30 settembre 2020

"La grande vacanza", G. Parise:

 Lo ammetto candidamente: questo post ha delle pretese culturali!

...e non è l'unico post ad averne, di queste pretese!!

1. "LA GRANDE VACANZA", CONTENUTI GENERALI:

E' il secondo romanzo di Goffredo Parise. E' stato pubblicato nel 1953, due anni dopo Il ragazzo morto e le comete. 

Inizio con il dire che questo libro non mi ha particolarmente entusiasmata, che in diversi punti mi sono annoiata (e pensare che sempre di letteratura italiana si tratta!) e che ho provato davvero a cercare, attraverso strumenti affidabili come Jstor e l'Opac, delle recensioni o delle opinioni critiche su questo romanzo; ma invano e senza risultati. Cioè, ad essere sincera al 100%, ho soltanto trovato e letto un paragrafo in inglese di circa dieci righe in cui si riassumeva brevemente la trama della Grande vacanza. Ma tutto qui, niente di più. Comunque, in questo post ho provato a soffermarmi sui tratti di questo romanzo che mi sono sembrati più significativi. Probabilmente si tratta di una delle mie pretese culturali, come d'altronde lo era anche un post come questo: 

https://riflessionianna.blogspot.com/2019/11/amore-e-morte-ne-il-codice-di-perela.html

A volte prendo gusto nel cercare parallelismi e nell'elaborare ragionamenti su qualcosa che forse non merita poi così tanto "lavoro di cervello" o comunque così tanta attenzione. Devo ammettere che nella mia indole un "pizzichino" di presunzione c'è. Ma non sarei umana se non ci fosse.😜

Protagonisti della Grande vacanza sono Claudio, adolescente molto tranquillo e pacato di 16 anni, e la sua brontolona e prepotente nonna. E' estate, ed entrambi si stanno recando a Beata Tranquilla, una località collinare. Un tempo però, Beata Tranquilla era un prestigioso luogo di villeggiatura ma ben presto, all'interno del libro, questa località dal nome alquanto singolare si rivela una casa di riposo per anziani.

2. INCIPIT ROMANZO:

Forse avevano sbagliato strada perché la Citroen correva ormai tra cespugli intricati e piante selvatiche: fronde, grappoli di bacche si attorcigliavano al radiatore sprizzando un sugo denso e scuro simile al sangue rappreso di antichi insetti. Il pizzo della nonna si coprì di macchie. - Pagherà i danni- commentò lei decisa. Poi, invece, sospirò e si pulì con il fazzoletto. Ebbe anche un'ottima idea: coprirsi con la sedia a sdraio. Esisteva forse soluzione probabile?

La forma, lo capisce benissimo anche chi ha compiuto studi diversi dai miei, non è certo delle migliori. Tanto per cominciare, il passaggio piuttosto brusco dall'imperfetto al passato remoto non è esattamente il massimo.

L'autore inizia la narrazione in medias res (Forse avevano sbagliato strada). In medias res significa che l'autore già nelle prime righe "catapulta" il lettore nel mezzo di una situazione narrativa, senza introdurre personaggi, contesto storico-sociale, ambiente o epoca. Molti romanzi europei del Novecento e del Duemila sono così. In questo caso, dopo appena un paragrafo, il lettore sa soltanto che c'è un gruppo di persone che sta viaggiando su un'automobile lungo un sentiero di campagna. Poco dopo si comprende che sono in tre: nonna, nipote e parroco. 

C'è una similitudine forte, quasi disgustosa: il succo delle bacche viene paragonato al sangue degli insetti morti. Come mi sembra di aver scritto quest'estate; a Parise non sempre vengono bene le figure retoriche.

Poi ecco: se una persona si fermasse già qui con la lettura, come in questo contesto siete costretti a fare voi per causa mia, perché io della prima pagina del romanzo non riporto ulteriori frasi, non capirebbe bene il commento della nonna.

Pagherà i danni chi?! (Un po' dopo si capisce che è riferito al parroco che sta guidando la Citroen in maniera brusca e spericolata).

E poi le altre due frasi: A) Ebbe anche un'ottima idea: coprirsi con la sedia a sdraio. 

E come fa in auto a coprirsi con la sedia a sdraio?! Come fa a prendere questa sedia a sdraio che improvvisamente compare in questa situazione? Che soluzione è? 

B) Esisteva forse soluzione probabile? 
AHAHAHAH!!! Ma soluzione più probabile cosa, in che senso?! Casomai si dovrebbe scrivere: soluzione più adeguata, soluzione più idonea. Che senso ha in questa domanda l'aggettivo "probabile"?

Sai caro Goffredo che a 21/22 anni tutto sommato scrivevi meglio e in modo più coinvolgente rispetto a quando ne avevi 23/24?! 

Che cavolicchio ti è successo nel '52?!

Il ragazzo morto e le comete è indubbiamente un romanzo malinconico, di memoria, con dei difetti di forma ma comunque un'opera di natura "più psicologica" e con un lessico più preciso anche se spesso semplice e basilare.

3. DELLE VAGHE REMINISCENZE STORICHE:

Chi ha letto qualche opera scritta da Parise sa che le coordinate storiche risultano quasi sempre marginali nei suoi racconti e nei suoi romanzi. Per quel che concerne La grande vacanza, vi segnalo soltanto il fatto che Claudio, verso la fine del secondo capitolo, incontra, durante una passeggiata solitaria mentre la nonna fa la pennichella pomeridiana, un contadino. Quel contadino senza nome era, durante la seconda guerra mondiale, un ex capo dei partigiani di quella zona. Per poche battute di dialogo allora si ritorna un pochino indietro nel tempo, al 1945 e al breve e sintetico racconto di una vendetta attuata dai partigiani nei confronti dei nazisti.

Io ero il capo dei partigiani, da queste parti. Qui dietro, nella pozza della calce io e i miei quattro figli, che adesso lavorano nella cava di terra refrattaria, abbiamo buttato dentro dieci tedeschi, li abbiamo fatti passare davanti alla buca uno ad uno e io cantando pacifico facevo saltare le teste con il badile (...) Avevano le tasche piene di soldi, a pacchi interi.

Ma come ha disposto le virgole?! (Giuro che sto copiando pari pari da un'edizione che fra poco devo restituire ad una biblioteca). E' verissimo che nessuno è perfetto, è verissimo che qualche volta nemmeno io le colloco bene le virgole. 

Ma nel mio mondo c'è una regoletta d'oro: le virgole indicano le pause. Le pause in un discorso, in un racconto, in un punto di un periodo in cui si separano due proposizioni, in un elenco fra un elemento e un altro. Le pause, cavolicchio!!!

Mi dite qui perché è necessaria la virgola fra "partigiani" e "da"?!

Io ero il capo dei partigiani, da queste parti.

Probabilmente il contadino che qui prende la parola dev'essere stato, oltre che un partigiano, un comunista convinto, un simpatizzante di Tito, dittatore balcanico. Bella categoria anche quella, i comunisti titini!! I mali del Novecento? Nazismo, fascismo e comunismo.

4. CONFRONTO CON "IL RAGAZZO MORTO E LE COMETE":

Non so perché ma Blogger non mi permette più di inserire tabelle all'interno di un post.

Quindi brevemente elenco qui le principali somiglianze/differenze fra questi due romanzi giovanili di Parise.

A) I contenuti sono naturalmente diversi: nel Ragazzo morto il protagonista, deceduto da poco tempo, viene continuamente ricordato dai vivi, nella Vacanza invece, ci sono nonna e nipote in ferie in collina (in una casa di riposo! Bah, che scelta!).

B) Nel Ragazzo morto si verificano, tra un capitolo e l'altro, dei passaggi da terza a prima persona. Nella Vacanza questa insolita caratteristica narrativa scompare, però sia il lessico che la costruzione della frase si fanno più imprecisi.

C) Il ragazzo morto è stato strutturato in sei capitoli, la Vacanza invece in nove.

D) Entrambi sono romanzi "ad episodi". Episodi di memorie in cui il passato si fonde spesso con il presente nel caso del Ragazzo morto, episodi della strana vacanza invece per quanto riguarda il romanzo del '53. Ciò che dà un po' di unitarietà sono, in entrambi i casi, i protagonisti, sempre gli stessi in ogni capitolo e quindi in ogni episodio.

E) La morte è uno dei temi più presenti nel Parise giovane. Però, mentre nel Ragazzo morto costituisce il nucleo centrale, nella Vacanza invece compare in maniera un po' meno significativa, ma c'è: il parroco, dopo aver accompagnato nonna e nipote a destinazione, sulla via del ritorno fa un incidente e ci resta secco, nel non e ultimo capitolo, la nonna di Claudio si assopisce per non risvegliarsi mai più (viva la positività!).

5. CONFRONTO CON IL RACCONTO "ALLEGRIA" DEI SILLABARI:

Allegria non è affatto un racconto allegro. Per niente! Lo trovate, se volete, nei Sillabari. In questo testo, una madre e un figlio di 18 anni vanno in villeggiatura. Credono di andare per alcuni giorni in un albergo con alcuni comforts ma in realtà, appena arrivano a destinazione, si accorgono che quel posto non è esattamente un luogo di villeggiatura. La guerra è appena terminata e quella struttura in cui madre e figlio dovrebbero alloggiare è stato, fino a pochissimo tempo prima, un rifugio per partigiani. E' infatti un grande casone diroccato che ha ripreso a ospitare le persone, ma che indubbiamente porta con sé le ferite recentissime della guerra. Altroché l'albergo semplice ed elegante che i due personaggi si aspettavano!!

Fra il '39 e il '45 gli esseri umani hanno "creato" l'inferno su questa Terra. La seconda guerra mondiale è stata una catastrofe devastante per tutte le nazioni del mondo. Per questo spero, al di là delle forti tensioni attuali fra Cina e Stati Uniti, non scoppi la terza guerra mondiale, né fra poco né mai, perché altrimenti sarebbe l'apocalisse e probabilmente comporterebbe la fine della vita sulla Terra.

La mia, e qui lo dico, non è una paura surreale. C'è una parte dell'esercito americano con tanto di portaerei e altre armi che sta svolgendo delle esercitazioni a Taiwan e nella zona del Mar cinese meridionale. Proprio lì devono "esercitarsi"?

6. IL TEMA DELLA LUNA E SPRAZZI DI AFFLATO LIRICO:

E' praticamente l'unico aspetto che ho gradito del romanzo.

Vi segnalo e commento brevemente due punti in cui compare il tema dell'apparire della luna:

A)

La luna bassa splendeva battendo sugli specchi di una delle finestre del palazzo; la lastra si chiudeva e si spalancava: due, quattro, otto dischi di luce slittarono uno dopo l'altro nella stanza, si infransero senza rumore contro la fotografia nuziale di un uomo con basette.

Il palazzo è il ricovero per anziani. Qui siamo nel primo capitolo, nella prima sera di vacanza. La luce lunare mette in questo caso in relazione l'ambiente esterno con quello interno. Mi sono venute in mente altre due poesie:

-A Palazzo Rari Or, di Palazzeschi, anche se qui è la luce di un sole che tramonta a lasciare i suoi riverberi luminosi sui vetri opachi.

-Nautica celeste di Zanzotto, in Vocativo, raccolta pubblicata quattro anni dopo questo secondo libro di Parise. Anche qui; all'esterno c'è la luna che brilla alta nel cielo e che, raggiungendo la stanza del poeta, rinnova nel suo animo un sentimento di speranza.

B)

C'erano le stelle, la notte era quieta, solo un po' fresca e a momenti il vento correva nello spiazzo illuminato dalla luna, bagnata e ancora gocciolante, ma limpida.

Questo è l'esordio del capitolo ottavo. Bella, suggestiva e abbastanza originale è qui l'immagine di un vento dinamico che corre.

La luna è limpida, ma bagnata e gocciolante. Che ci si riferisca all'umidità di una mite sera d'agosto? C'è un breve madrigale di Tasso che mi piace sempre ricordare quando mi si presenta l'occasione:

Qual rugiada o qual pianto,
quai lagrime eran quelle
che sparger vidi dal notturno manto
e dal candido volto de le stelle?
E perché seminò la bianca luna
di cristalline stille un puro nembo
a l'erba fresca in grembo?
Perché ne l’aria bruna
s'udian, quasi dolendo, intorno intorno
gir l'aure insino al giorno?
Fur segni forse de la tua partita,
vita de la mia vita?

L'ho anche citato in un capitolo della mia liceale invisibile.

Qui gli astri sono umidi, le stelle hanno un volto bagnato di lacrime, come il volto del poeta lontano dall'amata.

E la luna, fra l'erba fresca, sembra seminare una nuvoletta fatta di piccole gocce di rugiada (le stille). 

Non giudicatemi male se io personalmente considero il contenuto di questo madrigale, oltre che malinconico, leggermente e delicatamente erotico, come lo è il Gelsomino notturno di Pascoli.

Cioè, è come se quelle stille di rugiada rappresentassero una lontana allusione al desiderio maschile di fecondare... Solo che non si poteva esprimerlo chiaramente e apertamente nel Cinquecento.



24 settembre 2020

Il sacrificio di Isacco: episodio biblico e due rappresentazioni artistiche a inizio '400:

E' un episodio biblico spiazzante, non semplice. 

Se in questi giorni ho ripreso un pochino in mano la Bibbia è stato grazie al confronto con una persona che sta diventando davvero preziosa per me.

Spesso, l'episodio del sacrificio di Isacco viene letto durante la celebrazione della Veglia pasquale, ma sono pochissimi i sacerdoti che lo spiegano durante la sera del sabato Santo e alla fine di ben 7 letture!

A) ARTE:

A proposito di Isacco che sta per essere sacrificato, mi sono subito venute in mente queste due opere scultoree.

A1. GHIBERTI, IL SACRIFICIO DI ISACCO:



A2. BRUNELLESCHI, IL SACRIFICIO DI ISACCO:


A3. CONFRONTO FRA GHIBERTI E BRUNELLESCHI:

A4. IL CONCORSO DEL 1401:

Per quale motivo sono state realizzate entrambe nello stesso anno?!

Nel 1401, l'Arte dei Mercanti (corporazione di arti e mestieri a Firenze) aveva deciso di bandire un concorso per la realizzazione della Porta Nord del Battistero di San Giovanni di Firenze.

Il concorso proponeva agli artisti che vi partecipavano di scolpire una formella di bronzo raffigurante il Sacrificio di Isacco.

Io preferisco la formella di Brunelleschi, per una serie di motivi: intanto perché il sacrificio è al centro della composizione e poi per questo contatto fra umano e divino. Crea in effetti un pochino di pathos la mano dell'angelo che ferma (appena in tempo!) il braccio di Abramo. Secondo me quest'opera di Brunelleschi sarebbe piaciuta molto ai romantici, proprio per il dinamismo e la drammaticità evidenti.

Il concorso però lo ha vinto Lorenzo Ghiberti. Tenete presente che siamo a inizio Rinascimento e che nelle arti maggiori erano molto più apprezzate caratteristiche come l'equilibrio compositivo e la raffinatezza, che rimandavano alla scultura dell'epoca della Grecia classica. (Rinascimento= recupero e rivalutazione non soltanto dei classici letterari greco-latini ma anche dei criteri compositivi artistici).


B) IL RACCONTO DEL SACRIFICIO DI ISACCO NELLA BIBBIA:

(...) Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unico, che tu ami, Isacco, va’ nel territorio di Moria e offrilo in sacrificio su un monte che io ti dirò»  Abramo si alzò di buon mattino, sellò l'asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l'olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. Allora Abramo disse ai suoi servi: «Fermatevi qui con l'asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». Abramo prese la legna dell'olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutt'e due insieme. Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Padre mio!». Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov'è l'agnello per l'olocausto?». Abramo rispose: «Dio stesso si provvederà l'agnello per l'olocausto, figlio mio!». Proseguirono tutti e due insieme. Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l'altare, collocò la legna, legò suo figlio Isacco e lo depose sull'altare, sopra la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l'angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!».L'angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l'ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. Abramo chiamò quel luogo: «Il Signore vede»; perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore si fa vedere». L'angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce». Poi Abramo tornò dai suoi servi; insieme si misero in cammino verso Bersabea e Abramo abitò a Bersabea.

(Genesi 22, 1-19)

B1) SPIEGAZIONE DELL'EPISODIO:

Quello che sto per scrivere qui lo trovate anche su una pagina del sito-blog del Monastero di Bose. Io qui riassumo lo stesso commento, ma con parole mie e aggiungendo qualche considerazione mia.

Dio mise alla prova Abramo. Perché lo fa? Tuttora a questa domanda gli esegèti della Bibbia hanno dato diverse risposte nel corso dei secoli. Ad esempio, nel De civitate Dei (=La città di Dio), Sant'Agostino riflette su questa frase della Genesi affermando che Dio decide di chiedere un sacrificio così grande ad Abramo per accrescere la sua fama in futuro. 

Eccomi! Questa risposta mi ricorda moltissimo l'episodio, narrato credo in tre su quattro Vangeli (credo solo nei vangeli sinottici), dell'Annunciazione dell'angelo a Maria. Eccomi, sono la serva del Signore. Avvenga di me ciò che hai detto. Maria, proprio come Abramo qui, dimostra una piena disponibilità a realizzare la volontà di Dio.

Dio chiede ad Abramo di sacrificare suo figli Isacco. Anche qui, una dato che mi ha particolarmente colpita, è che Isacco, secondo gli esegèti, in quel momento ha 37 anni. 37 anni e l'angelo lo considera (vedete poco dopo) ancora un ragazzo?! 

Certo, nessun trentasettenne è vecchio... però... neanche così giovane! Fino a pochissimo tempo fa ero convinta che Isacco, al momento del sacrificio, avesse al massimo 20 anni. Che fosse poco più che adolescente insomma.

Isacco (=il cui nome significa "Dio sorride"), è il figlio donato da Dio ad Abramo e a Sara. Per Sara sarebbe stato impossibile concepirlo, visto che era troppo anziana (come Elisabetta, cugina di Maria, aveva più di 70 anni al momento di questo straordinario dono di Dio).

Abramo non muove obiezioni né proteste di fronte al comando di Dio. Va sul monte Mòria, luogo in cui poi verrà edificato il Tempio di Gerusalemme. 

Padre e figlio si mettono allora in viaggio, si apprestano ad incontrare Dio tutti e due insieme.

Vale poi la pena rileggere quel un breve dialogo fra padre e figlio:

Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Padre mio!». Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov'è l'agnello per l'olocausto?». Abramo rispose: «Dio stesso si provvederà l'agnello per l'olocausto, figlio mio!».

Dio provvederà. Abramo appare pienamente disposto a rendere a Dio suo figlio. Ma la sua è una risposta enigmatica. Dio provvederà. Che cosa significa esattamente?

E' un discorso che evidenzia la piena fiducia in Dio di Abramo oppure allude al fatto che Abramo comprende più profondamente rispetto al figlio ciò che dovrà accadere fra poco?

(...) legò suo figlio Isacco e lo depose sull'altare, sopra la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l'angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!».L'angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito».

Il messaggero blocca il braccio di Abramo, perché vede dentro al suo cuore. E' questa l'immagine di un Dio intelligente (=intus+legere- leggere dentro l'animo di qualcuno). Abramo è stato obbediente fino alla fine (cfr. San Paolo apostolo Fil. 2, 6-11: apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce). 

Al posto del figlio, Abramo offre un ariete.

Ed è così che Abramo ritrova il figlio in un nuovo modo. Cioè, Isacco non è soltanto suo figlio ma figlio di Dio. Il suo essere figlio può essere considerato soltanto in relazione a Dio.


16 settembre 2020

"L'ultimo scalo del Trump Steamer", Álvaro Mutìs:

E' un breve romanzo di uno scrittore latino americano. Prima di iniziare ad esporre i contenuti vorrei precisare che Álvaro Mutìs ha quasi 100 anni. Nato e cresciuto a Bogotà (Colombia), autore di diverse raccolte di poesie, di racconti e di romanzi, vive in Messico da più di 30 anni. 


Stammi più vicino
ora che ho paura
perché in questa fretta
tutto si consuma.
Mai... Non ti vorrei veder cambiare mai.
Perché siamo due destini che si uniscono
stretti in un istante solo
che segnano un percorso profondissimo
dentro di loro.

(Due destini, Tiromancino)

E' originale e singolare introdurre la recensione di quest'opera con la citazione di questa stupenda canzone che mi commuove ad ogni ascolto e ogni volta che la suono e la canto. Mi viene da piangere...
Verso la fine vorrei chiarire il rapporto antifrastico fra il contenuto di questa storia e le parole di questa canzone. Verso la fine, però. Il mio cervello l'ha in qualche modo collegata a questo romanzo.

1) I TRUMP STEAMER:

I Trump Steamer erano dei vascelli mercantili che non appartenevano alle grandi compagnie di navigazione e che, nel viaggiare da un porto ad un altro, trasportavano carichi di poche tonnellate.


2) I "DUE MOMENTI" DEL ROMANZO:

Ho suddiviso questo libro in due parti. Nella prima (ovvero, le prime 45 pagine), il narratore enuncia e narra le occasioni in cui ha potuto veder navigare il Trump Steamer: a Helsinki, presso punta Vironniemi, in Costa Rica, durante una gita in barca con altre persone al largo della baia di Nicoya e in Giamaica, nei pressi della baia di Kingston.

Nella seconda parte invece, un pochino più ampia (le ultime 60 pagine), è Jon Iturri, ex capitano del Trump Steamer di origini basche, a raccontare al narratore le sue vicende di vita, i suoi viaggi con quel vascello e la sua strana storia d'amore con Warda, giovane ragazza di origini libanesi.

3) ALCUNI RIMANDI ALLA LETTERATURA EUROPEA:

E' bello e piacevole notare che anche una parte degli intellettuali latino-americani è rimasta e rimane affascinata sia dalla storia della letteratura italiana sia dal patrimonio dei miti delle antiche civiltà mediterranee.
Soprattutto la prima metà del libro è densa di citazioni colte. Ve ne segnalo alcune:

*C'è una citazione indiretta dei versi 121-123 del canto V° della Commedia di Dante: 
non c'è cosa peggiore che ricordarsi del tempo felice nella miseria.
Verso originario: "nessun maggior dolore / che ricordarsi del tempo felice / ne la miseria".

*Riferimenti alla concezione del ruolo delle divinità in epoca omerica (arcaica): 

(...) se gli incontri con il Trump Steamer fossero continuati, la cosa avrebbe acquisito i sintomi di una persecuzione mitica, di una spirale diabolica il cui esito poteva essere lo stesso delle superbe maledizioni che gli dei dell'Ellade infliggevano ai trasgressori dei loro immutabili disegni. Un mondo che non è più il nostro: noi uomini di questo tempo riusciamo solo a compiere la meschina quota di vendetta che altri uomini ci impongono. Poca cosa. Il nostro modesto inferno di vita non si presta ormai ad essere materia della più alta poesia.

Effettivamente, c'è una profonda differenza fra gli antichi greci e gli europei dell'età contemporanea. Nel XXI° secolo predominano le libertà individuali (è tollerato, anzi addirittura appoggiato, l'egoismo), il progresso tecnico-scientifico, le competizioni economiche, la globalizzazione commerciale, il martellare degli annunci pubblicitari ... E l'etica? E la giustizia sociale? E l'ecologia? E la religione?

Vi rimando il link di uno dei post più impegnativi che abbia mai scritto:  

https://riflessionianna.blogspot.com/2019/12/la-fede-in-dio-i-rapporti-umani-e-la.html

La domanda è sempre la stessa: se Dio esiste, che senso ha la sofferenza dell'innocente?

* Il nome del Trump Steamer di cui si parla è Alcion. Nella mitologia greca Alcione, figlia di Eolo, era la moglie di Ceice, re di Eraclea. Alcione e Ceice erano talmente felici insieme che si chiamavano, tra di loro, con i nomi di Zeus ed Era. Per questo il re degli dei, oltremodo offeso, aveva scatenato una tempesta mentre Ceice era in viaggio per mare, facendolo annegare. Una volta appresa la notizia della sua morte, Alcione si era gettata in mare per poter raggiungere l'ombra di Ceice, che le era apparsa in sogno. Gli altri dei allora avevano deciso di trasformarli in uccelli marini (forse in gabbiani?). Il loro nido, costruito sul mare, veniva però distrutto ripetutamente dalle onde, con l'alternarsi delle stagioni.


4. IL PASSO IN CUI IL NARRATORE VEDE, A HELSINKI, IL TRUMP STEAMER:

Lo ammetto, ho apprezzato questo romanzo più per lo stile di scrittura che non per i contenuti. Ci sono delle descrizioni veramente fatte bene, come in questo caso, quando ricorda, in un freddissimo giorno di inverno, la capitale della Finlandia.

Helsinki giaceva come paralizzata dentro un cristallo traslucido e inviolabile, a quaranta gradi sotto zero. Ogni mattone dei suoi edifici, ogni angolo delle cancellate dei suoi parchi sepolti sotto una neve di marmo, ogni particolare dei suoi monumenti pubblici si stagliava con una nitidezza incisiva, quasi intollerabile.


Entrò (il Trump Steamer) all'improvviso nel mio campo visivo, con la lentezza di un sauro ferito a morte. Non potevo credere ai miei occhi. Con la splendente meraviglia di San Pietroburgo sullo sfondo, il povero cargo stava invadendo lo spazio con le sue fiancate cosparse fino alla linea di galleggiamento di tracce untuose do ossido e di sporcizia. Il ponte di comando e, in coperta, la fila delle cabine destinate all'equipaggio e ad occasionali passeggeri, erano stati verniciati di bianco in tempi molto remoti. (...)

Scivolava (il Trump Steamer) irreale, con l'ansimare agonico delle sue macchine e il ritmo sconnesso delle sue bielle che, da un momento all'altro, minacciavano di tacere per sempre. Occupava ormai il primo piano nello spettacolo irreale e sereno che mi avvinceva, e il mio stupore diventò qualcosa di molto difficile da precisare.  C'era, in quell'errabondo relitto marino, una sorta di testimonianza del nostro destino sulla terra. (...) Accanto a me si ergeva il profilo svelto degli edifici e dei moli della riva finlandese.

5. LA STORIA DI JON ITURRI:

L'incontro fra il narratore e Jon Iturri avviene quasi a metà libro. Quest'ultimo, durante un viaggio in mare aperto con un vascello diverso dal Trump Steamer, ha l'opportunità di raccontare alla voce narrante (di cui mai il lettore saprà il vero nome) una parte del suo passato.

Un giorno di alcuni anni prima, Abdul Bashur, commerciante libanese, aveva offerto a Jon di guidare, per scopi commerciali, un Trump Steamer partendo da Pola, città croata sull'Adriatico. Ed è a Pola che Jon Iturri conosce Warda, sorella di Abdul.
Al momento del loro primo incontro, Warda ha l'esatta metà degli anni di Jon (25-50).
Jon intuisce praticamente subito la forza, l'indipendenza e la sicurezza di Warda. Oltretutto, questa ragazza gli ricorda la bellezza della statuaria greca.
Tanto bella e tanto sicura di se stessa... ma alla fine lo ha perso!
Non serve a niente la sicurezza di sé.
Nel giro di pochi mesi divengono amanti. Mutìs, al contrario di molti autori di adesso, è raffinato perché non dice mai "sesso" o qualcosa di simile, bensì hortus conclusus.
Nella poesia medio-latina era questa l'espressione che alludeva all'unione tra amanti.
Nel frattempo, con il Trump Steamer, Iturri percorre diverse città europee costiere: Amburgo, Marsiglia, Lisbona, Helsinki. Ad ogni fermata trova Warda ad aspettarlo al molo del porto.

Abdul, una volta saputo della relazione fra Jon e Warda, dice a Jon:  la vostra storia durerà finché dura l'Alciòn. 
E' una frase che sembra una predizione. E, dopo poco più di un anno, i destini dei due si dividono. Warda vuole ritornare definitivamente in Libano, paese della sua infanzia e inoltre si rende conto della profonda differenza d'età tra loro (porco diavolo secco, quasi due generazioni di divario!). Non è necessario essere filologi o italianisti o linguisti per intuire subito che la loro storia d'amore non è destinata a durare. 
D'altra parte Warda frequenta anche qualche altro ragazzo/uomo nei momenti in cui Jon è in viaggio e lontano da lei. Lei è la prima a non voler avviare questa relazione verso un impegno duraturo... Anche se a 25 anni ci starebbe iniziare una relazione seria. Non con un cinquantenne, però ci sta/ci starebbe. L'adolescenza è finita!
Jon è il vero innamorato; anche se non riesco a capire la sua scelta di legarsi (soprattutto eroticamente) ad una ragazza che potrebbe essere sua figlia. 
Fra il cinquantenne e la venticinquenne il vero adulto è il cinquantenne. 

6. "DUE DESTINI":

Spero di esser in grado di spiegarvi chiaramente questo mio collegamento mentale, spero di poter rendere bene l'associazione di idee nonostante la mia notte un po' balorda e la mia giornata campale (mi sono addormentata verso le 4 e alle otto ero già sveglia, ho studiato, ho fatto spese e commissioni, ho fatto servizio cassa all'emporio della solidarietà, ho fatto gli esercizi di articolazione per migliorare il canto, mi sono messa a imparare canzoni mie e sono anche riuscita a scrivere qui!).

Ricopio le frasi già citate all'inizio:

Stammi più vicino
ora che ho paura
perché in questa fretta
tutto si consuma.
Mai... Non ti vorrei veder cambiare mai.
Perché siamo due destini che si uniscono
stretti in un istante solo
che segnano un percorso profondissimo
dentro di loro.

L'autore-cantante comunica una positiva situazione di relazione amorosa. Secondo me, questa canzone rappresenta il momento migliore di tutte le storie serie, cioè quel momento in cui, dopo un periodo che hai frequentato qualcuno/qualcuna che ti attraeva e che ti attrae per determinate caratteristiche, ti sei reso/a conto che l'amore può diventare più forte, che quella può essere la persona che ti starà accanto per il resto della vita. C'è apprensione per il tempo che scorre di continuo (e qui si intuisce che chi canta non è più giovanissimo), c'è la paura, con il tempo, che questa relazione si raffreddi o venga meno (E' questo secondo me il senso della frase: Non ti vorrei veder cambiare mai). 

siamo due destini che si uniscono
stretti in un istante solo

C'è sintonia tra noi. Abbiamo imparato a condividere le nostre storie, i nostri vissuti, i nostri stati d'animo. Possiamo "accorpare" le nostre strade di vita. Lo faremo perché vogliamo farlo!!

Il contenuto di questa canzone è amore vero, impegno vero, proposito di fedeltà, di vicinanza. Non certo il contenuto di questo libro! 

L'edizione Adelphi presenta come "un grande amore" quello fra Warda e Jon. 
No, per me invece è un rapporto a vicolo cieco. Differenze di età, culturali, socio-economiche (Jon spende moltissimo in quelle poche volte che la porta in ristoranti di lusso) e impegno non contemplato. L'amore non è affatto un passatempo. 
 
L'amore ha a che fare con il piantare radici, con il fidarsi e con l'affidarsi.


Amare è poter pensare e anche dire a qualcuno: 

Tu sei la certezza di avere qualcuno al mio fianco nei giorni più duri. Sei quella bellezza dipinta su quel foglio bianco dei miei lati oscuri. Tu sei la paura di amare che prima di te mi faceva paura. Sei tutte le cose che ho perso in mezzo al casino che ho dentro. Adoro le domeniche di maggio, se poi mi sveglio e tu sei ancora qui. (...) Tu sei quel sorriso che amo, lo sguardo che aspetto da tutta la vita. Sei l'ultimo e il primo pensiero del giorno che passa e di quello che arriva.

(Giulia Molino, Le domeniche di maggio, marzo 2020, Amici Serale).

Chissà dove sarà finita la ragazza, con questo boia di Covid-19! 
Spero di vederla a Sanremo. Giulia quando canta sa pungermi il cuore, sa coinvolgermi in pieno.



10 settembre 2020

"Le parole", Jean Paul Sartre:

 In questo romanzo, largo spazio è stato dato all'infanzia dell'autore e ai suoi primi approcci (a dire il vero troppo precoci!) con i grandi romanzi della letteratura francese.

* Sì, so che è un post decisamente lungo ma arrivate fino in fondo, ve lo consiglio


1. LA NASCITA E LA FAMIGLIA DI JEAN-PAUL:

Jean-Paul Sartre, conosciuto da molti come il più valido rappresentante dell'esistenzialismo, era nato nel 1905 da Jean-Baptiste Sartre, giovane arruolato nella marina militare e morto prematuramente; e da Anne-Marie Schweitzer, figlia del docente universitario Charles Schweitzer. 

In questo libro, la figura del nonno materno, caratterizzata da una personalità molto forte, assume una grande importanza, dal momento che è la prima persona a dare a Jean-Paul un'educazione letteraria.

2. L'ALSAZIA:

Avrete sicuramente notato che il cognome della mamma e del nonno di Sartre non erano propriamente francesi. In effetti, Schweitzer ha origini alsaziane. L'Alsazia è una regione di confine tra Francia e Germania. E' in territorio francese e gli abitanti, anche ora, parlano due lingue: il francese e l'alsaziano, che è un dialetto tedesco (discende dal tedesco alemanno). 

In casa Schweitzer entravano amici, conoscenti e colleghi del nonno che si esprimevano più facilmente in alsaziano. L'Alsazia non ha avuto un periodo facile da attraversare né in età moderna né nel XIX° secolo. Durante la guerra dei 30 anni (1618-1648), periodo in cui si era diffuso il Luteranesimo, l'Alsazia era stata soggetta sempre più all'influenza francese. Nel 1648, con la pace di Westfalia, questa regione era stata ceduta alla Francia, ma i sovrani tedeschi mantenevano ancora i loro feudi imperiali (territori soggetti al Sacro Romano Impero, fino alla salita al potere di Robespierre). Ma, nonostante ciò, re Luigi XIV° considerava l'Alsazia accorpata al resto della Francia.

Nel 1792 erano stati aboliti tutti i feudi imperiali. E infine, nel 1870, l'Alsazia, dopo la guerra franco-prussiana, era stata annessa alla Lorena con il Trattato di Francoforte.

Fino alla prima guerra mondiale, questa regione era compresa fra i territori tedeschi ma, con i Trattati di Versailles, era stata restituita alla Francia (la Germania aveva perso il Primo Conflitto mondiale, la Francia lo aveva vinto).

3. L'INFANZIA DI JEAN-PAUL TRA I LIBRI:

Ho cominciato la mia vita come senza dubbio la terminerò: tra i libri.

Questo libro è stato pubblicato nel '64, anno in cui Jean-Paul andava ormai verso i 60 anni. Era un uomo adulto, maturo, colui che scriveva questa frase. Era un uomo che, dopo essere stato un filosofo esistenzialista e un attivista politico, stava rievocando la propria infanzia, alla ricerca di quei ricordi, ormai lontani, nei quali però avevano avuto origine sia l'interesse per i libri che la propensione all'immaginazione. 

Se mai vi capiterà di leggere questo romanzo, vi accorgerete che, in un'età (l'età scolare) in cui i bambini hanno un gran bisogno di interagire non soltanto con la famiglia ma anche con dei loro coetanei, Jean-Paul si ritrova privato di questi contatti. Il nonno gli ha fatto cambiare una serie di precettori privati, convinto che questi non insegnassero nulla al nipote oppure che non fossero proprio capaci di trasmettere le materie.

Comunque, lasciatemi dire che questo nonno sbaglia. Sbaglia non soltanto a dare delle colpe agli insegnanti perché il nipotino non ottiene valutazioni e risultati così eccellenti, ma anche a considerare Jean-Paul come un adulto in miniatura. A mio avviso, l'approccio ad autori come Corneille, Flaubert e Hugo all'età di sei anni è troppo precoce. Sartre stesso, ad un certo punto, lo ammette:

Vivevo in modo superiore alla mia età, come si vive in modo superiore ai propri mezzi: con zelo, con fatica, dispendiosamente, per le apparenze. Avevo appena spinto la porta della biblioteca, che mi ritrovavo nel ventre di un vecchio inerte: la grande scrivania, il sottomano, le macchie di inchiostro, rosse e nere, sulla carta assorbente rosa, la riga, il vasetto della colla, il putrido sentore del tabacco e, d'inverno, il rosseggiare della salamandra, tutto questo era Carl in persona, reificato: non ci voleva altro per mettermi in stato di grazia, correvo verso il libri. (...)

Vi sembra il caso di far leggere ad un bambino in età da scuole elementari qualcosa come Madame Bovary? Come se io facessi leggere a dei ragazzi delle medie Il padrone di Parise. Come se io facessi leggere e analizzare, senza nessuna previa indicazione, a dei ragazzi delle superiori i sonetti del Galateo in Bosco di Zanzotto (sono già molto difficili per gli specializzandi, figurarsi per degli adolescenti!)... In entrambi i casi: cosa capirebbero?! 

Bisogna affrontare la bellezza dei classici letterari in proporzione all'età. E questo Anne-Marie l'aveva capito. Aveva capito che certe letture impegnative potevano intristire il bambino. 

C'è un punto in cui tra madre e nonno scoppia un conflitto, quando Charles scopre che la figlia ha regalato a Jean-Paul un libro di favole di La-Fontaine.

Io ricordo di aver iniziato proprio da fiabe e favole per poi passare, intorno ai 10 anni, a qualche romanzo delle letteratura anglo-americana. Fra la quinta elementare e la terza media ho letto Oliver Twist, Il principe e il povero, David Copperfield, Piccole donne, Il giardino segreto, La piccola Lady Jane e... Le stelle stanno a guardare di James-Archibald Cronin... Questo è stato uno dei romanzi più drammatici e più pessimisti che abbia mai letto. Tutti i tentativi frustrati di David Fenwick per emanciparsi ed uscire dalla condizione di minatori... Martha Fenwick, donna indurita dalle disgrazie della vita, che partorisce una bambina morta... 

Sartre era nato ed aveva trascorso i suoi primi anni di vita in un periodo in cui il cinema era proprio agli esordi. Ci sono alcune pagine dedicate a delle mezze giornate in cui, con la madre, si recava al cinema. 

Nella narrazione, Sartre ricorda la musica del pianoforte o a volte anche dell'orchestra che accompagnava immagini mute in bianco e nero.

Altro aspetto che emerge frequentemente nel romanzo: al Sartre bambino piaceva piacere. Gli sembrava che il miglior modo per entrare in sintonia con gli adulti fosse quello di trascorrere anche delle intere giornate chiuso nella biblioteca di casa a leggere e a sfogliare le opere degli autori francesi. 

Ero un falso bambino, scrive anche. Non del tutto libro di essere se stesso, ritengo io. 

4. L'IMMAGINAZIONE DI SARTRE:

Presto, Jean-Paul Sartre scopre la sua propensione per l'immaginazione.

Tutto avvenne nella mia testa; bambino immaginario, mi difesi con l'immaginazione.  Quando rivedo la mia vita dai sei ai nove anni, sono stupito dalla continuità dei miei esercizi spirituali. (...) Le mie prime favole non furono altro che la ripetizione dell'Uccellino Azzurro, del Gatto con gli Stivali, dei racconti di Maurice Bouchor. (...) PIù tardi mi arrischiai a ritoccarle, ad attribuirmi una parte. (...) Inventai un universo difficile e mortale. (...) Certo di abitare il migliore dei mondi, mi diedi per ufficio il purgarlo dai suoi mostri; poliziotto e linciatore, ogni sera offrivo in sacrificio una banda di malfattori. Non feci mai guerre preventive o spedizioni punitive, uccidevo senza ira né piacere, per strappare alla morte delle fanciulle. Queste fragili creature mi erano indispensabili: erano loro ad invocarmi. (...). Quando i giannizzeri brandivano le scimitarre ricurve, un gemito percorreva il deserto, e le rocce dicevano alla sabbia: "C'è qualcuno che manca qui; è Sartre." Sull'istante, scostavo il paravento, facevo volare le teste a colpi di sciabola, nascevo in un fiume di sangue. (...) Nascevo per morire: ormai salva, la fanciulla si gettava tra le braccia del margravio, suo padre; mi allontanavo, bisognava ridiventare superfluo o cercare nuovi assassini.






5. I PRIMI APPROCCI DI JEAN-PAUL CON LA SCRITTURA:

Il suo primo esperimento di scrittura è di poesia:

All'inizio dell'estate partivamo per Arcachon, io e le due donne, prima che mio nonno avesse terminato le lezioni. Ci scriveva tre volte alla settimana: due pagine per Louise, un post-scriptum per Anne-Marie, e per me un'intera lettera in versi. Per farmi meglio gustare la mia felicità, mia madre imparò e mi insegnò le regole della prosodia. Fui sorpreso a scarabocchiare una risposta in versi, mi incitarono a portarla a termine, mi diedero una mano. Quando le due donne spedirono la lettera, risero di cuore pensando allo stupore del destinatario. A giro di posta ricevetti una poesia in mia gloria, vi risposi con una poesia. (...) Mi regalarono un rimario, divenni versificatore.

- Quando dice: io e le due donne intende dire nonna Louise e mamma.

Poco dopo, Sartre prosegue il suo racconto:

Tutti i bambini hanno un genio, tranne Minou Drouet, ha detto Cocteau nel 1955. Nel 1912, ne avevano tutti, tranne me: scrivevo per scimmiottatura, per cerimonia, per fare la persona grande: scrivevo soprattutto perché ero il nipotino di Charles Schweitzer. 

Jean-Paul prova un altro esperimento poetico: trasformare in versi alessandrini le favole di La Fontaine.

L'impresa era superiore alle mie forze e credetti di notare che essa faceva sorridere: fu la mia ultima esperienza poetica. Ma ero lanciato, dai versi passai alla prosa. (...)

A lungo andare, il nonno si rende conto che Jean-Paul, nell'inventare e nel riportare su piccoli quaderni alcune favole e alcuni racconti inventati, ha (testuali parole) il bernoccolo della letteratura.

I miei primissimi approcci con la scrittura sono avvenuti un po' prima dei 7 anni. Io ho da sempre saputo di essere decisamente più portata per grammatica, lingua, narrativa e storia. Lo sapevo già anche in prima elementare, quando non potevo frequentare regolarmente la scuola e dovevo fare la spola tra lo studio pediatrico del mio paese e l'ospedale di Padova. 

Già sui 6 anni e 1/2 mi erano stati regalati dei quadernini. Non è che scrivessi dei veri e propri racconti... 

Mi spiego. Io ero la bambina "animista", convintissima che piante, prati, montagne, fiori, onde del mare, oggetti e rocce avessero un'anima. Ho iniziato a scrivere di loro: immaginavo quali potessero essere i pensieri di una margherita durante un acquazzone primaverile, oppure pensavo a delle rocce, una vicina all'altra, che potevano dialogare fra loro e che vedevano le loro immagini riflesse nel lago. Una volta ho pensato anche ad un vento autunnale freddo, invidioso di una pianta alta e ricca di foglie, che, con soffi forti e decisi, le strappava non soltanto tutte quante le foglie ma anche alcuni rametti.

Le mie prime scritture/immaginazioni riguardavano anche degli animali pensanti.

Immaginavo che una rondine volasse nei paesi poveri, in Africa, in India, e che vedesse la miseria della gente e vedesse soprattutto dei bambini come me morire di fame.

Quando ero così (e questa sotto è una foto che risale al giugno 1998), cioè, a due anni e 1/2, mi dicevano e mi dicono ogni tanto tuttora, che sapevo recitare a memoria delle lunghe filastrocche... Io però non ricordo nulla prima dei 4 anni.


Diversi anni più tardi, in pieno liceo, ha iniziato a scrivere delle poesie, soprattutto su paesaggi naturali, affetti familiari e alcune anche su "ragazzi idealizzati" che hanno ricevuto più volte dei premi. Ed è stato proprio durante l'adolescenza che ho deciso di aprire un blog per condividere le mie più grandi passioni.

All'Università, tra i 22 e i 23 anni, oltre a mantenere ben volentieri questa consuetudine con i post, ho creato il mio primo romanzo, abbastanza autobiografico. Per un certo verso l'ho pagata cara, perché questo è stato, per la gente della mia età che vive nel mio stesso paese, un motivo in più per emarginarmi, per deridermi e per criticarmi, a bassa voce e alle spalle. E anche per squadrarmi in modo decisamente maleducato e imbarazzante, come a considerarmi una specie di marziana.

Ma l'ho fatto stampare e pubblicare. Nonostante il virus, il lockdown, le mascherine, le distanze sociali, la tragedia di tutti questi morti, ho finora venduto qualche centinaio di copie. Non è per niente male come risultato, con i tempi che corrono. 

6. L'ADOLESCENZA TRA LETTURE E COMPAGNI DI SCUOLA:

Le ultime pagine venti pagine del romanzo sono state dedicate alle amicizie del periodo del liceo, probabilmente uno dei periodi più sereni e più tranquilli della vita di Jean-Paul. Sono pagine bellissime, di sentimento, dove si raccontano rapporti genuini tra studenti tutti bravi e volonterosi ma senza rivalità o invidie.

Commovente è il ricordo di Bernard. Bernard non era soltanto il più bravo della classe ma anche il più mite, il più umile, il più sensibile. Aiutava i compagni nei compiti, condivideva con loro interessi letterari e storici, faceva da leader positivo al gruppo. Ed è morto a 18 anni a causa di una tubercolosi.

Sartre apparteneva ad una famiglia alto-borghese, quindi, era vissuto negli agi economici; Bernard invece era il figlio di una sarta vedova. Che differenza! 

Il liceo che frequentavano era effettivamente una scuola pubblica interclassista.

Ancora con una grande ammirazione mescolata ad un'intensa malinconia, l'autore rievoca questo ragazzo con molto affetto, riconoscendo, senza difficoltà e senza alcuna rabbia, la sua superiorità nel rendimento scolastico e nei comportamenti.

... quella povera sarta, quella vedova, aveva perduto tutto. (...) Ho intravisto il Male, l'assenza di Dio, un mondo inabitabile? Credo di sì: perché altrimenti, l'immagine di Bernard avrebbe conservato una nettezza così dolorosa?

7. SARTRE, DIO E WILLY:

Alcuni di voi già lo sanno: Sartre era un esistenzialista ateo. Io non sono atea, ma in questo momento mi trovo in una situazione contraddittoria. 

In materia di fede mi sento (ed effettivamente lo sono!) come destrutturata. Penso che Dio esista ma credo che sia un dio debole, troppo permissivo, forse a volte anche indifferente. 

Gesù Cristo è un fallito. Non ha salvato l'umanità perché il male c'è stato e c'è ancora, dopo la Sua Risurrezione. Ha predicato la condivisione fraterna, la pace, la solidarietà, la vita ma non è mai stato compreso veramente, mai! Nemmeno nel Medioevo. Il Medioevo... che epoca di divisioni!! Con tutte quelle discussioni e dispute fra eretici (ariani, monofisiti, nestoriani) e fra diverse correnti del Cristianesimo (ortodossi e cattolici). Il Medioevo è stato anche un' epoca di ostentazione religiosa e di corruzione, anche clericale!

Da anni, la mia domanda è sempre più o meno la stessa: 

Se Dio è il Bene perché allora il male è presente e sembra, soprattutto in certi momenti storici, schiacciare l'umanità?

La soluzione del libero arbitrio non mi basta più. Io mi indigno di fronte al male e alla violenza; Papa Francesco dice che abbiamo perso, oggigiorno, la capacità di indignarci. Beh, io no, non l'ho mai persa e mai la perderò!

Dio non voleva le guerra, non voleva i genocidi, non ha mai voluto la violenza... Perché però li permette? Ha permesso che un ragazzo di 21 anni morisse in quel modo assurdo, atroce, disumano, pestato da 20 minuti da esseri abietti. Cosa deve aver passato in quei 20 minuti... Forse a Dio importa poco della vita di un ragazzo. Forse gli importa poco anche della mia, di vita. Forse non gli interessano più di tanto le nostre vite. La libertà di comportamento ultimamente non mi basta più come spiegazione...

A 21 anni si deve vivere, perché si è da poco capito chi si è e cosa si vuole esattamente nella vita. Willy sapeva cosa voleva. E quei quattro hanno infranto il suo sogno, in 20 minuti, con della violenza cieca, rabbiosa, immotivata, che ricorda l'episodio del delitto Carew nel romanzo di Stevenson (Lo strano caso del Dottor Jekyll e del signor Hyde) e che rimanda anche alla tragica e oltremodo sanguinosa fine di Simon in The lord of the flies di Golding.

Un mio conoscente piuttosto avanti con gli anni sostiene che in Paradiso le persone che abbiamo amato vivano in un'altra dimensione, in una dimensione felice che non rende loro né necessario né importante pensare a noi che continuiamo la nostra vita sulla Terra. E se anche Dio fosse disinteressato a noi? 

Allora perché un salmista scrive: Signore tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo. Penetri da lontano i miei pensieri... la mia parola non è ancora sulla lingua e tu già la conosci tutta?

Poi però nella Bibbia, nel Nuovo Testamento, c'è l'esclamazione di dolore con una puntina di risentimento di Marta e Maria pochi giorni dopo che Lazzaro è morto: 

Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto!

Ma chi è veramente Dio?! 

Perché lascia che certi uomini e certe donne affrontino difficoltà e tragedie grandi nel corso della loro esistenza? Mi dite come fa a credere una coppia di sposi che ha generato quattro figli distrofici, morti tutti e quattro molto prima di loro? In effetti, si sono allontanati dalla Chiesa. E io li capisco, non mi permetto di giudicare.

E' da quest'autunno che la mia fede si è indebolita... Non prego quasi più, che senso ha pregare un Dio debole che sembra abbandonare a se stessi gli uomini, almeno, gli uomini onesti e altruisti. Diversi mesi fa, nell'autunno scorso, addirittura pensavo di non andare più a messa... Ma non riesco a interrompere del tutto i contatti con la religione. Non posso farne a meno, di andarci. Ma non è questione di mantenere formalmente un'abitudine... Io ci vado, ogni domenica, perché ho bisogno di sentire le parole edificanti di San Paolo, per ascoltare anche delle pagine di Antico Testamento, per sentire, in un brano del Vangelo o in un'epistola di San Paolo, un'eco di quel comandamento che sto cercando di fare mio: Ama il prossimo tuo come te stesso. Ovvero: sforzati di immedesimarti nella sua situazione, abbi compassione del vissuto degli altri, sii sensibile, sii empatico, non condannare, non odiare, cerca di aiutare sempre, condividi non solo pasti, cibo e oggetti ma anche un po' di te, di quello che sei, con gli altri. E sì, lo ammetto: a messa vado, non nella mia parrocchia, anche apposta per sentire le omelie incisive di Don Andrea. Il problema non sono Don Andrea, Don Marco e Don Gaetano però... Il problema sono io con i miei dubbi e le mie idee contorte che persistono, che mi lasciano in pace solo nel momento in cui incontro questi tre sacerdoti, ma che poi, con prepotenza, tornano. 

Non è neanche così facile la mia situazione familiare, ora come ora, al di là di mio zio Attilio che sta guarendo.

Nella Messa, il momento della Comunione mi ricorda soprattutto l'impegno che non soltanto io, ma anche molti altri uomini e donne che hanno avuto momenti difficili e ognuno di loro un proprio vissuto personale, offrono per cercare di rendere questo mondo un posto un po' migliore. 

Cerco di essere il più serena possibile, cerco di vedere il bello e il positivo in ogni giornata.

Non riesco a capire Dio ma sento di non poter fare a meno della Messa, che per me non è soltanto un'abitudine o l'occasione di rivedere i miei nuovi amici, dico davvero.

Io spero che si possa, fra un mese o due, avere la possibilità di seguire alcuni giorni di esercizi spirituali con Don Giampaolo. Penso che mi aiuterebbero molto.

 Ho tutti questi pensieri, eppure li ho fatti quest'estate, li ho fatti eccome "i 4 passi" proposti sul sito, attività "a distanza" che implicava la lettura di un brano e dei collegamenti con altri versetti biblici citati al di sotto del brano stesso. E mi è anche piaciuto. 

Non ho perso l'interesse. Il mio grosso problema è quello di non riuscire in modo chiaro a rapportare Dio con il male. Questo aspetto mi manca molto.

Gli aggressori di Willy hanno la mia età, o comunque, sono vicini alla mia età più di Willy. 

Per l'età che aveva, Willy sarebbe potuto essere mio fratello. Magari avessi avuto un fratello di età simile alla mia, del '97, o del '98 o del '99... A volte avremmo litigato, a volte non non avrei condiviso le sue scelte e le sue opinioni e a volte glielo avrei detto in maniera piuttosto forte. Però, se mio fratello fosse veramente esistito, ora sarei diventata la sua più grande alleata nella quotidianità. Ora lui sarebbe l'altra metà di me. E ora io, con tutta me stessa, vorrei il meglio per lui.

Ah sì... e infine, da sorella maggiore, gli avrei raccomandato vivamente di non stare fuori di casa fino alle 2 inoltrate... State a casa a letto quando è notte fonda, porco il ca*** ! Quella è l'ora dei teppisti, dei ladri, dei criminali! Si può essere giovani senza per forza dover "vivere di notte", io lo so bene. 

Questo per gli adulti: vi prego, la gente intorno ai 25 anni non è tutta uguale, non siamo tutti dei fascistoni violenti criminali! Non generalizzate mai e distinguete sempre. 

Non siamo tutti così!!