24 settembre 2021

"La figlia del capitano", Aleksandr Puskin:

Aleksandr Puskin aveva 37 anni quando era uscito questo suo ultimo romanzo, esattamente, il giorno precedente la sua morte. Puskin è stato indubbiamente un autore versatile: poeta, drammaturgo e autore di fiabe e di romanzi. Originario di Mosca, era di nobile famiglia e, da bambino, era stato istruito da precettori francesi e tedeschi. Alla fine degli studi liceali aveva ottenuto un incarico presso il Ministero degli Esteri ma, nel 1823, era stato licenziato per aver espresso le sue simpatie verso l'ateismo e le idee rivoluzionarie ostili allo strapotere dello zar. 

Più volte, nel corso della sua non lunga vita, Puskin era stato esiliato e fatto sorvegliare per ordine dello zar Nicola I. 

Inoltre, il matrimonio con Natalja non era stato esattamente tra i più felici: lei lo tradiva con numerosi amanti. Il 29 gennaio 1836 Puskin era morto sfidando a duello uno degli amanti della moglie.

Dopo questi brevi e pochi accenni biografici parto immediatamente con i punti della recensione e della riflessione sull'opera... Ho diversi paragrafi da scrivere, anche se, ovviamente, voi siete liberissimi di uscire in qualunque momento dalla pagina web.

1. RIASSUNTO DELLA PRIMA PARTE DEL ROMANZO:

Il protagonista è il giovanissimo Petr Grinev, unico figlio di un nobile ufficiale e dunque destinato alla carriera di sergente sin dal grembo materno. Fino ai 17 anni cresce in campagna a Simbirsk, dapprima sotto la tutela dell'ammirevole servo Savél'ic e poi nelle mani di un intelligente ma squilibrato precettore francese:

Dall'età di cinque anni ero stato affidato allo stalliere Savél'ic che, per suo sobrio comportamento mi era stato assegnato come maestro. Sotto la sua sorveglianza, a dodici anni avevo imparato a leggere e a scrivere in russo ed ero in grado di valutare con molto giudizio le doti di un levriero. In quel periodo papà mi prese un francese, ordinato da Mosca insieme alla scorta annuale di vino e di olio d'oliva. Il suo arrivo a Savel'ic dispiacque molto. 

Ad ogni modo, Petr è ancora adolescente quando il suo arcigno padre lo invia ad Orenburg per il suo primo servizio militare. Con la compagnia di Savé l'ic, Petr intraprende il viaggio. La prima sera lontano da casa, il ragazzo perde ben 100 rubli giocando ad una locanda con Zurin, capitano di un reggimento degli ussari. Il giorno seguente, dopo aver saldato il debito, Petr e Savél'ic proseguono il percorso ma, sorpresi da una violenta tempesta di neve, si trovano costretti ad affidarsi ad un vagabondo che indica loro la strada per un villaggio vicino. Dopo la sosta notturna in una locanda, Petr decide, come segno di riconoscenza, di regalare al vagabondo la sua pelliccia di lepre.

Pochi giorni dopo, Petr e il suo servitore raggiungono la fortezza Belogorsk, immersa nelle campagne innevate attraversate da un corso d'acqua quasi gelato:

Il sergente cosacco mi portò in un'izba sull'alta riva del fiume, proprio ai limiti della fortezza. Metà dell'izba era occupata dalla famiglia di Kùzov, l'altra l'assegnarono a me. Era formata da una stanza piuttosto ordinata divisa in due parti da un tramezzo. Savél'ic si mise a fare ordine: io mi misi a guardare dalla finestrella stretta. Davanti a me si estendeva la triste steppa. Di traverso c'erano alcune piccole izbe; per la via gironzolavano delle galline.

*L'izba è una casa contadina russa di solito costruita in legno.

Il giovane entra subito al servizio del mite capitano Mirònov e, in tempi rapidi, si affeziona al resto della famiglia. Masha (diminutivo di Marja) che, per l'appunto, è la figlia del capitano, diviene oggetto dei componimenti poetici di Petr, che le si dichiara ricambiato.

Tuttavia, ci sono tre ostacoli non facili da affrontare per i due giovani:

A) La rivalità amorosa con Alekséj, altro ufficiale al servizio di Mirònov. Tra Alekséj e Petr avviene un duello una mattina, a causa del quale Petr rimane ferito.

B) La violenta rivolta di Pugacev nella steppa e nelle campagne, cosacco che voleva abolire la servitù della gleba nell'Impero Russo (per questo c'è spazio nel paragrafo 5).

C) Il dissenso del padre di Petr al matrimonio.

2. LA RISPOSTA DEL PADRE ALLA LETTERA DI PETR:

Quando Petr invia una lettera ai genitori chiedendo il consenso paterno per il matrimonio con Marja, riceve questa risposta:

Figlio mio Petr, la lettera in cui chiedi la benedizione di noi genitori e il consenso al matrimonio con Marja Ivanovna Morònova l'abbiamo ricevuta il 15 di questo mese, e non solo non ho intenzione di darti né la mia benedizione né il mio consenso, ma per di più mi appresto a fare i conti con te per le tue malefatte e a darti una lezione come si deve, come ad un bambino, nonostante il tuo grado di ufficiale: perché hai dimostrato che non sei ancora degno di portare la spada, che ti è stata affidata per la difesa della patria, e non per duelli con lestofanti di fatta par tua. Scriverò immediatamente ad Andréj Kàrlovic chiedendogli di trasferirti lontano dalla fortezza Belogòrskaja, dove ti possa passare la stupidità.

Però... Con la magnanimità ci andava a braccetto quest'uomo!

Se nella Mostellaria, la scorsa settimana, abbiamo incontrato la figura di un padre moolto ingenuo e ingannato, qui invece abbiamo a che fare con un genitore severissimo, autoritario, la cui ottica è sostanzialmente la seguente: "Tu, figlio, hai il mio appoggio soltanto se fai quello che ti dico io e soltanto se ti comporti bene. Non puoi permetterti di sbagliare, mai. Altrimenti meriti il mio disprezzo". 

Questa lettera non è affatto l'unico episodio in cui il signor Grinev manifesta durezza verso il figlio. Si può tranquillamente affermare che questo padre nutre più fiducia e attribuisce più credibilità alle istituzioni militari e governative che non ad un figlio che, in fin dei conti, è un buon ragazzo alla scoperta del mondo e delle sue insidie.

Abbastanza significativa, in questo romanzo, è la componente onirica: infatti, pochi giorni prima di ricevere la lettera paterna, Petr sogna di ritornare a casa da Orenburg. Nel sogno vede la madre piangente che gli annuncia la morte del padre. Ma, quando sale in camera, Petr si accorge che sdraiato sul letto non c'è il padre morto, bensì un uomo bello sveglio e in carne che, una volta accortosi della presenza di Petr, prende un'accetta e inizia a corrergli contro.

Questo sogno del protagonista può essere interpretato come un presagio di due eventi: il dissenso paterno (che una parte di Petr si aspettava) e l'arrivo, di lì a poco, di Pugacev e dei suoi compagni cosacchi, pronti a mettere a soqquadro i villaggi russi e pronti a bruciare, saccheggiare, impiccare e violentare. Per un pelo Petr scampa all'impiccagione. Durante la guerra di Pugacev invece perdono la vita il capitano Mirònov e la moglie la quale, a mio avviso, è un'ottima allieva di San Paolo apostolo: "Moglie è marito non sono forse una sola carne e un solo spirito?".

*I cosacchi erano i nomadi che percorrevano le steppe della Russia Meridionale.

3.DESCRIZIONE DI UN MIO SOGNO:

Come li considerate e come li interpretate i vostri sogni? Hanno avuto o hanno un minimo di attinenza con la vostra quotidianità? Riuscite a ricordarne uno di significativo?

Io vi racconto il mio di stanotte.

Guidavo. All'inizio del sogno era estate e c'era caldo. Mi ricordo bene tutte le vie e tutti i luoghi di Villafranca che ho percorso e passato, ma arrivo al punto in cui oltrepasso la zona del Tione, dell'Ospedale e del negozio di elettrodomestici. Ero ormai fuori città, in mezzo ai campi della pianura. Non c'era più il sole estivo, ma la nebbia. Una nebbia abbastanza alta. Non capivo più dove fossi esattamente. Ero in mezzo a un sentiero di campagna che non avevo mai conosciuto né attraversato prima!

Sono scesa dall'auto. Ero vestita così, come al giorno della discussione della tesi. Avevo freddo e niente per coprirmi.

Essendo sola avevo anche un pochino di paura. Ad un tratto però, abbracciata proprio da un leggero manto di nebbia, ho intravisto una casa di legno e l'ho raggiunta. Ero convinta, mentre la raggiungevo, che non ci fosse nessuno al suo interno. Invece, non appena apro la porta, mi trovo davanti una donna intorno ai 40 anni, con un vestito grigio lungo, un bambino pallidissimo e immobile in braccio. Il suo sguardo era severo. "Ciao Anna. Ti aspettavo", mi aveva detto. Sapeva tutto di me. In pochi minuti mi sono sentita la sintesi di ciascuna delle fasi di vita che finora ho attraversato: infanzia, medie, adolescenza, università. Sapeva tutto: come mi ero comportata, che scelte avevo fatto. Io, un po' stupefatta e un po' impaurita dalla sua severità e autorevolezza, sentivo la lingua attaccata al palato. 

Poi la signora si era avvicinata a me. E' stato allora che mi sono resa conto che suo figlio, molto simile a lei nei tratti, era... morto. "Mi dispiace molto", sono riuscita a dirle. 

A quel punto la donna in grigio mi ha accompagnato verso due poltrone. 

"Signora, non so esattamente dove sono. Improvvisamente è inverno e... devo ritornare a casa."

"Prima però devo farti due domande. Tu sei una ragazza che in questi anni ha dimostrato di essere brillante negli studi e di essere dotata di belle capacità umane. Eppure non ti vedo stare bene con te stessa. Come mai questo "male di vivere"? Cosa significa per te amare?". Il tono di voce della donna era già più morbido.

"Non posso essere tanto contenta, perché, se amare vuol dire soltanto appassionarsi alla letteratura, aiutare in casa e svolgere volontariato, non posso più essere pienamente soddisfatta. Vorrei potermi donare in maniera più profonda. poter trasmettere la passione per la vita e per i libri. Portare un figlio dentro di me, dare ogni giorno la vita per mio marito e per i miei figli. Questo per me è amare veramente".

A quel punto lo sguardo della signora si era fatto tenero. E mi sono sentita rispondere: "Ventisei anni sono ancora pochi. C'è tempo. Presto affronterai un periodo di grandi cambiamenti. E l'anno del tuo matrimonio non è così lontano come credi".

A quel punto c'era stato un silenzio nel nostro dialogo. 

E la voce della signora in grigio si era di nuovo un pochino indurita: "Non mi credi, vero? Ti ricordo che a te non è dato conoscere il futuro. Quel che invece dovresti fare è recuperare un po' di fiducia in te stessa".

A quel punto il sogno si è interrotto, visto che mi sono svegliata. Era ancora mattina presto. Mentre pulivo i pavimenti delle camere mi sono messa a piangere. Poi però ho iniziato a stare un po' meglio. Sto già meglio.


4.  IL ROMANZO LA FIGLIA DEL CAPITANO PUO' ESSERE CLASSIFICATO IN UN DETERMINATO GENERE?

NO. 

E mi permetto di affermare che è un'idiozia insegnare a suddividere rigidamente i romanzi in generi letterari, sia alle medie che al primo biennio di scuola superiore! In effetti, docenti e libri universitari ci hanno caldamente invitato a cambiare modo nello spiegare i generi letterari, che non vanno affatto divisi in compartimenti stagni! Come se un romanzo giallo non potesse assolutamente avere ad esempio anche una buona componente psicologica o storica! Allora si illustrano brevemente e chiaramente i significati di "storico", "sociale", "di formazione", "horror", "fantasy", "psicologico" e poi si precisa che uno non esclude gli altri.

In quale genere collochereste ad esempio I Promessi sposi del nostro grande Alessandro? Provate a dirmi "solo storico" per farmi saltare i nervi! E' riduttivo!!! Alessandro Manzoni non è forse il più grande scrutatore della psiche umana, soprattutto nella sezione dedicata all'Innominato? 

Il quarto capitolo, il nono e il decimo e il ventiduesimo appartengono al genere biografico: rispettivamente, la vita di Fra' Cristoforo/Lodovico, l'infanzia e l'adolescenza della Monaca di Monza e il vissuto di Federigo Borromeo. E pensate poi alla sezione dei capitoli XII°-XVII°: Renzo a Milano. Non è forse questa una sezione che si avvicina molto al romanzo di formazione? Se la lenta e inesorabile scalata verso i 30 non inganna la mia memoria, mi pare che Renzo venga messo a dura prova in quei sei capitoli e mi pare che ne esca più assennato e più astuto.

A tutte queste componenti aggiungete sicuramente anche quella sociale: si dà voce al travagliato percorso, esistenziale, spirituale ed economico di due umili, si parla di nobili oppressori, di leggi ingiuste scritte con toni barocchi e roboanti, delle conseguenze su famiglia e società della peste bubbonica del 1630, si parla dell'assalto dei forni a Milano da parte di una folla che non reggeva più l'aumento del prezzo del pane e della farina.

Ad ogni modo, come si classifica in modo decente La figlia del capitano?

Romanzo storico, prima di tutto, visto che il suo autore lo ambienta nella Russia della seconda metà del Settecento. Ma anche romanzo di formazione: Petr Grinev all'inizio è "il ragazzino di mamma", molto amato anche dal fedele Savél'ic. Ma le difficoltà, la rivoluzione e un'accusa ingiusta lo rendono uomo. Uomo e cavaliere della sua Masha. La figlia del capitano è dotato quindi anche di una componente romantica. E c'è anche una componente sociale: si imparano piuttosto bene le disuguaglianze delle classi sociali della Russia di 250 anni fa.

Vedete come la letteratura è nemica della superficialità?!

5.GUERRA DI PUGACEV, CENNI STORICI:

Per "guerra di Pugacev" si intende un periodo compreso fra il 1773-1775, anni in cui Emel'jan Pugacev, cosacco molto abile nel combattimento dal momento che era stato tenente dell'esercito imperiale, aveva approfittato per proclamarsi zar, dal momento che l'imperatrice dell'epoca, Caterina II, era impegnata in un conflitto con l'Impero Ottomano.

Pugacev aveva dunque assunto il nome di Pietro III e pretendeva di essere riconosciuto come tale dai contadini e dai soldati delle steppe russe. Chi non lo riconosceva imperatore era destinato all'impiccagione immediata. Negli anni della rivolta, il falso Pietro III aveva dichiarato l'abolizione della servitù della gleba.

Il vero Pietro III, di origini tedesche, era stato zar della Russia e marito di Caterina soltanto per 6 mesi; dopodiché, la moglie lo aveva esiliato: lo disprezzava di brutto e, d'altro canto, Pietro III non si era mai sentito adeguato al ruolo di zar.

Ma, nell'inverno 1775, lo pseudo-governo di Pugacev era stato represso dalla stessa Caterina II che aveva di conseguenza fatto arrestare e giustiziare Pugacev e tutti i collaboratori. Pugacev è stato decapitato... orribile destino riservato unicamente agli attentatori dell'Impero Russo. 

Posso dire che Puskin è stato intelligente nella stesura di questo romanzo? La componente storico-realistica è molto importante in  quest'opera, tuttavia, il lettore non prova mai odio per un Pugacev che fa mettere a morte degli ufficiali e ricorre alla prepotenza.

Indubbiamente quindi si tratta di un romanzo sulla misericordia e sulla carità: Pugacev, prima di iniziare a suo rischio e pericolo una rivoluzione armata, è stato un uomo che ha indicato la strada a Petr per una locanda. E' stato un uomo che camminava solo, al freddo, in mezzo ad una tempesta di neve. Era lui il viandante che aveva proprio bisogno della pelliccia!!

Adesso capite il motivo per cui Pugacev risparmia la vita sia a Petr che a Savé l'ic? Perché li riconosce e ricorda questo atto di generosità. 

Emel'jan Pugacev, prima di divenire un sanguinario che incute terrore, è un essere umano che conduce una vita precaria, senza una dimora fissa, senza ricchezze. Un'esistenza che prova rabbia per le ingiustizie subite dai poveri. La rivolta di Pugacev mirava a dare più diritti ai contadini russi.

(Se non vi ho scritto la trama per filo e per segno fino alla fine è perché vi consiglio questo libro piuttosto caldamente).

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