23 maggio 2019

Le differenze tra il "Teseida" di Boccaccio e "L'Amadigi" di Bernardo Tasso:

Il cavaliere errante senza innamoramento 
è come arbore spoglio di fronde 
e privo di frutta; è come corpo senz'anima.

(Miguel De Cervantes, "Don Chisciotte")

Sarei noiosa a molti di voi se specificassi la persona a cui è dedicato anche questo post... Quel ragazzo mi capisce meglio di chiunque altro.
Comunque, questo è il sintetico confronto fra un'opera del Trecento con una del Cinquecento.
NOTA IMPORTANTE! =Vi consiglio caldamente di arrivare alla fine del post. Sia per alcune notizie sul mio libro che per una cosa divertente che vi racconto.

A) IL TESEIDA:

E' un poema epico-cavalleresco scritto da Giovanni Boccaccio nel periodo compreso tra la fine del suo soggiorno napoletano e il suo ritorno a Firenze (1337-1340).
Con l'epica latina, e cioè con l'Eneide e con la Tebaide di Stazio, quest'opera condivide: la suddivisione della sua struttura in dodici libri, l'argomento dei giochi funebri e la sfilata degli eroi.
E' un'opera in ottave e i suoi personaggi principali sono: il cavaliere Arcita, la dama Emilia e l'avversario Palemone.
Nonostante vi siano però degli echi classicheggianti, è fondamentale notare che il nucleo centrale della storia rimanda alla cultura della corte medievale.

Eccovi la trama:
Arcita e Palemone si innamorano entrambi della stessa donna, Emilia. I due cavalieri si affrontano a duello e Arcita, pur vincendo il combattimento, viene ferito mortalmente. Poco prima di andarsene però, Arcita lascia a Palemone l'amata Emilia.


TEBAIDE, LIBRO NONO:

7
Costei nel chiaro dì rassicurata
     Non mutò forma, nè cangiò sembiante,

     Ma già nel campo tosto se n’è andata,

     Là dove Arcita correva festante:

     E orribil com’era fu parata
     Al corrente destrier tosto davante,
     Il qual per ispavento in piè levossi,
     Ed indietro cader tutto lasciossi.


                                                    8
Sotto il qual cadde il già contento Arcita,
     E 'l forte arcion li premette 'l petto,

     E sì ruppe, che una fedita

     Tutto pareva il corpo: e l' giovinetto,

     Che fu in forse allora della vita
     Abbandonar da gran dolor costretto:
    per molti, che a lui corsero allora,
     Atato fu senz' alcuna dimora:


                                                  9
I quali a pena lui disvilupparo
     Da’ fieri arcioni, e con fatica assai

     Da dosso il caval lasso gli levaro:

     Il qual com si sentì libero, mai,

     Non parve faticato, tal n’andaro
     Le gambe sue fuggendo: tanti guai
     li minacciò la Furia con la vista
     Sua dispettosa, noievole e trista!


Ciò che ad Emilia parve della caduta di Arcita.
                                         
                                                 10
Emilia del loco dove stava,
     Chiaro conobbe il caso doloroso,

     Perché il core, che più ch’altro l’amava,

     Di lui dubbiando, si fè pauroso:

     Onde per tema a sé tutte chiamava
     Le forze sparte nel corpo doglioso;
     Perché nel viso tal rimase imorta,
     Quale è colui che al rogo si porta.

                                            11
"Ohimè dogliosa", in sé trista dicendo,
     "Quanto la mia felicitade è breve

     Istata!", questo caso ora vedendo;

     "E ben chè il pensier mi fosse greve,

     è pur m’andava dentro il cor dicendo
     Che non poteva con fatica leve
     D’amor passar, che passar si soglia
     Per gli altri c’han provata la sua doglia.


                                                   12
Ora conosco ciò che volea dire
     Bellona sanguinosa, che davanti

     Oggi m’è stata, senza dipartire,

     Con atti fieri e morte minaccianti,

     Quasi i’ dovessi li danni partire
     Che si fesser tra loro i due amanti".
     E questo detto, sì ’l dolor la vinse,
     Ch’errando fuor di sé tutta si tinse.

                                                 
                                                  13
El fu subitamente disarmato,
     Ed il palido viso pienamente

     Con acqua fredda lì li fu bagnato,

     Onde e' si risentì subitamente:

     E molto fu da’ suoi riconfortato;
     Ma parlar non poteva ancor niente,
     Sì gli avea 'l petto il suo arcion premuto,
     Mentre il cavallo adosso gli era suto.

Come Agamennone, caduto Arcita, ritenne il campo

                                                  14
Agamennon con contenenza fiera
     Con Menelao per lo campo gia,

     E scorrendo per quel con la bandiera,

     Ciascun de’ suoi dietro gli venia:

     E a qual fosse della vinta schiera
     Rimaso quivi, sanza villania
     Alcuna far per preso nel mandava,
     E vincitor sopra 'l campo si stava.

La cosa di cui qui ci si accorge subito è che, questo poema, non è adeguato ad un'esecuzione orale. Innanzitutto per la sintassi che presenta, terribilmente ipotattica, poi anche per il lessico, tutto appartenente al toscano colto del tardo medioevo, e infine anche per certi fenomeni metrici che alcuni verbi subiscono, tipo quel "fesser" all'ottava 12.
"Fesser" sta per "facessero". Qui avvengono, almeno così ho intuito io, sincope e apocope. Apocope perché è graficamente e fonicamente tolta la vocale finale "o", sincope perché cadono due suoni, uno vocalico e uno consonantico: "ce".
A proposito di sintassi complessa, ho provato a eseguire l'analisi dell'ottava decima, giusto per dimostrarvi quanto lo stile epico di Boccaccio possa essere tortuoso e con un periodo formato da "segmenti di frase incastrati l'uno nell'altro".
Se dessi in un compito in classe di grammatica l'analisi del periodo di strofe tratte dal "Teseida", farei il mio danno e il danno dei ragazzi, perché molto probabilmente mi ritroverei con un sacco di 4 e 5 da far recuperare.
Più proseguo i miei studi più mi rendo conto che insegnare italiano sarà un'enorme responsabilità, perché sarò tenuta a spiegare grammatica, a contestualizzare e ad analizzare la letteratura in prosa e in versi (anche al primo biennio delle superiori), e a insegnare loro un buon metodo di scrittura per la parte dei temi. Tutto in 4 ore settimanali!!

10
Emilia del loco, dove stava,
     Chiaro conobbe il caso doloroso;

     Perché il core, che più ch’altro l’amava,

     Di lui dubbiando, si fe’ pauroso:

    Onde per tema a sé tutte chiamava
     Le forze sparte nel corpo doglioso:
     Perché nel viso tal rimase ismorta,
     Qual è colui che al rogo si porta.

-Emilia del loco (=dal luogo) chiaro conobbe il caso doloroso= principale indipendente
-dove stava= (in cui stava), relativa di primo grado
-per che il cor si fè pauroso= (poiché/perché), causale di primo grado esplicita
-che più ch'altro l'amava= relativa di secondo grado
-di lui dubbiando= (dal momento che) causale implicita di secondo grado
-Onde per tema a sé tutte chiamava le forze sparte nel corpo doglioso= (visto che/dato che) , causale esplicita di terzo grado
-Perché nel viso tal rimase ismorta=Causale esplicita di quarto grado
-Qual è colui che al rogo si porta.= (come/alla maniera in cui) Comparativa esplicita di quinto grado.

Notiamo inoltre un'altra particolarità: didascalie come: "Ciò che ad Emilia parve della caduta di Arcita" sono delle frasi riassuntive ideate da Boccaccio, che non avranno nessuna fortuna nei poemi epici italiani successivi al "Teseida".
Altro particolare importante: c'è, dal punto di vista dei contenuti, una somiglianza clamorosa con l'epica greco-latina. Si tratta di divinità favorevoli/ avverse ai combattenti.
Venere sostiene Palemone. Per questo manda contro Arcita la furia Erinni ("Costei nel chiaro dì rassicurata", ottava 7) che fa cadere il cavallo di Arcita dallo spavento.
Il cavallo cade sull'eroe, ferendolo mortalmente.
L'Orlando di Ariosto avrebbe sicuramente fatto a pezzi qualsiasi Erinni!!

B) AMADIGI:

Bernardo Tasso era il padre di Torquato.
Amadigi usciva a Venezia nel 1560, ventun anni prima della Liberata.
Probabile che Tasso senior conoscesse l'Amadis de Gaula di Garcì de Montalvo (opera spagnola di autore spagnolo).
In entrambe le opere, il cui titolo è riferito al nome proprio del protagonista, l'eroe è sempre in scena.
L'altra denominazione per la quale è conosciuto è "Donzel del mare".

(Non sono riuscita a capire esattamente da quale canto siano state tratte queste sei ottave che anche il mio manuale di Praloran riporta).

15

Ardeva il sole e' ferro e 'l metallo, atto
a ricever il caldo per natura,
tal che 'l Re, che tutt'arde, e lieve e ratto
di poter, come pria, non s'assicura
seguir la pugna orrenda, e stupefatto,
che tanto l'altro in quel conflitto dura,
gli disse: "Cavalier parliamo un poco,
che 'l fin della contesa avrà il suo loco".

16

"Perché tu provi quel, ch' altrui fatt'hai
forse provar più volte, opra la spada-
gli rispose il Donzel- né poserai,
si che per forza l'un di noi non cada.
Con questo paragon conoscerai
quanto sia mal lasciar la dritta strada
della ragione, e per vie oblique torte
andar, dovunque il rio senso ti porta."

17

Non con tanto furore orsa si move,
ch'abbia col morso il can dal sonno sciolto,
come il feroce, che dagli occhi piove
nebbia e furor, che gli arde il core e 'l volto.
Mugge qual toro, che rivolto dove
si credea di posar, di nuovo è colto
da ferro acuto, ovver de dente irato,
e si piaga dal nemico il manco lato.

18

L'altro col viso sì lieto e ridente,
 come si fusse la pugna da gioco,
menò con forza tal la spada ardente,
che ne fè risonar d'intorno il loco.
Il Re, che molto esperto era e valente,
benché mancar si senta a poco a poco,
si governa da savio cavalliero
ed opra a un tempo il piè, l'occhio, e 'l pensiero.

19

Uscìa dall'elmo, e dallo scudo fuore
del Donzello del mare una tal luce,
un sì giocondo, e sì novo splendore,
che d'ogn'intorno il campo ne riluce.
Trattava sopra lui l'ali l'Onore
carco di polve, e l'inimico Duce,
battuta in terra già la sua fortuna,
copriva nebbia tenebrosa e bruna.

20

L'arme erano rotte, ed ei tutto vermiglio
del proprio sangue, e faticato e lasso,
tal che va per perduto il suo naviglio
a percuoter la prora in duro sasso.
Scorge il presente mal, vede il periglio
futuro e si ritira passo passo
per trovar loco, ove possa per forte
torsi di mano alla vicina morte.



Le poche ottave che ho riportato rappresentano il duello tra Amadigi e il re di Irlanda Abies.
Nel commentare sinteticamente i contenuti di questo poema, Marco Praloran scrive: "Colpisce (...) che il volere di questi personaggi coincida sempre con il fare, che non ci siano esitazioni etiche, che i caratteri rifuggano sempre dall'ambiguità. Gli eroi principali sono perfettamente e noiosamente idealizzati."
Notate infatti che Amadigi combatte "col viso sì lieto e ridente", con molta sicurezza e tracotanza.
Dico tracotanza perché, se nel distico finale dell'ottava 15, Abies propone, secondo consuetudini cortesi, una pausa dal duello, Amadigi gliela nega decisamente.
Qui la sintassi è decisamente meno complessa: ci sono certamente delle proposizioni come delle concessive, delle finali e delle relative, ma diversi sono i casi in cui le strutture dei periodi sono formati da: principale indipendente + coordinate alla principale.
Prendiamo alcune parti delle ultime ottave che ho riportato:

19 (vv.1-4)

Uscìa dall'elmo, e dallo scudo fuore
del Donzello del mare una tal luce,
un sì giocondo, e sì novo splendore,
che d'ogn'intorno il campo ne riluce.



-Uscìa dall'elmo, e dallo scudo fuore del Donzello del mare una tal luce, un sì giocondo, e sì novo splendore= principale indipendente.
che d'ogn'intorno il campo ne riluce. = consecutiva di primo grado.

20 (vv.4-8)

Scorge il presente mal, vede il periglio
futuro e si ritira passo passo
per trovar loco, ove possa per forte
torsi di mano alla vicina morte.

-Scorge il presente mal= principale
-vede il periglio futuro= coordinata alla principale per asindeto (cioè per virgola).
-e si ritira passo passo= coordinata per polisindeto (congiunzione "e").
- per trovar loco= finale implicita dipendente dalla coordinata.
-ove possa per forte torsi di mano alla vicina morte.= (ove= in cui) relativa di secondo grado, dipendente dalla finale.

Ad ogni modo, esclusa l'ottava 15, le altre cinque sono state costruite secondo lo schema sintattico del (4+4). Ragioniamoci brevemente.
L'ottava è fatta di otto versi endecasillabi. Mentre lo schema delle rime è ABABABCC, ovvero, a rima alternata per i primi sei versi e a rima baciata per gli ultimi due, che costituiscono il distico finale, lo schema sintattico sembra dividere l'ottava in due esatte metà.
Ad ogni modo, matematicamente parlando, lo schema rimico dell'ottava lo si può intendere così: (2+2+2)+2.

Mi sarebbe piaciuto inserire anche qualcosa sui cavalieri che appartiene alla letteratura francese medievale. Il fatto è che sto preparando anche Filologia romanza per la fine del prossimo mese. E in programma sto affrontando anche i "Lais" di Maria di Francia, ovvero, dei racconti in versi che spesso prevedono per protagonisti dei personaggi maschili, cioè cavalieri e aristocratici. Siccome alcuni di questi racconti mi piacciono molto, ho deciso di dedicare a loro alcuni post a partire da giugno.

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NOVITÀ SUL ROMANZO:

E' andato in stampa. So solo questo. Il responsabile dell'ufficio commerciale della mia casa editrice mi ha scritto, giovedì scorso: "La terrò aggiornata sui tempi di consegna."
Sin dall'inizio mi ha detto che ci vogliono circa 10 giorni perché la colla utilizzata per rilegare un libro in brossura si asciughi.
Per cui fra pochi giorni avrò a casa 300 copie. 
E dovrò autografarne 200, cioè tutte quelle prenotate e già pagate a marzo!
Grazie a chi mi ha sostenuta in questo difficile periodo appena trascorso!
Sono stanca in questi ultimi giorni, ma ora sono anche contenta!

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UN RELIGIOSISSIMO HACKER INGLESE STA PREGANDO PER ME:

Non si tratta di un sogno, ma di quello che mi è capitato ieri quando, circa a metà mattina, dopo una lezione universitaria, ho aperto per la prima volta la mia casella di posta elettronica, per vedere se ci fossero novità a proposito dei tempi di consegna delle copie del mio libro. Non c'era nulla, ma in compenso, in spam ho trovato la deliziosa e singolare mail di un hacker inglese. Logico che, subito dopo averla letta, l'ho cestinata. Non voglio che quella roba mi infetti il telefono o il computer.
Ho capito tutto e ve la riporto tradotta in italiano. Me la ricordo benissimo!
Non c'è niente di cui preoccuparsi, ho riso e ironizzato un sacco. Per questo, tra parentesi, trovate anche qualche mio pensiero ironico!!
So bene che non ha nulla a che fare con epica e cavalieri ma ve la riscrivo nella mia lingua, tanto per farvi capire che cosa può arrivare sulla casella di posta.

"Ciao mia cara.
Probabilmente non ti aspettavi di ricevere questa mail (ciao, mio caro! E' proprio una gran sorpresa e un gran piacere per me ricevere la mail di un perfetto sconosciuto! E in effetti il mio sistema operativo me l'ha messa in spam.).
Sono Jack, ho 19 anni, vivo in Regno Unito e sono molto malato. Sono sdraiato in un letto d'ospedale, tutto il giorno.
Mia mamma è morta due anni fa della mia stessa malattia, esattamente nel periodo in cui mi hanno diagnosticato la sua stessa malattia. Mio papà è andato via di casa e si è fatto un'altra famiglia. Vivo con i miei zii e sia lodato il Signore, che mi ha dato loro come grande dono! (ma che santo ragazzo! Ma che grande esempio di fede!)
So che hai l'abitudine di scrivere cose offensive sui tuoi profili social e sul tuo blog sulle persone malate di cancro (oh guarda, è il mio passatempo preferito! Non faccio altro tutto il giorno! Proprio a questo mi hanno sempre educata in famiglia!)
Io lo so, perché sto spiando tutte le tue mosse online attraverso delle webcam nascoste (Ma cos'è, fantascienza pura questa?) .
Ti inviterei ad essere più educata e più rispettosa nei nostri confronti. (Grazie per l'osservazione. Ho proprio bisogno di prendere delle lezioni di vita da un probabile hacker.).
Considera questa mail come una benedizione del Signore!
Anche se sono destinato ad andare presto in Paradiso, il Signore Dio mi ha dato un'ottima ispirazione: raccogliere dei soldi da dare in beneficienza a delle associazioni umanitarie che lavorano nei paesi poveri.
Voglio raggiungere la cifra di 10 milioni di sterline.
Sono certo che mi aiuterai con un buon contributo. Se lo farai, ti garantirò un posto in Paradiso. (eh no eh! Santo ok, ma santo e in più presuntuoso magari anche no!!!
E San Pietro sarebbe d'accordo? Ricordati che è San Pietro che tiene le chiavi del Paradiso... Dovrai quindi vedertela con lui, per quel che riguarda la mia sorte ultraterrena!).
In attesa di ricevere presto la tua risposta, ti saluto con un abbraccio.
Pregherò per la tua conversione! (Certamente! Don Pi dice che pregare non fa mai male, quindi io pregherò per la tua!)"

Seriamente parlando...

- Non esiste nessun diciannovenne orfano e malato. Esiste solo un hacker inglese che cerca di guadagnarsi soldi con una truffa. Il fantasioso e un po' assurdo espediente di fingersi un ragazzo giovane, sfortunato e così generoso per cercare di far compassione a qualcuno fa veramente schifo! Ma lascia perdere i diciannovenni e va a lavorare, c.zz.!!



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