27 novembre 2024

"IL PRINCIPE"- N. MACHIAVELLI (PT.1)

A cavallo tra novembre e dicembre sono previsti alcuni post sul tema "letterati e artisti al servizio del potere principesco".

Iniziamo con alcune riflessioni a due menti, suddivise a loro volta in due distinti post, a proposito del Principe di Machiavelli.

Presenteremo soltanto alcuni capitoli del trattato cercando di riflettere anche sul modo in cui possono risultare attuali.

"La grandezza di Machiavelli consiste nel fatto che, agli albori della nuova società, egli ha riconosciuto la possibilità di una scienza della politica e ne ha formulato in modo semplice e preciso i lineamenti fondamentali. (...) Nel Principe sono posti singoli problemi politici, importanti soprattutto per un principe, che poi vengono trattati ciascuno in un capitoletto, di regola anch'essi alla luce di esempi."

(Max Horkheimer, "Gli inizi della filosofia borghese della storia")

INTRODUZIONE AL TRATTATO:

Sono convinto che Il Principe sia un tentativo di analisi scientifica della politica. 

Tuttavia non va dimenticato che l'autore toglie la morale dalla trattazione politica e, in alcuni passaggi, mescola la storia con la mitologia. 

Machiavelli dedica quest'opera a Lorenzo de' Medici, figlio di Piero de' Medici, nipote di Papa Leone X°, eletto nel 1513.

Pigli adunque vostra Magnificentia questo piccolo dono con quello animo che io lo mando; il quale se da quella fia diligentemente considerato e letto, vi conoscerà drento uno estremo mio desiderio, che Lei pervenga a quella grandezza che la fortuna e le altre sua qualità li promettano. E, se Vostra Magnificentia dallo apice della sua altezza qualche volta volgerà gli occhi in questi luoghi bassi, conoscerà quanto indegnamente io sopporti una grande e continua malignità di fortuna.

L'estratto è un accenno alle difficili condizioni in cui l'autore era costretto a vivere affinché il signore intervenisse in suo favore: Machiavelli era infatti stato accusato di aver preso parte alla congiura per assassinare Giuliano de' Medici.

Sono rimasto colpito da un altro passaggio in questa introduzione al trattato:

... così come coloro che disegnono e' paesi si pongano bassi nel piano a considerare la natura de' monti e de' luoghi alti, e per considerare quella de' bassi si pongano alto sopra i monti, similmente a conoscere bene la natura de' populi bisogna esser principe, et a conoscere bene quella de' principi bisogna esser populare.

Machiavelli ci comunica che bisogna essere degli attenti osservatori esterni per studiare bene i fenomeni politici e sociali.

Attualmente in una quotidianità nella quale siamo fruitori di molte informazioni, visto che Internet è a portata di clic, è necessario essere degli attenti osservatori, ma, aggiungerei, anche persone capaci di pensiero critico.

ANALISI DI ALCUNI CAPITOLI:

RUASSUNTO CONTENUTI CAPITOLO I°:

("Quod sint genera principatuum et quibus modis acquirantur")

Uno stato è o una Repubblica o un Principato retto da un sovrano. I Principati possono essere ereditari o nuovi, come il Ducato di Milano per Francesco Sforza oppure anche nuove acquisizioni di uno stato ereditario come ad esempio Napoli per il Re di Spagna.

I Principati nuovi si acquisiscono con le armi proprie o con quelle d'altri, con la virtù o con la fortuna.

 CAPITOLO III°:

("De principatibus mixtis")

In questo capitolo è evidente che per Machiavelli l'occupazione militare viene considerata inutile. Oltretutto, mantenere un Principato nuovo è difficile ed è quindi necessario che il Principe risieda nello Stato appena conquistato.

Viene portato subito un esempio storico: Luigi XII° di Francia ha conquistato e poco dopo perso il Ducato di Milano visto che ha deluso le aspettative del popolo. Milano è stata occupata dalle truppe francesi, guidate da Trivulzio, nel 1499. 

Trivulzio era un milanese esiliato in Francia. 

A seguito di questa occupazione militare Ludovico Il Moro, duca cacciato da Milano, si era rifugiato in Germania dall'imperatore Massimiliano. Ma pochi mesi dopo i milanesi erano insorti contro Trivulzio e contro Luigi XII°.

Re Luigi XII° vantava discendenze da Valentina Visconti e Luigi d'Orleans, per questo aspirava a conquistare il ducato di Milano. Tuttavia il suo errore è stato, per Machiavelli, non risiedere nel territorio occupato.

L'autore continua le sue argomentazioni suggerendo l'iniziativa di insediare colonie come nuovi stati.

Nelle colonie non si spende molto; e sanza sua spesa o poca, ve le manda e tiene, e solamente offende coloro a chi toglie e' campi e le case, per darle a' nuovi abitatori, che sono una minima parte di quello stato; e quelli ch'elli offende, rimanendo dispersi o poveri, non li possono mai nuocere; e tutti li altri rimangono da uno canto inoffesi, e per questo dovrebbero quietarsi, dall'altro paurosi di non errare, per timore che non intervenissi a loro come a quelli che sono stati spogliati.

Concludo che queste colonie non costano, sono più fedeli et offendono meno, e li offesi non possono nuocere, sendo poveri e dispersi, come è detto.

Le colonie sono terre confiscate da assegnare ai coloni del proprio stato dopo aver tolto territori solo ad un gruppo di autoctoni che poi non ha appoggi per organizzare rivolte. 

Isolare e mettere in secondo piano i bisogni e le istanze di un gruppo per accontentarne un altro: questo mi ricorda gli attuali partiti che, come suggerisce la parola, sono così chiamati perché si rivolgono soprattutto ad una parte della popolazione di uno stato. I partiti in effetti sono nati come associazioni di cittadini che condividono una determinata idea politico-sociale e anche un determinato programma da realizzare nell'eventuale elezione a governo.

I partiti di Centro devono allearsi o con una destra o con una sinistra per salire al potere, visto che da soli non avrebbero consistenza: per loro natura moderati, senza l'appoggio di un altro partito che sia o conservatore o social-progressista, tenderebbero a cercare di accontentare tutti per ottenere il consenso di qualsiasi categoria di cittadini e di lavoratori, che si tratti di pensionati, imprenditori o di dipendenti pubblici o privati.

 CAPITOLO VI°:

("DE PRINCIPATIBUS NOVIS QUI ARMIS PROPRIIS ET VIRTUTE ACQUIRUNTUR")

Io invece sono rimasta piuttosto affascinata dal sesto capitolo, relativo al caso in cui un privato cittadino diventa governatore fondando uno stato.

...Ma, per venire a quelli che per propria virtù e non per fortuna sono diventati principi, dico che li più eccellenti sono Mosè, Ciro, Romulo, Teseo e simili.

Machiavelli ci fornisce un elenco di personaggi che sono divenuti capi di popoli per proprie virtù. Tuttavia è fondamentale specificare che Ciro è l'unica figura storica e reale. Si tratta del fondatore del regno persiano:

Bisognava che Ciro trovassi e' Persi malcontenti dello imperio de' Medi, e li Medi molli et effeminati per la lunga pace.


Il Regno dei Medi era il più grande stato dell'Asia occidentale tra VII° e VI° secolo a.C. e, sotto il governo di Astiage, i Medi hanno potuto godere di un lungo periodo di pace e di serenità. In seguito questa popolazione è stata sottomessa da Ciro. Dunque è iniziato il Regno persiano fino a Dario III°.

Quanto agli altri personaggi menzionati: Mosè è un personaggio fondamentale nel libro dell'Esodo, è il salvatore del popolo ebraico dalla schiavitù d'Egitto, Romolo è il leggendario fondatore di Roma e Teseo è un eroe e re ateniese del XII° secolo a.C.

Credo che in questo capitolo sia stato introdotto il principio di imitazione, affinché i governanti dell'epoca di Machiavelli potessero ispirarsi a dei modelli tratti dalla storia, dalla mitologia e dalle leggende dell'antichità.

I nostri politici italiani ed europei hanno dei modelli di riferimento?

In ogni caso, Machiavelli qui cita Gerone di Siracusa, vissuto circa tra il 263 e il 214 a.C. che, da cittadino privato è divenuto governatore della città siciliana. L'occasione, per questo personaggio storico, di acquisire il potere, è stata la condizione del suo popolo:

...perché, sendo li Siracusani oppressi, lo elessono per loro capitano; donde meritò d'esser fatto loro principe. E fu di tanta virtù, etiam in privata fortuna, che chi ne scriva dice: "quod nihil illi deerat ad regnandum praeter regnum. Costui spense la milizia vecchia, ordinò della nuova, lasciò le amicizie antiche, prese delle nuove; e, come ebbe amicizie e soldati che fussino sua, possé in su tale fondamento edificare ogni edificio: tanto che lui durò assai fatica in acquistare, e poca in mantenere.

 CAPITOLO IX°

("De principatu civili")

Si potrebbe riassumere il contenuto di questo capitolo così: un privato diventa governatore del suo paese o per il favore dei suoi concittadini oppure per il favore dei grandi.

Tuttavia, Machiavelli tiene presente che chi governa grazie al favore dei grandi regge il proprio principato con fatica perché può essere tradito dai suoi pari.

I grandi infatti non si possono manovrare a proprio piacimento, invece, chi arriva al principato da solo, ha pochi ribelli e pochi nemici interni se è stato eletto con il favore popolare:

Debbe pertanto uno che diventi principe mediante el favore del populo, mantenerselo amico; il che li fia facile, non domandando lui se non di non essere oppresso. Ma uno che contro al populo diventi principe con il favore de' grandi, debbe inanzi ad ogni altra cosa cercare di guadagnarsi el populo; il che li fia facile quando pigli la protezione sua.

 CAPITOLO XI°:

("De Principatibus ecclesiasticis")

Una volta ottenuto il potere papale, il Principe può essere certo di riuscire a mantenerlo, indipendentemente dal modo in cui si comporta, visto che questo tipo di potere è sostenuto dalla consuetudine della religione cristiana cattolica:

Costoro soli hanno Stati e non gli difendono, hanno sudditi e non gli governano; e gli Stati, per essere indifesi, non sono loro tolti; e li sudditi, per non essere governati, non se ne curano, nè pensano nè possono alienarsi da loro. Solo adunque questi Principati sono sicuri e felici. Ma essendo quelli retti da cagioni superiori, alle quali la mente umana non aggiugne, lascerò il parlarne, perchè essendo esaltati e mantenuti da Dio, sarebbe ufficio d’uomo presuntuoso e temerario il discorrerne.

In seguito Machiavelli, molto contrario allo stretto connubio tra politica e religione, afferma l'enorme influenza del potere temporale nel tempo in cui vive e nel contesto delle dinamiche europee, citando come esempi Alessandro VI° e Giulio II° che, dopo aver sottomesso l'attuale Emilia-Romagna allo Stato della Chiesa, ha lasciato a Leone X° suo successore un vasto territorio acquisito.

La Chiesa deve intervenire direttamente sulle decisioni prese in politica oppure è molto meglio che goda della semplice facoltà di consigliare i fedeli ad adottare un determinato stile di vita e a perseguire l'impegno sociale?

L'epoca del potere temporale è terminata, così come il ruolo politico e militare dei pontefici. Alessandro VI° e Giulio II° erano figli del loro tempo.

Ai nostri giorni, come i cattolici si rapportano con la figura del Papa? 

Il Papa, per i cristiani cattolici, è una guida spirituale. Il problema è quando accettano e approvano in modo acritico tutto ciò che dice, trascurando il fatto che il fulcro del cristianesimo è la persona di Gesù, non il devozionismo al Pontefice! Il Papa non è una divinità, è il capo della Chiesa.

Recentemente, a Papa Francesco è stato chiesto: "Se Dio esiste, perché c'è anche il male?". E la sua risposta è stata: "Dio non ha la bacchetta magica". 

Dio non è una creatura fiabesca. Questa è forse una risposta che piacerebbe ai bambini. Per i cristiani Gesù si è fatto uomo, è stato crocifisso ed è risorto. La Fede non è letteratura. Joseph Ratzinger, con le sue riflessioni teologiche, non avrebbe mai e poi mai dato questa riposta.

Tra le molte promesse fatte ai lettori di questo post c'era anche una recensione del film su Papa Francesco: "Chiamatemi Francesco". Credo ad ogni modo che, con i tempi che corrono, sia necessario un papa come Bergoglio: forse, con la sua semplicità, ponendo l'accento su valori di vita come l'accoglienza, la pace e la solidarietà e condannando i mali della società e anche del clero, riesce a far breccia anche nei non credenti e nei fedeli di altre religioni che possono apprezzarlo.

Da qualche giorno ritengo che il 25 novembre dovrebbe essere la giornata internazionale per l'eliminazione di ogni forma di violenza, non soltanto per contrastare quella di genere.

Il capitolo 12 del mio libro "L'umanità è nelle nostre mani" calza a pennello a questo proposito:


❗SEGNALI PER RICONOSCERE UNA RELAZIONE PERICOLOSA

https://youtu.be/fxoNY-R_1VM?si=PBfTmw8oN8kUo1mj

Molto istruttivo, soprattutto per i più giovani. Lo ritengo uno dei migliori video di Lorenzon. 

E, soprattutto, valido per qualsiasi dinamica di rapporto tossico o pericoloso e abbastanza incisivo da far riflettere anche sui rapporti diversi da quelli affettivi che non funzionano.

Se, da una parte, sto costruendo una relazione affettiva meravigliosa, dato che nel mio caso il fidanzato corrisponde anche al mio migliore amico, dall'altra mi rendo conto di ritrovarmi imprigionata sempre nelle stesse tristi dinamiche dal punto di vista dei rapporti di amicizia. 

Ogni volta che stringo un'amicizia (che non dura!) mi imbatto sempre nello stesso tipo di ragazza: bisognosa di ascolto, chiusa, lunatica, negativa, ancora più introversa di me. Mi va meglio con amicizie maschili, dico davvero

Sin dalle scuole elementari mi sono ritrovata ripetutamente coinvolta in rapporti di amicizia con bambine, ragazze e donne caratterizzati da questa involuzione:

1) Avvicinamento.

2) Grande intesa iniziale con la condivisione di esperienze.

3) "Idealizzazione" di me da parte di amiche di questo genere e molta contentezza da parte mia.

4) Dinamica di bisogno emotivo e di "rapporto asimmetrico": da parte loro scompare la voglia di condividere cene, caffè, camminate, interessi. Io sono necessaria soprattutto per un loro frequente bisogno di lamentarsi con me per ciò che non va nella loro vita. Se io ho una giornata grigia o momenti difficili a queste amiche non importa, perché in quel caso adottano la tattica di cambiare discorso.

5) Travisamento della realtà. Inizio a diventare io distante e molto meno interessata, mentre amiche di questo genere mi dicono e ripetono: "Vuoi isolarti? Te la tiri?" "Dobbiamo esserci l'una per l'altra", "Non troverai una come me che ti ascolta così tanto e sopporta il tuo modo di comportarti".

6) Rottura del rapporto: certo, ho un cuore di panna, ma non sono il secchio delle eterne malinconie altrui e non mi piace che qualcuno dipenda troppo da me. Per cui, oltre a chiudere, prendo parole, in diversi casi anche offensive.

Per le mie esperienze questo è un ciclo che continua a ripetersi, anche ora. E secondo me è grave, non sono più né un'adolescente né una ventenne. A poco meno di trent'anni, continuare a sperimentare queste dinamiche di amicizie poco costruttive con persone del mio stesso sesso, inizia a diventare grave. Come mai attiro ragazze così?


Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.