9 dicembre 2014

Petrarca e Alfieri: l'inquietudine che pervade l'animo umano


 Nel mese di ottobre, mi è capitata una cosa che non avrei mai potuto prevedere: mi sono trasferita dall'Università di Brescia all'Ateneo di Verona... per diversi motivi che non ritengo opportuno elencare... 

Finora sono molto soddisfatta di questo cambio repentino, dal momento che l'Università veronese mi ha offerto, mediante un'interessante conferenza tenuta da un amico del mio docente di letteratura italiana, l'opportunità di riflettere sulla tematica del dissidio interiore e del tedio in letteratura. Sono dunque riuscita a stabilire un'analogia tra Francesco Petrarca e Vittorio Alfieri, due grandi letterati italiani vissuti in epoche diverse (il primo nel Trecento, il secondo nel Settecento). 

Francesco Petrarca


"Pace non trovo, et non ò da far guerra;
et temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio;
et volo sopra 'l cielo, et giaccio in terra;
et nulla stringo, et tutto 'l mondo abbraccio.

Tal m'a' in pregion, che non m'apre nè serra,
nè per suo mi riten nè scioglie il laccio;
et non m'ancide Amore, et non mi sferra,
nè mi vuol vivo, nè mi trae d'impaccio.

Veggio senza occhi, et non ò lingua, et grido;
et bramo di perir, et cheggio aita;
et ò in odio me stesso, et amo altrui.

Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte et vita:
in questo stato son, donna, per voi."

(F. Petrarca, Canzoniere, sonetto CXXXIV)




In questo celebre sonetto viene affrontata la tematica della sofferenza d'amore che non fa trovare pace al poeta. Il componimento presenta innanzitutto una disposizione equilibrata e armonica delle parole all'interno dei versi: già nel primo verso infatti, è possibile rilevare l'antitesi "pace/guerra", i cui termini vengono posti agli estremi del verso. E' possibile rilevare la regolarità della disposizione delle parole anche in versi come:"et volo sopra il cielo, et giaccio in terra", "et nulla stringo, et tutto 'l mondo abbraccio", "et non m'ancide (uccide) Amore, et non mi sferra (non mi libera dalle catene)". Si contano circa quindici antitesi all'interno del sonetto, nella maggior parte dei casi, formate da due termini coordinati ma concettualmente opposti "et temo et spero".
Certamente questa poesia è famosa per i suoi numerosi artifici linguistici, ma, nonostante ciò, riesce a esprimere con chiarezza l'angoscia del poeta, tormentato da un folle sentimento di passione amorosa per Laura. D'altra parte, la frequenza della congiunzione "et" conferisce al testo una sorta di "pathos", di tensione febbrile che prefigura alla condizione di un forte conflitto interiore.

Vittorio Alfieri

Ed è proprio dal punto di vista tematico che il presente componimento di Petrarca è abbastanza simile ad una poesia scritta da Alfieri negli ultimi anni della sua vita:

 
"Sperar, temere, rimembrar, dolersi;
sempre bramar, non appagarsi mai;
dietro al ben falso sospirare assai,
né il ver (che ognun ha in sè) giammai godersi;
Spesso da più, talor da men tenersi;
ne appien conoscer sè che in braccio a' guai ;
e, giunto all'orlo del sepolcro omai,
della mal spesa vita ravvedersi;
Tal, credo, è l'uomo, o tale almen son io:
Benché il core in ricchezze o in vili onori
non ponga, e Gloria e Amore a me sien Dio.
L'un mi fa di me stesso viver fuori:
dell' altra in me ritrammi il bel desio:
Nulla ho d'ambi finor che i lor furori.


(Vittorio Alfieri, "Rime"- dalla parte prima)


 Il sonetto presenta tre elementi autobiografici: l'irrequietezza, l'Amore inappagabile e un desiderio frustrato di gloria. Anche Alfieri desiderava raggiungere la gloria letteraria e soffriva per non essere compreso dai suoi contemporanei. Il primo verso presenta quattro verbi che esprimono azioni e sentimenti completamente diversi l'uno dall'altro. Infatti, la struttura del sonetto è organizzata secondo uno schema di contrapposizioni. 
 Alfieri qui vuole evidenziare la contraddittorietà dell'uomo, che vive in uno stato di perpetua inquietudine "sempre bramar, non appagarsi mai"/ "spesso da più, talor da men tenersi" (stimarsi spesso un uomo dalle virtù superiori, talvolta credersi mediocre), che vuole tutto e contemporaneamente anche il suo contrario.
Nella prima terzina il poeta sembra cercare un riscatto per la propria dignità, affermando di adorare soltanto gli ideali della gloria e dell'amore, ma, nonostante questa orgogliosa dichiarazione, negli ultimi due versi egli sostiene di essere in preda ad un'esistenza fatta di furore, di angoscia, di tormento.

Dunque, il tormento di Petrarca deriva da una furente passione per Laura, il conflitto interiore di Alfieri scaturisce non soltanto dalle delusioni inerenti all'ambito della sua carriera letteraria ma anche dalla convinzione che la vita (perlomeno la sua) sia inquietudine e che l'animo umano presenti molti aspetti incongrui e contraddittori.


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