29 dicembre 2019

"Aquile randagie": la lotta degli scout contro la violenza


Post dedicato innanzitutto 
ai miei lettori scout.
Ma anche 
a tutti coloro che, 
come me, 
da vere persone libere
si impegnano, giorno per giorno,
a portare, negli ambienti di studio, 
di lavoro, di volontariato, 
un messaggio di fratellanza e di generosità.

COME GIÀ VI ANTICIPAVO PRIMA DI NATALE, QUESTO FILM HA ANCHE UN CERTO VALORE STORICO.
E' USCITO NELLE SALE CINEMATOGRAFICHE IL 30 SETTEMBRE 2019.
ANCORA NON E' ACQUISTABILE, VISTO CHE E' PRATICAMENTE UN'OPERA "NEONATA".

E' UN FILM MOLTO SIGNIFICATIVO, VE LO CONSIGLIO VIVAMENTE AL CINEMA.

1. AQUILE RANDAGIE, CONTESTUALIZZAZIONE STORICA:

E' il 1928. Un decreto del duce Benito Mussolini ordina di chiudere tutte le associazioni cattoliche, dal momento che tutte quante si contraddistinguevano da quelle fasciste.
Manca soltanto un anno ai Patti Lateranensi ('29).
Mi spiego ancora più chiaramente: in quel decreto fascista, scritto in un italiano roboante e fatto di termini obsoleti anche per chi viveva in quegli anni, si volevano sciogliere associazioni importanti per la formazione cristiana degli adolescenti e dei giovani, come l'Azione Cattolica, la FUCI e l'AGESCI.

Il film inizia proprio nel momento in cui un gruppo di scout milanesi, dopo un'iniziale reazione di nervosismo, di insofferenza e di grande malinconia nei confronti del decreto di Mussolini, decide fermamente di continuare a riunirsi di nascosto.
I più grandi del gruppo, Giulio e Andrea, due ventenni molto amici tra loro, sono le figure migliori.
Bellissimo risulta l'episodio della passeggiata in Val Codera: anche gli spettatori del film possono godere pienamente di boschi verdi, ruscelletti, monti imponenti e piccole stelle lontane in cielo.

A me almeno era davvero sembrato di passeggiare con loro.
Davanti al fuoco che brilla di fronte alle loro tende, i ragazzi decidono di chiamarsi "Aquile randagie".
"Aquile randagie... ma non è impegnativo? Mi sento come se non potessimo più tornare indietro.", confida Giulio ad un Andrea che ha appena maturato la scelta di entrare in seminario.


...Però, nessun segno di opposizione sfuggiva al fascismo...

2. LA FIGURA DI GIULIO:

Giulio è un vero e proprio leader. Con entusiasmo, convinzione e passione educativa, è determinato a mantenere in vita lo scoutismo, almeno a Milano.
Crede con tutto se stesso nei valori dell'AGESCI: "Noi non accettiamo che ci venga impedito di vivere secondo la nostra legge, che è legge di libertà, di lealtà e di fraternità".
E' disposto a dare la vita per i principi ai quali ha aderito!
Gli scout che mi seguono sapranno sicuramente che il fondatore della loro associazione è un signore inglese chiamato Robert Baden-Powell... Ebbene, Giulio un giorno riesce ad incontrarlo. 
In seguito, condividerà la gioia che gli ha portato questo incontro con i suoi compagni. Giulio è sempre più ottimista: "Baden Powell sa che i fascisti ci impediscono di svolgere le nostre attività. Lui ci sostiene. Presto, anche tutti gli altri scout italiani ed europei si ribelleranno al duce e a Hitler."
A questo punto ho pensato: "Sei veramente una gran persona, con un ammirevole coraggio e con anche un ammirevole senso di giustizia, ma prima o poi le prenderai dai fascisti."
E in effetti, 5 minuti dopo, c'è il pestaggio brutale. E' la scena peggiore, che però mi aspettavo.
In questo momento del film, sembra quasi che il regista voglia farci partecipare alle percezioni di Giulio al quale, sanguinante e a terra, si offusca pian piano la vista per 
un' incombente perdita di sensi, mentre i porci gerarchi fascisti si allontanano.
Proprio in questo istante, i contorni della stradina di Milano si fanno sempre meno nitidi, fino a quel decimo di secondo in cui lo schermo appare nero. Segue l'immagine di Andrea e dei genitori di Giulio che si trovano nel corridoio di un ospedale.
In seguito a questo terribile episodio, Giulio perderà per sempre l'uso di un orecchio.


Ma credete che la sua opera di opposizione finisca qui??!
Niente affatto!

"In questo clima di terrore dobbiamo agire ancora. Dobbiamo fare qualcosa, qualcosa  per cui vale la pena di rischiare più di un orecchio", dice Giulio ad un Andrea più prudente, che inizialmente lo invita a preservarsi da ulteriori violenze e che nel frattempo è divenuto sacerdote.
Nel '43, in piena guerra civile, sempre a Milano, Giulio, con Andrea e altri due ragazzi, porta avanti un progetto ancora più rischioso: supportare i partigiani nella Resistenza e aiutare gli ebrei a fuggire e ad entrare in territorio svizzero. 
Vi ricordo che la Svizzera era stato neutrale. 
Riescono a salvare 2200 persone in circa due anni.

3. LA FIGURA DI ANDREA:

E' l'altro personaggio particolarmente positivo e, come d'altronde anche Giulio, molto presente nel corso del film.
Andrea è un giovane dotato di profonda spiritualità. 
E' il braccio destro di Giulio, suo migliore amico.
E' bellissimo il loro rapporto di amicizia che dura nel tempo nonostante la guerra, le violenze, la fame e l'oppressione fascista.
Andrea e Giulio sono personalità simili, con la differenza che Andrea è un po' più cauto, più riflessivo e, agli occhi dei fascisti, "meno provocatore" rispetto a Giulio.
Andrea rappresenta, all'interno del gruppo, l'elemento dolce e paziente con i piccoli (="i lupetti") e simboleggia inoltre anche l'uomo che si interroga di fronte al conflitto fra legge e morale.
Egli infatti, in un incontro con Paolo VI, in quegli anni "semplicemente" monsignor Montini e quindi non ancora papa, chiede: "Ma per quale motivo la Chiesa non reagisce con più fermezza di fronte alle angherie fasciste? Il fascismo non è governo, è repressione".
Si sente rispondere: "Io comprendo le sofferenze della gente, comprendo anche la lotta di voi scout per far valere il vostro messaggio di onestà, giustizia e pace. Non tormentarti con troppe domande. Altri sacerdoti e altri fratelli cattolici si stanno opponendo in questi ultimi anni alla cattiveria. Il male non avrà l'ultima parola. Confida in Dio."

Anche Andrea è indubbiamente un grande. 
A guerra appena terminata, lo vediamo salvaguardare tutti coloro che, durante la guerra, erano stati dei fascisti e dei nazisti convinti.
Non c'è alcun sentimento d'odio o di astio in lui.
Quasi mai nelle scuole (nemmeno nelle scuole superiori), si accenna al fatto che, una volta terminate le operazioni belliche, a partire dall'estate '45, una parte dei partigiani italiani si era vendicata crudelmente contro i soldati e i generali nazi-fascisti, attuando altre e ulteriori uccisioni.
Andrea, attraverso alcuni sentieri immersi nel verde delle Alpi lombarde, conduce i nazifascisti in Svizzera, affinché possano essere giudicati da un tribunale per le loro azioni.
Com'era giusto che fosse.

4.CREDERE NELLA VITA IN UN PANORAMA DI MORTE: 

A quell'epoca, spero lo teniate tutti presente, c'era l'inferno sulla terra: bombardamenti, partigiani fucilati i cui cadaveri rimanevano sui cigli delle strade per diversi giorni, violenze fisiche, psicologiche, sessuali ai civili, deportazioni di massa di ebrei, zingari e omosessuali, carceri affollate di oppositori politici e presunti oppositori alla dittatura... e... ventenni in guerra, al freddo, in Russia, che morivano per cosa, per cosa??
A 20 anni ben altri dovrebbero essere i pensieri di un ragazzo!
Il mio pro-zio materno Marcello è partito nel '42. E' stato inviato in Russia. Non è più tornato, risulta disperso. La nostra famiglia non ha mai saputo nulla.
Mi zia Carmela purtroppo non sta bene, ultimamente. E' in ospedale. In certi momenti, anche con noi parenti che andiamo a farle visita, ripercorre quella che è stata la faticosa storia della sua vita, e ci confida di non aver mai superato questa vicenda di suo fratello, con cui aveva un ottimo legame. Erano molto vicini d'età.

Non ricordo più esattamente come finisca questo film, d'altra parte, l'ho visto a ottobre.

Però concludo con un'affermazione: sia Giulio che Andrea sono "creature pasquali", almeno a mio avviso.
Se la Pasqua è vita, è pace, è la Risurrezione di Gesù dopo la morte e quindi, se davvero la Pasqua è una festività che ci richiama alla speranza e alla vittoria del bene sul male, questi due giovani sono come la Pasqua: Giulio perché difende il suo diritto alla vita e applica, in un clima di morte e di persecuzione, un'autentica e sincera solidarietà verso il prossimo. Andrea invece, è simile alla Pasqua perché è una personalità mite, che continua ad essere mite anche nel perpetrarsi dell'abominio nazi-fascista e anche per il fatto che, il suo profondo senso di giustizia e di umanità lo induce a non giudicare e a non fare violenza ai nazi-fascisti. Li porta alla frontiera svizzera, perché "starà ai tribunali, agli avvocati e ai giudici decidere della vostra sorte. Spero paghiate per il male che avete fatto."

I contenuti di questo film "li fanno" questi due ragazzi, con la loro immensa forza d'animo, con la loro voglia di vivere e con la loro completa adesione alla vita e alla coerenza di uno stile di vita.



22 dicembre 2019

Virgilio, "Ecloga IV":

Come promesso, vi propongo la lettura di alcune parti di questo componimento in versi di Virgilio.
Le traduzioni e l'analisi del lessico e delle espressioni linguistiche sono mie, i commenti degli illustri studiosi citati li ho presi invece da alcuni libri di testo che ho a casa.
A voi starà eventualmente stabilire collegamenti con passi biblici (sia dell'Antico che del Nuovo Testamento) o analogie con l'annuncio della venuta di Cristo nel mondo.
E... vi accorgerete che quei periodi accademici in cui studiavo anche per 9-10 ore al giorno mi sono serviti a cogliere i diversi legami che intercorrono fra  greco e latino.

Ecloga IV, vv. 1-7:

Sicelides Musae, paulo maiora canamus;
non omnis arbusta iuvant humilesque myricae:
si canimus silvas, silvae sint consule dignae.
Ultima Cymaei venit iam carminis aetas;
5
                magnus ab integro saeculorum nascitur ordo;

iam redit et Virgo, redeunt Saturnia regna;
iam nova progenies caelo demittitur alto.

Muse di Sicilia, miglioriamo lo stile,
non a tutti sono graditi gli alberelli e le umili tamerici:
se cantiamo le selve, siano le selve degne del console.
Giunge ormai l'ultimo tempo della predizione di Cuma;
nasce di nuovo il grande ordine dei secoli,
già ritorna la Vergine, ritorna il regno di Saturno,
già una nuova progenie discende dall'alto cielo.

Quel paulo maiora canamus, letteralmente sarebbe stato: "cantiamo un po' meglio". Il  verbo latino cano (cecini al perfetto), racchiude principalmente due significati: cantare e celebrare in versi. Il suo corrispondente in greco antico è  ᾄδω (àdo). Richiamo l'inizio dell'Iliade: Μῆνιν ἄειδε θεὰ (canta, o dea, l'ira... di Achille Pelìde).
Le myricae sono le tamerici, piccole piantine che indicano, sia il Virgilio che in Pascoli, una poesia umile e semplice.

In questo contesto, il sostantivo carmen, carminis significa "predizione" e non "poesia".
Chiarisco "la predizione di Cuma": nell'antichità, gli oracoli della Sibilla cumana predicevano il ritorno ciclico dell'epoca aurea, dopo la serie delle successive epoche (argento, ferro, bronzo).
Un ultimo appunto su progenies: questo è un sostantivo profondamente legato al greco antico. E' un calco dell'area lessicale greca: γένος (ghènos, stirpe), γίγνομαι (ghìghnomai, nascere), γένεσις (ghènesis, creazione, origine, da cui il titolo di uno dei libri dell'Antico Testamento "Genesi").
Piccola precisazione per chi non ha mai conosciuto quella temutissima bestia denominata greco antico: la γ (gàmma) ha sempre un suono duro, come la "g" di ghìro, per capirci.
Ecloga IV, vv.8-17:
Tu modo nascenti puero, quo ferrea primum
desinet ac toto surget gens aurea mundo,
    10
         casta, fave, Lucina: tuus iam regnat Apollo.

Teque adeo decus hoc aevi, te consule, inibit,
Pollio, et incipient magni procedere menses
te duce, si qua manent, sceleris vestigia nostri
inrita perpetua solvent formidine terras.
15
             Ille deum vitam accipiet divisque videbit


permixtos heroas et ipse videbitur illis
pacatumque reget patriis virtutibus orbem.

Tu, pura Lucina, sostieni intanto 
il bambino che nasce,
a causa del quale per la prima volta 
finirà la generazione armata e crescerà         
in tutto il mondo  una generazione aurea: 
governa ora il tuo Apollo.
E tu, Console Pollione, 
di quest'epoca godrai la gloria, 
e inizieranno a trascorrere splendidi mesi,
sotto la tua guida, 
se resta traccia dei nostri delitti, 
questa sarà vanificata e scioglierà la terra dal continuo timore.
Egli riceverà vita divina, 
vedrà gli eroi mescolati agli dei, 
egli stesso sarà visto da essi, e reggerà 
il placido mondo  con le virtù paterne.

Lucina non è la madre del bambino ma, secondo la tradizione romana, è un appellativo di Diana, dea protettrice delle partorienti.  
Fave è un imperativo da faveo, verbo che, accompagnato da un sostantivo in dativo, assume il significato di "sostenere".
Aevi deriva da "aevus", tempo, epoca storica. "Medio-evo", letteralmente, è "l'età di mezzo". E, nella storia dell'umanità, vi sono due "medioevi" (uno conosciuto da tutti, l'altro invece poco ricordato): uno è proprio il Medioevo  che inizia dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, l'altro invece è il Medioevo ellenico, periodo della storia greca compreso fra il 1200 a.C e '800 a.C, ritenuto un'epoca buia (dark age) dal momento che, una volta decaduta la civiltà micenea, le regioni della penisola greca subiscono, in questi 4 secoli, le invasioni di alcuni popoli, come i Dori. 
In latino c'è anche un altro sostantivo che indica il tempo, più vicino all'italiano: è tempus, temporis, riferito però più al momento, all'ora del giorno, alla stagione. Richiamo qui l'espressione "ad id tempus", "fino a quel momento".

Anche il greco è dotato di due sostantivi finalizzati ad indicare il tempo: uno è  χρόνος (crònos, tempo storico, cronologico), l'altro è ὥρα (òra, momento, stagione).
Qui compare per la prima volta in maniera esplicita il nome del destinatario di questo componimento: è il console Pollione, che sta per diventare padre.
Ma... che cos'è quel "delitto" (scelus, sceleris) di cui si parla? 
In età augustea, iniziava a diffondersi l'idea di una colpa originaria dei Romani, riconducibile al fratricidio di Romolo, celeberrimo personaggio leggendario.

Ecloga IV, vv. 22-30:
Ipsa tibi blandos fundent cunabula flores:
occidet et serpens, et fallax herba veneni
25occidet; Assyrium volgo nascetur Amomum.
At simul heroum laudes et facta parentis
iam legere et quae sit poteris cognoscere virtus,
molli paulatim flavescet campus arista
incultisque rubens pendebit sentibus uva,
30et durae quercus sudabunt roscida mella.

Per te soavi fiori metterà la culla,
moriranno le serpi, morirà l'erba ingannatrice e velenosa,
nascerà ovunque l'assiro Amomo.
Ma non appena potrai leggere le lodi degli eroi e le gesta degli antenati,
e potrai conoscere che cos'è la virtù,
la campagna a poco a poco biondeggerà di morbido frumento, 
l'uva penderà matura da spineti incolti e le querce stilleranno 
miele di rugiada.

L'Amomo era una pianta aromatica orientale, dalla quale venivano tratti degli unguenti salutari e preziosi.
Occido, che vi ricorderà sicuramente la parola italiana occidente e il punto cardinale ovest, significa sia morire, come in questo contesto, che tramontare. 

Un po' di attenzione merita anche il lessico agrario: campus significa qui "campagna". Nel latino letterario di età repubblicana (periodo di Cesare e Cicerone) troviamo molto più frequentemente ager, da cui il nostro "agrario". Anche ager sembrerebbe un calco semantico proveniente dal greco ἀγρός (agròs, campo da coltivare).
Mi piace inoltre molto l'immagine delle querce che stillano miele di rugiada. L'aggettivo roscida (=rugiadoso, umido), richiama a ros, roris (=rugiada).

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La parte più affascinante dell'ecloga è fatta; e i primi 30 versi sono quelli che recano le immagini più suggestive. I versi totali però sono 63, per cui vi faccio vedere come termina:

Ecloga IV, vv-60-63:
Incipe, parve puer, risu cognoscere matrem,
matri longa decem tulerunt fastidia menses.
Incipe, parve puer: qui non risere parentes,
nec deus hunc mensa, dea nec dignata cubilist.

Inizia, piccolo bambino, a conoscere il sorriso della madre,
lunghi dolori portarono alla madre dieci mesi.
Inizia, piccolo bambino: a colui il quale i genitori non sorrisero
un dio non concede la mensa, né una dea l'amoroso giaciglio.

Incipe, altro imperativo, ricorda quella parola che ancora oggi è sinonimo di inizio: incipit.
Poi c'è anche cognosco, conoscere. Il suo esatto contrario è ignosco, ignorare. In greco c'è γιγνώσκω (=ghìghnòsco).
Il poeta alla fine invita il neonato ad essere riconoscente verso sua madre, dal momento che lo ha cresciuto dentro di sé per quasi un anno (l'ideale di una gravidanza sono 9 mesi).
C'è una sentenza che conclude l'Ecloga: il sorriso dei genitori indica il riconoscimento del neonato, per cui, coloro ai quali i genitori non offrirono un sorriso, non sono stati ritenuti degni dagli dei né degni della propria mensa né degni di godere di una compagna di natura divina.

A) COMMENTO DI SEBASTIANO SAGLIMBENI:
Le erbe maligne dovranno morire e, con queste, le tante male occasioni dell'esistenza, si evince dalla IV ecloga, testo per cui Virgilio aveva chiesto alle Muse siciliane un'ispirazione particolare, elevata. Qui non fanciulli che scelgono le gemme della vita vegetale, ma un solo fanciullo che dovrà iniziare una nuova epoca, diversa dalle precedenti confuse e tragiche: e felicità, giustizia, abbondanza dalla terra per l'umanità... Fra le diverse interpretazioni sull'aspetto simbolico che contiene il testo vi è quella che vede in quel puer il futuro Messia. E Virgilio così si ritenne un vate che avrebbe preannunciato la venuta di Cristo. Va detto, a parte questi contenuti, che il testo affascina soprattutto quando si leggono le cose della terra: animali, piante, alberi, come le querce dure che "manderanno miele".
Giotto, "Natività", Cappella degli Scrovegni, Padova

B) COMMENTO DI GIOVANNA GARBARINO:
In questo carme programmaticamente più impegnativo dei precedenti, dedicato ad Asinio Pollione console, il carattere bucolico è limitato all'introduzione (...). La speranza del ristabilimento della pace è presentata dal poeta sotto forma di profezia, con riferimento a credenze di varia origine (orfismo e pitagorismo, oracoli sibillini, religioni orientali) che promettevano un'imminente rigenerazione dell'umanità, reintegrata nella condizione primitiva dell'età dell'oro da cui era decaduta. Il fatto che tale rinnovamento sia legato all'avvento di un bambino, una sorta di "divino fanciullo salvatore", diede spunto, nei primi secoli del Cristianesimo e poi nel Medioevo, a un'interpretazione del testo per cui a Virgilio fu attribuito il preannuncio del Messia cristiano. In aggiunta, gli fu tributato il merito di aver fornito a molti pagani, con quest'ecloga, stimolo alla conversione nella fede cristiana.


Mille strade percorriamo quante sono le città 
e da soli noi pensiamo di trovar felicità
ma la stella chiama tutti noi e insieme camminare ci fa
per l'incontro con quel bimbo che attira l'umanità!


Grazie ancora, caro Don Marco, per la tua energia, il tuo entusiasmo, la tua passione educativa... ti ho incontrato soltanto in quel sabato d'Avvento di undici anni fa, in quell'incontro dedicato alle terze medie... Grazie, Don Marco, ti porterò sempre nel cuore.

19 dicembre 2019

La fede in Dio, i rapporti umani e la contemplazione della natura sono ancora possibili in un mondo sur-moderno?

Ricordate la mia proposta di una riflessione su queste tematiche? Vi rinvio al link:
Questo mio scritto, che ho pubblicato prima del previsto, ha rappresentato un tentativo di rispondere a questioni di attualità piuttosto complesse. 
La data è quella di stesura, ma in realtà è da novembre che sto riflettendo su questi argomenti che hanno chiuso il corso di Letterature comparate.

19 dicembre 2019

Oggi le nuvole coprono il cielo. Un venticello freddo fa rabbrividire gli alberi spogli, i fili d'erba verde, le piccole foglie delle siepi. 


Oggi è una di quelle giornate in cui mi sento piccola, fragile, delicata e indifesa, come lo è un feto nato prematuro: forse la mia esistenza e il mio essere sono troppo piccoli, troppo limitati per sfruttare in maniera soddisfacente il valore del tempo e per comprendere appieno l'immensità dell'Universo e la maestosità della natura.
Io credo che la contemplazione di un paesaggio marittimo, collinare o montano giovi a tutti, se non altro perché può allontanare da noi, almeno, dalle persone più sensibili, aspirazioni di grandezza e velleità di potere, visto che le entità con le quali i nostri occhi vengono a contatto ci rendono piccoli e anche insignificanti di fronte alla bellezza che in questo pianeta esiste e si evolve da milioni di anni.
Il fragore del mare, l'imponenza delle vette dei monti, la luce del sole che irradia il vasto azzurro del cielo continueranno ad esistere anche dopo di noi.


Spesso mi sento impotente di fronte a questo tempo che scorre incessantemente davanti ai miei occhi, anche se, nella mia mente e sul calendario cerco di programmare giornate e settimane che quasi sempre risultano essere molto intense. Non riesco mai a realizzare tutto ciò che mi prefiggo.
Vorrei poter riuscire a incontrare più spesso amici, zii e cugini; ma non sempre riesco a conciliare i miei mille impegni con la mia voglia di dialogare, di donare un parte di me a coloro che mi stimano davanti ad una pizza o ad un caffè, o durante una passeggiata.
Anch'io, come qualsiasi lettore di questo blog e come qualsiasi persona che vive in questo Occidente industrializzato e tecnologizzato, sono profondamente immersa in una vita fatta di corse; ad esempio, di corse verso la fermata dell'autobus e verso le aule universitarie per arrivare il più possibile in orario a lezione.
Credo sia questo il grande paradosso di questo nuovo millennio: nonostante l'esistenza di internet, dei social network e di efficienti piattaforme di messaggistica come Whatsapp e Telegram, gli incontri fra persone risultano difficili da programmare o comunque abbastanza rari.
Tutti sono facilmente raggiungibili, ma i mezzi tecnologici e informatici attraverso i quali si riesce a contattare facilmente chiunque sono freddi, dal momento che, sia gli schermi, sia le emoticons sia i messaggi vocali impediscono il contatto fisico e in genere non permettono di capire se nelle parole dell'altro ci sia o meno sincerità.
Charles Dickens, scrittore inglese vissuto nel pieno del XIX° secolo, momento in cui il Regno Unito stava vivendo un notevole sviluppo industriale, aveva intuito che lcomunicazione elettrica non sarà mai un sostituto del viso di qualcuno che con la propria anima incoraggia un’altra persona ad essere coraggiosa e onesta.
Abbiamo tutti quanti bisogno di vivere le relazioni umane. 
Abbiamo tutti quanti bisogno di ciò che facciamo fatica a chiedere agli altri, ovvero, un abbraccio forte, una stretta di mano, una visita inaspettata.
I rapporti umani veri, autentici, non contaminati da invidie, gelosie e rivalità, costituiscono una vera e propria fonte di amore e di fraternità. 
A questo proposito, mi ritorna alla mente quella frase che racchiude in sé il principale messaggio del film Into the wild : la felicità è reale solo se condivisa.
Io credo tra l'altro che la felicità non si trovi nelle grandi feste, nelle discoteche buie e affollate.
E' più probabile che si possa trovare felicità in una passeggiata al tramonto o in una serata  d'inverno nella quale si sta seduti sullo stesso divano davanti a un bel film e ad una tazza di tisana bollente o di cioccolata calda.
Ho sempre pensato che la felicità sia fatta di condivisione.

In questi ultimi anni ho conosciuto molte persone, di tutte le età e, attraverso alcune esperienze condivise, ho imparato a riconoscere in ognuna di loro qualità e fragilità.
L'umanità, che include sofferenza ma anche unicità e originalità, la si può riscontrare negli occhi del proprio vicino. Per questo motivo mi ritrovo d'accordo con il professor D'Avenia, che afferma: ciascuno di noi è custode di chi ha accanto.
Quando ero animatrice in parrocchia mi sentivo custode dei miei ragazzi: avvertivo dentro di me il dovere e il desiderio di prendermi cura di loro. Per questo mi impegnavo a pensare ad attività costruttive.
Posso anche dire di aver custodito pensieri, stati d'animo, fragilità, difetti, prepotenze di quelli che fino a tre mesi fa erano i miei co-animatori.
Ascoltavo: ho ascoltato gli adolescenti e ho dato loro consigli. Oltre a ciò, mi sono confrontata comunque con persone giovani vicine alla mia età; e anche questo mi è stato utile per crescere, maturare e continuare a pensare con la mia testa, senza farmi influenzare da figure di "leader negativi".
Non odio nessuno: né quelle compagne di classe che ai tempi del liceo con i loro pettegolezzi e i loro insulti sussurrati mi hanno isolata, né quegli animatori e quelle animatrici per i quali e per le quali io ero soltanto una seccatura.
Mi ritrovo ormai ad un passo dall'ingresso nel mondo del lavoro e, mentre da una parte ritengo che il futuro possa riservarmi molte soddisfazioni dopo tutti questi anni di studi e di sacrifici, dall'altra, il mio breve passato difficile mi accompagna sempre, giorno per giorno, ricordandomi però che delusioni, travagli e solitudine sono serviti a farmi crescere e a comprendere le mie risorse interiori.
Voglio ancora credere nell'autenticità dei rapporti umani. E' necessario che tutti credano nelle relazioni, soprattutto in un'epoca in cui la quotidianità è dominata da frenesia, ansia e rapidità. Ogni pasto condiviso, ogni chiacchierata e ogni incontro, in un periodo difficile della nostra vita, possono essere considerati dei "farmaci benefici" che aiutano a recuperare un po' di sollievo o di serenità.

L'ultima parte di questo scritto vorrei dedicarla alla questione Dio. 
Mi piace introdurre la tematica con uno spezzone di un dialogo tratto dal film "Donnie Darko", dove il protagonista Donnie, nel corso di una seduta con la sua psicoterapeuta, tocca tematiche profonde e significative.
La psicanalista, ad un tratto, gli chiede: la ricerca di Dio è assurda?
E la risposta di Donnie è, almeno a mio avviso, toccante: lo è se ognuno sulla Terra quando muore è solo.

Questa è una frase che mi ha fatto parecchio riflettere qualche tempo fa, quando ho cercato di cogliere simboli e significati di questo film.
A distanza di quasi tre anni, mi ritrovo più o meno dello stesso pensiero: ognuno di noi vive e può vivere relazioni autentiche e gratificanti, ognuno di noi ha il diritto di sperare nella solidarietà umana ma... nessuno di noi può pretendere di essere sempre oppure del tutto compreso dagli altri.
La nostra interiorità appare un mistero persino a noi stessi, per cui, come possiamo pretendere che qualcun altro la capisca meglio di noi?
E soprattutto, abbiamo certamente il diritto di essere ascoltati, abbiamo il diritto di confidarci, abbiamo il diritto di essere consolati ma... chi comprende del tutto i nostri stati d'animo? Chi sa che cosa veramente prova un ammalato di cancro in punto di morte? Chi potrebbe rendere bene con le parole lo stato d'animo di una madre che ha perduto per sempre suo figlio, o di un adolescente che ha visto i genitori divorziare?
Le incomprensioni ci sono, indubbiamente, sempre, e secondo me, indipendentemente dall'esistenza e dalla ricerca di Dio.


Se dunque, come ho chiarito prima, è possibile sia riconoscere la grandezza della natura e la piccolezza dell'animo umano, sia scorgere sollievo e solidarietà nelle relazioni e nella conoscenza tra persone, è dunque lecito e possibile credere in un Dio onnipotente e misericordioso?
In questi ultimi giorni mi chiedo spesso dove possa essere finita tutta quella spiritualità che avevo da bambina e da adolescente, per la quale mi commuovevo ogni volta che, durante le celebrazioni liturgiche, si doveva cantare.
Potrei anche sembrare fragile ma, dopo alcuni anni di volontariato in parrocchia fatto con il cuore ma che sostanzialmente è stato un'esperienza piuttosto negativa e faticosa, inizio a mettere in dubbio le verità fondamentali di un Cristianesimo verso il quale ho sempre aderito volentieri.
Non mi è stato riconosciuto l'impegno che ho messo e, soprattutto, non ho trovato un ambiente parrocchiale caloroso.
Adesso mi trovo in una situazione piuttosto strana, abbastanza contraddittoria, se volete, in cui non so se davvero Dio o l'ispirazione di Dio intervengano nelle vicende umane, in cui non so se ci sia un regno ultraterreno dopo la morte, in cui una domanda mi sta martellando continuamente il cervello, ed è questa: "Se Dio esiste, che senso ha la sofferenza dell'innocente?".
E pensare che, quando ero animatrice, ci tenevo un sacco a formarmi dal punto di vista biblico e lo facevo... e quindi mi chiedo anche: ora che cosa mi rimane di tutte quelle spiegazioni su brani biblici che, insieme ad altri ragazzi del mio paese, ho ascoltato in questi ultimi due anni?
Che cosa rimane di tutto il servizio che ho svolto con entusiasmo e con altruismo, sia in estate che in inverno?
Di sicuro questo mi rimane: l'affetto e la riconoscenza che alcuni ragazzini, fra i 12 e i 14 anni, hanno ancora nei miei confronti, visto che quando mi vedono, mi abbracciano commossi. Andrea quando mi vede mi stringe forte forte, quasi mi fa male. Proprio Andrea che, bisogna ammetterlo, non è un down facile e ha spiccate preferenze e simpatie nei confronti di adulti ed educatori.
Non frequento più nessuna delle attività parrocchiali ma, nonostante ciò, continuo ad aderire alle "lectio divine" mensili di Don Falavegna e continuo a frequentare la messa.
Perché, anche se mi sto facendo molte domande, anche se in questo periodo sto mettendo in discussione le Risurrezione di Gesù e la potenza dell'entità di Dio, non voglio sfociare nella situazione nella quale si trovano molti miei coetanei, cioè, in un rapporto di assoluta indifferenza verso la religione.
Penso infatti che in un mondo sur-moderno in cui gli episodi di morte, di guerra e di violenza fanno molta più notizia rispetto agli eventi edificanti e anche rispetto agli esempi di persone positive, sia fondamentale coltivare una speranza nella fede in Dio. 
Il Cristianesimo in fin dei conti è un messaggio di pace e di speranza, proprio come sosteneva San Giovanni Paolo II: Al di fuori della misericordia di Dio non c'è nessun'altra fonte di speranza per gli esseri umani.
Aggiungo però che il vero cristiano, a mio avviso, per quanto caratterizzato anche da limiti e da difetti, deve cercare di essere umile e il più possibile coerente con la fede alla quale aderisce, in modo tale da poter costituire un esempio o comunque un punto di riferimento sia per le persone che incontra nella sua vita quotidiana sia per tutti coloro che si trovano, come me, alla ricerca di Dio.

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Programma del blog degli ultimi giorni del 2019 o primi giorni del 2020:

- Entro la Vigilia di Natale, vorrei proporvi la traduzione di alcune parti piuttosto consistenti dell'Ecloga IV° di Virgilio, alla quale, nel Medioevo, è stata data un'interpretazione che avvicina il suo contenuto al Natale.

-Entro l'epifania, o almeno spero, entro il 31 dicembre (giorno in cui tra l'altro sarò fuori casa e andrò a dormire praticamente la mattina presto) vorrei svolgere la recensione di un film che ha anche un certo valore storico. Si tratta di "Aquile randagie"... è la storia dello scoutismo italiano negli anni del Fascismo e della Resistenza.




12 dicembre 2019

"La melodie"

Neve!
Finalmente... dopo anni che non la vedevo più qui dalle mie parti...
E pensare che soltanto ieri pomeriggio, quando in aula ho esposto il mio approfondimento sul confronto Pasolini/Zanzotto, avevo letto i versi del componimento "Ad una morta" che diceva anche: "tra i filari intristiti/verrei con te tra la neve". E' una lirica che l'adolescente Andrea dedica alla sorella Angela morta di tifo nel '37.

Comunque, ho visto anche qualche bel film in questi ultimi tre mesi; non ne ho mai fatto menzione qui prima d'ora per il semplice fatto che ero troppo presa dal fascino del programma del corso di letterature comparate. 
Non penso sia frequente che un docente universitario decida di illustrare, nel corso di un mezzo semestre, principalmente i movimenti e le avanguardie anti-tradizionaliste del secolo scorso. Personalmente penso sia stato un grande arricchimento, al di là dell'antipatia che ho avuto verso il Nouveau Roman e verso il "Tristano" di Balestrini. 
Tutto il resto del programma però mi è piaciuto.

LA MELODIE:

"La melodie" è un film che racchiude due tematiche verso le quali sono molto sensibile: la musica e la pedagogia.

1) IL MESTIERE DELL'INSEGNANTE E L'IMPORTANZA FONDAMENTALE DELL'ESSERE DEI VERI EDUCATORI:

Il protagonista della storia è Simon, un violinista di mezz'età decisamente talentuoso che, per diversi anni, è riuscito a vivere della propria arte.
Ma, in un periodo in cui si ritrova privo di impegni come musicista da concerti, accetta l'offerta di lavoro di Farid, preside di una scuola media: 
tenere un corso extra-curricolare di violino per gli allievi iscritti e (teoricamente) interessati.
Tenete presente che si tratta di una scuola media situata in una delle periferie parigine, ovvero, collocata in un ambiente di disagio socio-economico, di degrado morale e culturale.
Simon si ritrova dunque a iniziare un'esperienza che inizialmente è difficile e avvilente, ma poi si rivela un vero e proprio arricchimento.
I componenti del corso di violino, per buona parte del film, risultano molto polemici e molto disuniti gli uni verso gli altri.
L'impatto con alunni ancora bambini ma prepotenti e deconcentrati è per lui scioccante.
In effetti, ricordo a questo proposito una frase di Simon a Farid, ancora nelle scene iniziali del film. Si tratta naturalmente di una frase riferita ai "novelli violinisti":

"A volte quei bambini mi fanno paura. Non sono capaci di concentrarsi per più di trenta secondi."


... Non è che la gente delle superiori sia tanto diversa, da questo punto di vista.
Io li ho sperimentati per qualche anno in parrocchia e vi assicuro che non è un'impresa per nulla facile attirare l'attenzione dei ragazzini tra i 14 e i 16.
Eppure sono riuscita ad ottenere la stima di diversi di loro, con il tempo. Mi piaceva stare con i ragazzi in fase di crescita, sia d'estate, durante il Grest, sia in tutte le altre stagioni, una sera la settimana.
Io sono convinta che chiunque occupi, nella società o in una comunità, un posto in campo formativo-educativo, indipendentemente dal fatto che sia un animatore, un capo scout, un catechista, un educatore comunale, un insegnante, un istruttore sportivo, è chiamato a dare una propria impronta, una propria testimonianza di vita.
Io so di averlo fatto. Ho raccontato ai ragazzi qualcosa a proposito della mia solitudine, della mia passata emarginazione. Ho insistito parecchio sull'importanza di costruirsi un'identità propria, unica, irripetibile, ma non per lo scopo di sentirsi superiori agli altri, quanto piuttosto per capire bene le proprie qualità e le proprie risorse.
Cari miei, sapete una cosa? Se una figura adulta o comunque un bel po' più grandicella degli adolescenti parla in modo sincero del proprio vissuto e delle proprie esperienze, prima o poi riesce a far breccia dentro di loro, riesce a smuoverli dalla loro pigrizia, riesce ad allontanarli, almeno in quei momenti, dall'iper-cinetismo e da un'euforia che talvolta nascondono ansia, dolore e inquietudine. 
Quando ho proposto di trattare il tema dell'identità vs gregge, attraverso attività e alcuni brani biblici/letterari, avevo tutti gli altri animatori del mio "team" contro: "Sono piccoli", "Non capiscono", "Non sono in grado di riflettere" , "Non sono maturi per un progetto educativo del genere." 
... e avanti con questa fastidiosa sottovalutazione del potenziale dei nostri giovanissimi!
E invece io, risoluta, l'ho fatto ed è riuscito.
Cioè... anche qui... Perché contesti il mio progetto (a tuo parere troppo "elevato" e ambizioso) senza proporre altre alternative da sviluppare??
Si è fatto il mio programma perché a nessuno veniva in mente nient'altro. Io non ero arrogante, non imponevo mai nulla a nessuno. Usavo sempre il condizionale.
Ero entusiasta e mi assumevo le mie responsabilità, da giovane adulta matura.
Ad ogni modo, a molti quattordicenni è piaciuto fare un programma sull'identità e sulla negatività del "gregge" che conforma. Perché hanno capito che l'autostima è importante per realizzare i propri sogni, che l'anti-conformismo e l'unicità aiutano a capire ciò che veramente si vuole nella vita e che l'amicizia vale soltanto se è solidarietà e sincerità.
...E me ne sono andata da lì...
Mi viene ancora da piangere al pensiero, ma me ne sono andata per il fatto che non ero sostenuta da nessuno né nelle mie proposte né nella mia idea di intendere il servizio di animatrice in parrocchia. E, ad un certo punto, una persona si esaspera quando non viene sostenuta.
Io non meritavo né alcun "grazie", né alcun ascolto. 
Ero forse un elemento troppo scomodo, che metteva in evidenza ciò che non andava nel gruppo animatori, ma non per un senso di superiorità, quanto piuttosto perché desideravo ardentemente che lo spirito di servizio, in generale, cambiasse completamente.
Aggiungiamo inoltre che, secondo il curato, io sono uscita soltanto per un motivo: la fine della "storia" con A. (metto l'iniziale per rispetto). Non è vero. 
Ma il curato ha le sue idee, i suoi chiodi fissi, e, almeno dal suo punto di vista, la ragione sta sempre e soltanto dalla sua parte.
Ad un certo punto, A. non si è comportato bene con me, ma, d'altra parte, io ho fatto anche abbastanza presto a farmela passare.
Per un periodo siamo stati attratti l'uno dall'altra nel senso che abbiamo avuto una meravigliosa intesa, soprattutto a livello di discorsi. Poi l'ho conosciuto meglio e ho capito delle cose e finalmente ho anche dato maggior peso a delle altre cose che prima, nel momento di innamoramento, non volevo tanto vedere. 
E anche se non posso qui specificare il termine "cose", se mi trovassi di fronte alcuni degli amici o degli ex compagni di classe di questo ragazzo, direi loro che questo rapporto mi è servito, mi ha fatta comunque crescere e maturare... Mi ha fatta diventare un pochino più donna e ancora più umana. Nessun essere umano che incontriamo passa mai invano nella nostra esistenza. Voi dovreste sapere meglio di me che, quella a cui faccio riferimento, è una persona che ha sicuramente i suoi lati positivi, ma è anche molto molto fragile e ha un gran bisogno di essere ascoltata e guidata da figure molto più adulte di noi.
(perdonatemi la troppa schiettezza, ragazzi... questa mia caratteristica non del tutto positiva emerge soprattutto in giornate come questa, in cui non sto molto bene e sono un pochino malinconica).
Io ero dove stavo prima di tutto per gli adolescenti, non per "accaparrarmi" per forza qualcuno della componente maschile tra gli animatori. Io ho sempre avuto il massimo rispetto per i ragazzi, non li ho mai toccati! Mi sono confrontata con loro e basta.

Ecco che da una frase di un film è scaturito il mio mondo e le mie vicende recenti!
Ad ogni modo, per tornare al contenuto di "La melodie", dicevo che nelle prime settimane Simon fatica a tenere l'ordine durante le sue lezioni, nonostante sia massimamente competente nel suo ambito e nonostante si sforzi di fare lezione in modo interattivo, ponendo ai ragazzini delle domande come: "Che qualità deve avere, per voi, un buon musicista?".

Arnold
Malgrado ciò, un appiglio di motivazione a continuare questo incarico annuale c'è, ed è Arnold, un dodicenne di origini africane particolarmente portato e appassionato nell'imparare a suonare il violino.
Si tratta di un ragazzino in genere introverso e molto riservato. Riesce a confidarsi, pian piano, soltanto con il suo insegnante Simon, che più volte valorizza le sue capacità musicali.
Nel corso dei mesi, Arnold risulta non soltanto il migliore del gruppo ma anche un esempio e una risorsa per tutti gli altri...
Questo film illustra anche le difficili situazioni familiari di alcuni degli allievi di Simon.
Arnold, ad esempio, soffre molto per l'assenza del padre.
La scena in cui il ragazzino chiede in lacrime alla madre: "Dov'è papà? Perché ci ha lasciati soli?" è una delle più toccanti.
Ecco, a questo proposito penso anche: i ragazzi, i nostri ragazzi, sono degli allievi... ma sono prima di tutto delle persone che, pur avendo finora avuto vita molto breve, possono aver passato anche dei drammi o delle disgrazie molto grandi. Possono avere alle loro spalle o un vissuto devastante o un presente incredibilmente difficile.
Bisogna ascoltarli, bisogna essere per loro, per quanto possibile, dei punti di riferimento affidabili.
Il primo caso, tra l'altro proprio in età da scuole medie, a confidarsi con me l'estate scorsa, in un momento di svago della giornata del Grest, è stato, ad essere del tutto sincera, un ragazzino che in casa vedeva violenze domestiche. Vedete voi.
Il responsabile di un Grest non è seduto su un trono regale e non deve comandare e pretendere soltanto che tutti quanti gli obbediscano senza obiezioni. E' una figura che organizza le giornate, che si affianca agli animatori, ai ragazzi e alle madri di famiglia presenti per distribuire merende e fare pulizie.

Magari vi risulterò idealista e ingenua ma... vi prego, smettiamola di dire sempre e soltanto che i nostri ragazzini (soprattutto in riferimento alla fascia di età 11-13), sono difficili e problematici.
E ve lo sta dicendo una che nei suoi gruppi in parrocchia li ha sempre avuti i suoi elementi critici da "regolare".
Dopo la magistrale è abbastanza probabile per me andare per qualche anno alle medie come insegnante di Lettere. Molti docenti con la mia stessa laurea, prima di finire nei licei, hanno iniziato con una "gavetta" alle medie.
Forse sono folle, ma credo nei nostri ragazzi. 
Anche se in certi momenti alcuni comportamenti dei ragazzi mi hanno un po' avvilita (sono umana anch'io), io credo nelle loro diverse individualità, nel loro dolore, nelle loro preoccupazioni, nella loro ansia di avere risposte, nei loro sogni.
E so che abbastanza spesso, certe risate sguaiate o certi musi lunghi sono soltanto delle facciate che nascondono un'interiorità ferita oppure timorosa di emergere per ciò che è davvero.
E per questo dico, a tutti gli adolescenti che mi stanno leggendo, storpiando un pochino una frase di Max Pezzali: "Com'è bello il mondo insieme a voi!"

2) L'UTILITA' DELL'INSEGNAMENTO MUSICALE:

Per una volta tanto, non vi dirò come termina questo film. Vi dico soltanto che il finale è molto positivo e vi auguro di poterlo vedere al più presto nei cinema vicini alle vostre case.
A me è piaciuto molto.
In questa seconda parte del post vorrei segnalare a tutti voi l'importanza dell'imparare qualcosa in ambito musicale.
Alle scuole medie ci sarebbero due ore di "educazione musicale". Secondo me, sarebbe bellissimo che in quel periodo della loro vita i ragazzini imparassero, per linee generali, la storia della musica.
Ovviamente non come l'ho fatta e la sto facendo io all'Università.
Ma almeno, sarebbe utile e meraviglioso che un tredicenne sapesse che cos'è un canto gregoriano, la differenza tra monodia e polifonia, che cos'è un madrigale, chi erano Bach, Mozart e Beethoven, che cos'è un'opera in musica. Almeno questo! E ci sono tre anni e due ore alla settimana per poterlo fare, considerando che, in orario extra-curricolare, molti ragazzini imparano a suonare uno strumento.
Io ho iniziato a studiare seriamente storia della musica a 21 anni, al terzo anno di triennale.
Prima non sapevo quasi nulla; alle medie, la professoressa che avrebbe dovuto farmi storia della musica, nelle sue ore parlava più che altro dei suoi figli, di sua suocera, dei suoi cani... e avanti (che guaio che è a volte, la "libertà d'insegnamento"!).

Non dovrebbe esistere che un ragazzino intorno ai 13 anni dica che Celine Dion fa musica classica!! Perché questa è la risposta che un allievo dà a Simon quando chiede: "Conoscete la musica classica?".

La musica classica non è affatto scomparsa, dal momento che convive, in questo mondo, con le tendenze pop, country e rap.
Vengono ancora programmati dei concerti in cui gli esecutori interpretano brani di Bach, di Handel o di Vivaldi.

Curioso è anche il fatto che, in alcuni casi, le melodie di un'opera drammatica in musica si ritrovano nei film o anche nei cartoni animati.
In "Up", il mio film d'animazione preferito, si sente di sottofondo "Habanera" (Carmen, Bizet) nel momento in cui il vecchio vedovo Carl scende le scale con la sedia mobile.
Guardate se non ho ragione!