22 dicembre 2019

Virgilio, "Ecloga IV":

Come promesso, vi propongo la lettura di alcune parti di questo componimento in versi di Virgilio.
Le traduzioni e l'analisi del lessico e delle espressioni linguistiche sono mie, i commenti degli illustri studiosi citati li ho presi invece da alcuni libri di testo che ho a casa.
A voi starà eventualmente stabilire collegamenti con passi biblici (sia dell'Antico che del Nuovo Testamento) o analogie con l'annuncio della venuta di Cristo nel mondo.
E... vi accorgerete che quei periodi accademici in cui studiavo anche per 9-10 ore al giorno mi sono serviti a cogliere i diversi legami che intercorrono fra  greco e latino.

Ecloga IV, vv. 1-7:

Sicelides Musae, paulo maiora canamus;
non omnis arbusta iuvant humilesque myricae:
si canimus silvas, silvae sint consule dignae.
Ultima Cymaei venit iam carminis aetas;
5
                magnus ab integro saeculorum nascitur ordo;

iam redit et Virgo, redeunt Saturnia regna;
iam nova progenies caelo demittitur alto.

Muse di Sicilia, miglioriamo lo stile,
non a tutti sono graditi gli alberelli e le umili tamerici:
se cantiamo le selve, siano le selve degne del console.
Giunge ormai l'ultimo tempo della predizione di Cuma;
nasce di nuovo il grande ordine dei secoli,
già ritorna la Vergine, ritorna il regno di Saturno,
già una nuova progenie discende dall'alto cielo.

Quel paulo maiora canamus, letteralmente sarebbe stato: "cantiamo un po' meglio". Il  verbo latino cano (cecini al perfetto), racchiude principalmente due significati: cantare e celebrare in versi. Il suo corrispondente in greco antico è  ᾄδω (àdo). Richiamo l'inizio dell'Iliade: Μῆνιν ἄειδε θεὰ (canta, o dea, l'ira... di Achille Pelìde).
Le myricae sono le tamerici, piccole piantine che indicano, sia il Virgilio che in Pascoli, una poesia umile e semplice.

In questo contesto, il sostantivo carmen, carminis significa "predizione" e non "poesia".
Chiarisco "la predizione di Cuma": nell'antichità, gli oracoli della Sibilla cumana predicevano il ritorno ciclico dell'epoca aurea, dopo la serie delle successive epoche (argento, ferro, bronzo).
Un ultimo appunto su progenies: questo è un sostantivo profondamente legato al greco antico. E' un calco dell'area lessicale greca: γένος (ghènos, stirpe), γίγνομαι (ghìghnomai, nascere), γένεσις (ghènesis, creazione, origine, da cui il titolo di uno dei libri dell'Antico Testamento "Genesi").
Piccola precisazione per chi non ha mai conosciuto quella temutissima bestia denominata greco antico: la γ (gàmma) ha sempre un suono duro, come la "g" di ghìro, per capirci.
Ecloga IV, vv.8-17:
Tu modo nascenti puero, quo ferrea primum
desinet ac toto surget gens aurea mundo,
    10
         casta, fave, Lucina: tuus iam regnat Apollo.

Teque adeo decus hoc aevi, te consule, inibit,
Pollio, et incipient magni procedere menses
te duce, si qua manent, sceleris vestigia nostri
inrita perpetua solvent formidine terras.
15
             Ille deum vitam accipiet divisque videbit


permixtos heroas et ipse videbitur illis
pacatumque reget patriis virtutibus orbem.

Tu, pura Lucina, sostieni intanto 
il bambino che nasce,
a causa del quale per la prima volta 
finirà la generazione armata e crescerà         
in tutto il mondo  una generazione aurea: 
governa ora il tuo Apollo.
E tu, Console Pollione, 
di quest'epoca godrai la gloria, 
e inizieranno a trascorrere splendidi mesi,
sotto la tua guida, 
se resta traccia dei nostri delitti, 
questa sarà vanificata e scioglierà la terra dal continuo timore.
Egli riceverà vita divina, 
vedrà gli eroi mescolati agli dei, 
egli stesso sarà visto da essi, e reggerà 
il placido mondo  con le virtù paterne.

Lucina non è la madre del bambino ma, secondo la tradizione romana, è un appellativo di Diana, dea protettrice delle partorienti.  
Fave è un imperativo da faveo, verbo che, accompagnato da un sostantivo in dativo, assume il significato di "sostenere".
Aevi deriva da "aevus", tempo, epoca storica. "Medio-evo", letteralmente, è "l'età di mezzo". E, nella storia dell'umanità, vi sono due "medioevi" (uno conosciuto da tutti, l'altro invece poco ricordato): uno è proprio il Medioevo  che inizia dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, l'altro invece è il Medioevo ellenico, periodo della storia greca compreso fra il 1200 a.C e '800 a.C, ritenuto un'epoca buia (dark age) dal momento che, una volta decaduta la civiltà micenea, le regioni della penisola greca subiscono, in questi 4 secoli, le invasioni di alcuni popoli, come i Dori. 
In latino c'è anche un altro sostantivo che indica il tempo, più vicino all'italiano: è tempus, temporis, riferito però più al momento, all'ora del giorno, alla stagione. Richiamo qui l'espressione "ad id tempus", "fino a quel momento".

Anche il greco è dotato di due sostantivi finalizzati ad indicare il tempo: uno è  χρόνος (crònos, tempo storico, cronologico), l'altro è ὥρα (òra, momento, stagione).
Qui compare per la prima volta in maniera esplicita il nome del destinatario di questo componimento: è il console Pollione, che sta per diventare padre.
Ma... che cos'è quel "delitto" (scelus, sceleris) di cui si parla? 
In età augustea, iniziava a diffondersi l'idea di una colpa originaria dei Romani, riconducibile al fratricidio di Romolo, celeberrimo personaggio leggendario.

Ecloga IV, vv. 22-30:
Ipsa tibi blandos fundent cunabula flores:
occidet et serpens, et fallax herba veneni
25occidet; Assyrium volgo nascetur Amomum.
At simul heroum laudes et facta parentis
iam legere et quae sit poteris cognoscere virtus,
molli paulatim flavescet campus arista
incultisque rubens pendebit sentibus uva,
30et durae quercus sudabunt roscida mella.

Per te soavi fiori metterà la culla,
moriranno le serpi, morirà l'erba ingannatrice e velenosa,
nascerà ovunque l'assiro Amomo.
Ma non appena potrai leggere le lodi degli eroi e le gesta degli antenati,
e potrai conoscere che cos'è la virtù,
la campagna a poco a poco biondeggerà di morbido frumento, 
l'uva penderà matura da spineti incolti e le querce stilleranno 
miele di rugiada.

L'Amomo era una pianta aromatica orientale, dalla quale venivano tratti degli unguenti salutari e preziosi.
Occido, che vi ricorderà sicuramente la parola italiana occidente e il punto cardinale ovest, significa sia morire, come in questo contesto, che tramontare. 

Un po' di attenzione merita anche il lessico agrario: campus significa qui "campagna". Nel latino letterario di età repubblicana (periodo di Cesare e Cicerone) troviamo molto più frequentemente ager, da cui il nostro "agrario". Anche ager sembrerebbe un calco semantico proveniente dal greco ἀγρός (agròs, campo da coltivare).
Mi piace inoltre molto l'immagine delle querce che stillano miele di rugiada. L'aggettivo roscida (=rugiadoso, umido), richiama a ros, roris (=rugiada).

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La parte più affascinante dell'ecloga è fatta; e i primi 30 versi sono quelli che recano le immagini più suggestive. I versi totali però sono 63, per cui vi faccio vedere come termina:

Ecloga IV, vv-60-63:
Incipe, parve puer, risu cognoscere matrem,
matri longa decem tulerunt fastidia menses.
Incipe, parve puer: qui non risere parentes,
nec deus hunc mensa, dea nec dignata cubilist.

Inizia, piccolo bambino, a conoscere il sorriso della madre,
lunghi dolori portarono alla madre dieci mesi.
Inizia, piccolo bambino: a colui il quale i genitori non sorrisero
un dio non concede la mensa, né una dea l'amoroso giaciglio.

Incipe, altro imperativo, ricorda quella parola che ancora oggi è sinonimo di inizio: incipit.
Poi c'è anche cognosco, conoscere. Il suo esatto contrario è ignosco, ignorare. In greco c'è γιγνώσκω (=ghìghnòsco).
Il poeta alla fine invita il neonato ad essere riconoscente verso sua madre, dal momento che lo ha cresciuto dentro di sé per quasi un anno (l'ideale di una gravidanza sono 9 mesi).
C'è una sentenza che conclude l'Ecloga: il sorriso dei genitori indica il riconoscimento del neonato, per cui, coloro ai quali i genitori non offrirono un sorriso, non sono stati ritenuti degni dagli dei né degni della propria mensa né degni di godere di una compagna di natura divina.

A) COMMENTO DI SEBASTIANO SAGLIMBENI:
Le erbe maligne dovranno morire e, con queste, le tante male occasioni dell'esistenza, si evince dalla IV ecloga, testo per cui Virgilio aveva chiesto alle Muse siciliane un'ispirazione particolare, elevata. Qui non fanciulli che scelgono le gemme della vita vegetale, ma un solo fanciullo che dovrà iniziare una nuova epoca, diversa dalle precedenti confuse e tragiche: e felicità, giustizia, abbondanza dalla terra per l'umanità... Fra le diverse interpretazioni sull'aspetto simbolico che contiene il testo vi è quella che vede in quel puer il futuro Messia. E Virgilio così si ritenne un vate che avrebbe preannunciato la venuta di Cristo. Va detto, a parte questi contenuti, che il testo affascina soprattutto quando si leggono le cose della terra: animali, piante, alberi, come le querce dure che "manderanno miele".
Giotto, "Natività", Cappella degli Scrovegni, Padova

B) COMMENTO DI GIOVANNA GARBARINO:
In questo carme programmaticamente più impegnativo dei precedenti, dedicato ad Asinio Pollione console, il carattere bucolico è limitato all'introduzione (...). La speranza del ristabilimento della pace è presentata dal poeta sotto forma di profezia, con riferimento a credenze di varia origine (orfismo e pitagorismo, oracoli sibillini, religioni orientali) che promettevano un'imminente rigenerazione dell'umanità, reintegrata nella condizione primitiva dell'età dell'oro da cui era decaduta. Il fatto che tale rinnovamento sia legato all'avvento di un bambino, una sorta di "divino fanciullo salvatore", diede spunto, nei primi secoli del Cristianesimo e poi nel Medioevo, a un'interpretazione del testo per cui a Virgilio fu attribuito il preannuncio del Messia cristiano. In aggiunta, gli fu tributato il merito di aver fornito a molti pagani, con quest'ecloga, stimolo alla conversione nella fede cristiana.


Mille strade percorriamo quante sono le città 
e da soli noi pensiamo di trovar felicità
ma la stella chiama tutti noi e insieme camminare ci fa
per l'incontro con quel bimbo che attira l'umanità!


Grazie ancora, caro Don Marco, per la tua energia, il tuo entusiasmo, la tua passione educativa... ti ho incontrato soltanto in quel sabato d'Avvento di undici anni fa, in quell'incontro dedicato alle terze medie... Grazie, Don Marco, ti porterò sempre nel cuore.

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