8 novembre 2019

"After dark", Murakami:


Uno dei più bei romanzi che abbia mai letto, davvero!
Anche qui: merito del corso di letterature comparate.
Ho trovato diversi collegamenti, anche tra paragrafi e tra concetti appartenenti allo stesso capitolo.
(Quanto mi è stato utile questo blog in questi ultimi anni per studiare e ripassare!)

1. SPAZIO E TEMPO:

E' un racconto che dura quasi una notte intera, dal momento che inizia a mezzanotte meno cinque e termina verso le sette della mattina.
Da notare che, all'inizio di ogni capitolo, c'è il disegno di un orologio che indica l'ora esatta in cui si sta svolgendo un'azione o un incontro.
In questo romanzo, la scansione del tempo in ore è fondamentale per lo sviluppo del racconto.
After dark è ambientato a Tokyo: la metropoli giapponese è molto riconoscibile, anche se non svolge una funzione fondamentale all'interno delle vicende.




2. AFTER DARK E LAURI SENZA FRONDE A CONFRONTO:


Se volete leggere o rivedere la recensione del romanzo di Dujardin, vi rimando al link sottostante:


LAURI SENZA FRONDE
AFTER DARK

IL RACCONTO HA LA DURATA DI UNA SERA DI APRILE (DALLE 18 ALLE 24).


IL RACCONTO SI SVOLGE NELL’ARCO DI UNA NOTTE (24 - 6.45).

PARIGI, LUOGO DI AMBIENTAZIONE, RISULTA FONDAMENTALE, PERCHE’ EVOCATA SECONDO LE PERCEZIONI SOGGETTIVE DEL PROTAGONISTA.
(Calvino su Lauri senza fronde: “La città antropomorfa esprime i moti della soggettività”).


TOKYO FA DA SFONDO AGLI EVENTI, AI DIALOGHI E AGLI INCONTRI CHE AVVENGONO IN UNA STESSA NOTTE.
APPARE AGLI OCCHI DEI LETTORI NON COME UNA CITTA’ STORICA O SUGGESTIVA, MA COME UNA METROPOLI GLOBALIZZATA.

DANIEL IDEALIZZA L’ATTRICE LEA, MA IL LORO NON E’ VERO AMORE. ALLA RAGAZZA INTERESSANO SOLTANTO I SOLDI DEL GIOVANE.


MARI E TAKAHASHI ALL’INIZIO SONO PRATICAMENTE DUE SCONOSCIUTI.
MA, NEL GIRO DI QUELLA NOTTE, FRA LORO INIZIA A CREARSI UNA BELLA INTESA.


TEMPO DELLA STORIA E TEMPO DEL RACCONTO POSSONO COINCIDERE.

TEMPO DELLA STORIA E TEMPO DEL RACCONTO POSSONO COINCIDERE.


3. AFTER DARK E IL CODICE DI PERELA' A CONFRONTO:

Sì, lo so, sono due romanzi molto diversi l'uno dall'altro, perché After dark appartiene al tardo post-moderno degli anni duemila e Il codice di Perelà di Palazzeschi è invece un anti-romanzo futurista, una lieve presa in giro dell'opera di Marinetti Mafarka il futurista.
Ma io ritengo interessante confrontare la loro diversità.
After dark e Il codice di Perelà sono i due romanzi in vetta alla mia classifica di gradimento di questo corso.
Tra l'altro, la mia prossima recensione sarà sul Codice di Perelà.


IL CODICE DI PERELA’
AFTER DARK
Luogo fantastico, quasi fiabesco. Si tratta di un regno senza nome nel quale Perelà, un uomo di fumo, capita.

Luogo realistico, Tokyo. Non c’è alcun elemento di fantasia, solo persone che hanno sofferto o che soffrono.
Elemento principale: il fumo, di cui Perelà è fatto. Il fumo che sta ad indicare “purezza e lontananza da egoismo e cupidigia”.
Il fumo rende Perelà leggero, per cui effettivamente, “superiore” e “lontano” dalla sete di potere.

Elemento principale: la notte.
La notte come simbolo di un’oscurità dolorosa sì ma non disperata, perché, verso l’alba, ogni personaggio sembra quasi rinascere alla luce di un nuovo giorno, dopo aver conosciuto altri esseri umani altrettanto sofferenti e fragili.

4. LA FIGURA DI TAKAHASHI:

E' quasi mezzanotte. Mari, una ragazza tranquilla e introversa, è seduta ad uno dei tavolini di un bar e sta leggendo un libro piuttosto corposo. E' studentessa universitaria di lingue e letterature straniere.
Ad un tratto, nel locale irrompe Takahashi, un ragazzo poco più grande di lei, che la riconosce subito per la sorella di Eri.
Takahashi si ricorda di un'uscita in piscina di due estati prima, con Eri, Mari e un altro amico.
Durante quell'incontro, Mari non parla quasi mai.
Ah sì: nella stupenda figura di Takahashi, Murakami, autore del libro, veicola valori e atteggiamenti di vita bellissimi, come: la fratellanza nella diversità, l'empatia, la sensibilità, il desiderio di un progetto di vita come riscatto da una brutta situazione familiare.

Takahashi racconta a Mari una leggenda, che non posso qui riassumere bene perché devo parlarvi anche di molti altri collegamenti, ma di cui fra pochi istanti vi citerò la frase finale.
Quando Mari gli chiede quale può essere la morale della leggenda, Takahashi le risponde: "Gli esseri umani sono tutti diversi. Anche se sono fratelli."
Per interiorizzare questo messaggio a soli 21 anni, Takahashi ha dovuto soffrire molto. Il suo vissuto è molto tragico: sua madre è morta di cancro quando lui aveva soltanto 7 anni e il padre del ragazzo all'epoca era in carcere. 
Mi sono abituato ad essere orfano, dice Takahashi circa cinque ore dopo, con grande dignità, come a dire: ho imparato presto a fare affidamento prima di tutto su me stesso. Ho capito che nella vita, per realizzare i propri obiettivi, bisogna assumersi le proprie responsabilità, bisogna impegnarsi e faticare. E ho capito molto presto che bisogna vivere, vivere intensamente perché la vita è una e il mondo è estremamente variegato, non soltanto dal punto di vista di religioni, tradizioni e luoghi, ma anche perché ognuno di noi ha una storia di vita diversa da chiunque altro
Dobbiamo soltanto imparare ad essere umani, dobbiamo imparare ad ascoltarci.



Takahashi si dimostra bravissimo ad ascoltare gli altri.

Se i protagonisti di questa leggenda che il ragazzo racconta sono tre fratelli e se il maggiore dei tre, a differenza dei due più giovani, riesce a trasportare la pesante roccia fino alla cima ad una montagna, questo significa che, una volta arrivato in vetta, il suo sguardo riesce a godere di un'ampia visione panoramica. E l'ampia visione panoramica sta ad indicare la maturità e l'umanità acquisite dopo innumerevoli salite (=che simboleggiano le difficoltà della vita).

Takahashi; e qui cito le parole del professor Tani in una delle lezioni più recenti, avrebbe bisogno soltanto di un abbraccio fusionale, di una relazione di tenerezza e di contatto, proprio come invece succede alle sorelle Mari ed Eri verso il mattino.

Alla fine del romanzo Mari, ritornata a casa dopo una notte di vagabondaggio, al vedere la sorella che dorme sempre così profondamente, piange per la prima volta. Finalmente. Allora si infila nello stesso letto, la abbraccia e le sussurra: "Torna in te, Eri."

Takahashi racconta la leggenda dei tre fratelli a pagina 16.
A pagina 3 dell'edizione Einaudi invece, ovvero, quando inizia il romanzo, è l'occhio del narratore onnisciente (quindi di Murakami) che invita i lettori a focalizzare la città dall'alto:

E' una metropoli quella che abbiamo sotto gli occhi. La vediamo attraverso lo sguardo di un uccello notturno che vola alto nel cielo. Nel nostro sconfinato campo visivo, appare come un gigantesco animale. O un confuso agglomerato, composto da tanti organi avvinghiati l'uno all'altro.

Tokyo di notte



5. OGGETTI "ANIMALIZZATI" ALL'INTERNO DEL ROMANZO:


La città appare come un gigantesco animale, pieno di edifici e di miriadi di strade.
A volte, anche alcuni oggetti vengono paragonati ad animali. Eccovi alcuni esempi:

a) p. 4: Una vistosa monovolume nera percorre lentamente le strade come se volesse valutarne l'atmosfera. I vetri oscurati da una pellicola nera le danno l'aspetto di un animale dotato di pelle e di organi speciali, un animale che vive negli abissi marini.

b) p. 22: La sveglia in camera di Eri, la sorella di Mari che vive in uno stato semi-comatoso di rifiuto alla vita, è uno scrupoloso animale notturno dotato di batteria.

Questo mi ha un po' fatto pensare sia a Marinetti, che, da futurista convinto, pur rifiutando metafore e similitudini, in una poesia in cui esalta l'automobile da corsa, paragona il dinamismo e il rumore di quest'ultima ad un cavallo e ad un cane:

-Allento finalmente/le tue metalliche redini,/e tu con voluttà ti slanci/nell’Infinito liberatore!

-All’abbaiare della tua grande voce/ecco il sol che tramonta inseguirti veloce.


Pittura futurista di un'automobile in movimento

Una cosa che non ho scritto a proposito del Padrone di Parise (e qui c'è il link per eventualmente rivedere la recensione: https://riflessionianna.blogspot.com/2019/10/il-padrone-g-parise-letteratura.html), è che i dipendenti della ditta del dottor Max, nel corso del primo capitolo, sono tutti paragonati dal narratore-protagonista che è appena entrato nella ditta a degli animali.
Sì, sembrano creature zoomorfe. Ad esempio, Tropia è paragonato ad un pesce bollito, Lotar, il portiere, ad un uomo-scimmia...

6. SHIRAKAWA E "IL MALE DELL'INFORMATICA":

Essendo stato scritto ed essendo ambientato nella nostra contemporaneità, After dark è un libro anche sugli effetti deleteri che l'abuso dei mezzi tecnologici comporta. 
Certamente, Shirakawa è un informatico, e fa questo lavoro per mantenere se stesso e la famiglia.
Però, il suo trascorrere molte ore davanti ad uno schermo è la causa dei suoi sbalzi d'umore e dei suoi improvvisi scatti d'ira.
Nella stessa notte in cui Mari e Takahashi approfondiscono la conoscenza l'uno dell'altra, Shirakawa picchia una prostituta all'interno della camera di un love hotel (l'hotel Alphaville), ovvero, un albergo frequentato anche da coppie di fidanzati ma soprattutto da prostitute e da p*tt*nieri.

E' come se Shirakawa avesse una specie di schizofrenia: quando svolge il suo lavoro appare calmo e posato, anche quando parla al telefono con la moglie... però risulta capace di picchiare per rabbia una prostituta che scopre le proprie mestruazioni poco prima di consumare il rapporto (= ecco, in questo preciso istante mi sono ricordata che a me arrivano domenica prossima).


Ad ogni modo, il personaggio di Shirakawa mi serve per dire che una fascia d'età molto a rischio, a proposito di abuso di mezzi tecnologici, è proprio la mia, oltre che quella degli adolescenti.
Gente della mia età, o comunque vicini alla mia età, che si crea falsi profili sui social sui quali racconta una sacco di frottole e, peggio ancora, sui quali posta, sia nelle stories sia nei classici post, o pornografie o discorsi demenziali.
Che cosa li spinge a crearsi una falsa identità (che in realtà non è poi tanto segreta ma risaputa)? 
La scontentezza della vita "ordinaria", della routine. Almeno credo, ma forse c'è qualcos'altro.
Il fatto è che in alcuni casi, il divario tra come si è nella vita reale e quello che si vorrebbe essere diventa grave... Diventa preoccupante. Diventa forse mitomania.
Parlando in generale: noi italiani dei nineties (=nati negli anni Novanta) siamo per lo più dei giovani frustrati. Abbiamo avuto cibo quotidiano, un tetto, delle opportunità che fino a 15 anni prima i nostri predecessori si scordavano (corsi sportivi, musicali, esperienze in parrocchia, campi di volontariato fuori provincia, esperienze di Erasmus o di viaggi-studio per potenziare l'area linguistica...). 
Conosciamo il computer quasi da quando abbiamo avuto coscienza di noi e memoria (io ho iniziato a utilizzarlo sui 7 anni), godiamo della possibilità di avere e di sfruttare tecnologie digitali sorprendenti... Ma è come se non avessimo niente. Perché siamo poveri in un altro senso: siamo un po' tutti soli, siamo un po' tutti poveri di relazioni.
E preferiamo l'eterno presente (eterno che però scorre via di secondo in secondo, quindi tenete presente la contraddizione) ad un futuro che ci fa paura perché non ci è dato saperlo. E progettarlo ci sembra troppo un rischio, anche perché siamo in un'epoca di incertezze e di crisi (economica, sociale e morale).

7. IL TEMPO INTERIORE E LE PERCEZIONI TEMPORALI:

p. 127: Getta un'occhiata all'orologio a muro. Le 4 e 33. Le lancette fanno il loro giro scivolando senza scosse sul quadrante. Il mondo avanza di continuo, senza interruzioni. Il pensiero e l'azione s'incastrano combaciando perfettamente. Almeno per il momento.

Sono le ultime frasi del 14° capitolo, riferite a Shirakawa che, tornato a casa dallo studio dal turno della notte, non riesce a dormire e si mette davanti alla televisione, dove stanno dando un documentario sugli animali marini.

Il mondo avanza di continuo, senza interruzioni. 

Esatto. il presente scivola via di continuo, ma quello che è stato è stato. Se tornasse indietro di 4-5 ore, Shirakawa andrebbe all'Alphaville con la prostituta? E inizierebbe a picchiarla, già che poveretta, perde sangue da sé?
Shirakawa, marito e padre di famiglia, è a casa. Ma non raggiunge la moglie a letto, ignara di ciò che il marito ha fatto quella sera. 
L'autore non dice esplicitamente che sta provando un senso di colpa, dice solo che gli fa male la mano. 

p. 151: Le cinque e quaranta del mattino. Mari e Takahashi camminano per le strade. C'è una frase interessante dal punto di vista letterario che Mari dice a Takahashi: Da quando ha iniziato a fare buio ieri sera, mi sembra che sia passato un sacco di tempo.
E invece è trascorsa quasi una notte intera, cioè alcune ore, non alcuni anni o alcuni decenni.
Questo mi ha fatto pensare che fino a metà Ottocento, i romanzi europei privilegiavano il tempo storico: le vicende narrate dovevano godere di una chiara contestualizzazione storica e geografica.
E il tempo era soltanto il tempo esteriore alla psicologia dei personaggi: i giorni, i momenti della giornata, le settimane, gli anni.
Dalla fine dell'Ottocento invece (la tendenza era divenuta poi più marcata in alcuni romanzi del primo Novecento, come La coscienza di Zeno di Svevo), si inizia a dare importanza al tempo interiore, ovvero, alle percezioni temporali dei protagonisti, ai loro vissuti e alle loro memorie.
Il passato con i suoi ricordi, il presente con le sue complicazioni e il futuro ignoto risiedono nella mente dei personaggi.

8. QUELLO CHE HO PROVATO IO NEL LEGGERE QUESTO ROMANZO:

A proposito di ricordi... 
After dark mi faceva spesso pensare ad un ricordo molto piacevole, che risale a quasi 11 anni fa, e che riscrivo qui brevemente e sinteticamente. Non metto nemmeno i verbi, per una volta.
Sabato 20 dicembre 2008. Veglia in preparazione al Natale per le terze medie della vicaria di Villafranca di Verona (tra cui anche il mio paese). 
Partecipazione massiccia di noi nati nel '95, che saremo stati circa un centinaio.
Don Marco, allora curato di Villafranca, era un trentenne di grande energia, che ci metteva sincero entusiasmo nell'organizzare eventi che sicuramente per un bel po' di tempo sono rimasti nel cuore anche di altri miei coetanei.
Pomeriggio trascorso a scrivere post-it su che cosa significa per noi "attendere, aspettare", sui lati della nostra personalità che avremmo voluto cambiare, su ciò che all'epoca ci dava più gioia.
Merenda con pandori e panettoni e cioccolate calde...
Canti... Risate.
E poi, una messa vespertina molto molto sentita. Da tutti quanti. Alla chiesa di Madonna del Popolo.
Durante quella messa avevo provato un senso di felicità e di vera comunione con gli altri e con il mondo.
Durante quella messa avevo segretamente promesso a me stessa di fare del mio meglio per rendere il mondo migliore, con il mio altruismo e la mia sensibilità.

E, nel leggere per l'appunto After dark, e nel comprendere che in fin dei conti, è un romanzo ricco di spunti e di momenti di solidarietà e di umanità, mi sembrava di rivivere quella messa così particolare, nella quale tutti ci tenevamo per mano e cantavamo con le lacrime agli occhi.


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