20 marzo 2019

Scipio Slataper: un padre che non ritornò mai dalla Grande Guerra (I) :


Ieri, dopo una giornata accademica piuttosto impegnativa e volta anche a cercare nei cataloghi delle biblioteche cittadine i libri di testo in programma d'esame, sono riuscita a consegnare a mio padre un pacchetto regalo contenente un portaritratti.
Ad ogni modo, in questo post illustrerò la breve biografia di un ragazzo pieno di vita che purtroppo, a causa dello scoppio della prima guerra mondiale, a soli 27 anni aveva lasciato vedova la moglie e orfano un figlio di pochi mesi. Si tratta di Scipio Slataper.
Molti di voi non lo conoscono. Io, fino a un mese fa, non sapevo nemmeno chi fosse stato. L'ho scoperto grazie ad un corso di letteratura italiana del Novecento che sto frequentando.
Vale la pena di presentarvi Slataper... Io l'ho letto e studiato volentieri!

NOTIZIE BIOGRAFICHE:

Scipio Slataper
Scipio Slataper era coetaneo di Giuseppe Ungaretti, cioè, era nato nel 1888. Però, Ungaretti è nato ad Alessandria d'Egitto da genitori toscani temporaneamente emigrati là, invece Slataper, come forse avrete intuito dal cognome, era un triestino.
Eccola che inizia subito con i parallelismi, penserete voi. 
Ma c'è anche un po' di storia e di antropologia in ciò che scrivo oggi.
A fine Ottocento, Trieste non era ancora italiana. Proprio come oggi, in questa città convergevano varie culture e varie popolazioni di origine slava, tedesca o italica. Il fascino di Trieste e della Venezia Giulia sta anche nel cosmopolitismo antropologico che le caratterizzano.

Ad ogni modo, Scipio aveva trascorso infanzia e adolescenza a Trieste. Nel 1908 si era trasferito a Firenze per poter intraprendere gli studi universitari. Oltre a studiare, aveva svolto anche la professione di giornalista presso "La Voce", titolo di una rivista realizzata da poeti, letterati e scrittori chiamati "vociani". Nel prossimo paragrafo ve li spiego.
Slataper aveva avuto, per un certo periodo, anche degli scambi epistolari con Giuseppe Prezzolini, il direttore della rivista "La Voce".
Nell'estate del 1911, Scipio inizia la stesura di quello stupendo romanzo che mi ha mosso il cuore fino alle lacrime intitolato "Il mio Carso". Si tratta di un'autobiografia lirica di 96 pagine scritta in prima persona e suddivisa in tre parti: nella prima parte, Scipio narra la propria infanzia, immersa nelle meraviglie della natura nei dintorni di Trieste. Narra dei giochi che faceva, da solo, con i suoi coetanei e con la ragazzina che gli piaceva. Nella seconda parte si assiste invece all'approdo del protagonista nella vita cittadina. Lo Slataper adolescente avverte il bisogno di inserirsi in società per formarsi, per costruirsi un futuro. Non manca un accenno al disgusto che egli prova verso la prostituzione.
La terza e ultima parte è per lo più struggente, perché è quasi tutta volta ai pensieri cupi di un Scipio giovane adulto che è profondamente sconvolto dal suicidio di Anna Pulitzer, la ragazza con la quale, per un breve periodo, aveva avuto una storia sentimentale. Anche questo è un evento realmente accaduto nel corso della sua breve vita. Però il finale del libro non lascia con l'amaro in bocca.
Scipio era dolcissimo sì, ma anche molto forte. 
"Il mio Carso" veniva dato alle stampe nel 1912. 
Nel 1921, quest'opera è stata tradotta anche in francese.
L'anno dopo la pubblicazione del suo primo romanzo, Scipio si era sposato con Gigetta Carniel, quella che, all'inizio della grande guerra, era divenuta la madre di suo figlio.

Purtroppo, tutti i nati negli ultimi due decenni del XIX° secolo, hanno combattuto nella prima guerra mondiale. Anche Scipio, che ci ha purtroppo "rimesso le penne".
Ungaretti è tornato dalla Grande Guerra. Scipio no. Comisso, scrittore trevigiano operativo soprattutto nella prima metà del XX° secolo, è ritornato. Scipio no. 
Uno dei molti giovani padri di famiglia la cui vita è stata spezzata dalla violenza.
Quando, nel maggio del '15, l'Italia era entrata in guerra, si diceva: "Entro Natale sarà finita e saremo tutti a casa." Che boiata del cavolo! Intanto però mandavano in guerra anche i giovani di 18-19 anni, li mandavano in guerra praticamente "con le scarpe di cartone" e con equipaggiamenti assolutamente inadeguati e ridicoli.

Scipio al Natale del '15 non ci è arrivato. E chissà, se fosse sopravvissuto e se non ci fosse stata la guerra, come si sarebbe evoluto il suo percorso di scrittore. Purtroppo non lo sapremo mai.

Dalla mia avversione per le guerre si intuisce che sono un'affiliata del movimento cattolico di "Pax Christi", vero? 
Che poi, per noi di "Pax Christi", non esiste soltanto la guerra con le armi e le bombe e le granate.
Noi dobbiamo impegnarci a portare la pace e la serenità nelle nostre relazioni quotidiane, dobbiamo essere generosi e gentili con gli altri. E cercare comunque di scorgere "il bicchiere mezzo pieno" nelle circostanze e negli eventi. Poi è anche vero che accade che gli altri "non ci vengano incontro".

SULLA LAPIDE IN ONORE DI SLATAPER:
«Volontario di guerra, irredento, partecipava a sua domanda a una rischiosa ricognizione di una posizione nemica. Con mirabile ardimento e sprezzo del pericolo, alla testa dei suoi uomini, si slanciava sulle trincee avversarie impegnando con una pattuglia austriaca, ivi appostata, un'aspra lotta a colpi di pistola, finché colpito mortalmente alla gola cadeva impigliato nei reticolati nemici.»
— Podgora, 3 dicembre 1915.-

I VOCIANI:

La rivista "La Voce" è stata fondata da Giuseppe Prezzolini a Firenze, nel 1908. Prezzolini ne è stato il direttore fino al 1915, poi, lo aveva sostituito Giuseppe De Robertis, il quale promuoveva soprattutto argomenti di carattere letterario. Prezzolini invece, convinto interventista, ci teneva a manifestare attraverso articoli di giornale la sua contrarietà al trasformismo giolittiano. In effetti, allo scoppio della guerra, aveva volentieri abbandonato la rivista per arruolarsi come volontario.
Oltre a ciò, molti vociani condividevano sul piano filosofico il loro dissenso nei confronti del terdo positivismo.
Fra i prosatori vociani, troviamo Giovanni Boine (autore del romanzo "Il peccato") e Scipio Slataper.
Fra i poeti invece, Camillo Sbarbaro, Dino Campana e Aldo Palazzeschi.
L'esperienza dei vociani termina nel 1916.

I CARTEGGI DI SLATAPER:

Una raccolta di tutte le lettere che Scipio aveva scritto e indirizzato è stata pubblicata da Gianni Sutparich dopo la morte di Slataper. 
Dunque, il carteggio tra Slataper e Prezzolini era durato dal 1909 al 1914.
Poi, Scipio aveva contatti epistolari anche con tre donne, ovvero, come diceva lui, "con tre signorine": Anna Pulitzer, Elody Hoblatz e Gigetta Carniel.
Elody Hoblatz diverrà in seguito la moglie di Stuparich. Elody ha avuto un ruolo importante nella revisione e nella copiatura dell'unico romanzo di Scipio.
Anna Pulitzer, come già detto sopra, è la suicida. Ne "il mio Carso", è accennata con il soprannome di "Gioietta".
E, come già scritto, Gigetta è la ragazza che diverrà sua moglie.

N B. = Nel prossimo post, analisi dei contenuti, delle tematiche e dello stile del romanzo di Slataper.



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