26 marzo 2020

Palazzeschi poeta:

Ecco un Palazzeschi che pochi conoscono...

Si tende a ricordare Aldo Palazzeschi come il poeta dei giochi fonici e delle onomatopee più originali... In realtà è anche il poeta della dolcezza e delle immagini delicate. Ho un libro a casa, dell'edizione Mondadori, nel quale sono incluse molte delle sue poesie.
Vi riporto le mie riflessioni su alcune di queste.

1. CHI SONO?

Son forse un poeta?
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell’anima mia:
“follia”.
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non ha che un colore
la tavolozza dell’anima mia:
“malinconia”.
Un musico, allora?
Nemmeno.
Non c’è che una nota
nella tastiera dell’anima mia:
“nostalgia”.
Son dunque... che cosa?
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell’anima mia.

Picasso, "Famiglia di saltimbanchi"

E' pur vero che "Chi sono?" l'avevo già affrontata quest'autunno durante il corso di letterature comparate, ma l'ho ristudiata e re-interpretata volentieri nei giorni scorsi.
D'altra parte... il mio lavoro in questo momento e in questo periodo di vita è quello di approfondire, oltre che di studiare i programmi dei docenti.
Il poeta ricerca la propria identità attraverso domande e negazioni. Notate che nel corso del componimento compaiono le tre arti più antiche: poesia, pittura e musica. La fotografia e il cinema sono nati nell'ultimo Ottocento.
Comunque, follia, malinconia e nostalgia non sono concetti molto positivi. 
Perché Palazzeschi dovrebbe essere folle? Il primo Novecento è un secolo di grandi cambiamenti anche culturali. Palazzeschi, come i futuristi, come i membri delle altre avanguardie e anche come i modernisti, si distacca dalla tradizione. Se il futurismo di Marinetti promulgava il disprezzo della donna, l'esaltazione della velocità e della guerra, l'ottica letteraria di Palazzeschi è invece quella di evitare "rancidi romanticismi" per promuovere un ideale d'uomo ironico e clownesco. "Follia" secondo me qui sta per "originalità"... sarebbe un'allusione al suo stile e ai suoi temi di scrittura.
La malinconia della tavolozza richiamerebbe a mio avviso invece l'indole timida e riservata di questo poeta... Libri e articoli culturali ci informano del suo carattere schivo, introverso. Un carattere introverso tende alla malinconia.
Come si potrebbe rendere la nostalgia in musica?  
C'è un brano esclusivamente strumentale che mi dà una sensazione nostalgica... E' di Einaudi.


Di cosa ha nostalgia Palazzeschi? Per la sua infanzia? Non ci è dato immaginare tanto altro.
Ma è verso la fine che arrivano tre versi significativi:

Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.


Per me vuol dire: "Io non ho maschere". Anch'io sono così; e spero di non perdere mai la mia sincerità. Se mi chiedeste due aggettivi per descrivermi direi: sincera e (iper)sensibile.
Finisco sempre per stare male in quelle rare volte che mi capita di raccontare una mezza bugia. E poi sì, questo è anche un difetto oltre che una risorsa: piuttosto spesso mi carico sulle spalle il vissuto e i problemi degli altri e soffro per loro. 

Il saltimbanco dell’anima mia. E' il verso che mi ricorda un'affermazione del poeta stesso: "La mia maestra è la strada". Ha avuto una vita precaria, aveva anche tentato di fare l'attore. 
Ma potrebbe questo verso voler anche dire: "Io mi evolvo continuamente, come tutti"?

2. LE FANCIULLE BIANCHE:

La gente cammina pian piano,
sull'erta che mena la chiesa.
è un lungo viale fra grandi cipressi
la chiesa è la cima del monte.
La gente cammina pian piano
a mezzo dell'erta a sinistra
è il breve cancello che chiude un giardino.
Là dentro passeggiano al sole
le fanciulle bianche.
Passeggiano adagio pel grande giardino
non hanno nemmeno un sorriso.
La gente passando si ferma a guardare.

San Rocco, Sommacampagna VR
Questa poesia invece mi ricorda la chiesetta di San Rocco del mio paese. Lì si sono sposati i miei genitori. E' aperta solo in occasione di matrimoni e di mostre locali di pittura, di pittura di paesaggi delle nostre colline e del lago di Garda. E' una chiesa del Seicento, situata sopra una collinetta circondata da alcuni cipressi.
Mi risulta suggestiva l'immagine delle fanciulle bianche nel giardino della loro casa sicuramente grande. Che si tratti di giovani aristocratiche?
Qui, dal punto di vista metrico, su 12 versi 6 sono novenari, per cui, dotati di accentazione fissa sulle sillabe 2°/5°/8°. Ci sono tre versi di 12 sillabe (è il breve cancello che chiude un giardino/Passeggiano adagio pel grande giardino/La gente passando si ferma a guardareche, dal punto di vista dell'accentazione seguono lo stesso schema dei novenari: 2°/5°/8° + 11°.

3. ARA MARA AMARA:

In fondo alla china,
fra gli alti cipressi,
è un piccolo prato.
Si stanno in quell'ombra
tre vecchie
giocando coi dadi.
Non alzan la testa un istante,
non cambian di posto un sol giorno.
Sull'erba in ginocchio
si stanno in quell'ombra giocando.

Come Pena, Rete e Lama nel Codice di Perelà, Ara, Mara e Amara sono probabilmente i nomi delle tre vecchie che giocano ai dadi.
Anche qui, sullo sfondo c'è un paesaggio collinare ("china" è "collina").  Dal punto di vista metrico prevalgono i senari. 
Il motivo del gioco inserito in un paesaggio campestre e collinare c'è anche nel componimento "A foglia ed a gemma" di Zanzotto, di cui cito soltanto la parte iniziale:
"A foglia ed a gemma si schiudono/tra le tue mani le carte del gioco/i papaveri qui fanno folla/per te dagli ovili e dal monte/il frumento affolla il mese di maggio".

4. A PALAZZO RARI OR:

Da vetri oscurissimi
leggera una nebbia viola traspare:
finissima luce.
E s'odon le note morenti
dei balli più lenti.
Si vedon dai vetri
passare volanti
le tuniche bianche
di coppie danzanti.

Al di là dell'allitterazione nel titolo "Rari Or" , sembra che qui ci si stia riferendo ad un tramonto visto da un palazzo regale. Quest'immagine risiede nella mente di Palazzeschi, che non è mai stato né ha mai abitato in luoghi per aristocratici.
La "finissima luce" sarebbe dunque la luce tenue di un sole appena scomparso all'orizzonte, i "vetri oscurissimi" potrebbero essere delle vetrate colorate le cui decorazioni oscurano un pochino la visuale del mondo esterno. O sono "oscurissimi" perché impolverati e poco puliti? O sono resi oscuri dal buio incombente?
E s'odon le note morenti/dei balli più lenti. Qualcuno balla anche all'interno delle stanze del palazzo? Il poeta dice che c'è qualcuno fuori dal palazzo che balla, sicuramente in un giardino. Riesce a vedere le tuniche bianche.

5. MAR ROSSO:

Non è un ampissimo mare,
si vedono bene i confini e i contorni,
la forma che ha:

ha forma di cuore, e posa
in una terra azzurra 
sotto un cielo di rosa.
Son l’acque d’un rosso assai cupo,
ma vivo, fremente.
Non à questo mare né onde né flutti, ma ha,

nell’ammasso uniforme,
dei palpiti forti, ineguali,
s’abbassa e s’innalza,
s’espande o comprime.
Padrone del mare,
è un giovane principe fulvo, bellissimo.
In piedi alla prua d’una lancia
ei vive girando il suo mare.
Padrone assoluto, 

egli gira traversa percorre ineguale
in tutti i possibili sensi.
La punta acutissima
di quella terribile lancia
trafigge, trapassa, trafora
l’ammasso porpureo dell’acque,
ne balzano alti gli spruzzi,
in gorghi ed in fiotti
s’innalzano l’acque 

al passare di quella terribile lancia.
Il principe, in piedi, 
impassibile,
neanche un istante rallenta il suo corso,
neppure uno spruzzo lo bagna,
la veste sua bianca
non porta neppure una macchia
del rosso dell’acqua.
Padrone assoluto, 

ei gira traversa percorre ineguale
in tutti i possibili sensi il suo mare,
diritto alla prua della lancia
terribile, 

fulvo, bellissimo.
Un gemito, 

un fremito,
che sembra l’affanno
d’eterno ed uguale dolore,
vien su da quel mare
che ha forma di cuore, e posa

in una terra azzurra
sotto un cielo di rosa.

-il mare: è metafora dell'animo umano. Si parla in effetti di "palpiti", "forma di cuore". E "non ha né onde né flutti". E' rosso, come il cuore che disegnano i bambini, come i cuori che un po' tutti noi immaginiamo.

-il giovane principe: rappresenta forse la vita. La vita con i suoi incontri e con le sue esperienze che divengono ricordi che attraversano l'anima. La vita che ha una fascino per chi sa vivere veramente.

- la punta acutissima della lancia: dovrebbe trattarsi del dolore. Un dolore, anche imprevisto, che genera spruzzi, gorghi e fiotti (=angosce).

-Il principe, in piedi, /impassibile,/neanche un istante rallenta il suo corso: la vita che scorre, che continua nonostante i drammi. 

-la veste sua bianca/non porta neppure una macchia/del rosso dell’acqua: la vita che non ti consola, che più di una volta ti mette accanto persone false, irrispettose e insensibili. Devi trovare prima di tutto in te stesso la forza per "rialzarti dalle cadute". La stessa "signora vita" si aspetta che tu lo faccia. Il punto è che la "signora vita" non dura in eterno... Quindi è da imbecilli impiegare il tempo soltanto in rabbie, risentimenti e depressione.
E.. se fosse vero che Dio progetta la vita di ogni uomo, se fosse vero che per Dio le sofferenze in ogni vita umana hanno una finalità, se fosse vero che è proprio Dio a metterci accanto anche delle persone che ci sono d'aiuto?

-Un gemito, /un fremito,/che sembra l’affanno/d’eterno ed uguale dolore,/vien su da quel mare/che ha forma di cuore, e posa/in una terra azzurra/sotto un cielo di rosa: credo che Palazzeschi ci stia dicendo che anche il dolore è vita. 

PIOMBO- PRIMO LEVI:


Come la settimana scorsa, sul link trovate questo racconto di Levi. L'ho estratto dal Sistema periodico, romanzo di racconti nel quale le 21 storie narrate (di cui 4 inventate, come questa) sono tutte intitolate con il nome di un elemento chimico della tavola periodica di Mendeleev.

20 marzo 2020

Gli haiku nella letteratura giapponese dal Seicento al primo Ottocento:

Bisogna amare l'autentico e l'essenziale 
per poter scorgere la bellezza.


Siamo in un periodo veramente molto difficile. Dobbiamo tutti rimanere nella nostre case per evitare di aumentare i contagi e di peggiorare ulteriormente una situazione già molto grave e drammatica. Ci saranno altre primavere, ci saranno mille altre occasioni per poter passeggiare all'aperto e per poter divertirsi in modo sano in compagnia. Ci saranno periodi migliori, ma vi prego: non siate egoisti, state a casa, come ha detto il presidente Conte. 
Abbiate almeno un po' di compassione per i familiari delle vittime di questa nuova "peste" che non possono celebrare i funerali e abbiate rispetto per il lavoro di medici e infermieri di tutta Italia. Volete liberarvi di questa polmonite contagiosa che può diventare letale? Allora seguite le regole di isolamento coatto. E forse, o quest'estate o quest'autunno o prima di Natale, potremo riavere le nostre vite sociali. Vi prego, vi prego, vi prego... 
Mi mancano i miei zii, i miei cugini, mi manca andare all'Università, mi mancano gli eventi culturali, lo sport, mi manca partecipare fisicamente alle iniziative del CPG (centro pastorale giovani). Vi prego, vi prego vi prego: comportatevi bene! Gli ospedali della Lombardia sono al collasso, a Parma e a Piacenza sono più i morti dei guariti... 
Io credo che in questo dramma dovremmo riservarci dei momenti di riflessioni, dei momenti delle nostre giornate divenute vuote e tutte uguali per leggere, interiorizzare racconti, romanzi, poesie, anche brani del Vangelo... Approfittiamo per rieducare noi stessi alla bellezza e al vero senso della vita.
Volete un consiglio? Spegnete la televisione (che ad ogni ora del giorno ci ricorda il Coronavirus) e cercate di combattere la paura, la noia e l'ansia con una piacevole lettura. 
Ho deciso che questo blog, da adesso, diverrà ancora di più una delle vostre fonti di letture per spunti di pensieri.
Oltre a studiare e ad essere quasi in pari con le video-lezioni, ho anche tempo per leggere dell'altro, sotto l'ombra di una pianta (=chiaro, è dal 9 marzo che non vado più in giro, ma la mia casa è fuori paese ed è circondata da tre campi recintati. E lo stesso non sto fuori molto, mi concedo solo un'oretta d'aria).


Le foto della natura che vedrete sotto sono state scattate in questi ultimi giorni. E' tutto rigorosamente dentro il recinto di casa mia.

COS'E' L'HAIKU?


Probabilmente avrete già sentito parlare di questa particolare forma poetica. Particolare sì, perché formata da soli tre versi: un quinario (5 sillabe) + un settenario (7 sillabe)+ un altro quinario (5 sillabe).
Originariamente era la prima strofa di un componimento più lungo ma, nel corso del XVII° secolo, aveva iniziato ad acquisire un'autonomia sempre più crescente, fino a divenire un genere a sé.
Un esempio concreto di haiku è questo: 


Piccoli fiori
nascono sugli alberi
scossi dal vento.


L'ho creato io. Se contate bene le sillabe delle parole capite anche che i conti tornano.
Gli haiku sono in prevalenza poesie su elementi naturali: vengono menzionati fiori, piante, fenomeni meteorologici (pioggia, grandine, temporali, vento), ambienti vasti e imponenti come il mare e la montagna. Ho notato inoltre anche che ricorre frequentemente il motivo del notturno, con la luna.

AUTORI DI HAIKU NEL SEICENTO:

ITO SHINTOKU (1634-1698):


Ito Shintoku, appartenente al ceto della borghesia mercantile, era nato a Kyoto nel 1634 e aveva ricevuto, a partire dall'adolescenza, una formazione letteraria e artistica. Durante i suoi viaggi per affari, era venuto a contatto con la Scuola di Danrin, circolo poetico situato ad Edo (odierna Tokyo).
Di Shintoku propongo due haiku:

1) pioggia:
attraversa il mio cancello
un mazzo di iris

Precisazione che vale anche per i prossimi componimenti: nella traduzione italiana il conto delle sillabe non torna perché c'è già nella versione in giapponese che qui non viene riportata. 
Non è un blog di lingue orientali, è un blog gestito unicamente da una giovane appassionata di letteratura, in particolare di quella italiana.


Carina l'immagine dei fiori che "si fanno strada" attraverso un manufatto umano. Il mazzolino di iris che attraversa il cancello della casa dell'autore è un'immagine semplice e pura e, a mio avviso, ricorda a tutti noi che la natura è un dono da scrutare e da amare. La  semplice bellezza della natura è un dono. 
Mi ritorna in mente allora un aforisma di Ungaretti, poco noto: Tra un fiore colto e l'altro donato, l'inesprimibile nulla. Da adolescente ero affascinata da queste espressioni, e le avevo interpretate così: il fiore colto è il dono ricevuto, il fiore donato è un qualcosa dato con amore. L'inesprimibile nulla è fatto di piccole cose che però danno un senso alla vita.
Prima che si sapesse dei contagi da Coronavirus ho ricevuto uno dei più confortanti doni che un essere umano possa ricevere nel corso dell'esistenza: una sera io e un ragazzo siamo andati ad un evento al quale entrambi volevamo partecipare e lì c'è stata l'occasione di parlarsi per davvero e per la prima volta... Abbiamo parlato molto, ascoltandoci... E alla fine ci siamo salutati con un abbraccio. Lui ha preso l'iniziativa, e io l'ho ricambiato volentieri, perché mi sono sentita compresa, accettata, non derisa. E' stato come se l'avessi sentito di fianco a me (a dire il vero, era seduto di fianco a me!!) lungo una strada larga, deserta e silenziosa nel buio di una notte senza stelle.
Di questo avrò bisogno, quando il virus sarà morto: di ritrovare fiducia negli altri.

2) plenilunio d'autunno:
illuminerà anche
delle nascite

In questo haiku c'è una luna piena, in una notte d'autunno, che sembra "benedire" delle vite in arrivo. Non c'è paesaggio: non c'è erba, né acqua, né fiori, né piante.
L'autunno in letteratura (a partire dalla Grecia antica fino a Ungaretti compreso) spesso richiama alla decadenza della vita, alla precarietà dell'esistenza, al tempo che, nella vita di ognuno, scorre inesorabilmente. Ma qui invece l'autunno è pienezza, stagione che favorisce nuove vite.
Per concludere, vorrei rimandarvi all'incipit di un componimento di D'Annunzio: 

O falce di luna calante
che brilli su l’acque deserte,

o falce d’argento, qual mèsse di sogni

ondeggia al tuo mite chiarore qua giù!



La luce lunare brilla sull'acqua (probabilmente su un mare calmo) ed è una falce argentea al cui chiarore "ondeggiano" i sogni degli uomini (sogni non intesi soltanto come sogni notturni ma anche come desideri, speranze, aspirazioni).
La nascita è gioia e speranza, i sogni sono speranze di realizzazione.

MATSUO BASHO (1644-1694):


Preciso subito che "basho" in giapponese è l'albero di banano. Era il suo pseudonimo.
Basho proveniva da una famiglia di samurai. Nel 1666 era avvenuta una svolta importante nella sua vita: a seguito della morte di un amico aveva deciso di vivere una vita ritirata e aveva iniziato a scrivere poesie. Nel 1672 si era trasferito a Edo ed era entrato a far parte della scuola di Danrin ma, 10 anni dopo, quando un incendio su Edo aveva bruciato la sua casa, aveva iniziato a viaggiare, divenendo un eremita errante. A Osaka, assalito da una febbre, era morto nel 1694.

1) malattia nel viaggio:
i miei sogni si librano
sui campi desolati

Per come ho voluto leggerla io, trovando dei significati inerenti all'esistenza e alla psiche umana:
-il viaggio è il viaggio della vita.
-la malattia può essere la tristezza, il dolore, lo scoraggiamento presente.
-i campi desolati potrebbero essere simbolo di un presente deludente e arido, senza relazioni vere.
-i sogni rappresenterebbero dunque le speranze e la fiducia nel futuro.

2) chiare cascate:
tra le onde si infilano verdi
gli aghi dei pini.


Ecco, questa immagine delle cascate mi rimanda alle mie vacanze e alle mie gite (i bei tempi in cui si poteva viaggiare e allontanarsi da casa!) alla foresta di Camaldoli (appennini aretini) e ai torrenti del Trentino.
In che senso però tra le onde si infilano verdi/gli aghi dei pini? Si infilano perché le loro immagini si riflettono nell'acqua grazie al sole che genera le loro ombre? Oppure si infilano perché semplicemente sono caduti dai pini a cui appartenevano?

AUTORI DI HAIKU NEL SETTECENTO:

YOSA BUSON (1715-1783):

Era conosciuto, anche in Giappone, soprattutto come pittore. Era figlio di agricoltori. A 20 anni però aveva lasciato le campagne per trasferirsi a Edo, dove si era dedicato alla pittura e alla poesia. Aveva inoltre approfondito le sue conoscenze letterarie grazie ai discepoli di Shintoku e di Basho. Nel 1751 si era trasferito a Kyoto, dove si era sposato e aveva auto una figlia. La sua pittura si era fatta sempre più raffinata ed era divenuto una figura di considerevole rilievo presso i circoli letterari della città.
In poesia "traspone sulla carta ciò che vede con vivida grazia". 
"La sua è una poesia dell'occhio, sensuale e immediata". Una poesia visiva insomma.
E' il mio autore preferito di haiku.

1) Cade
nel buio del vecchio pozzo
una camelia


Concentriamoci prima di tutto sulla disposizione delle parole. E' un haiku in cui il soggetto di "cade", ovvero, la camelia, è separato da due sintagmi: "nel buio" è il primo (complemento di luogo circoscritto) e "del vecchio pozzo" (complemento di specificazione) è il secondo.
E' una poesia retta da un iperbato. 
E' una camelia che cade o il fiore di una camelia? Sicuramente si trova sull'orlo di un pozzo.
Io mi sono chiesta: perché quel fiore cade? Perché c'è il vento? O perché è appassito?

2) chiaro di luna
il pruno bianco torna
albero invernale



E' una sera primaverile. La luce lunare crea il "magico" effetto di far assomigliare alla neve dei fiori bianchi. La delicata luce della luna fa sembrare innevati i rami degli alberi.
Notate quanto Buson è preciso nel lessico botanico e floreale? Prima ha detto "camelia" e ora scrive "pruno". 
Se poteste leggere una poesia di Zanzotto, contenuta in "Dietro il paesaggio" e intitolata "Via di miseri", notate che ricorre più di una volta il sintagma "peschi rosei", invertito anche in "rosei peschi".
Pruno bianco: sostantivo + aggettivo, e più precisamente: tipo di pianta+ aggettivo cromatico/ peschi rosei: anche qui, sostantivo+ aggettivo e soprattutto: tipo di pianta + aggettivo cromatico.
Zanzotto si riferisce ai peschi che, intorno a Pasqua, fioriscono sulle colline trevigiane. Durante una sfilata di carnevale a Pieve di Soligo era stato fatto sfilare su un carro un pesco cin dei fiori finti.

3) si oscura la montagna,
e ruba il rosso
alle foglie dell'autunno.


E' un haiku formato da due frasi legate da uno stesso soggetto (la montagna) e dalla congiunzione "e". Qui il sole è tramontato da poco. La montagna è "ladra di luci" e di riflessi di colori caldi: gli ultimi riflessi di un sole che sta scomparendo appaiono sulle rocce della montagna, non più sulle foglie, già colorate dalla stagione autunnale.

TAKAI KITO (1741-1789):

Era nato a Kyoto e suo padre ed era divenuto discepolo di Buson.

1) monti lungo la costa:
tra i pini piccoli
le acque di primavera.


Questa è una poesia nominale, come alcune poesie di Pascoli. Voglio dire che è senza verbi. 
Belli risultano quei luoghi in cui l'impeto del mare si concilia con l'imponenza dei monti, come succede nei dintorni di Trieste.
Non è molto chiaro il senso dell'ultimo verso "le acque di primavera". Quali acque? 
Si tratta di un fiume o di torrente che scorre lungo i pendii del monte, in mezzo a una zona ricca di pini? In questo senso, il fiume/torrente sarebbe emblema della freschezza primaverile.
 O si tratta forse di pioggia che cade? O di gocce di pioggia da poco caduta su aghi di pini?

AUTORI DI HAIKU TRA SETTE E OTTOCENTO:

KOBAYASHI ISSA (1763-1828):

Anch'egli era figlio di agricoltori.
La sua vita è stata molto infelice: a due anni era rimasto orfano di madre e pochi anni dopo il padre si era risposato con una donna che tiranneggiava Kobayashi. Per salvarlo dalle angherie, il padre aveva deciso di mandarlo a studiare a Edo. Kobayashi aveva dunque compiuto studi letterari e rivela un'intelligenza notevole. Una volta conclusi gli studi aveva intrapreso molti viaggi. Le sue peregrinazioni giovanili ricordano quelle di Basho.
Dopo la morte del padre e della matrigna aveva dovuto risolvere una dolorosa controversia ereditaria con il fratellastro.
Nel 1812 si era sposato. I suoi 4 figli sono tutti morti in tenera età e anche sua moglie è morta molto prima di lui. La nuova moglie, che naturalmente era molto più giovane di lui, era rimasta vedova al sesto mese di gravidanza, nel 1828.

1) perle di rugiada:
in ognuna vedo 
il mio villaggio

Ha ragione Issa, a paragonare a delle perle le gocce di rugiada. Anche a me sono sempre sembrate così. Deve aver scritto questo haiku nel periodo dei viaggi, in una mattina in cui la rugiada sull'erba gli aveva suscitato il ricordo dolcemente nostalgico del proprio luogo d'origine.

2) improvvisamente spoglio,
solenne sta
l'albero di paulonia

Con l'inizio dell'inverno la paulonia si rivela in tutta la sua maestosità senza foglie.

3) villaggio di montagna:
il plenilunio d'autunno arriva
nella mia zuppa


Molto originale! Ambiente esterno (il villaggio di montagna di sera) e ambiente interno (stanza in cui il poeta sta cenando) sono legati dal plenilunio che lascia dei riverberi luminosi nella zuppa del poeta. Il poeta cena e, in un certo senso, il chiaro di luna gli fa compagnia!


PROPOSTA INTERESSANTE!!

GOFFREDO PARISE, "FAME", IN "SILLABARI", 1972:

https://drive.google.com/drive/u/0/my-drive

Se cliccate sul link sopra potete trovare le fotocopie di un racconto di Parise intitolato "Fame". E' un racconto inserito nei "Sillabari", raccolta i cui molti titoli, raccolti per volontà dell'autore in ordine alfabetico, rimandano a sentimenti umani e a condizioni umane.
Dopo che avrete letto il racconto aprite il file pdf intitolato "Considerazioni su Fame". Sono lì le mie riflessioni sul testo che possono offrirvi degli spunti di attualità.


N.B. Da adesso fino alla fine di maggio, per accompagnarvi in questa difficile primavera che ci aspetta, alla fine di ogni post dedicato o a poesie o a recensioni di film e/o di romanzi troverete il rimando alla mia pagina di Google Drive. E' qui che, oltre a leggere racconti e/o poesie, troverete anche le mie riflessioni in merito e per l'appunto delle occasioni per elaborare i contenuti di quei racconti e di quelle poesie.



10 marzo 2020

La combinatorietà in Calvino:

L'ho scritto anche la scorsa settimana: questi per me sono giorni di intensa lettura!
(si sta a casa fino al 3 aprile compreso...)
Vorrei condividere qui sotto le mie riflessioni su un'opera di Calvino intitolata "Il castello dei destini incrociati".
Prima però parto da un paragrafo introduttivo.

DATE, EDIZIONI E PROGETTI:

Le edizioni di questo romanzo sono due: la prima, che è l'edizione Ricci del 1969, contiene soltanto Il castello dei destini incrociati, la seconda invece, del 1973, include anche La taverna dei destini incrociati.
Gli antefatti di entrambi sono identici: alcuni viandanti, dopo aver attraversato un bosco, giungono in un castello dotato di taverna. Condividono un pasto in silenzio, dal momento che hanno perduto l'uso della parola. Molti di loro cercano dunque di raccontare le loro storie attraverso delle carte, raffigurate ai lati di ogni pagina.
C' è comunque una differenza tra il Castello e la Taverna: nel primo, i tarocchi disegnati che appaiono nel testo, derivano dalle miniature eseguite da Bonifacio Bembo per i duchi di Milano nel XV° secolo.
Nella Taverna invece, il mazzo di tarocchi si richiama alle carte marsigliesi stampate nel 1761.

Calvino aveva progettato anche una terza opera simile al Castello e alla Taverna: Il motel dei destini incrociati, che era però rimasto soltanto un progetto. Quest'ultimo avrebbe dovuto avere un contenuto del genere: alcune persone scampate a una strage si rifugiano in un motel con dei libri a fumetti. Dato che nessuno di loro è più dotato della facoltà di parlare, le loro vicende di vita vengono raccontate indicando delle vignette.

LE MIE CONSIDERAZIONI E INTERPRETAZIONI:

A) CARATTERI DEL POST-MODERNO NEL CASTELLO:

- IL CAOS: Il labirinto è metafora del post-moderno. Non c'è ordine: i commensali, perduta la parola durante la traversata nel bosco, cercano di narrare agli altri la loro storia attraverso le miniature dei tarocchi. Ma, mentre qualcuno racconta il proprio vissuto posando delle carte in successione, anche altri simultaneamente lo fanno. Alcune carte inoltre, si incrociano con altre carte. Le storie, intrecciate da mani e menti umane, si confondono.
Potrebbe tutto ciò essere un'allusione all'attuale incapacità di ascoltarsi?

-CITAZIONI DEI CLASSICI: Tra le storie, vi sono anche quella dell'Orlando Furioso, quella di Astolfo che va sulla Luna a recuperare il senno di Orlando, quella di Elena di Troia e quella del cavaliere Perceval. Il post-moderno tende a richiamarsi al passato. Calvino ripesca alcune figure e vicende appartenenti alla tradizione epico-cavalleresca, che piace molto anche a me.
Voglio inoltre aggiungere che, nelle ultime storie della Taverna, c'è sia un recupero della tragedia antica e rinascimentale con le storie dell'Edipo re e di Lady Macbeth, sia un recupero dell'agiografia e dell'iconografia sacra tradizionale dei santi, visto che Calvino, attraverso le carte, ricostruisce sia la storia di San Giorgio che quella di San Girolamo.

-SENSO PLURIMO: Raramente un tarocco è portatore di un solo significato. Molte carte, a seconda della storia a cui appartengono, acquisiscono simbologie e valenze diverse. Ad esempio, la carta "Il mondo" richiama alla città di Parigi in Astolfo, alla città di Troia nel racconto di Elena. 
Aggiungiamo inoltre il fatto che alcune interpretazioni di chi osserva rimangono delle incognite: ad esempio, la carta che raffigura un bambino che regge un sole tra le mani e ai cui piedi c'è un mantello, che significato esatto porta nella storia dell'ingrato punito? (la prima storia del Castello dei destini incrociati).
Sta a significare che un fanciullo, durante il banchetto nuziale, ha strappato il mantello al cavaliere ed è corso via? Oppure vuole forse alludere al fatto che un fanciullo annuncia al cavaliere qualcosa di molto importante e gli fa notare di aver dimenticato il mantello nel bosco? O semplicemente, vuole aggiungere un particolare semplice, del tipo: "era una bella giornata di sole"?

TAROCCHI VISCONTEI
B)SIMBOLOGIE DI ALCUNE CARTE E DEL LUOGO DEL BOSCO:

- IL BOSCO: Il bosco, sia nel Castello che nella Taverna, è rievocato (silenziosamente!) attraverso i tarocchi di bastoni, ad indicare che è folto. 
In alcune storie, il bosco è simbolo di violenza e di morte: nel Castello, le Furie straziano nel bosco l'ingrato del primo racconto, sempre nel Castello, la sposa dannata viene sottratta al cavaliere durante il loro amplesso (lei si rivela cadavere ed è in realtà fidanzata con Belzebù) mentre invece nella Taverna, la gigantessa nel bosco uccide un brigante che sta torturando un cavaliere già appeso a testa in giù.

-BASTONI: Le carte di bastoni sono spesso simbolo di fitta boscaglia o di un bivio (il due di bastoni nel racconto dell'indeciso).

-COPPE: Simbolo di banchetto nuziale (nell'ingrato punito e nella vicenda di Elena di Troia), di operazioni di alchimisti, di amore e desiderio sessuale (il sei di coppe nella sposa dannata), di saggezza (simbolo che compare però soltanto nella storia del ladro di tombe).

-DENARI: Sovente simbolo di ricchezza e di oggetti preziosi.

-SPADE: Figure che coincidono pienamente con il mondo cavalleresco e le azioni ad esso inerenti: duelli, omicidi, battaglie, forza.

TAROCCHI MARSIGLIESI

C) INSEGNAMENTO CHE SI POTREBBE TRARRE DALLA STORIA "L'ALCHIMISTA CHE VENDETTE L'ANIMA":

Sin da giovanissimo, il protagonista aveva dimostrato passione per la manipolazione degli elementi (simboleggiati dalla carta del Re di coppe e dalla carta della fonte). Una strega (carta corrispondente: la Papessa), gli predice che diverrà l'uomo più potente del mondo. 
E poi avviene un patto mefistofelico tra l'alchimista e il Diavolo (rappresentato dalla carta del bagatto): il demonio dona all'uomo la ricchezza e la capacità di trasformare in oro tutto il trasformabile, ma l'alchimista gli vende la propria anima.
Viene allora edificata la Città dell'oro, protetta da guardie all'ingresso, che non vogliono far entrare una fanciulla portatrice d'acqua, che sentenzia: "Ho paura che voi (voi che vivete nella Città dell'oro) non abbiate anima da dare al Diavolo".
E' un richiamo alla ricchezza che disumanizza e che fa perdere quello che sarebbe il vero senso della vita? 

D) PARALLELISMO FRA "IL LADRO DI TOMBE" E LA NOVELLA DI ANDREUCCIO DA PERUGIA DI BOCCACCIO:

In entrambi i racconti c'è il tema del furto all'interno della tomba di un personaggio importante del mondo ecclesiastico.
Però c'è una differenza sostanziale: in Calvino, il ladro di tombe, rappresentato dalla carta del fante di denari, si trova in un cimitero all'aperto a commettere in furto. In Boccaccio, Andreuccio e altri due ladri si recano, in piena notte, all'interno di una chiesa di Napoli per rubare dei gioielli dalla tomba dell'Arcivescovo. C'è in effetti l'atto del "calarsi nella tomba" da parte di Andreuccio per sfilare l'anello prezioso al defunto.


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Sinceramente... fino al 3 aprile è lunga!
Vorrei consigliare caldamente a tutti quanti innanzitutto di rispettare le norme imposte dal nostro premier (abbiamo un premier serio e intelligente?! Non mi dite!! Ma era ora!) e di sfruttare queste tre settimane di reclusione domiciliare come un'occasione per dedicarvi ad attività creative (vi suggerisco ad esempio: scrivete di voi stessi.  Non sui social, ma con carta e penna, off-line. Inventatevi dei piccoli racconti se volete, scrivete come vi sentite dato che la vostra, le nostre vite sono state abbastanza stravolte da questo virus piuttosto pericoloso... Fa bene a tutti scrivere, al di là delle personali capacità di scrittura e al di là del livello di ciascuno di maturazione linguistico-espressiva. Ma mica dovete avere tutti il mio talento! Scrivete per puro esercizio di introspezione, scrivete dei vostri affetti, dei vostri sogni...).

E... io inizio a sperare. Spererei che questo Coronavirus, una volta diminuito il contagio e una volta lontani dal picco, insegni a noi giovani prima di tutto dei modi alternativi di aggregazione, ovvero, delle alternative a discoteche e a "binge drinking" (che uccidono il cervello) e poi, che faccia capire a quella fascia della popolazione tra i 20 e i 30, che la falsità nei rapporti umani è deleteria, immorale. 
Siamo, parlando in generale, dei giovani piuttosto ipocriti e arroganti. Ora che questo virus contagioso ci induce a evitare i contatti fisici e i gesti d'affetto, vorrei che, alla fine di tutto quanto, un po' tutti noi, ma soprattutto i giovani, risentissero la mancanza di calore umano e riscoprissero che l'essere autentici è l'unica via che porta ad uno stile di vita basato sull'onestà, sulla sincerità e sull'altruismo, oltre che sulla costruzione continua della propria identità.

E poi, ultimo ma non meno importante: a me dispiace molto per i lombardi... cioè, tutti gli italiani ora come ora sono in difficoltà, ma loro più degli altri per numero di contagi e di  pazienti in terapia intensiva. L'ho detto che mi dispiace ma chissà che, una volta lontana dal picco, la regione Lombardia non impari a tenere un po' meglio treni e stazioni ferroviarie. Per le esperienze che ho avuto, mi risulta difficile immaginare ambienti più sporchi delle stazioni lombarde e dei regionali Lombardia.  Non voglio nemmeno descrivere la sporcizia delle periferie di Brescia e di Milano, tanto l'ho accennato nel post scorso, dedicato alle meraviglie d'Italia. Anche il livello di igiene incide sulla diffusione di malattie infettive.
(incredibile no? La regione più ricca d'Italia ha soldi per costruire abitazioni e centri commerciali anche laddove non è così necessario, però non si cura di ciò che ha già).
Mi auguro comunque che, una volta terminato il periodo del Coronavirus, gli italiani di tutte le regioni promuovano più iniziative educativo-ambientali volte a sensibilizzare i ragazzi alla cura, al rispetto e alla pulizia di litorali, sentieri in montagna e rive dei fiumi... E infine, mi auguro che tutti gli italiani, in questo momento difficile, maturino moralmente: capiscano l'importanza del senso civico, l'importanza di sentirsi comunità, la necessità di arginare questo virus per poter ritornare ad una vita normale e sociale.