17 febbraio 2019

"Con gli occhi chiusi", Federigo Tozzi.

Due mesi fa, approfittando del fatto che ormai avevo (ed ho ancora) quattro soldi messi da una parte, ho deciso di attuare un mio bel progetto: regalare a ciascuno dei miei familiari un libro per Natale. 
Ho scelto soprattutto dei romanzi del Novecento (Vittorini e Buzzati, più che altro). 
E mi sono fatta un regalo anch'io, acquistando questo romanzo di Federigo Tozzi.
Prima però devo fare una premessa, perché credo che per circa il 90% di voi lettori questo sia un autore sconosciuto.
Per un esame del 21 gennaio ho portato in bibliografia anche il manuale di Gino Tellini intitolato "Storia del romanzo italiano", nelle cui pagine Tozzi è considerato uno dei "tre grandi" della narrativa del Primo Novecento. 
I primi due mi auguro che li sappiate: Pirandello, siciliano, e Svevo, triestino.
Pirandello ha come principale filosofia romanzesca il concetto dell'identità indefinita e mutevole dell'individuo ("Il fu Mattia Pascal" e "Sei personaggi in cerca d'autore"). Svevo punta invece moltissimo sull'autoanalisi ("La coscienza di Zeno") e sull'inettitudine a vivere ("Una vita", "Senilità"). 
Tozzi è diverso da entrambi. Tozzi è autobiografico, ma la sua non è l'autobiografia di un Vasco Pratolini un po' malinconico ma comunque tenace e attento al valore delle relazioni e ai cambiamenti storici. Tozzi è definito "scrittore espressionista", dal momento che mette in luce i lati più brutti e più angosciosi sia della personalità umana sia dell'esistenza umana. La vita è male, la vita è tragedia. 
E' solo questo che egli comunica con i suoi romanzi non troppo conosciuti.
"Con gli occhi chiusi" è un libro che vede come protagonista Pietro Rosi, un ragazzo sfortunato, infelice, che non è amato da nessuno, nemmeno da quella porca con la quale avrebbe voluto sposarsi e piantare famiglia.
Tozzi è uno che sta molto male e fa star male i lettori. In Pietro Rosi proietta tutte le vicende agghiaccianti della sua  terribile vita.
La scrittura è un modo con cui egli "si sfoga", descrivendo tutti i drammi enormi vissuti da bambino e da ragazzino: un padre violento e arrogante, una madre fragile che gli muore proprio quando si trova nel pieno dell'adolescenza (a 15 anni), i suoi sentimenti d'amore non ricambiati e pesantemente derisi.

Prima di esporvi in modo sintetico la trama e alcune mie riflessioni, ci terrei molto a scrivervi la mia analisi del dipinto della copertina dell'edizione che ho acquistato io.

Girolamo Induno, "Triste presentimento", 1860, Milano, Pinacoteca di Brera
L'arredo della stanza è semplicissimo. Dai vetri della finestra entrano i raggi della luce del giorno. Al centro c'è un letto disfatto con una ragazza in vestaglia da notte. Il suo sguardo è malinconico, la sua bocca all'ingiù prelude al pianto. Tra le mani tiene un piccolo ritratto, probabilmente un mini-dipinto del fidanzato arruolato nell'esercito di Garibaldi. Dietro di lei infatti, in una nicchia rettangolare della parete, c'è il busto di Garibaldi.
Il pittore è vissuto proprio nell'epoca dei moti rivoluzionari del Risorgimento, nel periodo delle battaglie di conquiste di territori che ha preceduto la nascita del Regno d'Italia (17 marzo 1861).
Le ragazze e le donne, in quella fase storica così movimentata della nostra penisola, attendevano con angoscia il ritorno dei mariti, dei fratelli, dei padri e dei fidanzati. 
Le donne, quelle vere intendo, nei momenti in cui manca l'amore della loro vita, soffrono per davvero. La nostalgia punge, e fa sanguinare il cuore come se fosse la spina appuntita di una rosa.
E' abbastanza probabile quindi che la ragazza di quest'opera stia soffrendo per il motivo appena delineato.
Ha il triste presentimento che il suo amato non ritorni più dalla guerra.
Altri due dettagli interessanti: a sinistra, una sedia e un camino sulla quale e presso il quale ci sono degli indumenti i cui colori richiamano la bandiera italiana.
Sempre piuttosto a sinistra, è appeso un piccolo quadro. C'è la copia xilografica del "Bacio" di Hayez, ve ne siete accorti??! Immagine romantica, certo, sia nel senso culturale che in quello letterale del termine. E' un quadro nel quadro! Però è una xilografia antitetica con la situazione della ragazza protagonista...
Fidatevi di questa descrizione: ho cercato di verificarla via digitale e via tipografica, ed è tutto giusto. La mia intuizione coincide del tutto con le osservazioni dei critici.

TRAMA ROMANZO:

Non voglio "avvelenarvi" l'animo proprio la domenica sera, per cui, in questo paragrafo ho deciso di essere abbastanza breve. Anche perché la trama di quest'opera di Tozzi è piuttosto esile. Non ci sono intrecci di vicende e non ci sono flashback.
La storia è ambientata nel suggestivo panorama della Maremma toscana (attuale provincia di Siena).
Pietro Rosi è figlio di Domenico, proprietario di una fattoria e di una trattoria, e di Anna, donna vittima dei soprusi psicologici del marito.
Domenico, come accennavo sopra, è prepotente, è cattivo, è insensibile. Da una parte mi viene da dire:" è il figlio del demonio", visto che picchia in modo incivile il figlio, insulta, tradisce e umilia la moglie. Dall'altro mi viene da dire, senza rabbia e in maniera neutrale: "è povero".  E' povero di carità e d'amore. E' povero di sentimenti e di pensieri positivi. Questo non nel senso che "è un personaggio da giustificare o da compatire". E' un personaggio che ignora la bellezza di ciò che è vita, tutto qui.
Tutto ciò che sa fare è dire al figlio cose come: "Non vali niente", "Imbecille!", "Stupido!", "Solo io so quello che è meglio per te!" "Non combinerai mai niente nella vita"... e avanti così, per tutto il libro. Cioè, è pesante, veramente pesante. 
Dicevo che la madre del protagonista muore quando Pietro ha 15 anni. Egli, già così giovane, sente di provare sentimenti puri, sinceri e molto profondi verso Ghìsola, una contadina sua coetanea che vive con i nonni e che presta servizio alla famiglia Rosi.
Ma la ragazzina viene allontanata dai nonni e trasferita a Radda, nel paese dei genitori e delle sorelle.
Per allontanarsi dalle violenze di un padre padrone, l'adolescente Pietro decide di iscriversi ad un istituto tecnico di Firenze. E' uno studente mediocre, che risente molto del fatto di non essere benvoluto, di non avere certezze né sul presente né sul futuro.
Arrivano i 20 anni anche per Pietro. Dopo essere stato informato del fatto che anche Ghìsola è a Firenze, decide di incontrarla. Ancora non sa che, da quando non vive più nella fattoria dei Rosi, lei fa praticamente la "escort". Ghìsola odia la gente perché quest'ultima parla male di lei. E come non potrebbe farlo, aggiungo io? Quella vita si è prestata lei a farla, ma esistono mille altri modi più dignitosi per guadagnarsi il pane, brutta schifosa!
Insomma, Ghìsola è diventata l'amante di Alberto, un uomo maturo. Pietro, ignaro di tutto, coltiva progetti di matrimonio su di lei, le dichiara apertamente il suo amore, le invia lettere che lei legge al suo amante al solo scopo di deridere il sentimento del figlio del suo ex padrone e che strappa ridendo.
Per Pietro, Ghìsola nutre un profondo disprezzo. Però non vuole nemmeno essere sincera con il ragazzo, visto che per un periodo gli fa credere di essere corrisposto. In realtà, la tr**a mira soltanto ai soldi di Pietro. Cinica, gallina, bugiarda, sporca e ingannatrice. Come purtroppo lo sono diverse.
Io le prime 126 pagine le ho lette e poi, stanca di grosse miserie psicologiche e morali, sono passata decisamente a pagina 175, cioè all'ultima pagina, quando agli occhi di Pietro diviene evidente la gravidanza di Ghìsola, che continua a vendersi ad Alberto. Ed è proprio in quel momento che Pietro, aprendo gli occhi sull'effettiva realtà dei fatti, si rende conto che in un lampo svanisce tutto il suo grande amore idilliaco da sonetti petrarcheschi.
Come la ragazza del dipinto però, anche Pietro, prima della scoperta della gravidanza, ha qualche sospetto e presentimento sui veri sentimenti di Ghìsola.

Mi sono fatta un regalo che non mi è piaciuto. Quel che è peggio, quando ho preso quel libro dagli scaffali della Feltrinelli sapevo benissimo di che cosa parlava, perché l'avevo appunto già studiato per l'esame. Soltanto 10 giorni prima avevo detto: "Starò per sempre alla larga da Tozzi. E' troppo triste. Eviterò soprattutto l'opera Con gli occhi chiusi. Non appena la vedrò in qualche scaffale di librerie o di biblioteche, scapperò.". E invece, durante questo inverno, tra studiate, campo-scuola adolescenti e altre attività, ho letto proprio la sua vicenda di vita.
Perché hai speso 8 euro per un libro che volevi evitare di leggere? Non lo so nemmeno io. 
E pensare che proprio lì, accanto a Tozzi, c'erano Le città invisibili di Calvino, di genere fantastico.
Sono una laureata stupida di 23 anni. Sono una studiosa di italianistica alla quale a volte capita di comportarsi in modo strano e contraddittorio.

Di solito non svolgo le recensioni dei libri e dei film che non mi sono piaciuti. Stavolta l'ho fatto per un pretesto abbastanza chiaro.
Federigo Tozzi ha sofferto in modo indicibile. Parte dei miei adolescenti ha vissuto o vive ora dei momenti veramente molto difficili a proposito di problemi in famiglia. 
Non voglio dire che dedico questo post a loro. A loro dedico il mio approfondimento storico sugli antipodi.
Prendo spunto dai contenuti del romanzo di Tozzi per comunicare loro che VOI RAGAZZI NON SIETE SOLTANTO IL VOSTRO DOLORE E I VOSTRI DIFETTI. SIETE MOLTO, MOLTO DI PIÙ. SIETE ANCHE FATTI DI SOGNI, DI INTERESSI, DI SENTIMENTI, DI PENSIERI, DI GIOIE.
IO VI RISPETTO, PER QUESTO NON VI DIRÒ MAI CHE IL VOSTRO MALE INTERIORE E' UNA SORTA DI ESCREMENTO DA DEPOSITARE SU UN FOGLIETTO DI CARTA PER POI ATTACCARSELO SULLA MAGLIA. 

Ricordatevi quel che vi ho detto la sera del 25 gennaio. In sintesi: SIETE UNICI./ CON LA PASSIONE VERSO QUALCOSA CHE VALORIZZA I VOSTRI TALENTI, VOI "RIUSCIRETE A SCALARE LE MONTAGNE."/ EVITATE MEDIOCRITÀ E CONFORMISMO. AVETE TUTTI QUANTI UN'INTERIORITA' UNICA DA FAR FRUTTARE.


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