8 maggio 2018

"Quasi amici": la diversità come risorsa


Lo abbiamo fatto vedere ai nostri adolescenti (annata 2003) e ieri sera, nel corso della verifica finale, abbiamo scoperto che questo film è stata una delle cose che a loro è piaciuta di più.
Effettivamente l'ho rivalutato molto.

Il film è ambientato nella piovosa Francia e i protagonisti della storia sono Philippe, un tetraplegico colto, molto ricco, vedovo e malinconico e Driss, giovane disoccupato di origini africane che proviene da un ambiente familiare economicamente e culturalmente misero.
Proprio come Max e Kevin in "Basta guardare il cielo", Philippe e Driss all'inizio sembrano due mondi diametralmente opposti, troppo diversi tra loro per poter instaurare un rapporto significativo.

Che cos'è per voi l'amicizia?
Io mi sono accorta di non sapere la risposta. Perché non mai  sperimentato per davvero l'amicizia. L'ho cercata, ma non so ancora in che cosa consiste precisamente. Ad ogni modo, tutte le esperienze che ho provato a fare per anni, tutta la mia cieca e ingenua fiducia che ho riposto per anni in alcune persone mi hanno insegnato che l'amicizia, prima ancora che gli interessi in comune, esige la reciprocità: se il mio interesse per l'altro come persona non è ricambiato questo significa che non siamo amici e che il nostro è un rapporto a vicolo cieco, destinato a finire tra rabbia, risentimento e delusione.
Per alcuni l'amicizia è un rapporto che implica il continuare a coltivare i contatti con persone conosciute nell'infanzia, in genere vicine alla propria età; per altri è una relazione che si instaura solo se si possono condividere molti interessi in comune e solo se si possono avere delle personalità simili, per altri ancora è un qualcosa che riguarda soprattutto il vedersi di tanto in tanto in qualche bar o pizzeria o locale notturno.
Ma forse le vere amicizie solide e durature scaturiscono da incontri inaspettati, da occasioni che, almeno all'inizio di un'esperienza, non ti fanno istintivamente sognare una futura-prossima amicizia.
Vale a dire: occasioni o primi incontri che non inducono subito la tua mente a immaginare un film illusorio, in cui vengono proiettate avventure e chiacchierate che ci si aspetta di fare con una persona appena conosciuta che suscita in noi simpatia.

E a questo punto, un po' anche come provocazioni oltre che come domande di riflessione, vi chiedo: Quando è possibile un rapporto di amicizia tra due persone molto/troppo diverse? Che cosa, a vostro avviso, nei rapporti quotidiani può far finire un'amicizia?

Per ragionare partite dalla derivazione latina della parola diverso: "divergo, divergere", e quindi "dissimile, contrastante".
All'inizio del film, quelle di Driss e di Philippe sono delle personalità contrastanti, delle abitudini contrastanti, degli stili di vita contrastanti.
La parola "contrasto" non necessariamente deve sempre essere collegata al litigio.
Cioè, dipende dai contesti: a volte è un litigio, altre volte è sinonimo di "diversità stridente", che però può diventare motivo di fascino.
Per gli artisti: sapete meglio di me che cos'è il contrasto cromatico. Come se io accostassi all'interno di un dipinto il verde e il rosso, il primo colore freddo, il secondo colore caldo. A me sinceramente non fa schifo vederli accostati in un dipinto. Però la loro grande divergenza salta immediatamente all'occhio.
Dipende dai contesti considerare esteticamente bella la loro compresenza:  dipingere le mura interne di una cucina con righe verdi e rosse è un'idea degna di persone piuttosto grezze, dipingere una bandiera di rosso e verde invece è una buona idea, ci sta.
Ci sono dei casi in cui rosso e verde stanno molto bene insieme, me ne accorgo in questi giorni che sono spuntati anche i papaveri in mezzo ai campi: danno un po' di vivacità a tutto quel verde alimentato dalla pioggia.
E così è anche tra le persone: talvolta, come nel caso di Philippe e Driss, le divergenze evidenti che appaiono incolmabili possono in realtà essere attenuate dagli atteggiamenti o dalle situazioni.
Il contrasto è proprio sempre negativo? 
Io credo che, se vissuto con maturità ed equilibrio, possa portare alla nascita di un rapporto sincero e autentico. 
La schiettezza di Driss, seppure inizialmente venata anche da grossolanità e da ignoranza, convince Philippe ad assumerlo. 
La loro occasione di incontro è un colloquio di lavoro al quale Driss viene sottoposto.

Per quel che riguarda la seconda domanda, anche in questo caso potrei aiutarvi fornendovi alcune cause che possono minare anche un ottimo rapporto di affinità tra due persone: incapacità di accettare osservazioni, doppie facce, freddezza, incostanza.


Ad ogni modo, dicevo che Philippe, sin dall'inizio, intuisce e apprezza la schiettezza di Driss.
E, pur sapendo che è un ex-drogato con dei precedenti penali, decide di assumerlo come badante.
Nei primi tempi il giovane non si rivela proprio attento e serio: basti pensare quando di proposito versa sulle gambe di Philippe l'acqua bollente da thé e anche alla scena in cui, nel fargli la doccia, tutta la schiuma dello shampoo finisce sui piedi dell'assistito... e nonostante tutto ciò, Philippe ride sotto i baffi e al massimo, lo rimprovera bonariamente.

A me è piaciuta soprattutto la scena in cui loro due, in seguito a una piccola crisi respiratoria di Philippe e dopo una passeggiata notturna per Parigi, entrano in un locale aperto dove Philippe racconta a Driss il suo passato, piuttosto infelice non soltanto per il grave incidente subito che ha comportato la paralisi del suo corpo, ma anche per la perdita della moglie Elise: "il mio vero handicap non è la paralisi, è non avere più lei", dice a un certo punto.

Driss, nei confronti di Philippe si comporta molto meglio dei familiari di quest'ultimo: la figlia adolescente di Philippe è frivola, prepotente, incurante del padre. Però lo spettatore non se la sente di condannarla, dal momento che è una ragazza triste, oppressa dalla solitudine e dalla poca stima in se stessa, orfana di madre e con un padre infermo.
Il fratello di Philippe mi è sembrato un uomo freddo: quando lo incontra non gli chiede mai "come stai?" o "come ti senti?". Mai! Lo rimprovera, mettendolo in guardia da Driss: "Non ha nessuna pietà nei tuoi confronti! Non puoi far entrare chiunque in casa tua, soprattutto nel tuo stato."
E Philippe, molto calmo, gli risponde: "E' esattamente questo quello che voglio: nessuna pietà."

Se Philippe è molto bravo nel prendere con ironia il comportamento di Driss, quest'ultimo è dotato di un grande pregio, rispetto agli altri badanti: mai una volta che manifesti commiserazione per la paralisi o per le crisi notturne o per il dolore della perdita. Vale a dire che lo tratta da pari: l'approccio di relazione è esattamente quello che si può avere con una persona sana. Sostanzialmente, è di questo che Philippe ha bisogno.

Il finale è stupendo. E la colonna sonora è principalmente di Einaudi.
Però, come mai "quasi amici" e non "amici in perfetta sintonia"? Alla fine del film entrambi sanno comprendere bene l'uno lo stato d'animo dell'altro. Però, entrambi si rendono conto di non poter rimanere legati per tutta la vita. Il loro è un rapporto bellissimo, ma Driss è ancora molto giovane e per questo, secondo Philippe, merita di sperimentare altre opportunità di lavoro.

Quel che è magico in quest'opera cinematografica è che l'uno prende qualcosa dell'altro, come di per sé dovrebbe essere anche nei rapporti d'amore: Philippe inizia a dire qualche parolaccia e ad adottare degli atteggiamenti un pochino rudi nei confronti dei badanti neo-assunti che non gli piacciono, Driss invece esce "sgrezzato" dalla lussuosa villa di Philippe. Esce con un bel po' di cultura in più (ha imparato a capire l'arte contemporanea e a dare la definizione di un verso alessandrino!) e con la capacità di regolare e moderare certi comportamenti aggressivi.

Il Mereghetti, dizionario di critica cinematografica molto duro e molto "cattivo" nel dare voti e giudizi ai film, scrive a proposito di "Quasi amici":

"Tratto da una storia vera, quella dell'aristocratico Philippe Pozzo di Borgo, immobilizzato dopo un incidente di deltaplano, e del suo assistente magrebino Abdel, il film costruisce la sua riuscita sulla complicità che i due personaggi mettono in campo: non si scherza alle spalle ma in faccia, senza pietismi o condiscendenze, sottolineando l'impossibilità di Philippe di muoversi e le sue frustrazioni sessuali. I due registi (Omar Sy e Francois Cluzet), autori anche della sceneggiatura, dimostrano furbizia e senso dello spettacolo, ed è indubbio che si rida spesso e di una comicità pacificante e liberatoria. Driss porta un soffio di vita nell'esistenza di un uomo ricco e depresso."

Poi però, nonostante tutti questi apprezzamenti, che voto gli mette?! 5/10. Carogna! Illogico!
Come se io, nel correggere un tema di un alunno, gli scrivessi un commento del genere "Forma chiara e corretta, contenuti buoni e ben organizzati" accompagnato da un 5 e non da un 8.

Alcune settimane più tardi, ho proposto ai miei adolescenti uno spezzone dal cartone di Shrek 1.
Anche qui, Ciuchino e Shrek divengono magicamente amici, nonostante la profonda diversità di carattere, nonostante i modi profondamente diversi di approccio alla vita.



Per quasi tutto il film, è soltanto Ciuchino che ci tiene a instaurare l'amicizia con un orco burbero, chiuso e antipatico.
Però questo è un dialogo che funge da anticamera per la nascita di un buon rapporto tra di loro: Shrek confida a Ciuchino che cosa lo mette a disagio, Ciuchino gli fa da appoggio, essendo privo di pregiudizi.

Devo aver detto ai ragazzi una cosa di questo genere:
"I muri e le muraglie non sono positivi se servono a isolarsi dal mondo esterno o a dividere. Pensate alla storia, al muro di Berlino che ha separato fratelli, amanti e amici.
Se nei rapporti innalziamo dei muri verso l'altro, significa che in noi c'è timore di conoscere l'alterità e di rapportarsi. Il muro è chiusura e pregiudizio. Pregiudizio che spinge qualche vostro coetaneo a comportarsi in modo molto pesante verso qualcuno, in modo tale da renderlo vittima di bullismo. Prendere in giro qualcuno perché è diverso è segno di fragilità e di paura. Accoglierlo in gruppo e apprezzarne le qualità è un bene, un qualcosa che si dovrebbe sempre fare. Perché poi potrebbe succedere che un ragazzino della vostra età, visto che ha sofferto molto le derisioni, decida di chiudersi in se stesso. Fate in modo che questo non accada né nella vostra vita scolastica, né in futuro, quando proseguirete gli studi e andrete al lavoro."

Ed è con questo commento che concludo il post. Sperando che gli animati che mi leggono abbiano ben compreso il senso di quello che volevo trasmettere. Avendo subito del bullismo psicologico, sapevo bene quello che stavo dicendo.

Una precisazione importante: il video su Shrek era collegato anche al tema della fiducia, argomento che i miei coanimatori avevano sviluppato anche con dei giochi e con la proposta della lettura di un brano del Vangelo sul cieco nato che si reca nella piscina di Siloe e si lava gli occhi e così scopre di vederci, scopre che i suoi occhi sono in grado di dare forma e colori alle cose. Meraviglioso!!





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