatica a parlare e a mangiare, soffre di crisi respiratorie; rimangono accanto a lui soltanto il padre e la madre.
E poi arriva anche l'amico africano Omouri, con la sua solarità e sensibilità.

Nemmeno la sorella di Michela sa essere sensibile, perché dice ai due coniugi Odone: "Non esiste solo Lorenzo". Cioè, li invita ad arrendersi e a lasciarlo andare, vi rendete conto??
"Parli come una donna che non ha mai avuto figli! Come posso vivere io se lui non può più gioire di niente?!", le urla Michela, cacciandola (giustamente) di casa.
In realtà la sorella di Michela ne ha due di figlie. Eppure non è in grado di capire, giudica e basta.

Mi sono resa conto che con la narrazione della storia sono andata un po' troppo avanti.
Nel senso che ho trascurato due particolari.
Il primo: Lorenzo, nella fase in cui è in carrozzina e non è più in grado di alzarsi da solo, sa ancora parlare le tre lingue. Le sue capacità motorie vengono compromesse molto prima di quelle mentali.
E purtroppo, Lorenzo, a soli sei anni, si rende ben conto di ciò che sta succedendo al suo corpo.
Sa di essere malato, sa di non poter frequentare le scuole "normali", anche se lo vorrebbe tanto.

Il lungo film di tanto in tanto alterna Lorenzo sdraiato sul letto e l'immagine di bambini e ragazzini  che escono correndo dagli edifici scolastici.
Quasi come a dire: il tempo scorre, i suoi coetanei crescono e sono autonomi e sani, ma Lorenzo, che avrebbe avuto capacità intellettive migliori delle loro, non può far nulla di ciò che gli altri bambini fanno.
E' bloccato a casa sua, a letto.

Poi: Michela e Augusto prendono una decisione molto coraggiosa, encomiabile: resisi conto che i dottori "brancolano nel buio" a proposito dell'ALD (hanno infatti dato a Lorenzo una dieta inefficace e lo hanno sottoposto a chemioterapie che invece di rallentare il decorso del male hanno bloccato definitivamente la capacità di deambulazione), decidono di studiare chimica, biologia e neurologia per poter trovare un rimedio per mantenere in vita il figlio.
Mentre studiano con zelo e con tenacia, il figlio attraversa le fasi della malattia fino alla settima.

"Se questo per te è troppo, vola via. Vola prima che puoi, io e papà ce la caveremo", gli sussurra Michela in lacrime una notte, dopo una violenta e lunga crisi.

Michela, in seguito al rapido peggioramento del suo bambino, smette gli studi di medicina dopo alcuni mesi, per potergli stare accanto.
E' davvero da ammirare: non si stacca praticamente mai dal letto del figlio, gli legge le storie, vuole tenerlo a casa pagando delle infermiere fredde e insensibili.
Poverina, pensate solo al fatto che manda via tutte le infermiere che la scoraggiano nell'intento di continuare a tenerlo a casa, incapaci di umanità, addirittura offensive e incuranti del suo dolore di madre, perché, mentre lei raccomanda a una di esse di leggere una storia a Lorenzo "perché Lorenzo ama le parole, così nutriamo la sua mente", un'infermiera giovane con la faccia da sberle le dice: "Quale mente?".

Ad un tratto, Augusto Odone, dopo intere notti passate sul tavolo della sua scrivania tra decine di libri di chimica, si illumina tutto, chiedendosi: "E se mescolassimo una serie di trigliceridi monoinsaturi? "
E così viene creato "l'olio di Lorenzo", che scaturisce da una collaborazione tra i genitori del bambino e due chimici, proprietari di un laboratorio di olii.
Si tratta di una mescolanza tra olio di colza (contentente acido erucico) e olio di oliva (contenente acido oleico).
Somministrandoglielo attraverso i tubi e i cavi che lo tengono in vita, i genitori avvertono dei miglioramenti: la concentrazione dei grassi saturi diminuisce e il loro figlio inizia a respirare autonomamente.
Però, non sarà mai più in grado né di camminare né di parlare.

"Michela, hai mai pensato che tutta questa lotta sia stata fatta per il bambino di qualcun altro?", le chiede il marito Augusto. "Lorenzo ha perso talmente tanta mielina che non riesce più a trovare la via di uscita per la guarigione. Quindi, se muovere un mignolo o mangiare è un tale sforzo, come potremmo pretendere che possa essere in grado di parlare con noi?"

"Ma io gli ho promesso che non sarebbe mai stato solo, e che avrei mantenuto in vita tutto il suo mondo.", replica la moglie.

IL FINALE:

Lorenzo Odone non è mai guarito, però, verso i 12 anni, è migliorato.
Vedeva, sentiva, respirava da solo, capiva tutto ciò che gli veniva detto.
Per comunicare muoveva gli occhi.
Ma non ha mai ripreso a parlare. E' divenuto un tetraplegico muto, che ha sempre amato le storie che gli venivano lette.
Ma nel momento in cui un individuo comprende e vede e sente, non è più un vegetale, anche se non riesce a parlare!

Il signor Augusto Odone ha ricevuto la laurea in medicina Honoris causa. Il suo rimedio è stato diffuso a partire dalla fine degli anni ottanta e ha salvato in realtà decine di vite di bambini: "l'olio di Lorenzo" ha il grande pregio di arrestare il decorso della ALD se somministrato agli esordi della malattia (cioè quando ai bambini viene diagnosticata mentre si trovano per lo più nella fase 1). Inoltre, può rallentare la progressiva distruzione della mielina nei malati già gravi.

Lorenzo è morto nel 2008, a 30 anni esatti. E' addirittura sopravvissuto alla madre Michela, deceduta di cancro all'utero nel 2001.
Doveva morire a 7 anni, ma è morto a 30, amorevolmente assistito.

RICERCHE MEDICHE SU ALD E PATOLOGIE GRAVI:

Inizialmente molti medici avevano accolto "l'olio di Lorenzo" con scetticismo misto a invidia.
Ma il fatto che un padre "non medico" in questo caso sia riuscito a trovare una soluzione per posticipare di molto la morte del figlio e per bloccare gli sviluppi dell'ALD nelle sue fasi iniziali, aveva profondamente commosso sia i genitori che si trovavano nella sua stessa situazione sia l'opinione pubblica.
Un neurologo svizzero però, già alla fine degli anni '80, aveva riconosciuto l'importanza del suo contributo alla ricerca scientifica.

Il film è del '92 ed è stato ben accolto sia dalla critica che dal pubblico.

Il 1994 è stato un anno abbastanza felice per il campo della ricerca medico-scientifica, perché, a proposito della ALD, si era scoperto anche che il trapianto di cellule staminali poteva garantire stabilità neurologica agli esordi della malattia.
Ciò significa che i pazienti, dopo essere stati sottoposti a trapianto di staminali non hanno più subìto danni alla guaina mielinica.
Sebbene, da circa 24 anni, il trapianto di staminali abbia offerto dei buoni risultati, esso comporta però una piccola-importante complicanza: trovare un donatore sano e compatibile e possibilmente prima che avvenga la degenerazione della malattia in difficoltà di deglutizione e crisi respiratorie.


"LA MEDICINA NON E' UNA SCIENZA ESATTA!"

Molto spesso, Augusto Odone si confronta, nelle sue riscerche mediche, con il neurologo che ha diagnosticato la malattia a suo figlio.
Ciò che colpisce del neurologo è la sua umiltà: "Signor Odone, la medicina non è fisica, non è una scienza esatta."

Questa frase mi ha portata a riflettere. A riflettere per concludere che, alla fin fine, si studia anche per acquisire la consapevolezza della propria deficienza. Lo so, è bruttissimo da dire, ma è la verità. Pensateci un attimo: deficienza, da "deficio", "mancare", io in questo contesto la intendo come la carenza o la mancanza di certezze.
Io più vado avanti nei miei studi più mi rendo conto non soltanto di essere "deficiente" ma anche del fatto che comunque, per quanto possa studiare, rimarrò "deficiente" vita natural durante.
Deficiente perché priva di certezze assolute, perché piuttosto povera di conoscenze verso tutto ciò che non è letteratura e storia, perché dubbiosa addirittura sul senso di ciò che studia.

Per cui, se la medicina non è il sapere delle certezze dal momento che scaturisce da ricerche infinite ed estenuanti che non garantiscono mai al 100% la riuscita di terapie sperimentali, figuratevi il campo umanistico!
Di un testo letterario si possono dare per certi i contenuti globali e le tematiche proposte. Ma le sfumature delle parole che rendono gli stati d'animo rimarranno sempre e comunque piuttosto enigmatici, per tutti, per me giovane studentessa e persino per un docente ultrasessantenne, magari autore di diversi saggi.
Vi porto un esempio.

1)  "δαιμόνιε! φθίσει σε τὸ σὸν μένος" (v. 407, Canto VI° Iliade) - "daimònie! Fthìsei se to sòn mènos".
Come si traduce però?
"φθίσει" è futuro terza singolare e significa "distruggere, uccidere". "τὸ μένος" è "forza, ardore, coraggio".
"σὸν" è aggettivo possessivo: "tuo" e "σε" un pronome personale accusativo, come il "te" italiano. Quindi: "Il tuo coraggio ti ucciderà", dice una tristissima Andromaca al marito Ettore che le dice addio prima di addentrarsi nuovamente in battaglia.
Ma "δαιμόνιε!"? Non so come si possa tradurre, si può scegliere, ma con fastidio. Con il fastidio che nasce dal fatto che una parola come questa, porta, in greco antico, un sacco di significati, diversi l'uno dall'altro e che quindi tu, traducendola, porti solo una limitata parte di verità.

O si scrive: "Cattivo! Il tuo coraggio ti ucciderà" e si rende un'Andromaca sì triste ma anche un po' arrabbiata e risentita, del tipo: "Sei crudele, perché pensi a fare l'eroe mentre è probabile che io rimanga vedova e nostro figlio orfano. E noi abbiamo bisogno di te!", oppure la si rende con "Sventurato!", attribuendo così alla giovane un sentimento di compassione, dato dalla comprensione dei valori antichi del mondo eroico maschile ma anche dalla previsione della perdita dell'amato, come a dire: "Povero te! Sei l'uomo più valoroso del mondo ma questa tua qualità sarà la tua causa di morte", oppure si mette: "Infelice!", in questo senso: "Rispetti controvoglia e fino alla fine i valori dell'universo eroico e dei guerrieri, ma in realtà sei triste al solo pensiero di potermi perdere per sempre, perché mi ami, lo so che mi ami tanto".
A voi quale piace di più?? Comunque vanno bene tutte e tre, pur nelle loro rilevanti differenze, ma vi rendete conto?


AVVISO!= Allora, considerando che il 21 dovrebbe iniziare la primavera astronomica, questo è ufficialmente l'ultimo post dell'inverno 2018. (Il tempo atimosferico quest'anno sembra non aver voglia di alzare un pochino le temperature, ma io non posso farci niente. Questo per me, climaticamente non è marzo, è la prosecuzione di febbraio)


11 marzo 2018

Etimologia e significato della parola "matrimonio":


Circa un mese fa sono stata invitata al matrimonio di un amico di famiglia.
Si è sposato nella chiesetta di un paesino in collina che in giornate limpide e soleggiate offre alla vista dei visitatori un panorama splendido, con il lago di Garda e le sue barche e le imponenti vette dei monti di fronte.
Era febbraio e il paesaggio era in effetti affascinante, seppur non nitido: il vento mi accarezzava le guance, il sole era abbastanza pallido e delle nuvole violacee all'orizzonte minacciavano triste pioggia. E il mio cuore piangeva di gioia, perché godeva della felicità di un uomo che mi conosce da sempre, praticamente da quando ero in fasce, e che mi ha sempre trattata con gentilezza e con massimo rispetto, nonostante la differenza di età piuttosto rilevante.
Solo una cosa mi è dispiaciuta: l'omelia del celebrante! Il celebrante che, invece di gioire con gli sposi e di spiegare almeno nei punti essenziali il testo del Vangelo, si è messo a parlare di unioni tra omosessuali, di uteri in affitto, di fecondazione artificiale.
Ma cavolo, godi piuttosto del fatto che un uomo e una donna hanno deciso con tutta serenità di prendersi un impegno importante che ha cambiato per sempre le loro vite, ora condivise nei gesti quotidiani e... prospettate in un progetto di allargamento della famiglia.
Questo è un post in cui, attraverso la conoscenza sia delle lingue sia della glottologia, cerco di spiegare il significato della parola matrimonio, perché il senso di questo termine dovrebbe essere chiaro a giovani, fidanzati e novelli sposi.

A) LINGUA ITALIANA, DERIVAZIONE LATINA E RADICI INDOEUROPEE:

A1) "Matrimonio", dice il dizionario di Nicola Zingarelli della lingua italiana, deriva dal latino "matrimonium", termine contrapposto a "patrimonio", e concerne "un accordo tra uomo e donna stipulato di fronte a un ufficiale civile o a un ministro di culto in cui i contraenti si impegnano a instaurare e a mantenere fra essi una comunanza di vita e di interessi".
Lo Zingarelli, a proposito di questa parola, riporta le diverse tipologie di matrimonio conosciute nella moderna società occidentale, ovvero: il matrimonio civile, eseguito di fronte a un ufficiale civile, il matrimonio religioso, celebrato da un ministro di culto, e il matrimonio canonico, svolto di fronte a un ministro di culto cattolico.

A2) Rilevante è poi specificare che "matrimonium" è un composto derivato da "mater" e da "munus".
Il Campanini-Carboni, per "munus", riporta i significati di "dono, regalo, funzione, dovere".
Madre è un termine che nelle lingue d'Europa, antiche o moderne che siano, si ripete in modo sorprendentemente simile (in realtà non molto sorprendentemente, perché oramai sapete come me che la somiglianza lessicale delle parole delle lingue europee probabilmente deriva da radici dell'indoeuropeo (lingua primordiale ricostruita!): mother (inglese), Mutter (tedesco), madre (italiano e spagnolo), mère (francese), mòr (danese e svedese), μήτηρ (mèter= in greco attico).

A3) La radice indoeuropea per "mater" è un pochino incerta: sulle dispense della mia docente è  *mah₂tēr  (h₂ è una "laringale" che, posposta alla vocale "a", scompare senza lasciare traccia), mentre sul manuale di Villar è *məter. "ə" è una vocale particolare, chiamata "schwa", termine ebraico che è traducibile in italiano con gli aggettivi di "insignificante, breve, indistinta".
Però pare che nei dibattiti linguistici tra i glottologi le cose stiano così: gli studiosi che non appoggiano la teoria delle laringali affermano l'esistenza della "schwa", per spiegarsi l'evolvere di alcuni mutamenti fonetici.





B) "MATRIMONIO" IN LINGUA GRECA E IN LINGUA LATINA:

B1)  Il vocabolo che designa il termine "matrimonio" in greco è "γάμος (=gàmos)" e il verbo
"γαμέω (=gamèo)" significa proprio "sposarsi". Il mio Montanari, come d'altronde tutti gli altri vocabolari di lingua greca antica esistenti (Rocci o Liddle-Scott), sotto a "matrimonio" mette anche l'espressione "unione sessuale".
Sì ma non è assolutamente necessaria la conoscenza della lingua greca per capire che da γάμος deriva "gamete", cellula sessuale riproduttiva. 
A questo proposito, ritengo doveroso aggiungere una breve ma importante nozione di biologia: il gamete, negli organismi eucarioti come noi umani, ha un corredo cromosomico aploide e quindi dimezzato, che diviene diploide soltanto se si fonde con un altro gamete. 


B2) In latino, se ci si attiene ai significati letterali delle parole che formano il composto, il "mater+munus" è "il dono della donna"
La donna che, nel divenire madre, dona la vita a una creatura, dona all'uomo la gioia di essere padre e fa inoltre anche un dono a se stessa e alla società: dà alla luce una creatura, che con altri piccolini nati nello stesso anno o in anni di poco precedenti, sarà il futuro, umano ed economico, della società.
E' questo che la gente non riesce a capire con i tempi che corrono!
Penso per esempio a un'intervista fatta all'attrice Cristiana Capotondi 
(per capirci, Margherita ne "Il peggior Natale della mia vita", Giada in "Come tu mi vuoi"). 
La Capotondi ha 38 anni e da diverso tempo convive con un uomo. Volevo confidarvi che sono rimasta tristemente colpita dalla risposta dell'attrice alla domanda: "Se siete così felici insieme, non desiderate sposarvi e avere figli?". 
Praticamente la risposta è stata una cosa come: "Io e Andrea stiamo benissimo così, bastiamo a noi stessi, non abbiamo bisogno di figli. E il matrimonio è un legame che rovinerebbe il nostro stupendo rapporto, è un vincolo che lo renderebbe un obbligo, che lo priverebbe della gioia. Se non siamo gelosi l'uno dell'altra è proprio per il fatto che non siamo sposati. Anzi, il segreto della nostra relazione perfetta è l'astinenza dal sesso".
In pratica, il mio problema è che non riesco a capire che cosa ci possa essere di sensato in un discorso come questo. Io rimango sempre meravigliata e tristemente sconvolta quando sento cose simili.
Brava, ora non hai nemmeno 40 anni, sei ancora giovane e continui a stare serena. 
Ma la mezza età arriva per tutti e per tutte! 
Quando ne avrai più o meno 45 inizieranno i cicli anovulatori (a causa dei quali per moltissime diventa difficilissimo concepire) e poco dopo la cinquantina, quando sarai in menopausa, magari dirai al tuo compagno: "Chissà se avessimo messo al mondo dei figli...", ma sarà troppo tardi. 
A mio avviso, una relazione etero che dura da un po' di tempo e che è caratterizzata da vera armonia e da vero dialogo e rispetto reciproco, esige un impegno concreto. 
Ciò significa che è bene dare una svolta decisiva alla propria vita e ai propri sentimenti. 
Questo comporta sicuramente sacrifici e impegni, ma credo sia un qualcosa di meraviglioso, soprattutto nell'aspetto del dono della vita.
Come scrivevo poche settimane fa, il matrimonio non è soltanto un legame giuridico, reso ufficiale sia di fronte a un funzionario o celebrante, sia di fronte a dei testimoni, sia di fronte agli invitati alla cerimonia.
Io "accolgo te come mio sposo. Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita." 

E quindi: "Io acconsento molto volentieri di condividere con te il resto dei miei giorni. Ti prometto che mi impegnerò per essere un'ottima compagna nel lungo e imprevedibile sentiero che d'ora in avanti affronteremo insieme. Ti abbraccerò e riderò con te quando ti/ci accadrà qualcosa di soddisfacente o di meraviglioso, godrò delle tue energie e delle tue risorse e le loderò il più possibile, anche più volte al giorno, soprattutto nei primi tempi del nostro matrimonio in cui, almeno io, prevedo che sarò ancora innamorata persa e non riuscirò a vedere altro che la tua bellezza, esteriore ed interiore. Ti prenderò a braccetto quando ti sentirai stanco, debole, scoraggiato o nell'enorme disgrazia in cui dovresti ammalarti. E cercherò di rendere meno dolorosi i giorni di sofferenza. Ti prometto, già da ora, che nei momenti di dolore e di amarezza avrai tutto il mio sostegno e la mia solidarietà, basta soltanto che ci parliamo, perché il parlarsi scioglie tutti i nodi del dubbio, del fraintendimento e delle incomprensioni."


C) LA SOTTILE MA SOSTANZIALE DIFFERENZA TRA "MATRIMONIO" E NOZZE" IN ITALIANO E IN INGLESE:

C1) Nella nostra lingua, "matrimonio" e "nozze" sono sinonimi?!
Sapete, i sinonimi sono le parole più difficili da trovare.
Aveva ragione il mio libro di grammatica di quinta elementare che diceva: "Sinonimi: parole diverse ma con significato simile".
Simile, non uguale.
Equivale a dire che le sfumature di significato sono più che reali, sono un aspetto che riguarda tutti noi, nella pratica della lingua parlata .
Conoscete tutti molto bene le espressioni come "nozze d'oro" o "nozze d'argento" o addirittura "nozze di diamante (= 60 anni di vita insieme)".
A differenza di "matrimonio", che riguarda "la durata della vita coniugale", le "nozze" invece fanno più riferimento al giorno in cui ci si sposa. Le nozze sono strettamente legate a quel giorno che poi, ogni anno, diviene un anniversario da ricordare e da festeggiare.

C2) In lingua inglese, ci sono due termini diversi per indicare "matrimonio" e "nozze": il primo corrisponde a "marriage", mentre il secondo è "wedding", da cui le espressioni costruite anche con dei sostantivi come: "wedding ring": "anello nuziale"; e "wedding day", ovvero, "celebrazione del matrimonio" o meglio ancora: "giorno delle nozze".
Carino il fatto che l'inglese utilizzi il termine "honeymoon" per "viaggio di nozze" e non una cosa come "wedding trip" ;-)
"Honeymoon" è anch'esso un composto, anzi, è un calco di traduzione del nostro "luna di miele".


D) HA QUINDI SENSO UTILIZZARE IL TERMINE "MATRIMONIO" PER GLI OMOSESSUALI?

E' un paragrafo che ho ritenuto corretto aggiungere, per completare questa breve ma intensa trattazione. Però non vogliatemi male!

Ripensate per qualche secondo al significato che il termine "matrimonio" porta. Inevitabile negare che la parola "madre" c'è eccome se c'è!
Quindi come sarebbe possibile un matrimonio, una cerimonia nuziale tra due uomini?
Nel resto d'Europa e del mondo (Stati Uniti, Inghilterra, Spagna, Svizzera, Svezia, Norvegia, Irlanda, Germania) li chiamano "matrimoni gay", ma sbagliano. Il controsenso è troppo evidente, è illogico, irrazionale, insensato!
Noi in Italia diciamo "unioni civili". Cioè, più o meno dei "contratti" stipulati in edifici comunali in cui due persone dello stesso sesso che si amano possono "legalizzare il loro amore" e dunque abitare nella stessa casa, assistersi nei momenti di difficoltà (economiche o di salute), forse anche ereditare quando uno dei due muore.
Ma a mio avviso non è giusto che si vada oltre!
Unioni civili sì, è un loro diritto, ma non chiamiamoli matrimoni, per favore!
Il matrimonio racchiude in sé un futuro procreativo e presume una sana eterosessualità improntata sul donarsi reciprocamente.
E poi, i figli agli omosessuali assolutamente no! Prima di tutto perché i corpi, doni di Dio, divengono oggetti commerciali, sfruttati anch'essi dal capitalismo. Soprattutto l'utero il quale, anziché nido tranquillo di sviluppo del nascituro, viene purtroppo considerato alla stregua di un appartamento o di una casa appunto in affitto: al termine della gravidanza viene pagata la gestante.
Tutto ciò che di terribile lei ha provato in quei nove mesi, come la consapevolezza di "fare figli non per tenerseli ma per venderli a dei disgraziati che non comprenderanno mai che NESSUNA PERSONA E' MERCE", non conta a nulla.
I bambini non si acquistano, si amano e si rispettano!
E l'interiorità femminile non è né in vendita né in affitto!
E' unica e irripetibile, la vera interiorità di una donna.


2 marzo 2018

"La giornata d'uno scrutatore", Italo Calvino:


E' la recensione attenta e dettagliata di un'opera scritta da uno dei "Big" del Novecento Italiano!
Ho appena terminato di leggerlo e, dal momento che si tratta di un libro un po' storico, un po' filosofico e anche molto attinente a certe dinamiche sociali, ho deciso di riassumere capitolo per capitolo. 
Buona parte dei miei riassunti sarà accompagnata anche da riflessioni e considerazioni personali.

: Le prime parole del capitolo sono il nome e il cognome del protagonista della vicenda: Amerigo Ormea, ovvero, un intellettuale di sinistra che in una giornata di pioggia esce di casa all'alba per raggiungere il seggio di cui è scrutatore.
Siamo nel 1953 e puntualmente, Calvino inserisce un riferimento alla Legge-Truffa, ovvero, a quella legge che permetteva l'acquisizione di due terzi dei seggi a quella coalizione che fosse riuscita a ottenere il 50% + 1 dei voti.
Già in questo primo capitolo viene delineata la morale di Amerigo:

" (...) bisogna continuare a fare quanto si può, giorno per giorno; nella politica come in tutto il resto della vita, per chi non è un balordo, contano quei due principi lì: non farsi mai troppe illusioni e non smettere di credere che ogni cosa che fai potrà servire. Amerigo non era uno che gli piacesse mettersi avanti: nella professione, all'affermarsi preferiva il conservarsi persona giusta (...)"

II°: Il lettore viene informato a proposito della collocazione del seggio in cui Amerigo si sta dirigendo: è un seggio situato all'interno del Cottolengo di Torino, casa di cura e di ospitalità riservata a mutilati, infermi, minorati mentali e persone affette da arteriosclerosi.

"L'istituto si estendeva tra quartieri poveri e popolosi, per la superficie di un intero quartiere, comprendendo un insieme di asili e ospedali e ospizi e scuole e conventi, quasi una città nella città, cinta da mura e soggetta ad altre regole."

Il Cottolengo dunque appare già all'inizio del romanzo come un mondo a sé stante, un mondo in cui sofferenza e generosità si incontrano.
In luoghi come il Cottolengo l'ideologia politica e l'esercizio del diritto di voto non sono priorità assolute: soltanto una piccolissima parte degli ospiti del Cottolengo ha la capacità di comprendere le questioni politiche, le leggi elettorali e i dissidi tra DC e PCI, i due maggiori partiti italiani degli anni '50.
Sono rimasta suggestionata dall'espressione "monumento della carità", riferita a questa casa di cura fondata nel XIX° secolo da don Giuseppe Cottolengo.


CARITÀ. A questa parola ricca di senso ho collegato due termini greci: χάριs (càris =grazia, benevolenza) e χαìρω (càiro =gioire, essere contento). Senza contare che "χαìρε!" (=càire) è un saluto che equivale a "ciao" e a "buongiorno". 
Bello, dovremmo imparare dagli antichi greci a salutare. "Buongiorno" è un po' troppo pacato, formale. Educato e gentile, ovviamente, ma non gioioso e di sincera benevolenza come potrebbe esserlo un "Rallegrati!", ovvero, "Sii felice di essere vivo!" Essere vivi è una grazia. 
Una grazia e anche un'opportunità per donare e per sperimentare la benevolenza.

III°: Amerigo e i suoi collaboratori (altri scrutatori), trasformano il parlatorio della Casa di Cura in una stanza elettorale. Per parlatorio si intendeva un locale in cui i parenti facevano visita ai ricoverati.
Fin da subito Amerigo si rende conto che i membri del seggio di cui anch'egli fa parte sono molto eterogenei: alcuni affiliati all'Azione Cattolica, altri socialisti e alcuni come lui, comunisti.
Ma tutti loro si impegnano per "un servizio comune, un servizio razionale e laico".
Tra gli scrutatori, vi sono anche due donne, di cui la più giovane iscritta al Partito Socialista. 
In cuor suo, il protagonista esalta il progresso politico e sociale che ha permesso alle donne di acquisire pochi anni prima i diritti civili.

IV°: Iniziano le votazioni e compaiono i primi votanti. La prima votante è una donna alla quale sono state amputate le gambe. E già questa apparizione urta la sensibilità di Amerigo che poi vede davanti ai propri occhi un'assurda sfilata di zoppi e di minorati mentali, tutti pronti ad entrare nelle cabine.
E qui inizia a riflettere profondamente: 

"C'era dunque in questa finzione di libertà che era stata loro imposta- si domandava Amerigo- un barlume, un presagio di libertà vera? O era solo l'illusione, per un momento e basta, di esserci, di mostrarsi, d'avere un nome?"

Libertà, come Amerigo ben sa, significa essere consapevoli delle proprie scelte, anche politiche. Significa essere sufficientemente dotati di buon senso per assumersi le responsabilità delle proprie scelte. Ma i malati del Cottolengo sono consapevoli delle conseguenze che la loro crocetta comporta per il futuro dell'Italia?

E poi ancora: "Amerigo, velocemente, pensò al discorso della Montagna, alle varie interpretazioni dell'espressione poveri di spirito, a Sparta e a Hitler che sopprimevano gli idioti e i deformi (...) e ora al nuovo meccanismo elettorale della Legge-Truffa, che avrebbe dato maggior potere al voto di quel povero idiota che al suo."

Io ho sempre interpretato l'espressione "poveri di spirito" come "i semplici, gli ingenui privi di malizia". Ma mai come "i minorati mentali".
Ultima considerazione sul capitolo: perché lo scrutatore ritiene che il voto del disabile valga più del suo? Perché il disabile, cresciuto in un istituto cattolico, vota la DC su caldo e ripetuto consiglio delle suore, mentre Amerigo invece opta per il PCI secondo la sua propria idea politica.

: Le pagine del quinto capitolo sono tutte dedicate al flusso di pensieri dello scrutatore, mentre i deficienti (poverini, non con disprezzo ma con realismo!) e i mutilati continuano a sfilargli davanti.
Nel capitolo V° dell'opera vengono inserite delle riflessioni sul concetto di bellezza.
Io penso esistano vari tipi di bellezza, o almeno, credo che la bellezza non sia univoca e possa presentarsi sotto varie forme nel corso dell'esistenza. Ve le elenco:

1) La bellezza femminile.  

"D'improvviso gli venne da pensare a un mondo in cui non ci fosse più la bellezza. Ed era alla bellezza femminile che pensava."

 Un pochino triste e sconsolato in mezzo a tanta deformità e disabilità, il nostro intellettuale avverte dentro di sé l'esigenza di pensare a qualcosa di bello, di confortante.

"Rassegnato a passare tutta la giornata tra quelle creature opache, Amerigo sentiva un bisogno struggente di bellezza, che si concentrava nel pensiero della sua amica Lia. E quello che ora ricordava di Lia era la pelle, il colore, e soprattutto un punto del suo corpo- dove la schiena fa un arco, netto e teso a percorrere con la mano, e poi subito si alza dolcissima la curva dei fianchi-, un punto in cui ora gli pareva si concentrasse la bellezza del mondo, lontanissima, perduta."

Amerigo si concentra soprattutto sulla bellezza fisica femminile.
Sì ma, se alla bellezza esteriore non si accompagna anche quella interiore, è inutile che la donna abbia dei begli occhi, dei bei capelli e un fisico slanciato.
Ho conosciuto un sacco di ragazze e di donne belle, alle quali manca l'umanità e la sensibilità.
E se sei sprovvisto di queste qualità non sarai mai in grado di gustarti le emozioni della vita. Essere false e fredde pare che sia diventato lo sport nazionale di buona parte delle mie coetanee.
Amerigo rivolge un pensiero venato di nostalgia a Lia, la sua amante del momento, una ragazza giovane e fisicamente attraente.
Nel caso vi capitasse di leggere questo scritto, vi chiarisco già una parola: "amica", riferita a Lia.
Tutti, almeno concettualmente, sappiamo la differenza che c'è tra "amica" e "fidanzata".
Ma l'amica in questo contesto è quella donna con la quale l'uomo fa sesso per puro piacere e non per finalizzare la relazione ad un progetto di vita comune e di procreazione.

2) La bellezza maschile.

In quest'ultimo anno di vita ho imparato che "bellezza maschile" non significa avere i capelli scuri e ricci ed essere pieno di cultura. Un ragazzo può anche avere queste due caratteristiche, ma se l'unica cosa che sa fare bene nell'ambito delle relazioni affettive è prima illuderti e farti credere che è davvero innamorato e poi scaricarti e trattarti da stupida, che razza di persona è?
Che razza di giovane uomo è uno che gioca con i sentimenti? E' uno schifo, non un essere umano!
Ho imparato che la bellezza maschile, al di là delle caratteristiche fisiche (i ragazzi con i capelli scuri non sono gli unici ragazzi belli comunque!) è dolce come il tramonto del sole, visto che racchiude in sé la capacità di ascolto derivata da una grande sensibilità.
La bellezza maschile è nel Gigante Buono, ad esempio, protagonista del mio racconto del mese scorso.

3) Bellezza vs deformità fisica.

"La Grecia... pensava Amerigo. Ma porre la bellezza troppo in alto nella scala dei valori, non è già il primo passo verso una civiltà disumana, che condannerà i deformi ad essere gettati da una rupe?"

Siamo sicuri che la bellezza non includa affatto la deformità fisica?
Il Volontariato è il mio secondo "impegno" dopo lo studio. Durante l'adolescenza, ho svolto per un breve periodo un servizio alla Casa di Riposo del mio paese: allietare, con altri miei compaesani, i vecchietti infermi o affetti da demenza, con delle canzoni.
In quel periodo mi sono sentita molto più apprezzata da loro che non dalla gente che tutti i giorni incontravo a scuola. 
Io credo che la bellezza consista anche nello sforzo di comprendere le doti dell'altro e di apprezzarne i sentimenti positivi e l'impegno quotidiano.

Chiesa di San Valentino, Siusi allo Sciliar, Sudtirol
4) La bellezza della Natura.

Non dimentichiamo la bellezza della Natura.
Il Tirolo, il mitico e stupendo Tirolo dalle alte e imponenti cime montuose, dai prati verdissimi e dalle soffici nuvole bianche.
Il Tirolo che con i suoi panorami silenziosi ti mette in contatto con Dio e con l'inafferrabile infinito.
Per imparare a comprendere il concetto di sublime del Romanticismo del Primo Ottocento, bisogna andare in Alto Adige, sopra Bolzano. Perlomeno, per capire quanto noi uomini siamo piccoli rispetto alla totalità del Creato.

5) La bellezza delle forme artistiche.

Pensate a un dipinto di un paesaggio dai colori vivaci o a un ritratto disegnato in modo così preciso e scrupoloso che si avvicina di molto alla realtà.
E poi pensate ad una scultura o ad un edificio ben proporzionati.
Per quel che riguarda la letteratura invece, fatevi venire in mente la soavità del "Sabato del villaggio" di Leopardi o a "Chiare, fresche e dolci acque di Petrarca", componimento che concilia le meraviglie naturali con la presenza quasi divina di Laura.
Naturalmente è possibile scorgere la bellezza anche nella musica.
Soprattutto se, nel momento in cui si ascoltano dei brani, si chiudono gli occhi per poter sognare senza dormire, per poter fantasticare spazi mentali o racconti fantastici da non raccontare a nessuno. A me succede con Einaudi.  Soprattutto con questa sua composizione, intitolata "Night".
Ma a me, più che la notte, fa venire in mente la primavera con i suoi fiori che iniziano a sbocciare.
E mi fa venire in mente la figura di Genesio, personaggio adolescente di "Ragazzi di vita", un romanzo di Pasolini.
Genesio che tenta di fuggire da una casa in cui il padre violento continua a picchiare la madre.


VI 

"Tra i votanti, variava la considerazione di quello che stavano facendo. Per i più l'atto del voto occupava un posto minimo nella coscienza (...)"

Eppure, quella "x" sulla scheda contribuisce a contrassegnare le sorti di un Paese e anche, la "bontà" di leggi a tutela di luoghi di utilità sociale come il Cottolengo.

VII:  Amerigo assiste ad un'altra scena sconcertante: una monaca giovane che, trasportata in barella, esercita il suo diritto di voto.

"Tutta vestita come se fosse morta, il viso, il colorito, appariva composto come nei quadri di chiesa. Amerigo avrebbe voluto non essere attratto a guardarla. La lasciarono in cabina sulla barella, con uno sgabello vicino, che facesse anche lei la sua crocetta".

VIII: A votare accorrono anche i disabili come i ciechi scortati da un religioso che funge da accompagnatore.

IX: A più di metà libro, compare un'altra precisa indicazione cronologica:

"Era spiovuto. Anche dai cortili desolati si levava un odore di terra e primavera. 
Qualche rampicante fioriva su un muro."

Probabilmente si tratta del mese di marzo.
Amerigo, fra tristi visioni di disabili, inizia a riconoscere e ad apprezzare la carità degli operatori religiosi all'interno dell'Istituto, e, sebbene la mentalità cattolica gli sia poco familiare, inizia a chiedersi se davvero nelle sofferenze e nei limiti sia fisici sia mentali dei ricoverati sia possibile riconoscere la sofferenza di Cristo 
inchiodato sulla Croce.
"Cos'abbiamo noi in più di loro?", si chiede poi. 
Domanda a cui in realtà non è facile rispondere.
Perché loro spesso intuiscono più di noi e sono buoni e sensibili più di noi.
"Della inutilità del fare, il Cottolengo era la prova e insieme la smentita". Già infatti.
I minorati mentali e gli infermi non sono materialmente in grado di "fare", mentre il personale di servizio invece sì, "fa" anche per loro prendendosi cura di loro.

: Compare sulla scena del racconto un Onorevole, venuto all'interno dell'Istituto soltanto per informarsi della percentuale dei votanti. Appare sicuro di sé, baldanzoso, euforico. Amerigo scambia la sua ostentata sicurezza per cinismo.
"A quello lì il Cottolengo non gli sfiora nemmeno la falda dell'impermeabile".
Sì perché quando uno dei ricoverati batte leggermente il pugno contro il vetro della finestra per salutare l'Onorevole, quest'ultimo si gira e non risponde a sua volta con un cenno della mano.

XI°:  Dopo mezzogiorno, il flusso dei votanti si dirada. Nel seggio di cui il nostro intellettuale comunista fa parte, ci si accorda per dei turni di uscita e Amerigo è il primo ad usufruire. Quindi si reca a casa e, dopo una doccia, ordina alla governante di portargli il pranzo.
A quel punto arriva la telefonata di Lia, desiderosa di un incontro. Ma Amerigo ne è impossibilitato a causa del suo impegno per le elezioni.
Lia appare come superficiale, infantile, eccessivamente gelosa e incapace di ascolto. Superficiale perché crede fermamente negli oroscopi e troppo gelosa perché quando Amerigo menziona un CD regalatogli tempo prima dalla sua ex fidanzata Maria Pia, Lia va in collera.
Ad ogni modo, in questo dialogo traspaiono i lati negativi di Amerigo, abortista convinto. Lia gli rivela di essere rimasta incinta ed egli allude subito all'aborto. Questo è l'unico motivo che Lia ha per potersi arrabbiare veramente e qui le do pienamente ragione.
Il grande intellettuale pieno di buoni ideali come l'uguaglianza sostanziale dei cittadini, non è un uomo, dal punto di vista relazionale qui fa la figura della mezza cartuccia, perché non è pronto né è in grado di assumersi le responsabilità che comporta una relazione affettiva.

XII°: La pausa è finita e Amerigo ritorna al seggio. Una domanda nella sua mente risuona e continua a risuonare mentre è chiamato ad essere membro di un "seggio distaccato", per permettere di votare anche ai malati confinati in un letto: "Fino a dove un essere umano può dirsi umano?"

Una suora conduce gli scrutatori del seggio distaccato al piano di sopra, dove giacciono ammalati che, oltre ad essere completamente infermi, urlano sillabe senza senso. Ma come fanno a votare questi?, vi chiederete voi. E' la suora che fa la "x" per loro, finché Amerigo non dice:  

"Basta con questa commedia. Non può esprimere la sua volontà, cioè non può votare. 
E' chiaro? Un po' più di rispetto."

Ciò che colpisce Amerigo è la vista di un padre che dà come merenda le mandorle al figlio infermo e non del tutto cosciente. 
Nel suo viaggio all'interno di questo luogo di dolore, egli pensa:

"Ecco, quei due, così come sono, sono reciprocamente necessari. Ecco, questo modo di essere è l'amore. L'umano arriva dove arriva l'amore, non ha confini se non quelli che gli diamo."

Ormea in effetti, il cognome del protagonista, è l'anagramma della parola "amore". E Amerigo non è stato scelto a caso. Come Amerigo Vespucci aveva scoperto un mondo sconosciuto, così Amerigo Ormea in quella giornata da scrutatore, era venuto a conoscenza di un mondo nascosto, di cui all'esterno non si parla praticamente mai se non con frasi come: "E' la casa per i deficienti".
E un po' è vero ma un po' non lo è.

Secondo me Calvino poteva anche finire qui il romanzo. Invece, aggiunge altri tre brevi capitoli.

XIII°: Si fanno votare gli infermi che possono mettersi seduti su un letto e sono coscienti di ciò che fanno.

XIV°: E' sera. Gli ultimi voti raccolti sono quelli delle suore che non possono lasciare il letto.

XV°: Il sole è già tramontato. L'ultimo votante è un uomo che al posto delle mani ha due moncherini.

Però, nella penultima pagina del libro, traspare la riconoscenza di quest'uomo verso le suore:

"Siamo come una città. Io ho sempre vissuto dentro il Cottolengo. Non ci manca niente. Le suore non ci fanno mancare niente."

Ecco dunque che ritorna il motivo dell'amore, come consolatore della sofferenza e in forma di assistenza zelante.

 E' UN ROMANZO DI FORMAZIONE?

Vi pongo un'ultima domanda, oltre a consigliarvi caldamente questa lettura (è un libro di sole 77 pagine, perché i capitoli sono quasi tutti molto brevi): si può affermare che Amerigo Ormea abbia davvero compiuto un percorso di formazione? Lo si può considerare un romanzo di formazione questo?
Soltanto in parte.
Da un lato, è vero, Amerigo Ormea ritorna a casa a fine giornata un po' diverso da come era all'alba: ha visto una realtà drammatica che prima non poteva conoscere, essendo esterno a quel "mondo nascosto", e ha concluso, durante un'attenta osservazione dei ricoverati, che l'ideale di uguaglianza è un'utopia, dal momento che dal punto di vista delle abilità fisiche e mentali gli uomini non sono e non nascono uguali. Ha appreso che l'amore è l'unica risposta possibile di fronte ad una vita sofferente, l'unica risposta in grado di conferire un'esistenza dignitosa ad un malato grave e ad un disabile grave.
Insomma, come intellettuale è maturato ulteriormente.

Ma come uomo?
Come uomo no, o almeno, non ancora.
Nel capitolo undici ammette che le sue relazioni sentimentali sono spesso passeggere.
Dopo i 30 anni Amerigo non ha equilibrio affettivo e, nonostante la sua grande scienza e sapienza, non sarebbe in grado di divenire marito e padre di famiglia.
La sua vita è tutta cultura e politica. Punto. Non esistono affetti familiari, non esistono parenti né amici... e non esiste nemmeno una donna in fin dei conti, perché Lia è soltanto una ragazza di circa una decina d'anni in meno di lui, è un passatempo, un oggetto sessuale. Nient'altro.
Con lei non c'è il progetto di fondare una famiglia.
E Amerigo a fine giornata resta sempre dell'idea che lei debba abortire
(ma l'aborto era ancora illegale nel '53, quindi come avrebbe fatto?, mi domando io).
A più di metà giornata infatti, lo scrutatore avverte il bisogno di chiamare Lia
per raccontarle ciò che ha visto all'interno del ricovero.
Ma ha paura che il discorso cada "su quella questione là".

"Non voleva affrontare il problema; o meglio, voleva solo farle capire che- sebbene non potesse aver cambiato intenzione- pure nel considerare quell'intenzione era in un diverso stato d'animo."
Cioè, vuole che lei abortisca, ma non considera questa soluzione con animo leggero.
E' una contraddizione!
Ad ogni modo, quel suo stato d'animo pensieroso e malinconico potrebbe essere il principio di un percorso di maturazione anche come uomo, un percorso di cui Calvino non illustra alcuna tappa.
I lettori ottimisti possono immaginare che magari il signor Ormea, nei giorni successivi, abbia parlato con Lia faccia a faccia della questione della gravidanza, in modo serio e ponderato.
Poi forse non è né sensato né possibile immaginare altro.
"La giornata d'uno scrutatore 2" non esiste e non ha senso che esista, riferita ad Amerigo e a Lia.