26 febbraio 2021

Le fasi pittoriche nell'opera di Piet Mondrian:

Forse ad alcuni miei coetanei il nome di Piet Mondrian ricorda qualcosa che in quinta liceo è stato studiato con rapidità. Questo post, fatto soprattutto di dipinti, intende illustrare le fasi pittoriche attraversate da questo artista olandese attivo nella prima metà del Novecento.

Le sue opere e il suo modo di concepire la pittura possono risultare strane, anomale, particolari. Ma, almeno a mio avviso, vale la pena conoscerlo. 

ALCUNE NOTIZIE BIOGRAFICHE:

Piet Mondrian nasce nel 1872 ad Amersfoot (cittadina nei pressi di Utrecht) nei Paesi Bassi. E' figlio di un  disegnatore rigidamente calvinista.

Nel 1889 Piet, una volta portati a termine gli studi, inizia a lavorare come insegnante di disegno prima presso le scuole elementari, poi presso le secondarie di primo grado. 

Lo stile pittorico di Mondrian non può essere collocato in una precisa corrente artistica: sebbene abbia incontrato nei suoi viaggi mittel-europei dei pittori cubisti, tardo impressionisti e simbolisti, questo pittore non ha tuttavia abbracciato gli stili degli altri. 

Il soggetto più frequente della sua prima fase pittorica è l'albero.


A) IL SOGGETTO DELL'ALBERO:

Introduco questa parte A) del post attraverso una fotografia scattata venerdì scorso.


...Provate a indovinare sotto quale comune del veronese si trova questo piccolo albero spoglio. 
Vi do quattro opzioni:

A) Bardolino
B) Cisano
C) Pacengo
D) Castelletto di Brenzone

Venerdì pomeriggio scorso ho camminato con mio zio Attilio lungo le sponde del lago della nostra provincia. Era una giornata decisamente fresca, poco limpida (decisamente diversa da quella di oggi!) Il sole era ben coperto: sembrava dormisse sotto una coltre di nubi. 
Ero rimasta piuttosto colpita da questo albero spoglio e non troppo alto le cui radici si trovano sotto quel gruppo di rocce di pietra che vedete.
Questo albero mi ha ricordato i dipinti di Mondrian che hanno come soggetto un albero.

A1) ALBERO ROSSO, 1908:


E' sicuramente un dipinto caratterizzato dalla bidimensionalità. 
I colori predominanti qui sono il rosso e il blu, un blu lattiginoso che, secondo il critico d'arte Renato Barilli, non ha soltanto la funzione di riempire uno spazio del dipinto ma sembra quasi che eserciti una pressione sulla chioma ondulata del melo.

Sembra che il tronco dell'albero sia inclinato verso destra, mentre alcune punte dei rami tendono verso l'alto e altre invece verso il suolo.

Il tronco del melo appare nodoso e ruvido e i rami nudi e spogli, senza fiori, foglie o frutti.

A2) ALBERO BLU, 1909:


E' un albero diverso dal quello dell'anno precedente. 

Qui non predominano il blu e il rosso ma il celeste, il nero e l'ocra. Sia il tronco che i rami sono di colore nero, contornati di ocra. 

L'artista ha qui utilizzato veri tipi di pennellata: sinuosa nella realizzazione dei rami, larga per lo sfondo del cielo e rapida per le linee in basso che possono rinviare ad un prato o a un campo.

A3) ALBERO GRIGIO, 1911:


La forma dell'albero si sta dissolvendo nello spazio color grigio madreperla. 
I rami della pianta sono costituiti da linee e archi che sembrano frantumare lo spazio.

Qui un pochino si avverte l'influenza cubista: anche i pittori cubisti scomponevano nello spazio gli oggetti che raffiguravano.

A4) MELO IN FIORE, 1912:


Qui l'albero è definitivamente scomposto: il disegno del tronco e dei rami non esiste più, anzi: i rami sono curve nere che occupano lo sfondo e le tonalità di ocra e di verde al centro sembrano sostituire la forma del tronco.

(Risposta esatta: l'albero è sulla riva di Pacengo).

B) IL PERIODO DELLA GRANDE GUERRA E LE PRIME COMPOSIZIONI:

Piet Mondrian trascorre tre anni a Parigi (1911-1914). Nell'estate del 1914, con l'inizio della guerra, ritorna in Olanda. Assiste il padre infermo ad Amsterdam. 

Gli anni della guerra rappresentano un periodo di svolta per il suo percorso artistico: Mondrian si allontana dai soggetti desunti dalla realtà naturale (l'albero per l'appunto) per avvicinarsi a linee (curve, geometriche, diritte) e a soggetti più astratti e più vicini al mondo geometrico.

B1) LE COMPOSIZIONI OVALI, autunno 1914:


Il tema dell'albero viene definitivamente liquidato! 

Al suo posto, come ad esempio qui, troviamo soprattutto linee e colori racchiusi in un ovale. I colori predominanti sono il rosa e l'azzurro.

Vorrei ora spendere alcune parole sulla forma dell'uovo e i suoi significati.

Molti antichi miti che riguardano la creazione del mondo immaginano che l'Universo si sia originato da un uovo, cellula primordiale che sarebbe stata precedente a qualsiasi differenziazione.

Nel misticismo cristiano, espressione della natura divina di Cristo e simbolo della Sua Risurrezione.
Penso alla Pala di Brera, opera di Piero della Francesca: qui si vede pendere da un soffitto un uovo appeso alla sommità di una conchiglia scolpita dentro un'arcata semicircolare. Notate che l'uovo è appeso sopra il capo della Madonna (il cui volto, tra l'altro, è di forma ovoidale) e rimanda alla Sua immacolata concezione e alla sua natura di madre di Gesù.


C) L'ASTRATTISMO GEOMETRICO:

E' la fase più conosciuta di questo pittore, è la sua ultima fase, dal momento che Mondrian è morto nel 1944. 

Questa dell'astrattismo è un'idea che Mondrian mette in pratica dal 1917, ovvero, da quando ha incontrato l'artista Van Der Leck, con il quale ha fondato la rivista De Stijl, giornale di tipo culturale pittorico e architettonico.

C1) COMPOSIZIONE CON ROSSO, GIALLO E BLU, 1942:


Oltre ai ben noti colori primari (giallo, rosso e blu) qui si trova anche il bianco. 
Tutti i colori vengono incasellati all'interno di linee nere che formano quadrati e rettangoli.

C2) BROADWAY IN BOOGIE WOOGIE, 1943 circa:



Qui le linee dei rettangoli e dei quadrati sono luminose. Ricordano quasi quasi i mosaici. Non ci sono neri o grigi, anzi, è molto presente un giallo luminoso che si alterna a rettangoli e a quadrati, piccoli e grandi, colorati di blu e di rosso. 

E' così che Mondrian ha voluto rappresentare il vivace ritmo del ballo del Boogie-Woogie. 
Il Boogie-Woogie è uno stile musicale ballabile derivato dal blues per pianoforte. Andava particolarmente di moda negli anni '30 e '40.

Gli ultimi anni della sua vita il pittore li ha trascorsi negli Stati Uniti a New York.




21 febbraio 2021

"Will Hunting, genio ribelle" un film sulla gioventù:

Questo post arriva con un leggero ritardo. In effetti è rarissimo, soprattutto in questi ultimi tre anni, che io non riesca a rispettare la frequenza settimanale dei post. Questa settimana psicologicamente non me la sono sentita. D'altronde come vi sentireste voi se venisse fatto del male, in qualunque modo, ad una persona che vi sta a cuore?

Recentemente su youtube ho trovato alcuni spezzoni di questo film e, dal momento che queste brevi scene mi avevano incuriosita, ho deciso di noleggiarlo. 

Propongo qui una recensione di questo film perché le potenzialità, il vissuto drammatico, il carattere difficile e maleducato del giovane protagonista dovrebbero farci riflettere sulla seria emergenza sociale giovanile che si è particolarmente accentuata in questo periodo di pandemia. 


1. CONTENUTI GENERALI DEL FILM:

Stati Uniti, Boston. 

Quotidianamente, Will Hunting, ragazzo povero residente in una squallida periferia, fa le pulizie alla Massachussets Institute of Tecnology (MIT). 

Nel tempo libero frequenta coetanei sbandati, grezzi, violenti e teppisti. Will, bisogna ammetterlo, è un "selvaggio" come loro. 

Eppure è molto dotato in matematica: pur non frequentando mai le lezioni presso l'Ateneo nel quale lavora come uomo delle pulizie, riesce a risolvere, su una lavagna verde appesa ad una parete del corridoio, un teorema molto complesso che il professor Jerry Lambeau aveva proposto ai suoi allievi.

Un giorno, Jerry sorprende il ragazzo alle prese con la risoluzione di altre formule matematiche scritte sulla lavagna e si accorge del suo grande talento. 

Ma molto presto, nel conoscerlo e nel frequentarlo, comprende che il giovane è molto aggressivo, incurante delle regole della buona educazione, provocatore, sempre sulle difensive. 

In seguito ad un episodio di pestaggio di strada di cui è la causa, Will viene arrestato dalla polizia e un giudice, visti degli altri piccoli precedenti penali e vista la giovane età (Will non ha nemmeno 21 anni) decide di fargli fare obbligatoriamente alcune sedute di psichiatria.

Da dove deriva l'atteggiamento da bullo di Will?

Sostanzialmente, da un passato davvero traumatico, caratterizzato da violenze e abusi sia nella sua famiglia di origine sia nelle famiglie alle quali era stato affidato prima di raggiungere la maggiore età. 


2. "HAI CULTURA MA NON HAI ESPERIENZA DI VITA", IL BENEFICO INCONTRO TRA WILL E SEAN:

Certamente, il vero talento di Will è la matematica, ma questo ragazzo sa molto anche di storia americana, di chimica, di letteratura inglese, di arte italiana ed europea. Sean Maguire, ottimo psichiatra, intuisce immediatamente la vasta cultura del protagonista di questa storia.

Sean è empatico, sensibile, diviene pian pianino la figura paterna che Will non ha mai avuto. Tuttavia, è un uomo segnato dal dolore: sua moglie Nancy è morta dopo un doloroso periodo di convivenza con un cancro. 

Nel tempo libero Sean dipinge. Will, durante il primo appuntamento nello studio dello psichiatra, nota, appeso ad una parete vicina ad una finestra, un piccolo quadro che rappresenta una barca in mezzo ad un mare agitato nella quale sta una figura umana.

C'è un dialogo fra Will e Sean che mi ha colpita molto. Vorrei qui riportare il video della scena del film alla quale mi sto riferendo. 

Come notate, i due personaggi sono in una zona verde della metropoli americana sopra nominata. Siamo ancora nella prima parte del film: Sean, nei primi incontri con Will, fa veramente fatica ad instaurare un rapporto costruttivo e collaborativo...

A mio avviso si dimostra decisamente conciliante a voler continuare il percorso psicanalitico con Will, tra l'altro dopo che Will giudica la moglie come una poco di buono senza averla mai conosciuta e senza voler comprendere che per Sean la perdita della compagna di vita costituisce un ricordo dolce e al contempo doloroso.

Ci sono alcune frasi pronunciate da Sean che possono farci pensare:

A) Io ti guardo e non vedo un uomo intelligente, sicuro di sé: Che cos'è per Sean l'intelligenza? Sicuramente non coincide con la vasta cultura né con delle notevoli capacità di memorizzare libri, autori e opere. Questo film è uscito nel '97. Alla fine degli anni '90 e anche ora negli anni venti del XXI° secolo, sia la psicologia che le persone comuni faticavano a definire il concetto di "intelligenza". Per alcuni era ed è riuscire benissimo a scuola e all'Università, soprattutto, eccellere in ambito logico, matematico e/o linguistico. Per altri era ed è la capacità di saper risolvere problemi non soltanto teorici ma anche pratici. Per D'Avenia, il significato di questa parola è contenuta nell'etimologia latina di intus-legere, ovvero, "leggere dentro". Nel romanzo Cose che nessuno sa, per il giovane professore di lettere di Margherita, essere intelligenti significa saper individuare negli episodi della tradizione letteraria delle situazioni e degli stati d'animo di vita a noi familiari ed eterni, cioè, possibili in ogni tempo. 

Ma per Sean che cos'è esattamente l'intelligenza?! Forse corrisponde alla capacità di saper affrontare la vita. Concludo questo punto con una domanda rivolta a voi lettori: può un giovane/una giovane con poca esperienza di vita essere intelligente in questo senso oltre che magari in senso scolastico-accademico-intellettuale?! 


B) All'inizio di questa seduta psichiatrica particolare Sean dice a Will: Sei solo un ragazzo". E, tutto il discorso che segue, può essere così riassunto in una sola frase: hai cultura ma non hai esperienza di vita.

Inevitabilmente mi sento chiamata in causa anch'io. E' questo discorso che mi fa pensare al mio Enneatipo. Alla fine sono un Cinque. Un Cinque che ha preso anche molti aspetti del tipo Quattro, ma di base sono proprio un Cinque. 

Leggete dei libri sull'Enneagramma e affidatevi a persone realmente competenti su questa teoria. Non fidatevi di buona parte dei siti internet sull'argomento, perché ad esempio, il mio Enneatipo è abbastanza spesso descritto o come il depresso-schizoide oppure esaltato come il genio profeta che sa predire e preannunciare gli eventi futuri o ci va vicino. 

Allora... fra i due estremi ci sono anche delle vie di mezzo, come me. Ciò significa che ho diverse risorse mentali (componente del pensiero molto sviluppata), una solida competenza culturale coltivata soprattutto in due ambiti (letteratura, storia), alcune qualità etiche da tenere strette e un mondo emotivo dietro una "scorza" di timidezza e di riservatezza. I Cinque temono di esporre la loro parte emotiva, che pure è autentica, per paura del giudizio altrui e per paura di venire feriti e incompresi. Oltre a ciò, loro stessi temono di farsi sopraffare dalla loro componente di emotività, di soccombere a dei forti sentimenti, soprattutto a dei forti sentimenti negativi. Nei rapporti con gli altri c'è quasi sempre un sottile disagio fatto da pensieri come questi ("Ho sbagliato ad essere così diretta! Adesso che starà pensando di me?"/ "Non devo farmi condizionare troppo"/ "So pensare con la mia testa, grazie"/ "Che cerchi qualcun altro oltre a me: odio la fagocitosi nei rapporti di amicizia"/ "Non sono lo zerbino sul quale gli altri si sentono in diritto di sfogare sentimenti troppo esagerati"), i rapporti con gli altri sono spesso vissuti come impegni, anche come fatiche dalle quali poi bisogna "ricaricarsi" stando per qualche ora da soli. E' esattamente così anche per me. Quello che fa stare bene persone come me sono le grandi, immense opportunità a livello umano: poter collaborare in ambienti di volontariato, un gruppo di amici che sappiano accogliere e confrontarsi, una persona disposta a condividere una vita insieme. Tutte queste esperienze umane permettono loro di comprendere che la vita è molto di più dell'ambito culturale nel quale sono specializzati e competenti. La vita esige concretezza. La vita ricca di libri e di cultura ma senza rapporti umani è insulsa.

Si dice che nessuna delle nove personalità sia migliore delle altre. Bisogna ammettere che per quasi tutti noi non è facile riconoscersi subito o non è facile accettare e ammettere di avere delle tendenze comportamentali. Di fronte a questa teoria della personalità siamo un po' tutti "spiazzati", scoperti nei nostri limiti soprattutto. Però, a mio avviso, i Nove sono gli unici che potrebbero essere subito contenti di riconoscersi nel loro modo di essere. A volte mi chiedo: ma c'è davvero del male in loro?!

Ah... ci sono degli aspetti (non molti, a dire il vero, ma ci sono) che accomunano i Cinque con diversi Nove per me: la tendenza a confondere l'organizzazione e l'immaginazione di un progetto con la sua realizzazione, la capacità di ascoltare gli altri, le difficoltà a rapportarsi con il sentimento della rabbia (i Nove la manifestano a scoppio ritardato oppure la evitano con la loro proverbiale capacità di mediazione, i Cinque di solito non sanno affrontare direttamente le persone che li fanno arrabbiare).

C) Tornando al film, Sean ad un certo punto dice a Will: non sai che cos'è la vera perdita. 

Will non lo sa per il fatto che non ha mai vissuto o sperimentato l'amore. Né in famiglia né con una ragazza (non sai dirmi cosa significa svegliarsi accanto ad una donna e sentirsi veramente felice)... e d'altra parte, a proposito dell'aspetto affettivo-sessuale, è giusto ricordare che Will è all'inizio dell'età adulta, si è lasciato alle spalle l'adolescenza da poco. E' molto difficile avere 21 anni e aver già sperimentato o stare già sperimentando l'amore forte e vero, che rende liberi di donarsi e di donare.

Inoltre, quel non sai che cos'è la vera perdita rinvia anche ad una richiesta da parte di Sean di maggior maturità, perché è come se volesse dirgli: non giudicare il mio vissuto.

D) Verso la fine, una calda esortazione: parla di chi sei. Questo, anche ora, non soltanto più di 20 anni fa, rappresenta una difficoltà per molti giovani che hanno paura dell'introspezione. L'introspezione è letteralmente la capacità di guardarsi dentro. Hanno forse paura di scoprirsi vuoti? O hanno paura di entrare in contatto con la loro parte emotiva? Il "chi sono", finché un essere umano è in vita, è come un libro in continua fase di stesura, perché, come insegna Palazzeschi in una poesia intitolata proprio così e fatta quasi tutta di domande e risposte negative, siamo un po' tutti dei "saltimbanchi" . Ci evolviamo, a seguito e a seconda di possibilità (=non soltanto culturali), di incontri, di relazioni e di esperienze di vita.

Son forse un poeta?
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell’anima mia:
« follìa ».
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non ha che un colore
la tavolozza dell’anima mia:
« malinconìa ».
Un musico, allora?
Nemmeno.
Non c’è che una nota
nella tastiera dell’anima mia:
« nostalgìa ».
Son dunque... che cosa?
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell’anima mia.

Io metto una lente/davanti al mio cuore/per farlo vedere alla gente: tutti dovrebbero farlo, lo avevo già scritto quasi un anno fa quando ho dedicato un post a Palazzeschi. Via maschere e finzioni, adesione vera alla sincerità, con se stessi e con gli altri!

3. WILL E  SKYLAR:

Nel corso del film Will conosce una ragazza. E' Skylar. 

Ma, per la maggior parte del film, si comporta male con lei. La aiuta di tanto in tanto con lo studio all'Università e con alcune equazioni di chimica, ma le mente, fin da subito, dicendole che ha dodici fratelli e inventandosi i loro nomi. 

Lei è sinceramente innamorata e pronta, ad un certo punto, a proporgli di trasferirsi con lei in California. E qui Will, con le sue reazioni verbalmente aggressive che rivelano la sua paura di amare e anche di essere sincero, si rifiuta e la lascia. Will ha paura che la storia d'amore con Skylar, appena iniziata, non decolli e anzi... finisca. Ha paura di se stesso, ha paura di essere autentico e quindi anche di tutto l'affetto che può darle; in effetti le dice: potresti scoprire delle cose brutte si du me.

Skylar allora, delusa e amareggiata, parte da sola. Ma Will e Skylar si lasciano definitivamente?! Bisogna resistere fino agli ultimi minuti del film per saperlo...


4. I GIOVANI E LE SCELTE DI VITA:

Il film mi ha ricordato un romanzo, uno dei molti che dovevo portare all'esame di Letterature comparate, un romanzo che consiglio vivamente agli adulti che mi stanno leggendo (intendo gli adulti con esperienze umane ed educative alle spalle, cioè, adulti di almeno 45 anni).

Le cose di Georges Perec è un'opera che appartiene alla seconda metà del secolo scorso. Non ricordo più esattamente l'anno di pubblicazione, però sono in grado di illustrarvi la trama e i gusti dei due giovani protagonisti poco più che ventenni, Sylvie e Jerome.

Il romanzo inizia con la descrizione dettagliata di un interno, al quale è dedicato tutto il primo capitolo. E' una descrizione che presenta una particolarità: è quasi tutta espressa nel modo condizionale, quindi, è la descrizione di un appartamento che nella realtà non esiste ma che i due giovani protagonisti vorrebbero ora che convivono insieme, con pochi soldi e senza prospettive. Sylvie e Jerome vivono in realtà in un appartamento molto piccolo, sono dei "sotto-occupati", lavorano soltanto mezza giornata svolgendo delle interviste per dei giornali. I loro modestissimi stipendi non permettono certamente loro di acquistare né i pregiati divani Chesterfield né una moquette. Hanno lasciato l'Università senza laurearsi mai. La loro vita è assai precaria e la sfera economica, il loro forte desiderio verso gli oggetti di qualità, mina la serenità del loro rapporto. 

I loro amici invece si laureano, trovano lavoro,  e infine si sposano e mettono su famiglia. 

Fra Sylvie e Jerome e la mia generazione non c'è poi una grande differenza: i due protagonisti di questo romanzo non hanno interessi culturali, non hanno interessi politici, non hanno chiari progetti di vita. Vivono "alla giornata" ma non nel senso che vivono intensamente il presente quanto piuttosto nel senso che sono senza progetti e privi di prospettive. 

A parte il fatto che io mi chiedo: che cavolo di senso ha convivere?!  (A parte che frequentemente la convivenza non sfocia nel matrimonio, ma nell'eterno presente).

Ma me lo chiedo non tanto per una questione di cattolicesimo, quanto per una questione di serietà nell'assumersi un impegno per la vita oltre che un ruolo affettivo e sociale. Io, se amo veramente, se conosco e frequento costantemente una persona da un po' di tempo, non ho bisogno di "provare" la persona alla quale tengo nella vita quotidiana. Le persone non sono oggetti o abiti "da provare". Proviamo. Soddisfatti (quindi in genere conviventi per sempre) o rimborsati (mi hai rotto le p****, vai via).

Proviamo a ragionare: il ragazzo che amo non è un abito, non è un paio di scarpe. E' una persona che amo con tutta me stessa, è qualcuno che mi accoglie e mi accetta per come sono, difetti compresi, è qualcuno di cui posso fidarmi e al quale posso affidarmi. Non ho bisogno di provarlo, di sperimentarlo. Anche se sicuramente avrò (e avremo) delle paure e delle ansie nei primi tempi del matrimonio e poco prima del matrimonio. 

Perché questo romanzo francese ha a che fare in un certo senso con Will? Perché, se il professor Jerry non lo avesse incontrato e per primo non si fosse interessato a lui (lo va a trovare in carcere, si informa da Sean sull'andamento delle sedute), Will avrebbe continuato a vivere senza prospettive significative o allettanti. Avrebbe continuato a svolgere dei lavori poco redditizi che non gli piacevano, avrebbe continuato a leggere e a risolvere problemi di matematica di nascosto, avrebbe continuato a frequentare cerchie di amici poco raccomandabili. 

Senza contare che anche Sean fa la sua grande parte per rendere Will consapevole delle proprie possibilità.

Capite allora che adolescenti e giovani, nel corso della loro crescita e nel corso della loro formazione umana, non soltanto culturale e intellettuale, hanno bisogno di guide?! Ma di guide significative, pazienti, open-minded, che sappiano riconoscere e valorizzare i loro talenti e che sappiano sostenerli nelle scelte di vita più importanti.

Significativo è il dialogo fra Will e l'amico Chuckie (= certo è che la lingua dei personaggi di questo film si rivela particolarmente raffinata e poetica!):

  


13 febbraio 2021

"La ronda " e alcune poesie di Vincenzo Cardarelli:

Post che inizia con un riepilogo dei principali movimenti culturali dei primi anni del Novecento e con lo spiegare la breve esperienza della rivista La Ronda, per poi passare a delle mie analisi di tre poesie del poeta Cardarelli. 

CONTESTO CULTURALE DEL PRIMO NOVECENTO:

Inizio con lo specificare innanzitutto che per primo Novecento intendo il periodo 1900-1925. Per l'Italia questo è un arco di tempo decisamente ricco e prolifico dal punto di vista culturale e letterario. 

Eccovi una sintesi dei principali autori e delle "idee" linguistico-letterarie che si diffondevano all'epoca. 

E' una sintesi che proporrei anche ai miei studenti, che servirebbe loro sicuramente come aiuto per il ripasso (anche se, purtroppo, dubito fortemente di riuscire ad affrontare tutti gli argomenti qui in elenco. Tra l'altro, Dino Campana è davvero difficile): 

LUIGI PIRANDELLO= Frammentazione dell’io: il nostro spirito consiste di (…) elementi distinti, più o meno in rapporto tra loro, i quali si possono disgregare e ricomporre (…). Nelle opere di Pirandello traspare la tematica dell'incomunicabilità fra gli uomini: ognuno ha una propria visione della realtà.

IL FUTURISMO= Esaltazione della guerra (sola igiene del mondo) e del patriottismo, esaltazione della velocità, del dinamismo corporeo. Disprezzo per la tradizione, per il romanticismo, per la cultura e le norme linguistiche (anche se lo stesso Marinetti scrive in uno stile ridondante e pomposo il romanzo Mafarka il futurista).

I VOCIANI E "LA VOCE"=Anche Scipio Slataper, giovane triestino, autore del Mio Carso, aveva collaborato con La Voce. I Vociani, in buona parte interventisti nel corso del primo conflitto mondiale, propendevano per una lirica diversa da quella ottocentesca e dunque una lirica breve, essenziale, di stampo diaristico-autobiografico.

GIUSEPPE UNGARETTI= Le sue prime esperienze poetiche, raccolte nell’Allegria di naufragi (1919) sono drammaticamente segnate dall’esperienza di soldato in guerra, ma sono permeate da un sentimento di amore per la vita, di armonia con la natura e con l’Universo (docile fibra dell’Universo nella poesia Fiumi).

DINO CAMPANA= E’ l’autore dei Canti Orfici, prosimetro. Raccoglie testi di grande fascino che evocano paesaggi, città, esperienze di viaggio, l’incerto confine tra sogno e realtà.

ITALO SVEVO= E' lo pseudonimo di Ettore Schmidt. E' di origini triestine. Nel '23 esce La coscienza di Zeno, romanzo sull'inerzia psicologica e sull'inettitudine dell'uomo. Zeno, ormai vecchio, si sottopone alla psicanalisi e racconta degli episodi della sua vita. Tuttavia, il romanzo non è solo una sua biografia quanto piuttosto un quadro in cui appaiono le sue intenzioni e le sue reazioni spesso impulsive, aggressive e irrazionali. Dal romanzo si deduce che risulta impossibile dare spiegazioni razionali alle azioni umane.

I RONDISTI E "LA RONDA"= Rivista che propendeva per il ritorno alla tradizione letteraria, sia in prosa che in poesia. Spiccato interesse per le Operette morali di Leopardi. Disimpegno politico, probabilmente anche per un senso di fastidio e di contrarietà verso un Mussolini emergente.

DINO BUZZATI= Bellunese cresciuto e istruito a Milano, debutta nel 1924 con il suo primo romanzo intitolato Il Barnabo delle montagne. E’ un romanzo breve, di soli personaggi maschili, che evoca suggestivi e incantevoli paesaggi di montagna. 

Già che ci sono: alla fine degli anni '20, negli anni '30 e nei primi anni '40, a causa del fascismo, le attività e le opere letterarie non conformi o non inerenti alla dittatura si fanno rare.

Vorrei però ricordare:

-Il segreto del bosco vecchio (1929) e Il deserto dei tartari (1940) di Buzzati

-La pietra lunare di Tommaso Landolfi (1939)

-La strada che va in città di Natalia Ginzburg, che però si firma con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte (1942)

-I due compagni di Giovanni Comisso (1934)

"LA RONDA":

La Ronda è stata una rivista italiana mensile pubblicata a Roma negli anni 1919-1923. Gli argomenti proposti erano esclusivamente letterari; a differenza della Voce, altra rivista fondata a Firenze nel 1908 da Prezzolini che proponeva anche argomenti politici oltre che culturali. 

Tra i maggiori esponenti della Ronda c'è il poeta Vincenzo Cardarelli che, già nel primo numero del giornale, risalente all'aprile 1919, rifiutava apertamente le idee stilistiche futuriste di Marinetti, fin troppo provocatorie (abolire la punteggiatura, gli avverbi, gli aggettivi, l'ordine degli elementi che in una frase garantisce il senso compiuto).

Cardarelli proponeva lo studio dei classici della letteratura non soltanto per acquisire uno stile di scrittura elegante e ben strutturato ma anche per trasmettere ai lettori degli stati d'animo. 

Scrive infatti: seguitar a servirsi di uno stile defunto vuol dire perpetuare la nostra arte.

I rondisti apprezzavano particolarmente lo stile e i contenuti delle Operette morali di Leopardi, dal momento che trovavano quest'opera una prosa poetica ma al contempo riflessiva.

VINCENZO CARDARELLI:

Pur cercandole in queste ultime settimane, sono riuscita a trovare poche informazioni sulla sua vita.

Vincenzo Cardarelli è nato a Corneto Tarquinia, attuale provincia di Viterbo, nel 1887. La sua infanzia è stata decisamente drammatica, segnata da studi irregolari e da un distacco traumatico dalla figura materna che lo aveva abbandonato nei suoi primi anni di vita.

A diciassette anni si era trasferito a Roma per lavorare come correttore di bozze sull'Avanti!, giornale socialista. Nel '18 aveva accettato di collaborare con il quotidiano romano Il tempo

Pochi anni dopo, terminata l'esperienza rondista, Cardarelli inizia a lavorare per il quotidiano romano Il Tevere.

E' morto a Roma nel 1959.

Nel corso della sua esistenza scrive poesie e articoli: nelle sue liriche troviamo una componente autobiografica e memorialistica abbastanza forte, sensazioni di stupore lirico di fronte a dei paesaggi naturali e una certa sensibilità per il susseguirsi dei mesi e delle stagioni, sensibilità ricorrente anche, alcuni decenni dopo, nella produzione poetica del trevigiano Andrea Zanzotto.

ALCUNE POESIE:

A) SERA DI LIGURIA:

Lenta e rosata sale su dal mare
la sera di Liguria, perdizione
di cuori amanti e di cose lontane.

Indugiano le coppie nei giardini,
s'accendon le finestre ad una ad una
come tanti teatri.

Sepolto nella bruma il mare odora.
Le chiese sulla riva paion navi
che stanno per salpare.

E' una poesia formata da tre strofe di tre versi ciascuna, in maggioranza endecasillabi, tranne i due versi: come tanti teatri che stanno per salpare, che sono settenari. E già queste indicazioni metriche denotano la simpatia di Cardarelli per la tradizione della poesia italiana, costituita in larga parte da queste tipologie di versi, endecasillabi e settenari. Certo, due autori del secolo precedente, ovvero, Alessandro Manzoni e Giovanni Pascoli, costituiscono un'eccezione: nelle poesie e nelle tragedie del grande Alessandro sono abbastanza frequenti i decasillabi, in Pascoli, soprattutto nei canti di Castelvecchio, appaiono abbondantemente i novenari.


Prima strofa: Il sole è appena tramontato, per questo la sera è rosata, ovvero, colorata di un rosa tenue che si mischia con il blu del cielo. Il blu... colore malinconico che connette l'uomo con la sua fame d'infinito. 
Cos'è quella perdizione, però? Facile è connettere questo sostantivo con la dolcezza che lo spettacolo dell'imbrunire offre a tutti coloro che sanno provare quell'amore vero, forte, sincero verso qualcuno. Però, la sera può anche suscitare in alcuni una certa nostalgia del passato, magari, di un passato felice, lontano, "non ripristinabile" (perché non abbiamo ancora le macchine del tempo). Ecco quale spiegazione do io a proposito del sintagma cose lontane.

Seconda strofa: Nei giardini pubblici ci sono delle coppie che stanno vivendo e condividendo attimi di quiete. Il tramonto instilla quiete, ma anche malinconia nelle persone. Ma forse è per questo che mi piacciono molto le passeggiate al tramonto.

Molto suggestiva è l'immagine delle finestre delle case che sembrano le luci di un sipario teatrale.

Terza strofa: Il mare profuma, avvolto in una sottile foschia. Le chiese costruite vicino alla riva sembrano navi in procinto di salpare.

B) RITORNO AL MIO PAESE:

O memoria spietata, che hai tu fatto

del mio paese?

Un paese di spettri

dove nulla è mutato fuor che i vivi

che usurpano il posto dei morti.

Qui tutto è fermo, incantato,

nel mio ricordo.

Anche il vento.

In pochi versi traspare lo sconcerto del poeta di fronte agli orrori della guerra e al potere distruttivo dell'odioO memoria spietata, che hai tu fatto/del mio paese? si chiede l'autore. 

Che cos'è la memoria per voi? Può essere costituita soltanto da ricordi, da azioni o anche da sensazioni accompagnate a quei ricordi, a quelle azioni? Quanto spesso coincidono, a vostro avviso, memoria e nostalgia? (E' questa la domanda che farei se dovessi trattare questa poesia in una delle mie lezioni. Ne scaturirebbero anche dei bei temi scritti per me).


Un paese di spettri
: Gli spettri, elementi di suggestione e di terrore nei racconti horror di Poe e della letteratura gotica anglo-americana del Sette-Ottocento. Qui, gli spettri fanno bene intendere che il passato è oramai soltanto un ricordo, un ricordo frantumato da dolore, morte e distruzione. In effetti, nel paese in cui si trova il poeta, nulla è mutato fuor che i vivi/che usurpano il posto dei morti. Cardarelli aveva avuto a che fare con "coloro che ora non ci sono più". Quindi, molti volti del paese devastato sono stati cancellati dalla guerra e dai bombardamenti, altri invece sono volti "nuovi", cioè sconosciuti.

La poesia si conclude così: Qui tutto è fermo, incantato,/nel mio ricordo./Anche il vento.

Nel tempo reale le cose cambiano, mutano di continuo. Nella memoria del poeta, però, tutto "è fissato". 

Questa è una poesia che mi ricorda molto la lirica di Ungaretti intitolata San Martino del Carso: 

Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore
nessuna croce manca

É il mio cuore
il paese più straziato.

Anche qui: lo stato d'animo del poeta è decisamente addolorato di fronte alla distruzione delle case e di fronte alla perdita di alcuni amici/conoscenti. Famosissima è questa analogia paese= cuore del poeta. 

Credo sia opportuno anche riportare una parte del saggio "Il figlio dell'uomo", contenuto nelle Piccole virtù (1962) di Natalia Ginzburg.


Una volta sofferta, l’esperienza del male non si dimentica più. Chi ha visto le case crollare sa troppo chiaramente che labili beni siano i vasetti di fiori, i quadri, le pareti bianche. Sa troppo bene di cosa è fatta una casa. Una casa è fatta di mattoni e di calce, e può crollare. Una casa non è molto solida. Può crollare da un momento all’altro. Dietro i sereni vasetti di fiori, dietro le teiere, i tappeti, i pavimenti lucidati a cera, c’è l’altro volto vero della casa, il volto atroce della casa crollata.

Non guariremo più di questa guerra. E’ inutile. Non saremo mai più gente serena, gente che pensa e studia e compone la sua vita in pace. Vedete cosa è stato fatto delle nostre case. Vedete cosa è stato fatto di noi. Non saremo mai più gente tranquilla. Abbiamo conosciuto la realtà nel suo volto più tetro. Non ne proviamo più disgusto ormai.


C) GABBIANI:

Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.


In questa breve poesia, il poeta vede il suo nomadismo spirituale riflesso nel volo dei gabbiani (vv.3-4: 
Io son come loro,/in perpetuo volo).

La vita la sfioro/com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo: Cardarelli sfiora la vita, incapace di aderirvi. 

La vita la sfioro: Dislocazione a sinistra di "la", pronome clitico. 

La gran quiete marina è la bonaccia. 

Balenando in burrasca= Il volo dei gabbiani spesso annuncia un temporale.

WILLIAM BUTLER YEATS, WHITE BIRDS:

I would that we were, my beloved, white birds on the foam of the sea!
We tire of the flame of the meteor, before it can fade and flee;
And the flame of the blue star of twilight, hung low 
on the rim of the sky,
Has awakened in our hearts, my beloved, a sadness that may 
not die.
 

Ci sarà modo, prossimamente, di trattare anche questo poeta irlandese vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento che ho scoperto poco fa e che adoro. Questa è soltanto la prima strofa di White birds (=Uccelli bianchi):

Vorrei che fossimo, mia amata, uccelli bianche sulla schiuma del mare!

La fiamma della meteora ci rende stanchi, prima che possa svanire e appassire;

e la fiamma della stella blu, bassa alla luce del crepuscolo

risveglia nei nostri cuori, o mia amata, una tristezza che non può morire.

Gli uccelli bianchi di cui si parla qui potrebbero benissimo essere dei gabbiani. 

Comunque, nei primi due versi il poeta vorrebbe essere un uccello bianco in modo tale da poter volare, insieme alla sua amata, appena sopra la spuma delle onde del mare.

Foam è un vocabolo interessante. Inteso come sostantivo significa "schiuma", inteso come verbo invece (=to foam), significa "schiumare", e vi riporto un esempio efficace: The milk was starting to foam in the pot. (=il latte stava iniziando a schiumare nel pentolino).

Ma che cos'è quella fiamma della meteora

Durante questo inverno ho letto proprio una raccolta di poesie di William Butler Yeats, aiutandomi con un dizionario monolingua nei componimenti in cui mi era molto necessario. Però non c'erano commenti critici sui componimenti trascritti e stampati. Per quel che riguarda alcuni di essi quindi, ho voluto con piacere io stessa interpretare il significato nascosto in alcune frasi e in alcune espressioni.

La fiamma della meteora può appassire o svanire. Forse il poeta teme che l'amore per l'amata, mentre il tempo scorre, possa divenire debole, abitudinario, o possa addirittura scomparire. 

Che cosa potrebbe intendere invece con la fiamma (=la luce) della stella blu? Il fatto che si diventa vecchi secondo me. La vecchiaia che sopraggiunge lentamente, pensiero che causa tristezza nel poeta e, a quanto sembra, anche nella donna amata.

Ma dai... ti preoccupi della vecchiaia?! 

Io ho 25 anni e confesso che ogni tanto mi piace rivedermi il film animato Up con la storia di Carl ed Ellie, le loro gioie e le loro difficoltà. E' una coppia che mi commuoveva nel 2009 ma mi commuove anche ora che sono cresciuta. Ci sarà tempo e modo di parlare ancora di questa poesia, oltre che di William B.Yeats, ma... io sogno la famiglia da quando ero bambina e ho sempre pensato che un amore maturo sopravvive alle difficoltà, ai problemi e ai dolori.

Se Leone Ginzburg fosse sopravvissuto e non fosse stato ucciso nelle carceri di Regina Coeli a Roma... L'amore fra Leone e Natalia era così vero, così intenso, così concreto e al contempo così passionale che sarebbe durato in eterno, anche nella loro vecchiaia. 

Sapete qual'è la mia interpretazione della vita di Natalia?!

Leone è morto prima di compiere 35 anni, lei è vissuta fino al '91, è morta a 75 anni. Ha passato altri dispiaceri, altre disgrazie (la nascita di una figlia gravemente disabile dal secondo matrimonio), si è sposata con Gabriele Baldini con cui a volte faceva delle litigate furiose, anche perché, lei lo diceva, Gabriele non sapeva accettare i suoi limiti e i suoi difetti. Gabriele era l'opposto di Leone sotto molti aspetti.

Il dolore di non poter più avere al suo fianco Leone, quel giovane uomo che la capiva perfettamente, che era intelligente, dolce, calmo, protettivo le aveva fatto tentare il suicidio nell'agosto del '45 e, nel corso del tempo, a mio avviso, da dolore si è trasformato in tumore allo stomaco.

4 febbraio 2021

Orazio, Epistola I, VI:

LE EPISTOLE DI ORAZIO:

Orazio (65 a.C., 8 a.C.) è il primo autore dell'Antica Roma ad aver scritto delle epistole (=lettere) in versi esametri. Il primo libro delle Epistole viene pubblicato nel 20 a.C. e contiene 20 lettere.

Per diverso tempo gli studiosi si sono chiesti: queste lettere erano per davvero indirizzate a degli amici di Orazio oppure erano degli esercizi poetici dell'autore? 

Sono vere entrambe le supposizioni: i destinatari delle Epistole oraziane erano o uomini presenti e importanti nella vita pubblica oppure uomini di lettere, quindi sicuramente erano in grado di comprendere i contenuti, la tipologia del lessico e dei versi impiegati in questi scritti. Se quindi da un lato le epistole non possono essere state prive di agganci con la realtà, dall'altro, tutti questi destinatari piuttosto illustri dovevano sentirsi coinvolti in una sorta di "gioco letterario" nel ricevere le epistole.


EPISTOLA VI:

Espongo qui e traduco, ragionando soprattutto sul lessico, alcune parti dell'epistola sesta. Questa epistola è indirizzata a Numicio. E' abbastanza probabile che si tratti di Numicio Pica Cesanio, di cui non sappiamo molto, oltre al fatto che era stato questore in Asia Minore.

vv 1-14:

Nil admirari prope res est una Numici

solaque quae possit facere et servare beatum.

Hunc solem et stellas et decedentia certis

tempora momentis sunt qui formidine nulla

inbuti spectent; quid censes munera terrae,

quid maris extremos Arabas ditantis et Indos

ludicra quid plausus et amici dona Quiritis

quo spectanda modo, quo sensu credis et ore?

Qui timet his adversa, fere miratur eodem

quo cupiens pacto: pavor est utrubique molestus,

inprovisa simul species exterret utrumque.

Gaudeat an doleat, cupiat metuatne, quid ad rem

si, quicquid vidit melius peiusve sua spe,

defixis oculis animoque et corpore torpet?

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Non meravigliarsi di nulla è quasi l'unica cosa, Numicio,

la sola che possa renderti e conservarti felice.

C'è chi questo sole e gli astri e le stagioni

che si avvicendano secondo determinati intervalli li osserva 

senza essere preso da alcun timore: che cosa pensi

dei doni della terra, che cosa delle ricchezze del mare 

che allietano i lontanissimi Arabi e gli Indi, che cosa 

dell'approvazione e dei doni dell'amico Quirite, in che modo 

bisogna considerarli, con quale pensiero e con quale volto?

Colui che teme il contrario di questi, quasi si stupisce

allo stesso modo di chi brama: in entrambi i casi c'è l'apprensione

penosa, appena apparsa, l'immagine terrorizza entrambi.

Che gioisca o si dispiaccia, che desideri o tema, che cosa cambia se,

qualsiasi cosa abbia visto migliore o peggiore della propria

speranza, resta intorpidito, con gli occhi sbarrati, nella mente e nel corpo?

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Parto da quel nil admirari. Nihil, ovvero, "nulla", se fossimo in un testo in prosa. Come specifica Cucchiarelli, il cui apparato critico era programma di un mio recente esame, il μηδὲν ϑαυμάζειν, quindi "il non meravigliarsi di nulla", era un motto caratteristico dell'etica greca: era in effetti un motto pitagoreo. Però è più facile che Orazio pensasse qui al Cicerone delle Tuscolanae disputationes: sapientis est  enim proprium  nihil quod paenitere possit facere (...) cum acciderit admirari, e cioè: è infatti proprio del sapiente non fare nulla di cui possa pentirsi (...), di non meravigliarsi di nulla quando accade.

Giunto nella maturità della sua vita (alla fine dell'epistola 20, l'ultima del primo libro, Orazio dichiara di avere 44 anni), questo poeta e letterato sente il bisogno di dedicarsi all'approfondimento delle dottrine filosofiche, più che alla composizione di carmi e di giambi. Questa è una premessa importante, visto che questa è una delle epistole più ricche di contenuti filosofici, perché il nil admirari richiama anche all'imperturbabilità del saggio stoico, che, soprattutto in Marco Aurelio, consiste nel rimanere insensibile alla meraviglia.


Al verso 3 c'è l'accusativo plurale
stellas. Alla luce delle considerazioni di Cucchiarelli credo lo si possa considerare un "false friend". Vedete infatti che ho tradotto "astri", più generico di "stelle". Un termine specifico per stella è "sidus, sideris".

Quattro versi dopo, ecco ludicra, neutro plurale da "ludicrum". Già in Catullo si trova "ludicra" con l'accezione di "giochini del mare". In effetti "ludus" è "gioco", da cui, nel nostro italiano "attività ludiche". Io ho tradotto "ricchezze del mare", in ogni caso, il termine allude alle conchigliette e alle alghe. 

Quel che Orazio vuole comunicare qui è che le preziose meraviglie del mare e anche della terra sono piccolissime, insignificanti di fronte all'immensità dell'Universo. E' un esercizio di astrazione che io compio quasi ogni giorno e che tutti dovremmo praticare, se non altro per farci un bel bagno di umiltà.

Poi ancora: munera terrae, i doni della terra. Qui i doni della terra sono le messi. Munus è spesso sinonimo di "donum". 

In questi primi 14 versi dell'epistola svolgono, credo io, un ruolo molto importante i verbi che riguardano il senso della vista: se nel primo verso troviamo "admirari" da "miror" (ammirare), in seguito troviamo ripetuto "specto, spectare" in vari modi e tempi: "spectent"/"spectanda" e, al verso 13, "vidit".

Notate che ho evidenziato con il giallo tutte le parole inerenti alla sfera semantica della paura: 

v.4= "formidine": riferito al terrore irrazionale di fronte ai fenomeni naturali, frequentemente legato alla meraviglia.

v.9= "timet", v.10= "pavor", da cui deriva l'italiano "pavido". 

v.11= "exterret", che sta ad indicare una paura talmente forte che paralizza. In Lucrezio il terrore è legato al sogno e all'oscurità, ma qui è la vista che angoscia e tormenta l'essere umano.

v.12= "metuat", legato ad altri tre verbi che indicano le quattro passioni fondamentali secondo lo stoico Zenone: "gaudeat" (=gioia), "doleat" (=dolore), "cupiat" (=desiderio). E "metuat" è "paura". Tra l'altro, al verso 12 c'è anche un chiasmo: 

                                        A                   B              A         B

                                   Gaudeat an doleat, cupiat metuat

Poco dopo, quel defixis oculis, quegli occhi sbarrati indice di terrore misto a meraviglia. Per i romantici dell'Ottocento il sublime era proprio questo: provare, di fronte ad un paesaggio suggestivo o di fronte alla potenza della natura, un terrore misto a meraviglia.

La paura... Sfida principale dell'enneatipo 6 dell'Enneagramma! La razionalità è un grande dono, ma l'eccesso di ragione porta al voler avere tutto sotto controllo, al sospetto e anche alla paralisi mentale nei casi in cui si provino timori infondati che non hanno riscontro con la realtà.

E, a proposito di paure, anche di paure stupide e surreali, quale migliore occasione dell'epistola I, VI per soffermarsi un pochino su certi comportamenti?!

Con una volontaria dell'Emporio molto più adulta di me l'altro ieri, durante uno dei pochi "tempi morti" senza clienti, abbiamo ragionato sulla fragilità giovanile. Fragilità maschile soprattutto, ho detto io.

In una mail di molto tempo fa, il professor D'Avenia mi diceva che la componente maschile giovane o giovanissima di adesso spesso teme di mostrare la propria sensibilità al mondo esterno. No, questo è il mio problema, non il loro! O almeno: ragazzo= timoroso di mostrare sensibilità non sempre è vera.

Molti ragazzi sono davvero insensibili e pieni di pregiudizi, supponenti, arroganti, presuntuosi, incapaci di rapporti e di umanità.

Sapete qual'è la verità?!! La verità è che molti di voi sono strapieni di idee preconcette, paralizzati da pregiudizi verso quelle che voi chiamate, soprattutto in senso dispregiativo e misogino "femmine". E poi volete metter su famiglia????!!! Ma scherzate, involuti come siete?! Ma non ce la farete mai se non vi sforzerete di superare certi atteggiamenti pre- adolescenziali e certi blocchi che vi portano soltanto a generalizzare su una categoria!! 

E le lune storte dovute alle mestruazioni, e la volubilità, e l'autolesionismo, e l'anoressia, e "quanto si dà botta" se ha studiato ed è laureata, e "è carina ma scema" se è ignorante... "Parla troppo" e non va bene. "Non parla mai", e non va bene, perché "è inaccessibile e irraggiungibile, non lo dice ma ci considera tutti inferiori a lei".

Ma smettetela!

Molti maschi (e mi permetto di scriverlo per una volta in senso polemico e a mia volta dispregiativo) non sanno più parlare né ascoltare, anzi, in alcuni casi, quel che sanno fare è inventare una ragazza fragile, anoressica, che odia se stessa ma che nella loro realtà quotidiana non esiste e spacciarla agli occhi di centinaia di migliaia di followers come loro fidanzata o compagna e allora fanno finta di dedicarle tutto l'amore possibile e scrivono frasi stucchevoli e patetiche che fanno commuovere tutti quegli imbecilli, ma non meno miserabili di loro, che sotto i loro post ridicolmente "mielosi" li definiscono poeti e addirittura "uomini rari"! Certo, come no... Uomini rari che nella vita reale non sanno relazionarsi e che oltretutto hanno arroganza e cattiveria da vendere. Se siete così vi rendete conto che sareste da curare? Fatevi un esame di coscienza!!

Specifico che non per tutti vale quel che ho appena scritto. 

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vv.24-33:

Quicquid sub terra est in apricum proferet aetas,

defodiet condetque nitentia. Cum bene notum

porticus Agrippae, via te conspexerit Appi,

ire tamen restat Numa quo devenit et Ancus.

Si latus aut renes morbo temptantur acuto 

quaere fugam morbi. Vis recte vivere, quis non?

Si virtus hoc una potest dare, fortis omissis

hoc age deliciis. Virtutem verba putas et

lucum ligna: cave ne portus occupet alter,

ne Cibyratica, ne Bithyna negotia perdas;

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Il tempo porterà alla luce tutto ciò che è sottoterra

seppellirà e nasconderà ciò che splende. Quando

il portico di Agrippa e la via di Appio ti avranno ammirato

ben conosciuto da tutti, tuttavia non ti resta che andare dove

giunsero Numa e Anco.

Se il cuore e i reni vengono afflitti da una malattia grave

cerca la fuga dalla malattia. Vuoi vivere rettamente, chi non 

lo vorrebbe?

Se la sola virtù può darti questo, fatti forte e a questo mira,

lasciate da parte le mollezze.

Se ritieni che la virtù sia soltanto una parola e il sacro bosco

 legname, stai attento che il rivale non ti occupi i porti 

e che tu perda i tuoi affari di Cibira o di Bitinia.

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Questa parte dell'epistola io la vedo come una forte critica all'eccesso di ambizione: non serve ambìre troppo, non serve aspirare al potere né ai beni materiali, perché la morte è destino comune a tutti gli uomini, di qualsiasi classe sociale essi siano, indipendentemente dagli incarichi che hanno svolto: finirai anche tu nella tomba, caro Numicio, proprio come i grandi re ancora più antichi di noi, ad esempio, Numa Pompilio e Anco Marzio.


Questo punto dell'epistola mi ricorda Parini, con il suo Dialogo sopra la nobiltà del 1757: è un'opera ispirata ai Dialoghi di Luciano di Samosata e vi sono un nobile e il poeta (che in vita è sempre stato di condizioni molto modeste) che, una volta defunti, si trovano a condividere la stessa tomba: 
l'aristocratico invita Parini ad allontanarsi da lui rispettando la gerarchia sociale, ma il poeta risponde con ironia di essersi abituato a sentire il cattivo odore che il nobile cadavere emana.

Quicquid sub terra est in apricum proferet aetas,/defodiet condetque nitentia: che il tempo abbia la capacità di portare alla luce ogni cosa era pensiero proverbiale nell'antichità. 

E' molto grave, questa frase, nel senso etimologico latino del termine: "serio". Tutta l'epistola è "grave" e contrasta con la precedente che, come vi ho dimostrato in un post di circa 2 mesi fa, riguardava un invito a cena. Però questa sentenza proverbiale è vera: vorrei qui riportare una frase di una lettera dell'umanista fiorentino Poggio Bracciolini a Guarino Veronese. E' una lettere che riguarda il ritrovamento, al monastero di San Gallo, nel xv° secolo, di un manoscritto contenente l'intera Institutio Oratoria di Quintiliano e un altro manoscritto contenente metà delle Argonautiche di Valerio Flacco. Poggio ad un certo punto scrive: Erant enim non in bibliotheca libri illi, ut eorum dignius postulabat, sed in teterrimo quodam et obscuro carcere, fundo scilicet unius turris, quo ne capitalis quidem rei damnati retruderentur: Quei libri infatti non stavano nella biblioteca, come avrebbe richiesto la loro dignità, ma in una sorta di carcere tristissimo e oscuro, cioè nel fondo di una torre, dove non si confinerebbero neppure i condannati alla pena capitale.

Per l'appunto, il tempo prima o poi riporta alla luce ciò che è sepolto o sembrava perduto, ciò che è stato celato, nascosto per secoli agli occhi di molti.

v.31: Virtutem verba putas. La virtù è soltanto una parola? La virtù produce e conduce alla felicità? Forse Orazio ha qui in mente l'aneddoto di Bruto morente a Filippi contenuto in una tragedia intitolata Eracle: Oh virtù, io ti praticavo come un valore, ma sei soltanto una parola.

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vv.67-68:

Vive, vale. Siquid novisti rectius istis,

candidus inperti; si nil, his utere mecum.

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Vivi e stai bene. Se conosci precetti migliori di questi,

comunicameli sinceramente, altrimenti, serviti con me di questi.


Così Orazio conclude la stesura dell'Epistola. Da vale deriva "valetudo" (salute). La salvezza è invece "salus, salutis", altro "false friend".

Quel che Orazio dice qui a Numicio è: serviti di questi precetti con me e, se ne conosci altri, comunicameli in risposta.

Il messaggio fondamentale dell'Epistola I, VI può essere riassunto così a mio avviso: La capacità di astrazione e la ragione sono grandi risorse ma che non devono fissarsi su ricchezze e oggetti materiali, perché altrimenti si rischia di dimenticare la precarietà della nostra condizione umana.


SINTESI DEI 9 TIPI (varianti, ali e sottotipi esclusi):


I TRE CENTRI: 

Testa= 5,6,7

Cuore= 2,3,4

Viscere= 8,9,1


I TRE SOTTOTIPI:

Autoconservativo= L'importante è essere in vita in quanto uno.

Sessuale= Ricerca dell'altro da sé e di una vita a due.

Sociale=  Spinta ad esperienze di comunità e al servizio sociale.


Tipo 1= L'ordine, l'autodisciplina, il rigorismo etico e la morale sono degli ottimi principi con i quali convivere nel corso di un'esistenza umana. Tuttavia è bene non eccedere nel giudicare in modo eccessivamente duro se stessi e gli altri. 

Tipo 2= Essere in genere solari, generosi e aiutare gli altri è lodevole e ammirevole ma senza superbia e senza manie di protagonismo, accettando a propria volta l'aiuto degli altri nei momenti del bisogno. 

Tipo 3= L'azione, l'efficienza, la voglia di successo, il porsi continuamente degli obiettivi da raggiungere sono componenti che permettono di raggiungere grandi traguardi e che inoltre possono servire agli altri come esempio. E' bene desiderare di avere successo in un ambito, è bene curarsi della propria immagine ma l'importante è evitare menzogne, falsità e scorrettezze. 

Tipo 4= L'impulso creativo, la manifestazione e la profondità dei sentimenti sono dei punti di forza, non di debolezza! Se si è dotati di empatia, di sensibilità, si immaginazione, perché invidiare o addirittura odiare chi non è in sintonia con questo modo di sentire o chi ha doti e qualità diverse da queste?!

Tipo 5= La fame di conoscenza, la serietà, il non-attaccamento ai beni materiali, la capacità di studio e di riflessione riguardo soprattutto ad un ambito culturale, la capacità di ascolto verso il prossimo sono pregi da tenere stretti. Devono essere delle "finestre aperte sul mondo, sull'Universo", non dei pretesti per isolarsi secondo il principio del "Mi sento un alieno/a, tanto nessuno mi capisce veramente". Le relazioni sono un impegno e una bella sfida per questo carattere, ma è soprattutto qui che emerge l'immensa sensibilità che di solito un 5 tiene sotto la "scorza".

Tipo 6= La prudenza, il senso del dovere e il senso di responsabilità, la lealtà e l'onestà sono delle qualità che tutti dovrebbero avere, alle quali tutti dovrebbero aspirare. Il tipo 6, ancor più dei suoi vicini "geografici" 5 e  7,  rischia di farsi sommergere da ansia, apprensione, paura e preoccupazioni nelle situazioni della vita quotidiana. Certo, la paura è umana. Però bisogna anche saper vivere cercando di affrontarla: bravi i sei sessuali e i sei sociali che spesso ci riescono!

Tipo 7= Il considerare la vita come "contenitore pieno di possibilità e di opportunità", la ricerca della felicità, l'entusiasmo, il senso dell'umorismo sono qualità decisamente affascinanti! Però possono anche essere delle armi a doppio taglio, dipende dal percorso di vita e di maturazione che un 7 compie: a volte la tendenza a fuggire dal dolore e l'esplorare molte esperienze porta ad essere vuoti e superficiali, altre volte invece porta a vivere appieno il presente cercando di valorizzare il bicchiere mezzo pieno. Penso che nessun altro tipo caratteriale sappia valorizzare il bene e "l'attimo" come sa farlo un 7 allo stadio sano o, in espressioni più tecniche "abbastanza integrato". 

Tipo 8= La voglia di prevaricazione, l'arroganza, il deridere i punti deboli degli altri, l'attitudine a dominare rovina la propria vita e le vite altrui. L'autorità non è oppressione ma piuttosto guida, intelligenza, punto di riferimento e di sostegno.

Tipo 9= La calma, la pacatezza, il desiderare l'armonia con gli altri e con il mondo e in certi casi, la capacità di sanare i conflitti e di mediare penso che oramai appartengano a pochi, perché siamo in un mondo in cui ci si insulta e ci si aggredisce sui social. Purché questa calma non divenga indolenza, pigrizia e tendenza al rimandare di continuo!

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Da qui, lo ammetto, l'ho fatto per divertirmi un pochino. Ho provato a collegare caratteri e città italiane, caratteri e canzoni, caratteri e testi letterari. Magari non tutte le analogie saranno ben riuscite o magari non su tutte sarete d'accordo, ma dopo una spiegazione di letteratura latina ci voleva.

ENNEATIPI E STATI DEL MONDO:

Enneatipo 1= GERMANIA

Enneatipo 2= SPAGNA

Enneatipo 3= CINA

Enneatipo 4= FRANCIA

Enneatipo 5= NORVEGIA

Enneatipo 5 ala 4= AUSTRIA

Enneatipo 6= GIAPPONE 

Enneatipo 7= MESSICO

Enneatipo 8= STATI UNITI o FEDERAZIONE RUSSA

Enneatipo 9= CITTA' DEL VATICANO

Enneatipo 9 ala 1= SVIZZERA

ENNEATIPI E FRASI (con varianti, ali e sottotipi):

Enneatipo 1= Lo sapevi, peccare non significa fare il male: non fare il bene, questo significa peccare. (P. P. Pasolini)

Enneatipo 2 forte ala 1= Aiuta il tuo prossimo secondo le tue possibilità, e bada a te stesso per non cadere. (Siracide, 29, 20)

Enneatipo 2= La domanda più persistente e più urgente della vita è: "Cosa stai facendo per gli altri?"  (M. Luther King) 

Enneatipo 3= Stai lontano dalle persone che cercano di sminuire le tue ambizioni: le persone piccole lo fanno sempre, ma quelle veramente grandi ti fanno sentire che anche tu puoi diventare grande. (M. Twain)

Enneatipo 4= Ho la natura, l'arte, la poesia: se questo non è sufficiente cosa posso volere di più? (V. Van Gogh)

Enneatipo 4 ala 5= Quando perdiamo il diritto di essere diversi, perdiamo il privilegio di essere liberi (C. Evans Hughes)

Enneatipo 5 ala 4= La solitudine non è necessariamente nemica dell'amicizia e dell'amore. Nessuno è più sensibile di un solitario nelle relazioni. (C. Gustav Jung)

Enneatipo 5= Una vita senza ricerca non è degna per l'uomo di essere vissuta. (Platone)

Enneatipo 6= La casa non è dove sei nato ma dove ti vogliono bene (dal film "Il sole dentro)

Enneatipo 6 controfobico= Tutto quello che hai sempre voluto è sul lato opposto della paura (G. Addair)

Enneatipo 7 ala 6 = Il sole è nuovo ogni giorno (Eraclito)

Enneatipo 7= La felicità sono attimi e, quando arrivano, me li prendo senza esitare (Alda Merini)

Enneatipo 8= La prepotenza ti rende forte per un giorno, l'umiltà per sempre. (aforisma zen)

Enneatipo 9= La persona che non è in pace con se stessa sarà in guerra con il mondo intero. (M. Gandhi)

Enneatipo 9 ala 1 = Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. (Lev Tolstoj)