21 agosto 2020

"Il silenzio del mare", Vercors:

RACCOMANDAZIONE IMPORTANTE A INIZIO POST:

Chi mi conosce sa che mio zio Attilio ha fatto un incidente cadendo dalla bicicletta e quindi sa che questa per me e per la mia famiglia non è stata una settimana facile, anzi... E' stata la settimana delle preoccupazioni, dei pianti e del terrore, non della paura, ma del TERRORE DI POTER PERDERE UNA PERSONA CHE IN REALTA' PER ME E' PIU' DI UNO ZIO. E' anche un secondo padre, uno dei migliori amici che io abbia mai avuto finora. Mio zio è per me una buona spalla alla quale potermi affidare.

Non vi permettete di dirci che "non si è fatto niente" o "non gli è successo niente". Eh certo, è stato trasportato in ospedale con l'elicottero, ha entrambe le braccia fasciate, ha avuto un piccolo trauma cranico ma chi se ne frega d'altra parte... ma come vi permettete... Non avete rispetto né tatto, neanche per noi famiglia! Per voi è stato ed è soltanto un semplice prete, MA RICORDATEVI CHE DON ATTILIO E' ANCHE UN FIGLIO, UN FRATELLO, UNO ZIO. 

Non bisogna mai minimizzare un incidente.

BIOGRAFIA DELL'AUTORE:

Vercors è lo pseudonimo di Jean Bruller, nato a Parigi nel 1902.

Bruller, dopo aver conseguito il diploma di ingegnere elettrico senza particolare entusiasmo, aveva deciso di assecondare la sua passione di disegnatore e di illustratore di libri per bambini.

Il silenzio del mare è il suo primo romanzetto in prosa, scritto nel 1941 e dapprima stampato in francese in 350 copie. Una di queste 350 era andata a Charles De Gaulle che, entusiasta dell'opera, aveva proposto alle case editrici del Regno Unito di diffonderla a Londra e dintorni in traduzione inglese. De Gaulle riteneva infatti che i contenuti di questo libro potessero motivare maggiormente soldati e ufficiali inglesi in un periodo di guerre, bombardamenti e difficoltà.

Nel '45, Il silenzio del mare è stato tradotto anche in tedesco, in italiano dalla Ginzburg e in spagnolo.

Vercors aveva fondato l'Edition de Minuit, casa editrice che, negli anni del secondo conflitto mondiale, si era occupata di diffondere clandestinamente dei libri e dei racconti sull'esperienza della Resistenza dei partigiani francesi al nazismo opprimente.

COORDINATE STORICHE:

Prima di enunciare la trama è opportuno richiamare alla mente la situazione della Francia all'inizio degli anni '40.


Sapete che il 1 settembre del '39 gli eserciti hitleriani avevano iniziato quella che voleva essere una conquista dell'Europa invadendo la Polonia. Alcuni mesi dopo, i tedeschi avevano invaso la Francia. E' proprio nel maggio-giugno del 1940 che si colloca la "campagna di Francia", durante la quale i nazisti avevano avuto l'occasione di occupare anche Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi. Parigi era stata invasa il 10 giugno e si era arresa quindici giorni dopo. 

Sconfitta nel giro di pochi giorni e in quel momento priva di energie e di risorse militari efficaci per poter contrastare i tedeschi, la Francia era stata suddivisa in due parti: a sud del paese c'era il governo collaborazionista di Vichy e a nord invece erano state costruite una serie di fortificazioni per impedire gli sbarchi degli Alleati. La Francia è rimasta divisa e occupata per 4 anni, fino all'estate del '44 con lo sbarco di Normandia.

CONTENUTI:

Siamo in Francia durante l'occupazione tedesca. Due francesi (la voce narrante e sua nipote) si trovano improvvisamente costretti ad ospitare in casa loro Werner Von Ebrennac, ufficiale nazista.



Zio e nipote non rivolgono mai la parola all'ufficiale che nella loro lingua, ogni sera e per circa sei mesi, si trova a pronunciare davanti al caminetto dei soliloqui culturali su Bach, su Mozart, sulla bellezza della Francia e sulla bravura di poeti, romanzieri e filosofi francesi. Prima della guerra, Von Ebrennac era un musicista. Devo dire che è uno strano hitleriano, dal momento che sogna che un giorno Francia e Germania possano fondersi:

-(...) Pure non mi rammarico di questa guerra. No. Credo ne nasceranno grandi cose... 

Si raddrizzò, trasse le mani dalle tasche e le tenne a mezzo levate:

-Perdonatemi: forse vi ho offeso. Ma quel che dicevo lo penso con sincerità di cuore: lo penso per amore verso la Francia. Ne nasceranno grandi cose per la Germania e per la Francia. Penso, dopo mio padre, che sull'Europa risplenderà il sole.

(pp.16-17 dell'Edizione Einaudi)

Questa sua idea verrà in seguito a cozzare con la dura realtà. D'altra parte, le intenzioni di Hitler erano le conquiste e le sottomissioni politiche, non il sincretismo (=fusione) culturale e sociale!

Molti dei suoi discorsi politici hanno però un duplice senso, dal momento che l'ufficiale è innamorato della nipote del narratore:

- (...) E davvero, io so bene che i miei amici e il nostro Führer hanno le idee più grandi e più nobili. Ma so anche che strapperebbero le zampe ai moscerini, una dopo l'altra. E' quel che accade ai tedeschi quando sono molto soli: riaffiora sempre. E chi più "solo" degli uomini di uno stesso Partito, quando siano al potere? Per fortuna adesso non sono più soli, la Francia li guarirà. E vi dirò: lo sanno. Sanno che la Francia insegnerà loro ad essere degli uomini veramente grandi e puri.

Si diresse verso la porta. Disse con voce repressa, come a se stesso: 

-Ma per questo occorre l'amore.

Tenne un momento la porta aperta; girando il volto di sopra la spalla, guardava la nuca di mia  nipote china sul lavoro, la nuca fragile e pallida, da cui i capelli salivano in volute di mogano scuro.

Soggiunse, con un tono di risoluzione calma:

-Un amore corrisposto.

(pp.30-31 dell'Edizione Einaudi)

Quando dice: Ma so anche che strapperebbero le zampe ai moscerini, una dopo l'altra, Von Ebrennac si riferisce di nuovo a un'episodio di vita prima dell'inizio della guerra, quando aveva conosciuto una ragazza della sua cittadina d'origine che tutti i concittadini ritenevano bella e dolce. Per un po' di tempo, Werner e lei si erano frequentati ma, nel giorno in cui voleva chiederle di sposarlo, durante una sosta in un boschetto, la ragazza ad un tratto si era accorta di un piccolo insetto che camminava sulla sua pelle. Oltremodo irritata, aveva iniziato a inveire contro l'insetto e a ucciderlo strappandogli le zampe. Questo era bastato per un "disinnamoramento" da parte di Werner.

TITOLO DEL ROMANZETTO:

Il valore del titolo è metaforico. Se il sostantivo "silenzio" è riferito al rifiuto di collaborare con il nemico, il "mare" penso che alluda alla tenacia, all'orgoglio e alla forza interiore di una parte dei francesi, in apparenza calmi e passivi di fronte all'invasione tedesca.

RIFERIMENTO ALLA FAVOLA "LA BELLA E LA BESTIA":

A me è piaciuta molto questa storia. La si potrebbe proporre come lettura ai ragazzi delle scuole secondarie perché, come Il bambino con il pigiama a righe, insegnerebbe a dei giovanissimi lettori non soltanto a non demonizzare oppressori e nemici reali della storia, ma anche a far comprendere che in una guerra non ci sono veramente dei vincitori e dei vinti... Cioè, dal punto di vista militare sì ma dal punto di vista umano... vincitori o vinti che siano, quei popoli che hanno partecipato alla guerra sono sofferenti a causa di perdite di vite umane, di beni preziosi, di ideali traditi, di esistenze sconvolte il giorno e la notte da attacchi e bombardamenti...

Guerra significa precarietà assoluta. Guerra significa non sapere mai se fra mezz'ora casa tua sarà ancora in piedi e se tu sarai ancora vivo il giorno dopo.

- (...) Non so se il titolo sia lo stesso nell'uno e nell'altro paese. Da noi si chiama Das Tier und die Schöne, La Bella e la Bestia. Povera Bella! La Bestia la tiene in suo potere, impotente e prigioniera, le impone ad ogni ora del giorno la sua implacabile e greve presenza... La Bella è superba, dignitosa... si è fatta dura... Ma la Bestia è meglio di quel che non sembri. Oh, certo non è molto dirozzata! E' sgraziata, brutale, appare ben zotica accanto alla Bella così fine... Ma ha cuore, sì, ha un'anima che aspira ad elevarsi. Se la Bella volesse!... La Bella ci mette molto tempo a volere. Tuttavia, a poco a poco, scopre nel fondo degli occhi dell'odiato carceriere una luce, un barlume in cui si può leggere la preghiera e l'amore. Ella sente meno la zampa pesante, sente meno le catene della prigione... Cessa di odiare, quella costanza la commuove, ella tende la mano... Di colpo la Bestia si trasforma, il sortilegio che la costringeva in quel barbaro pelame è svanito: essa è ora un cavaliere assai bello e assai puro, delicato e coltivato, che ogni bacio della Bella adorna di pregi sempre più smaglianti... La loro unione origina una felicità sublime. I loro figli, che sommano e fondono in sé i doni dei genitori, sono i più belli che abbia portato la terra... Non vi piaceva questa fiaba?  A me piaceva sempre tanto. La rileggevo di continuo. Mi faceva piangere. Amavo soprattutto la Bestia, perché capivo la sua sofferenza...

Ammetto che c'è del contenuto edificante, ma non è mai stata questa la mia fiaba preferita. Già da bambina ero una lettrice. Ai tempi delle elementari, quando mia zia tornava da alcuni viaggi mi portava spesso qualche raccolta di fiabe perché sapeva che mi affascinavano e che le leggevo e le rileggevo immedesimandomi nelle protagoniste e nei personaggi femminili. Chiudevo gli occhi e mi pareva di vedere ambienti, palazzi, castelli, boschi, taverne, sale da ballo.

La fiaba (o forse è più corretto chiamarla "favola") che mi coinvolgeva di più dal punto di vista emotivo era Il brutto anatroccolo di Andersen, perché già intorno ai 7-8 anni la interpretavo come se fosse una storia "tarata su di me". Mi dicevo: "se avrò una vita difficile fatta di disprezzo, emarginazione e solitudine, verrà prima o poi anche un giorno in cui qualcuno mi vedrà come un bel cigno da amare e da rispettare e non come un brutto anatroccolo".

Da bambina mi faceva paura l'idea di non essere compresa dagli altri. Però è anche vero che è impossibile piacere a tutti.

Incomprensioni con amiche e compagne ne ho avute parecchie. Quelle relazioni di amicizia precarie e non durature le ho sperimentate e a quanto pare non sono l'unica della mia età. Però del tutto sola non lo sono mai stata. E vi dirò di più: ce l'ho fatta, a trovare una compagnia di persone che mi rispettano e che mi capiscono. Penso sia il gruppo giusto. Ce l'ho fatta, in tempo di pandemia, quando meno me lo aspettavo, proprio quando ormai ero quasi convinta che non ci fosse nessuno "veramente a posto con la testa" tra la gente della mia età. 

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*Un'ultima cosa prima di chiudere il post: i tedeschi... i tedeschi non sono stati soltanto dei nazisti. Dal punto di vista filosofico e musicale hanno dato all'Europa e al mondo grandi contributi. E' anche un popolo di sentimentali. Non per nulla hanno avuto Goethe in letteratura. Mi ricordo bene dei Dolori del giovane Werther... Da adolescente ci avevo riflettuto molto, ora, a distanza di alcuni anni, quando ripenso a certi brani tratti da quel romanzo, quasi quasi rido... Cioè, è più o meno come l'Ortis di Foscolo. In ogni caso il mio insegnante di italiano del triennio aveva ragione: sia Jacopo che Werther sono più innamorati del sentimento che non delle rispettive donne. Del sentimento di passionalità tormentata e angosciante più che di amore vero, aggiungo io. Amano l'idea idilliaca e sovrumana che si sono fatti rispettivamente di Charlotte e di Teresa. Sia chiaro: non sono diventata fredda e insensibile, sono diventata adulta. 

Non credo nelle idealizzazioni paradisiache delle persone amate, non credo in un romanticismo troppo esasperato; forse non ci ho mai creduto, nemmeno quando scrivevo poesie immaginando un ragazzo perfetto e ideale. Un amore forte può anche essere pacato e se è pacato è probabilmente segno non di freddezza ma del fatto che con una persona ci si trova in perfetta armonia e serenità.

Credo nella sintonia, nel sostegno reciproco, negli attimi in cui ci si osserva e ci sorride serenamente a volte senza bisogno di parole.

E poi... vogliamo parlare dei tragici finali dell'Ortis e di Werther? Se qualcuno/qualcuna non ti ricambia... non ti suicidi. Magari ci piangi sopra per un pochino, poi respiri profondamente, stringi i pugni, la tua vita continua e... capiterà qualcun altro/altra!



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