19 giugno 2024

Giuseppe Parini e il degrado morale dell'aristocrazia:

Giuseppe Parini è l'autore del poema Il Giorno, satira antinobiliare suddivisa in quattro parti: Il Mattino, Il Meriggio, Il Vespro e La Notte.

A) CONTENUTI E INTENTI:

Il tema cardine del Giorno è la giornata tipica di un giovane aristocratico.

In quest'opera Parini si propone come precettore del giovin signore, personaggio principale del poema. 

In realtà il poeta finge di educare il protagonista per mettere in luce prima di tutto gli immeritati privilegi di cui l'aristocrazia gode e poi smaschera anche i vizi del giovane e l'assenza di vita interiore della nobiltà italiana del XVIII° secolo.

All'interno del poema l'ironia è palese soprattutto nei punti in cui il poeta sacralizza oggetti e personaggi: il giovin signore è definito come gemma degli eroi, la toilette della dama ara tutelar di sua beltade.

Vi proporrò due estratti che mettono in evidenza le enormi differenze di modus vivendi tra la degenerazione di un mondo agiato ma senza cultura, senza umanità e senza morale e la classe contadina, connotata in modo operoso e attivo.

Molti critici concordano nell'affermare che questa contrapposizione è un giudizio etico di Parini fondato sul rifiuto delle ingiustizie e sull'apprezzamento di un mondo lavoratore e oppresso.

B) MATTINO, VV.33-64:

  1. Sorge il Mattino in compagnia dell’Alba prima
  2. del Sole, che in seguito compare enorme
  3. sull’estremo orizzonte e porta beatitudine

  4. agli animali, alle piante, ai campi e alle onde.
  5. Allora il buon contadino si alza dal caro letto
  6. che la moglie fedele e i suoi figli hanno intiepidito
  7. durante la notte; poi, portando in spalla i sacri
  8. attrezzi che per prime scoprirono Cerere e Pale,

  9. si dirige verso i campi spingendo avanti il bue
  10. che procede lentamente, e lungo il piccolo
  11. sentiero scuote dai rami ricurvi la rugiada che,
  12. come fosse una pietra preziosa, riflette i raggi
  13. del sole nascente. Allora si alza l’artigiano,

  14. e riapre la rumorosa officina, e torna ai lavori
  15. non terminati il giorno prima, sia se deve fare
  16. chiavi complesse da eseguire e serrature
  17. ferrate che assicurino i forzieri del ricco
  18. tormentato, sia se vuole intagliare gioielli

  19. e recipienti d’argento e d’oro, ornamento
  20. per una novella sposa o per una tavola.
  21.    Ma che? Tu inorridisci e drizzi sul capo
  22. i capelli come un istrice pungente,
  23. al suono delle mie parole? Ah non è questo,

  24. Signore, il tuo mattino. Tu col sole calante
  25. al tramonto non ti sei seduto a consumare
  26. una povera cena, e non andasti a coricarti
  27. su uno scomodo giaciglio alla luce del fioco
  28. crepuscolo, come è costretto a fare l’umile popolo.

  29. A voi, prole di origine divina, a voi, adunanza
  30. di Semidei in terra, altro concesse il benigno Giove:
  31. e con principi e regole diverse è meglio
  32. che vi conduca per una strada differente.

v.33-34=Sorge il Mattino in compagnia dell’Alba prima/del Sole...

Gli elementi naturali qui sono personificati.

v.37-38-39= Allora il buon contadino si alza dal caro letto/che la moglie fedele e i suoi figli hanno intiepidito/durante la notte...

La famiglia si trova costretta a dormire in un solo letto.

v.40-41=attrezzi che per prime scoprirono Cerere e Pale,/si dirige verso i campi spingendo avanti il bue...


Questi versi possono avere due interpretazioni: gli attrezzi agricoli sono sacri per la loro origine divina dal momento che secondo la mitologia sarebbero stati inventati da due dee: Cerere, dea delle messi e Pale, dea degli armenti. Tuttavia, gli strumenti agricoli sono considerati sacri anche per lo scopo a cui sono destinati.

v.44-45=come fosse una pietra preziosa, riflette i raggi/del sole nascente.

Per me è una bellissima immagine! Il sole rifrange i suoi raggi attraverso gocce di rugiada che sembrano pietre preziose.

v.53= Ma che? 

Qui avviene il passaggio che riporta il discorso al suo scopo iniziale: illustrare al protagonista le occupazioni mattutine.

vv.61-64A voi, prole di origine divina, a voi, adunanza/di Semidei in terra, altro concesse il benigno Giove:/e con principi e regole diverse è meglio/che vi conduca per una strada differente.

Parini dichiara qui di dover condurre i nobili per una strada differente, con argomenti diversi da quelli impiegati per i comuni mortali.

C) IL VESPRO, VV.1-25:

Ma degli augelli e de le fere il giorno
e de' pesci squammosi e de le piante
e dell'umana plebe al suo fin corre.
Già sotto al guardo de la immensa luce
sfugge l'un mondo: e a berne i vivi raggi
5
Cuba s'affretta e il Messico e l'altrice
di molte perle California estrema:
e da' maggiori colli e dall'eccelse
rocche il sol manda gli ultimi saluti
all'Italia fuggente; e par che brami
10
rivederti o signor prima che l'Alpe
o l'Appennino o il mar curvo ti celi
agli occhi suoi. Altro finor non vide
che di falcato mietitore i fianchi
su le campagne tue piegati e lassi,
15
e su le armate mura or braccia or spalle
carche di ferro, e su le aeree capre
degli edifici tuoi man scabre e arsicce,
e villan polverosi innanzi ai carri
gravi del tuo ricolto, e sui canali
20
e sui fertili laghi irsuti petti
di remigante che le alterne merci
a' tuoi comodi guida ed al tuo lusso;
tutti ignobili aspetti. Or colui veggia
che da tutti servito a nullo serve.

In questo passaggio del poema vi è una nuova antitesi tra l'aristocrazia che esce di casa per feste e balli e il mondo naturale, al quale contadini e artigiani sono connessi, che si avvia al riposo dopo una giornata faticosa.

vv.1-13= Il sole tramonta per sorgere in un altro emisfero. In apparenza il sole fugge ma l'aggettivo fuggente concorda con Italia visto che è il moto della Terra a determinare la durata del giorno e della notte.

Mar curvo è un altro attributo scientificamente preciso perché allude alla curvatura terrestre.

v.16= le armate mura sono le mura delle fortezze. Le spalle e le braccia cariche di ferro appartengono a soldati e operai.

v.17= aeree capre si riferisce ai palchi alti sui quali lavorano i muratori.

v.25= Si tratta di un verso fortemente critico nei confronti del giovin signore, servito, accontentato e riverito da chiunque ma, di fatto, un automa senz'anima privo di spiritualità e senza possibilità di riscatto.


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