2 dicembre 2014
"Mai senza mia figlia": la tenacia di una donna che riesce a fuggire da uno stato oppressivo e da un marito violento
"Mai senza mia figlia" è un film che racconta la storia di Betty, una giovane americana moglie di Moody, un medico di origini iraniane che vive negli Stati Uniti da diversi anni. La loro figlia Mathob, una tenera bambina di cinque anni, cresce felice e serena con loro.
Un giorno però, la sorella di Moody esige, con una telefonata, di conoscere Betty e Mathob e invita la famiglia in Iran per due settimane. Betty, molto spaventata dal clima di rivoluzione che vige in Iran con la salita al potere di Khomeini e dalla forte ostilità nei confronti degli americani, manifesta le sue perplessità al marito e gli confida i suoi timori relativi anche alle tradizioni iraniane, che lei considera arretrate. Per rassicurarla, Moody giura sul Corano di proteggerla dai pericoli.
La famiglia viene accolta calorosamente dai numerosi parenti di Moody.
Tuttavia, la preoccupazione di Betty si accentua, non soltanto per il fatto che riesce con molta difficoltà a comunicare con la famiglia, ma anche perché la obbligano a portare il chador (velo indossato dalle donne iraniane) sebbene sia un'americana e la costringono a passare accanto ad un agnello ucciso in segno di buon auspicio. La donna si accorge molto presto che la famiglia di origine del marito è fervidamente musulmana, caratterizzata da una mentalità molto rigida e piena di astio verso le ideologie americane.
Giorno dopo giorno infatti, Moody viene sempre più coinvolto nel seguire il loro stile di vita e così riacquisisce vecchie abitudini. Per di più, inizia a cambiare atteggiamento verso Betty: da marito dolce e premuroso diviene un coniuge duro, autoritario, irascibile; al punto tale da imporre alla moglie e alla figlia la sua decisione di rimanere in Iran per sempre.
Betty cerca di ribellarsi e di uscire da sola di casa per poter contattare qualcuno che l'aiuti a fuggire dall'Iran con la figlia, ma quando i cognati la scoprono aprire la porta di ingresso o alzare la cornetta del telefono, riferiscono tutto a Moody, suscitando litigi violenti tra i due.
...Nel corso del film, non mancano le occasioni in cui Moody picchia la moglie di fronte alla figlia...
La protagonista subisce violenze, angherie, umiliazioni, minacce di morte da parte del marito; ogni sua mossa viene continuamente controllata dalle cognate. Tutti esigono che lei si adatti alla vita di moglie sottomessa al volere del marito.
Moody inoltre iscrive la figlia ad una scuola islamica, ovviamente senza consultare la moglie. Ma la bambina frequenta la scuola malvolentieri, reagisce con urla e crisi di pianto, motivi per cui Moody diviene violento anche con lei.
Inoltre, più di una volta egli sottrae a Betty la figlia, impedendole di vederla per alcuni periodi.
Betty e Mathob continuano a condurre questa vita oppressiva per molti mesi, fino al giorno in cui la giovane americana riceve una telefonata da parte della madre, rimasta sola negli Stati Uniti, con un marito malato di tumore.
Betty informa il marito delle pessime condizioni di salute in cui versa suo padre. Egli allora le chiede di partire per gli Stati Uniti, ma la obbliga a lasciare Mathob in Iran e a liquidare tutti i loro beni in America. Naturalmente, Betty non vuole lasciare sua figlia nelle mani di un uomo manesco anche perché teme di non rivederla più.
Pochi giorni prima della partenza, Betty riesce a contattare una donna iraniana che le indica i modi più convenienti per poter raggiungere l'Ambasciata Americana. Con lei infatti progetta un piano per fuggire di nascosto con la figlia.
Aiutate anche da alcuni uomini, Betty e la figlia partono dall'Iran e iniziano un viaggio molto lungo, travagliato, contrassegnato dalla costante paura di venire scoperte: percorrono stretti sentieri di montagna a cavallo, attraversano una grande pianura del Kurdistan sotto una tempesta di sabbia, riescono ad evitare i controlli militari alle frontiere...
...fino al punto in cui giungono in Turchia, ad Ankara, dove scorgono la bandiera degli Stati Uniti.
Questo film racconta una storia vera, accaduta a metà degli anni Ottanta.
Betty e Mathob sono ritornate a casa sane e salve e ora vivono negli Stati Uniti.
Betty ha scritto un libro intitolato proprio come il film "Mai senza mia figlia" ed è divenuta presidente dell'associazione "One World For Children", un'organizzazione che si impegna ad offrire sicurezza e protezione ai bambini nati da genitori di nazionalità differente.
Il film mette in evidenza la grande tenacia di una donna che si è rifiutata di condurre una vita da moglie-schiava ed è riuscita a mettere in atto i suoi progetti di fuga, pur correndo il rischio di venire giustiziata, se scoperta.
E' una storia che, dopo innumerevoli travagli, finisce bene. E' un dramma che permette allo spettatore di riflettere sulle notevoli differenze che intercorrono tra due culture profondamente diverse: quella occidentale e quella islamica.
Inoltre, bisogna anche mettere in evidenza che la società iraniana di quel tempo, con le sue rigide norme e le sue profonde disuguaglianze, esercita una forte influenza verso Moody, il quale sembra cambiare personalità nel giro di pochissime settimane.
Concludo la riflessione sul film aggiungendo un altro mio pensiero, triste ma realistico.
"Certamente, in molti paesi del mondo viene calpestata la dignità delle donne, considerate e trattate come "esseri inferiori". In particolare, in alcuni paesi,esse sono oppresse dalla mentalità perversa dei fondamentalisti. Conviene non dimenticare però che, anche nei paesi occidentali,
la figura della donna non è sempre rispettata, dal momento che sia gli spot pubblicitari, sia
certi demenziali show televisivi, la presentano soltanto come "una stimolatrice di desideri sessuali maschili".
Intendo affermare che spesso i mezzi di comunicazione (la televisione per prima) non valorizzano le risorse morali e intellettuali femminili... Non penso di essere una "moralista bacchettona"; sono soltanto una ragazza infastidita e arrabbiata con una società che valorizza troppo "l'immagine", che dunque è fatta di molta apparenza e di poca sostanza. Le ragazze, le donne (e anche i ragazzi e gli uomini, perché negli ultimi anni la televisione sfrutta in modo grossolano anche la loro fisicità) non dovrebbero essere considerati "oggetti", non dovrebbero essere amati soltanto per le loro forme fisiche... in effetti l'essere umano è anche dotato di cuore e cervello, dunque, di talenti e di qualità interiori che dovrebbero emergere.
Sinceramente, quanto vorrei che sui canali televisivi comparissero programmi atti a stimolare i talenti artistici, letterari e scientifici dei ragazzi e delle ragazze italiane!
Anziché proporre troppo spesso manifesti pubblicitari e programmi dissacranti nei confronti della corporeità, la televisione dovrebbe organizzare, (molto più frequentemente) interviste ai giovani che dimostrano notevoli talenti intellettuali..."
(Lo so, quello che ho scritto in questo paragrafo era parzialmente pertinente con la recensione del film; ma ho comunque colto una discreta occasione per aggiungere un'opinione che coltivo da molto tempo).
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.