2 luglio 2019

Dio è veramente impotente di fronte al male che ogni uomo e ogni donna si trovano costretti ad affrontare nel corso della loro vita?

E' una domanda indubbiamente impegnativa.
Cercherò di sviluppare delle riflessioni attraverso la recensione di due libri diversi tra loro: "Giobbe" di Joseph Roth e "Fammi volare" di Marzio Marognolli, un parrocchiano di mio zio che ha coltivato il suo talento per la scrittura.
Entrambi i libri in uno stesso post. 
E' la prima volta che provo a farlo in nove anni di attività su blogger.
Ve lo dico già: in questo post non c'è una risposta chiara a questa domanda. Ci sono solo dei contenuti che possono servire come spunti di riflessione.

Prego ogni tanto
e troppo spesso penso,
ma non trovo risposte complete,
comunque, vivo.

(Marzio Marognolli, "La fabbrica dei sogni impossibili")

1) "GIOBBE", JOSEPH ROTH:

1A) L'ILLUSTRAZIONE IN COPERTINA: 


Questa è l'edizione che ho a casa io.
Non si tratta della stampa più recente, visto che è stata fatta più di 30 anni fa (1985).
L'immagine in basso è la riproduzione di un dipinto di Chagall Au dessus deVitebsk, ovvero Sopra Vitebsk. Vitebsk è una cittadina della Bielorussia, vicina al confine con la Lettonia.
Come vedete, c'è un uomo sullo sfondo che porta un sacco su una spalla e che sembra quasi stia spiccando il volo sulla città.
Inizialmente però, la storia non è ambientata a Vitebsk ma a Zuchnow, cittadina russa.
Siamo nei primissimi anni del Novecento.
Il protagonista della storia, ve lo dico già ora, è Mendel Singer, un uomo semplice (come dice il sottotitolo del romanzo!) che, proprio in un momento drammatico della sua esistenza dove le delusioni sembrano prevalere sulle gratificazioni, decide di compiere un viaggio oltreoceano con la moglie e la figlia, per poter raggiungere il suo secondogenito in America.
Il viaggio, illustrato in questa copertina, è un tema ed un elemento determinante nella storia della vita di Mendel. Dopo essere giunto alla destinazione prevista, egli cambia infatti professione, relazioni e modi di vita, impara l'inglese e, dopo un po', gli accadono drammi ancor più grandi di quelli che ha già vissuto.
Il viaggio, comunque, modifica in modo significativo l'esistenza del protagonista e della sua famiglia.
E' molto azzeccata come copertina!

1B) RIASSUNTO DELLA PRIMA PARTE DELLA STORIA: 

Mendel Singer è un ebreo osservante, un maestro di Bibbia che impartisce lezioni ad alunni ancora bambini.
Gode dell'amore della moglie Deborah e ha tre figli: Jonas, Shemariàh e Mirjam.
Se fino ai suoi 30 anni la sua vita è stata per lo più lineare e serena, a frantumare questo equilibrio e a cambiare il suo rapporto con Dio è l'arrivo del quarto figlio, Menuchim.
Menuchim non sembra sperimentare lo sviluppo fisico e cognitivo degli altri bambini: non cammina, non comprende quello che gli viene detto e non parla. 
"Mamma" è l'unica parola che per molti anni riuscirà a dire, ma nient'altro.
A 10 anni è come un bambino di 1 anno.

I due genitori reagiscono in modo diverso di fronte alla scoperta delle disabilità del figlio: mentre Mendel fatica ad accettarla e la ritiene un inspiegabile castigo di Dio, Deborah, con la lacrima perennemente sull'occhio, gli presta tutte le sue attenzioni e le sue cure, speranzosa che un giorno Menuchim possa migliorare e guarire. Al contrario del marito infatti, lei presta molta fiducia alle parole che un rabbino le dice dopo un incontro:

"Menuchim, figlio di Mendel, guarirà. Pari a lui non ce ne saranno molti in Israele. Il dolore lo farà saggio, la deformità buono, l'amarezza mite e la malattia forte. I suoi occhi saranno grandi e profondi, le sue orecchie limpide e piene di risonanza. La sua bocca tacerà ma le labbra, quando si apriranno, annunceranno il bene."


Il tempo passa e, a suscitare le malinconie e le arrabbiature di Mendel, ci pensano anche gli altri figli: Jonas, intorno alla maggiore età, decide di divenire membro ufficiale dell'esercito dello Zar e taglia completamente i rapporti con la famiglia, Shemariah, costretto dalla legge ad arruolarsi, diviene ben presto un disertore costretto a rifugiarsi negli Stati Uniti e, in quanto a Mirjam... è, a mio avviso, la vergogna della famiglia Singer.
Mirjam se la fa dalla mattina alla sera con i cosacchi e in ogni luogo.
E' la figura peggiore del romanzo, è probabilmente l'unica della famiglia che non ha e non avrà mai una redenzione.
Quello che mi ha colpita molto è stata anche la sua incapacità di amare, non solo un unico ragazzo, ma la famiglia di origine.
Mirjam sembra non avere nessun sentimento, Roth l'ha ridotta sostanzialmente ad un automa che continua a fare sesso per anni senza mai che le accadano conseguenze forti (morali e biologiche).

Nel momento in cui Mendel e Deborah scoprono, tramite una lettera, che Shemariàh è riuscito a formarsi una famiglia negli Stati Uniti, lasciano la Russia per raggiungerlo.
Ah sì: Menuchim non parte con loro. Viene affidato ad un'altra famiglia che se lo prende molto volentieri a carico.

1C) RIASSUNTO DELLA SECONDA PARTE DELLA STORIA:

La famiglia Singer raggiunge l'America e Shemariàh, che nel frattempo ha cambiato nome in "Sam".
Per diversi anni la vita in America va bene: Mendel diviene un commerciante e arriva il primo nipotino.
In America giungono notizie, tramite alcune lettere, anche da parte di Jonas, che nel frattempo è entrato a far parte dei cosacchi ribelli allo zar.
Mirjam è corteggiata da Mac, un giovane americano che prenderà naturalmente una brutta cantonata.
La farfallina malata di sesso finisce presto in manicomio, perché è la sua ossessione per i corpi maschili che la porta ad una follia tale che diviene necessario rinchiuderla in un ospedale psichiatrico.
Poi scoppia la guerra e Shemariàh è costretto a partire nuovamente soldato.
E poi ancora, arriva quel giorno terribile in cui Mendel e Deborah ricevono una lettera che annuncia la morte di Shemariàh e un'altra lettera che annuncia che Jonas è disperso in Russia.
Un figlio, tutto sommato molto bravo, che è stato ucciso da una guerra violenta (la prima guerra mondiale) e un altro che non si sa esattamente dove sia e, soprattutto, se sia vivo o morto.
Per Deborah è veramente troppo.

"Nel viso di Deborah non un tratto si altera. Le sue mani tirano a turno i capelli. Le sue mani somigliano a pallide bestie carnose a cinque gambe che si nutrono di capelli. Mendel è in piedi, le braccia incrociate sopra la spalliera della sedia. Deborah comincia a cantare. Canta con una voce maschile, che suona come se nella stanza ci fosse un cantante invisibile. La voce sconosciuta canta una vecchia canzone ebrea senza parole, una ninna nanna tetra, per bambini morti. 
(...)
A un tratto dal petto di Deborah esce un urlo. Suona come l'ultimo resto di quella melodia che ha cantato prima, una nota che è uno schianto, un'esplosione. Allora Deborah cade dalla sedia. Giace, molle massa piegata su di sé, sul pavimento."

... è morta.
Mendel, infuriato con Dio per tutti questi lutti che vive, si allontana dalle pratiche ebraiche, non prega più, diventa silenzioso.
Si ritiene una vittima della cattiveria di Dio.
Da una parte però, l'immenso dolore di Mendel è anche comprensibile: credo che delle disgrazie familiari così gravi facciano sentire chi le subisce più o meno come se stesse lottando contro il risucchio delle sabbie mobili. Angosciato e oppresso dalla disperazione.
Ma questo romanzo non lascia con l'amaro in bocca.
Una sera, dopo un concerto, Mendel incontra proprio il figlio che molto tempo prima era malato.
Menuchim è davvero guarito ed è diventato il più realizzato dei quattro figli, dal momento che risulta, a fine romanzo, un pianista di fama internazionale.
Oltre a ciò, Mendel ritorna a sperare in un possibile ritorno di Jonas (visto che Menuchim gli riferisce che è vivo) e... a risorgere di nuovo, a causa di un miracolo che mai aveva ritenuto possibile.

2) "FAMMI VOLARE", MARZIO MAROGNOLLI:

2A) IL SENSO DELLA COPERTINA DI "FAMMI VOLARE":


Il libro è stato pubblicato nel 2009 da una casa editrice di Città del Castello (Perugia), chiamata "Edmondo".
Il senso della presenza di questa donna che ha uno sguardo sì dolce ma anche pensieroso lo si desume nelle ultime righe di questo libro che, pur avendo soltanto 80 pagine, dal punto di vista dei contenuti risulta impegnativo quasi quanto il "Giobbe" di Roth.
Anche sulla forma il Marognolli non ha scherzato, dal momento che in più punti c'è una certa ricercatezza stilistica.
E' la purezza e la gentilezza di una giovane donna di nome Angelina che permette all'autore del libro di "risorgere" interiormente, dopo un periodo doloroso e travagliato.
E' l'amore di una donna, in questo caso, che "fa volare" il protagonista, che gli fa ritornare la voglia di sognare, di credere nel futuro e che gli permette di non sentirsi più solo e isolato nel suo dolore di fronte alla vastità della natura e dell'Universo.

2B) LA VITA DI MAROGNOLLI E IL RIASSUNTO DEI CONTENUTI DEL SUO LIBRO:

Premetto che non l'ho mai conosciuto di persona, visto che mio zio, molto recentemente, mi ha dato in mano il suo libro (copia regalo) perché io lo potessi leggere.
Però qualcosa so, grazie al dorso della copertina e grazie alle notizie di uno zio-parroco.
Marzio Marognolli (classe 1953) è veronese, ma ha studiato Giurisprudenza a Ferrara.
Dopo la Laurea ha sempre esercitato la professione di avvocato a Verona. Senza mai abbandonare l'idea di scrivere. (sua è anche la raccolta di poesie "La fabbrica dei sogni impossibili").
Attualmente, Marognolli è direttore del un circolo culturale comunale di Monzambano.

La narrazione è in prima persona. L'io narrante e protagonista delle vicende è un giovane studente che, proprio nel momento in cui sta per terminare gli studi universitari, scopre che il padre è molto malato.
Mai viene specificata la malattia, ma è facile che si tratti di un cancro ai polmoni.
Nei primi capitoli del libro si concentrano gli affetti familiari del protagonista.
Spicca la figura della sorella Giulia, una ragazza molto intelligente e affabile; che però "perde la sua luce" subito dopo la morte del padre. Si chiude in se stessa, fino al momento in cui, terminati gli studi presso la facoltà di Matematica, decide di partire per l'Australia.

Vi riporto qui un dialogo tra i due fratelli. Tenete ben presente che si tratta di due giovani disorientati di fronte alla definitiva perdita del loro padre. Marzio e Giulia erano molto vicini all'età che ho io adesso.

"(Giulia) «La vita nasce dalla materia e tutte le forme di vita sono nate dalla prima cellula, organismo determinatosi chimicamente, attraverso la selezione naturale. Le specie differenti sarebbero apparse secondo un processo di evoluzione e l'uomo sarebbe stato così il frutto più maturo della natura. Dio non esiste e non serve.»

(Marzio) «Ma quale selezione naturale? Selezione implica scelta, decisione, e una scelta presuppone sempre l'esistenza di un'autorità dotata di ragione. La verità è che nessuno scienziato è stato ancora capace di provare che la vita nasce dalla materia. Tutto è una creazione di Dio. » "

Dunque, riprendendo il filo della trama: muore il padre, la sorella si allontana per ricostruirsi una vita nell'altro emisfero, la madre muore poco più di un anno dopo e Marzio, povero di relazioni, è più che mai alla ricerca di una donna che lo faccia sentire accolto e amato.
Ciononostante mai una volta si arrabbia con Dio. 
E' un ragazzo che continua a farsi domande, che di tanto in tanto, nel silenzio delle sue solitarie passeggiate in riva al lago o in montagna, prega silenziosamente Dio.
Personalmente, credo che questo atteggiamento nei confronti della vita lo abbia aiutato a trasformare in arte il dolore e la solitudine di un periodo.
Lo credo perché l'ho sperimentato anch'io.
Alla fine, rielaborare il dolore e la solitudine della mia adolescenza attraverso la creazione di un romanzo, mi è servito a vedere l'esistenza con occhi diversi, con occhi di speranza e con un perenne sentimento di fame di vita.
Dopo circa tre anni, in una calda giornata di giugno, Marzio conosce Angelina, ovvero, una ragazza "ammirevole di grazia e di seducente candore".
E il libro termina con il primo bacio che Angelina e il protagonista si danno, alle ultime luci di un tramonto di fine estate:

"Non avvertivo la dimensione del tempo né quella dello spazio. Mi sentivo come in un volo, librato verso l'eternità".

2C) DESCRIZIONE DEL PAESAGGIO DI CRERO:

Crero. Ci sono stata due anni fa, in gita con un gruppo di amici dedito proprio a passeggiate, escursioni e visite di posti suggestivi. E' sulla Gardesana Veronese, prima di Pai e sopra Torri del Benaco.
Non è neanche un paese. E' una località con una trattoria, una chiesetta medievale e una vista panoramica stupenda.
Vi riporto una parte della descrizione di Marognolli:

" ... ammiro con intensità quel panorama seducente che ho davanti. L'esigenza di infinito che mi porto dentro sembra così appagarsi a poco a poco di fronte all'immensa superficie del lago. Ma al tempo stesso quasi un dolce sgomento accompagna il mio sguardo quando torno sul blu intenso dell'acqua che di sotto si staglia contro la costa con sfumature di verde, verde-azzurro che mi sembrano troppo lontane, irraggiungibili."

Crero

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