24 dicembre 2021

Qual'è il miglior regalo che una novella insegnante può ricevere?!

RITORNO A SCRIVERE PER COMUNICARVI QUALCOSA DI BELLISSIMO!!    

Alla fine rientro in quella fetta di docenti laureati in Lettere che iniziano la loro prima esperienza di insegnamento alle elementari. 

Queste sono state due settimane molto intense ma piuttosto piene di gratificazioni!

Ho ricevuto aiuti e consigli dalla maggior parte dei colleghi, prima fra tutti, la titolare della cattedra con la quale sono in contatto quasi ogni giorno. Ci teniamo in contatto per il bene dei nostri alunni.

Ad ogni modo, qual'è il miglior regalo di Natale che una novella insegnante può ricevere?!

La stima dei suoi alunni, senza dubbio! Ogni bambino ha un vissuto e un carattere diverso dagli altri, ma tutti gli alunni, bambini, pre-adolescenti e adolescenti, si rendono conto se tu, come docente, lavori per loro, sei lì a scuola per loro, oppure ti interessa soltanto essere pagato.

Sfatiamo il mito, piuttosto diffuso al di fuori degli edifici scolastici, che dice: "I primi dieci minuti in una classe sono fondamentali, lì ti giochi tutto". Ho pochissima esperienza, visto che ho iniziato a insegnare due settimane fa e ho tre classi, ammetto che qualche problema con una seconda elementare tutta da guidare e da regolare ce l'ho, ma già qualche miglioramento comportamentale da parte dei bambini inizia a vedersi... solo che, purtroppo per me, (non per loro, è da poco più di tre mesi che vanno a scuola ogni mattina presto!) ora c'è una pausa fino al 10 gennaio escluso.

Diciamo che, pur essendo piccoli, iniziano a rendersi conto che io, come supplente, non sono sinonimo di "vacanza", bensì di "consolidamento" delle regole ortografiche e di altre competenze dell'italiano. 

E' andata così: nei miei primi tre giorni di scuola dietro la cattedra e davanti alla LIM ero spaesata, tesa e confusa. Poi un bambino, serio, ordinato, bravissimo e omonimo di Manzoni, mi ha chiesto: "Ti piace insegnare?" e io gli ho risposto: "Ma certo, è sempre il mestiere che ho voluto fare!". 

Pochi secondi dopo ho riflettuto e mi sono detta: "E quindi se ti piace insegnare reagisci alla maleducazione e alla troppa vivacità di certi personaggi, combatti per chi ha voglia di imparare e per suscitare l'interesse nel programma!"

Allora ho dovuto applicare il pugno di ferro proprio con dei bambini di seconda: una serie di compiti, rimproveri fatti alzando la voce e in maniera decisa, esercitazioni anche sulla scrittura in corsivo, un po' di ricatti, come questo: "Bene, chiacchierate troppo e vi spingete? Non andiamo in mensa/Non usciamo in cortile, torniamo dentro", oppure: "Non vi faccio uscire finché non c'è silenzio e finché non siete tutti in fila indiana ordinati".

Lo so che hanno soltanto 7 anni ma se non imparano ad accettare il contesto scolastico ora, che sono ancora all'inizio del percorso della scuola primaria, quando mai potranno impararlo? Quando ne avranno 14 e saranno dei selvaggi arroganti e senza regole?! Non credo proprio!

Comunque le soddisfazioni principali da parte della seconda sono queste: qualcuno che mi presenta anche degli esercizi supplementari (e già ne assegno diversi io) e una parte della classe che rimprovera l'altra parte deconcentrata e disattenta.

E poi volete che vi dica proprio tutta la verità? 

Ieri ho concluso le lezioni del 2021 scrivendo una breve nota di merito ad un'intera classe: hanno 9 anni e sono dei bambini meravigliosi, buonissimi, sensibili, molto collaborativi ed entusiasti nei miei confronti. E se continueranno a comportarsi così bene forse ne riceveranno un'altra poco prima di carnevale.

Giovedì è il miglior giorno della settimana, perché sono quasi tutta la mattina in quella classe quarta.

Ecco, qui l'ottimo rapporto è nato semplicemente da una simpatia istintiva e immediata: loro sono più o meno come me. 

Un'altra cosa che abbiamo in comune: il mio nome deriva dall'ebraico e anche buona parte dei loro nomi derivano da questa lingua antica.

E ieri, quando molti di loro recitavano di fronte alla mia collega Le ciaramelle di Pascoli, per poco non piangevo! Ed è raro che mi si inumidiscano gli occhi per la commozione e la contentezza. Questi bambini sono in grado di toccare una parte di me molto profonda che spesso nascondo per paura del giudizio altrui: la forte sensibilità (=infatti ho detto che io e loro siamo simili) e l'emotività di fronte a forme d'arte come anche la poesia.

Non è che non abbiano difetti... certi errori sui quaderni di alcuni di loro farebbero venire dei propositi suicidi ai miei libri di grammatica, ma sono convinta che la causa sia soprattutto l'emergenza Covid: a nove anni sanno bene quanto sia stata e quanto possa essere penosa la didattica a distanza!

Poi sì, ho un'altra quarta, formata, secondo me, da diversi alunni con buone capacità cognitive e con l'interesse verso lo studio. Però hanno caratteri e atteggiamenti un po' diversi: sono più vivaci e qualcuno approfondisce da solo gli argomenti. Il bello è che in questa classe, i più volonterosi mi hanno chiesto, un po' sorpresi: "Ma come fai a mettere in luce gli aspetti positivi di chi non si sta comportando bene?".

Perché non si finisce mai di studiare, cari bambini. Sto studiando anche dei libri di pedagogia indispensabili per il concorso. Uno di questi suggeriva agli aspiranti insegnanti dei modi "particolari" di relazionarsi con gli alunni difficili senza perdere la pazienza. E intanto, aspetto ugualmente importante, vivo un' esperienza significativa e pratica.

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Vado in chiesa stasera. Domani probabilmente sarò al caldo e a letto per gran parte della mattina.

Se ripenso rapidamente a questi ultimi dodici mesi, mi trovo costretta a sottolineare che mi sento una persona un po' diversa rispetto allo scorso anno dal momento che è successo di tutto: Don Marco che si è ammalato gravemente, il gruppo giovani che, durante il suo lungo periodo di malattia, si è rivelato per quel che era sotto una scorza di falsi complimenti e di amicizie fittizie, io che mi sono laureata, la nonna che si è ammalata e che non c'è più, il mio ingresso nel mondo del lavoro.

*Ero molto tesa e agitata nella mia prima settimana di lavoro, ma quando ho ricevuto la telefonata da parte della segreteria della scuola ho fatto i salti. Sono stata più contenta quando sono stata assunta che non quando mi sono laureata a luglio. Ma per due motivi: ho preso 110 (media del 29,4) ma non avevo praticamente coetanei con i quali condividere questa meta, quest'estate delle difficoltà familiari c'erano già ed ero impegnata con il Minigrest, la cui organizzazione è partita tardi ma che è riuscito bene lo stesso.

BUON NATALE!!

IL 2021, ALTRO ANNO CARATTERIZZATO DA PANDEMIA E MASCHERINE, STA USCENDO LENTAMENTE DI SCENA E STA LASCIANDO UN PO' A TUTTI NOI UN SENSO DI INQUIETUDINE E DI INCERTEZZA SUL FUTURO.

SCOMMETTO CHE IL 2022 IN QUESTI GIORNI STA GIROVAGANDO PER I NEGOZI DI ABBIGLIAMENTO PER POTERSI PROCURARE UNA GIACCA ELEGANTE E, CON OGNI PROBABILITA', ANCHE UNA CRAVATTA, IN MODO TALE DA FARSI CONOSCERE NEL MIGLIOR MODO POSSIBILE.

A ME STESSA AUGURO UN 2022 UN PO' MENO DOLOROSO E UN PO' PIU' SERENO, A VOI AUGURO UN 2022 "MAESTRO DI VITA E PROMOTORE DI PROPOSITI DI PACE E DI ARMONIA". 

SOLO COSI' SARA' NATALE NON SOLTANTO DOMANI MA PER TUTTI I 365 GIORNI DELL'ANNO!!

A presto, ritorno a scrivere ai primi di gennaio!


2 dicembre 2021

Pellegrinaggio di Dino Campana al Santuario della Verna:

Alzati!

Ti costituisco testimone 

di ciò che hai visto.

Sabato 20 novembre ho partecipato alla GMG 2021 organizzata a livello diocesano. La proposta consisteva in un pellegrinaggio con recita del rosario. Abbiamo percorso 9 km tra Caprino e Spiazzi, nelle nostre montagne veronesi, fino a raggiungere il santuario di Madonna della Corona, dove ci è stata offerta la possibilità sia di intraprendere il cammino giubilare a tappe con confessione sia di vivere una veglia semplice e cantata in stile Taizé. 

Sono stata l'ultima a uscire dalla cappella delle confessioni. Ammetto che era tardi (io ero in ritardo di un bel po' di minuti) e ho avuto la netta sensazione che Don Martino e Don Giampaolo aspettassero me prima di iniziare la veglia. Addirittura! Che strano. Per le scelte di vita che ho voluto intraprendere, per i comportamenti e per indole sono ormai fin troppo abituata ad essere comunemente ritenuta un personaggio impopolare, non interessante, strana, anomala. Nessuno di solito aspetta me, anzi, se non ci sono e se non compaio tanto meglio! 

Lo Spirito Santo ci libera dal complesso della serialità, cioè dal conformismo, dall'unanimismo. (...) Lo Spirito Santo ci dice:"Sii te stesso! Non aver paura di uscire dal gregge! Niente è più antipatico che nascere originale e morire copia!".

(P. Pellegrino, "Il gigante invisibile")

Comunque,  a distanza di quasi due settimane sono stupefatta nel ricordare anche quel clima di attesa insolito all'interno della chiesa.

Certamente la veglia in stile Taizé è stato un momento toccante, alla luce fioca delle candele, in un clima di raccoglimento e di silenzio ma... mai toccante come le veglie organizzate periodicamente a Cristo Risorto!

Il recente ricordo di questa esperienza significativa è il motivo principale per cui vorrei dedicare un post a quei pensieri e a quelle sensazioni che Dino Campana aveva messo su carta quando aveva esattamente la mia età e dunque, quando, nelle ultime due settimane di un settembre di più di 100 anni fa, aveva compiuto un pellegrinaggio partendo da Marradi, suo paese natale, fino al santuario della Verna, attualmente in provincia di Arezzo. Campana chiamava Marradi un paese "della toscana romagnola".

I brevi testi in prosa, dei quali riporterò soltanto alcune parti, fanno parte della raccolta dei Canti Orfici.

Ricordo ancora che, nel giugno 2019, questa parte dei Canti Orfici dedicata al santuario della Verna è stata il mio programma di un esame orale di letteratura italiana del Novecento. Quel che era il mio docente di Letteratura e Poesia italiana del Novecento è senza dubbio un buon uomo ma quella mattina aveva i suoi buoni motivi per essere incavolato nero, mi ricordo... Ero la quarta in ordine di iscrizione e prima di me ci sono stati due ritiri (due compagne di corso non preparate che pensavano di dare l'esame senza leggere i libri in programma) e un'interrogazione finita con il brontolìo del professore: "Ma insomma! E' iscritta ad un corso magistrale in Lettere, cerchi di migliorare il modo di esprimersi". E poi sono arrivata io. Mi ha messo 30 senza complimenti, aveva un'aria piuttosto sconsolata e ha aperto bocca soltanto per farmi delle domande formulate con tre parole in tutto ma d'altra parte mi aveva già valorizzata molto, anzi anche troppo, durante il corso.

E con Dino Campana inauguro anche il periodo, appena iniziato, dell'Avvento 2021


A) CASTAGNO, 17 SETTEMBRE:

La Falterona è ancora avvolta di nebbie. Vedo solo canali rocciosi che le venano i fianchi e si perdono nel cielo di nebbie che le onde alterne del sole non riescono a diradare. La pioggia à reso cupo il grigio delle montagne. Davanti alla fonte hanno stazionato a lungo i Castagnini attendendo il sole, aduggiati da una notte di pioggia nelle loro stamberghe allagate. Una ragazza in ciabatte passa che dice rimessamente: un giorno la piena ci porterà tutti. Il torrente gonfio nel suo rumore cupo commenta tutta questa miseria.

(...)

Alzando gli occhi alla roccia a picco altissima che si intagliava in un semicerchio dentato contro il violetto crepuscolare, arco solitario e magnifico teso in forza di catastrofe sotto gli ammucchiamenti inquieti di rocce all’agguato dell’infinito, io non ero non ero rapito di scoprire nel cielo luci ancora luci. 

Il monte Falterona è avvolto dalle nebbie. L'autore non dice "circondato", non dice nemmeno "coperto" ma avvolto, voce verbale che comprende i significati dei primi due verbi citati, dal momento che i banchi di nebbia, un po' grigi, un po' bianchi e un po' azzurrini cingono il monte ai fianchi ma allo stesso tempo lo coprono offuscando i suoi lineamenti e le sue forme.

La pioggia à reso cupo il grigio delle montagne= à è grafia petrarchesca. Nel Canzoniere di Petrarca si trovano infatti (ò per ho e à per ha).

Si dice qui anche che i raggi del sole non riescano a vincere la nebbia. Questo succede nelle giornate d'autunno, d'inverno e talvolta anche a fine estate in montagna: i raggi del sole sembrano piccole scie luminose che accarezzano un fumo inodore che copre tutto, anche la limpidezza del cielo.

Una ragazza in ciabatte passa che dice rimessamente= Periodo formulato su modello della lingua orale che, in ognuno di noi, risulta più imprecisa di quella scritta, indipendentemente dal livello di istruzione, anche nel mio caso (e anche se farete fatica a crederci). Quel "che" ha una funzione relativa, perché nell'italiano scritto la formulazione corretta del periodo è: Una ragazza/ che passa in ciabatte/ dice rimessamente:... Il rimessamente sta per "sommessamente". Comunque, la proposizione relativa dovrebbe spezzare l'andamento della principale. 

Attraverso lo studio di alcune opere di Natalia Ginzburg e di altri autori del Novecento posso affermare che, negli ultimi decenni, si è consolidato, nell'italiano scritto e parlato, il "che" polivalente come in queste frasi  ultimamente da me pronunciate:

*Pioveva il giorno che sono andata al cinema (=in cui).

*Prendo i fusilli, che devo pesarli (=dato che).

*Lo zio è arrivato a casa che io dovevo andare via (=quando).

*Chiamami un altro giorno che oggi devo stare con la nonna. (=visto che o dal momento che).

i canali rocciosi= Il Carso di Scipio Slataper è duro, roccioso, freddo, nudo. Non è luogo di vita sociale ma luogo di contemplazione e di meditazione. 

Eccovi un passo tratto da Il mio CarsoIl mio cappotto aderisce sui sassi come carne su bragia; e se premo, egli non cede: sí le mie mani s'incavano contro i suoi spigoli che vogliono congiungersi con le mie ossa. Io sono come te freddo e nudo, fratello.

rocce all’agguato dell’infinito= Bellissima espressione! Il tramonto domina l'orizzonte e le forme delle rocce, aguzze e spigolose, tagliano il cielo. E Campana è stupito da ciò che vede (=rapito).

Vedete come, a livello sintattico, predominino qui i periodi monofrasali e la paratassi con relative oppure con gerundi che assumono per lo più un valore temporale.

B) CAMPIGNA, FORESTA DELLA FALTERONA:

Dal viale dei tigli io guardavo accendersi una stella solitaria sullo sprone alpino e la selva antichissima addensare l’ombra e i profondi fruscìi del silenzio. Dalla cresta acuta nel cielo, sopra il mistero assopito della selva io scorsi andando pel viale dei tigli la vecchia amica luna che sorgeva in nuova veste rossa di fumi di rame: e risalutai l’amica senza stupore come se le profondità selvagge dello sprone l’attendessero levarsi dal paesaggio ignoto. Io per il viale dei tigli andavo intanto difeso dagli incanti mentre tu sorgevi e sparivi dolce amica luna, solitario e fumigante vapore sui barbari recessi. E non guardai più la tua strana faccia ma volli andare ancora a lungo pel viale se udissi la tua rossa aurora nel sospiro della vita notturna delle selve.

la selva antichissima addensare l’ombra= L'infinito addensare, come d'altronde anche il riflessivo accendersi, ha qui valore di proposizione relativa visto che è riferito alla selva: "che addensava"/ "una stella che si accendeva". 

I fruscii all'interno della selva possono riferirsi o ai movimenti di animali oppure alla brezza.

I tigli sono tra i primi alberi che rimangono senza foglie e infatti, già ai primi di novembre, sono quasi completamente spogli. I faggi e le viti invece sono gli ultimi. Le viti diventano scheletri legnosi e contorti intorno al 10 dicembre.

Qui la luna è un elemento amico. Nella fede questo astro è simbolo di Maria. In Leopardi, nell'idillio Alla luna, la luna è "graziosa" e "amica".

volli andare ancora a lungo pel viale se udissi la tua rossa aurora= Quel se ha valore finale (=per udire).

C) 21 SETTEMBRE, NEI PRESSI DELLA VERNA:

Io vidi dalle solitudini mistiche staccarsi una tortora e volare distesa verso le valli immensamente aperte. Il paesaggio cristiano segnato di croci inclinate dal vento ne fu vivificato misteriosamente. Volava senza fine sull’ali distese, leggera come una barca sul mare. Addio colomba, addio! Le altissime colonne di roccia della Verna si levavano a picco grigie nel crepuscolo, tutt’intorno rinchiuse dalla foresta cupa. 

La tortora è simbolo dell'eternità del sentimento d'amore, mentre la colomba è l'uccello emblema dell'intensità del sentimento d'amore. 

Dice Leonardo Da Vinci nei suoi Scritti letterari: La castità. La tortora non fa mai fallo al suo compagno e, se l'uno more, l'altro osserva perpetua castità.

Nella Bibbia la colomba assume diverse valenze e compare diverse volte: dopo il diluvio universale ai tempi di Noè è simbolo di pace dal momento che porta a Noè un rametto d'ulivo e, nel Nuovo Testamento, come anche nei dipinti di arte sacra, è indice della presenza dello Spirito Santo sia nelle raffigurazioni dell'Annunciazione sia nelle rappresentazioni del Battesimo di Cristo. 

Ho voluto inserire due esempi qui sotto. Il primo è un particolare dell'Annunciazione del Beato Angelico, il mio dipinto preferito del Quattrocento, il secondo è un dettaglio sul Battesimo di Cristo di Piero della Francesca:


La tortora volava senza fine sull’ali distese, leggera come una barca sul mare. Bellissima e originale questa similitudine che indica la libertà di cui godono le ali dell'uccello, che si stagliano spalancate nel cielo e senza far rumore.

D) 22 SETTEMBRE, LA VERNA:

Il corridoio, alitato dal gelo degli antri, si veste tutto della leggenda Francescana. Il santo appare come l’ombra di Cristo, rassegnata, nata in terra d’umanesimo, che accetta il suo destino nella solitudine. La sua rinuncia è semplice e dolce: dalla sua solitudine intona il canto alla natura con fede: Frate Sole, Suor Acqua, Frate Lupo. Un caro santo italiano. 

(...)

Un frate decrepito nella tarda ora si trascina nella penombra dell’altare, silenzioso nel saio villoso, e prega le preghiere d’ottanta anni d’amore. Fuori il tramonto s’intorbida. Strie minacciose di ferro si gravano sui monti prospicienti lontane. Il sogno è al termine e l’anima improvvisamente sola cerca un appoggio una fede nella triste ora.

Il corridoio delle grotta vicina al santuario è umido ed è dedicato a San Francesco e alla sua vita. L'autore qui accenna alla rinuncia del santo alle ricchezze e alle comodità della vita, ricorda il suo stile di vita da semplice pellegrino, mette in evidenza il suo amore per Dio e per il Creato citando poche parole, o meglio, qualche apostrofe a elementi naturali e ad animali tratta dal suo Cantico delle Creature in volgare umbro. Interessante è la menzione al frate anziano poche righe dopo che prega le preghiere d’ottanta anni d’amore. 

Attraverso una figura etimologica (il verbo "pregare" infatti diviene nella stessa frase un sostantivo), Dino Campana mette in evidenza la convinta e solida vocazione di un frate del primo Novecento che ha dedicato tutta la sua vita a Dio accettando sacrifici e condizioni che la sua scelta comportava.

Il sogno è al termine e l’anima improvvisamente sola cerca un appoggio una fede nella triste ora.

L'anima di Dino Campana cerca Dio! Ecco dunque che il tramonto diviene un'allusione alla vecchiaia e alla vita in declino oltre che alla fine della giornata.

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Io ho bisogno di un po' di stacco. Ho deciso così dopo aver vissuto un anno difficile sia per grossi problemi di relazioni (altroché una torta al centro sociale, avrei voluto una vera festa di laurea a casa mia per tutta la notte! Ma avrei potuto divertirmi solo se fossi stata ben inserita in un gruppo affiatato. Invece ho ricevuto soprattutto derisioni e umiliazioni) sia per grossi problemi familiari. 

*Sto continuando la stesura di quel secondo romanzo del quale vi parlavo a inizio settembre, dopo una fase di stallo nel pieno dell'autunno dovuta a una serie di motivi e di difficoltà. Sono contenta. Ci metterò un pochino, ci lavorerò pian piano e nel corso del 2022, proprio come ho fatto con "Le avventure di una liceale invisibile". Ma sono contenta: ne sta venendo fuori qualcosa di dolce e al contempo di ironico e... di vitale ed essenziale.

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IN ONORE DI SANT'ANDREA:

Per il calendario liturgico, la ricorrenza di questo martire è il 30 novembre.  Sant'Andrea è protettore dei marinai e dei pescatori.
L'altro ieri ho avuto l'occasione di poter riflettere sulla chiamata dei primi quattro discepoli, tramandata da Mt 4, 18-22: Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni. 


Al link sotto potrete trovare una mia riflessione su questi quattro versetti e, in particolare, su quella che dev'essere stata l'indole di Andrea, santo al quale sono sempre stata affezionata, per diversi motivi: innanzitutto è patrono anche del mio paese, dove c'è una pieve romanica a lui dedicata, poi, il suo nome di derivazione greca contiene i significati di "forza", "valore" e infine, perché Andrea è stato un apostolo poco appariscente, riservato ma sempre presente nella vita di Gesù e fedele a Dio.
A mio avviso, il comportamento di Andrea ricorda quello di Maria, dal momento che dev'essere stato costituito da silenzio, disposizione verso il progetto di Dio, fiducia in Gesù, umiltà... 
Secondo me quindi non è un caso che, praticamente ogni anno, il 30 novembre sia incluso nel periodo dell'Avvento. 
Non è un caso che si ricordi questo santo proprio verso la fine dell'anno, pochi giorni prima dell'Annunciazione (8 dicembre) e circa tre settimane prima di Natale.  Sant'Andrea, per tutta la vita, dev'essere stato buono, umile, mite e semplice come il Natale, o meglio, come il senso più profondo del Natale: un Dio che si fa bambino, un Dio che, nel giorno della sua nascita, non fa scalpori e nasce nella povertà, onorato dai pastori e dal luccichìo delle stelle.
Ma forse c'è qualcosa che non so: Sant'Andrea magari è morto crocifisso a Patrasso proprio il 30 novembre?! Si sa poco della sua vita.

Preciso, come ultima cosa, che Sant'Andrea ha voluto morire, intorno al 65 d.C., su una croce decussata: una croce a forma di X dove il condannato non era inchiodato ma legato, in modo tale da allungare la sua agonia. 
La Legenda aurea riferisce che Andrea è andato incontro alla sua croce con questa  invocazione: «Salve Croce, santificata dal corpo di Gesù e impreziosita dalle gemme del suo sangue! Vengo a te pieno di sicurezza e di gioia, affinché tu riceva il discepolo di Colui che su di te è morto. Croce buona, a lungo desiderata, che le membra del Signore hanno rivestito di tanta bellezza! Da sempre io ti ho amata e ho desiderato abbracciarti. Accoglimi e portami dal mio Maestro».

Ecco qui la mia riflessione in pdf:

Ma pensate a che cosa è stato in grado di fare poi Dio con un debole come Pietro! Da pavido a grandissimo... è proprio il caso di dirlo.




26 novembre 2021

Ciao nonna

Cara nonna,

grazie infinite per avermi accompagnata con affetto e premura in tutti questi anni.

Prima temevi di non vedermi ricevere la comunione, poi dicevi: "Non arriverò a vedere la Annina cresimata." 

Invece mi hai proprio vista crescere.

Per sei anni, nei giorni in cui tornavo dall'Università verso le cinque di pomeriggio, entravo in casa e, molto spesso, non mi toglievo nemmeno scarpe e giacca per servirti subito il tè caldo con i biscotti, mentre, seduta sul divano, leggevi o recitavi il rosario. 

Grazie infinite per aver contribuito a trasmettermi i valori dell'educazione cristiana. Grazie per avermi fatto comprendere, in tenera età, che i salmi sono delle poesie di lode a Dio e al Creato. La tua fede era forte e salda come uno scoglio sul quale si abbattono le onde. 

Sai, non te l'ho mai detto ma ho sempre pensato che tu fossi un cervello sprecato perché sei stata una bambina alla quale è stato negato il diritto allo studio.

Averti fatta studiare... Saresti potuta diventare "molte cose" a mio avviso: maestra, infermiera, psicologa.

Ti ricordi il periodo in cui ero alle elementari e alle medie? Nei pomeriggi primaverili ed estivi, forte dei miei ottimi voti, indignata del fatto che tu non avessi avuto nemmeno la possibilità di frequentare la quinta elementare, volevo insegnarti quel che a scuola imparavo io: l'analisi logica, un po' di geografia e di storia, qualcosa anche sulle figure geometriche. Eri bravissima. Avevi una mente sveglia e giovanile anche a 90 anni!! 

Proprio come me, in grammatica e nelle date storiche eri veramente forte. Averti fatta studiare...

Grazie a ciò che ti raccontavo, a cento anni hai imparato che "lingua volgare" significa "lingua parlata dal popolo", non "linguaggio osceno". Qualcosina di linguistica italiana sapevi già prima che io te la raccontassi un po', visto che dicevi: "Tuar deriva dal francese!" oppure "Menu è una parola francese!".

Eri una donna concreta, intelligente e piena di buonsenso. Era un piacere parlarti. Ricordo i miei sabati sera dei tempi della pre-adolescenza e dell'adolescenza, quando ti raccontavo "le novità della gioventù" e tu mi sostenevi, mi incoraggiavi a continuare a mantenere il mio senso di integrità al di là di derisioni e amicizie precarie che navigavano in un mare di doppie facce. 

Sei stata una contadina veneta onesta, pura, semplice. Hai condiviso parte del tuo lungo cammino di vita con il tuo amato marito Augusto. Insieme avete cresciuto quattro figli, insieme avete gustato ogni minuto di quelle serate in cui suonavate e cantavate. Mi hai detto che molte volte avete preso in mano chitarra e mandolino quando ero molto piccola e io, felice di sentire un po' di ritmo e di voci allegre, mi muovevo e sorridevo in una culla.    

Quando ero alla scuola materna mi portavi con te nel pollaio. La campagna era la tua passione, ti prendevi volentieri cura delle galline e dell'orto. Una volta mi ero offesa perché avevi tolto quelle tre piantine di insalata che avevo piantato da poco nel terreno. "A che serve arrabbiarsi?! Questa è lattuga in semenza, ti fa male se la mangi."

Hai avuto una giovinezza tempestosa, rovinata dal fascismo e dai bombardamenti e provata da una povertà economica che ha fortificato il tuo carattere e che non ti ha indurita o inaridita, anzi... Ti ha resa propensa alla condivisione, all'unità e alla solidarietà familiare. Nonna, non capiresti lo stile quotidiano di molte famiglia di ora, dove, bene che vada, genitori e figli si parlano raramente e sempre con il ronzìo di una televisione. E, male che vada, i genitori si separano e uno dei due mette i figli contro l'ex coniuge o l'ex convivente.

Tu per molti anni hai fatto volentieri a meno della televisione e, fortunatamente, non hai mai conosciuto né gli effetti deleteri delle relazioni virtuali né il vuoto protagonismo di chi, sui social, posta più volte al giorno selfie e foto per combattere la paura di sentirsi vuoto. Di questo a dire il vero non ti ho mai parlato... pensavo: "Meglio per lei che preghi e che legga e che ricordi quelle che sono state le sue gioie in famiglia".

Quando eri ragazza dovevi essere diligente e zelante nel tuo faticoso lavoro in filanda che comportava la sveglia alle quattro e mezza della mattina. Tuo fratello Giuseppe è morto giovane e sapevi che tua sorella Emma era sottomessa ad un marito prepotente e violento. Avevi, per un certo periodo, paura per me: "Attenta a chi sposerai! Non accettare umiliazioni. Tuo marito deve rispettarti e portarti su un piedistallo, inginocchiarsi dove cammini, perché tu vali. Sembri distante e fredda ma in realtà hai una bella testa e un cuore buono."

Come se fosse facile trovare una persona seria e genuina con i tempi che corrono...

Purtroppo per te, il Covid ti ha impedito, in questi ultimi due anni di vita, di andare a messa tutte le settimane. Ma direi che hai vissuto l'opportunità di vaccinarti con spirito sportivo e ottimistico, perché dicevi: "Cosa volete che siano due punturine?" 

Che belli i tempi in cui si poteva andare in ferie al mare o in Trentino con te! Ti piaceva di più la montagna e camminavi sorreggendo un grosso bastone di legno lungo i sentieri dei boschetti e lungo le vie di paesini come Fai della Paganella.

Grazie, grazie di tutto.

Una settimana fa, prima che io partissi per la GMG diocesana, mi hai raccontato di un sogno toccante e mi hai detto con gli occhi lucidi di gioia: "Ti faccio tanti auguri per il lavoro. Cominci. Pian piano, con un paio di supplenze, ma cominci presto."

Ora le tue sofferenze sono finite e anche le mie. Credo che ora sia finito anche per me il periodo in cui dormivo male e mi svegliavo alle cinque della mattina per piangere sulle tue miserie e sui tuoi mali.

Ora, cara nonna Anna, che hai scelto per me il tuo nome e che probabilmente mi hai voluta più tu dei miei genitori, sei in Paradiso in compagnia degli angeli e, secondo me, come una bambina vivace e spensierata, stai correndo felice lungo gli immensi prati dell'aldilà. 

Io al momento ho un vuoto. Sono da una parte arrabbiata per ciò che hai dovuto patire da inferma e, dall'altra, piena di gratitudine.

Sii felice, nonna. Ti prometto che mi impegnerò ad esserlo anch'io. Ti prometto che vivrò con intensità tutto ciò che mi aspetterà. Ti prometto che mi sforzerò sempre di credere che il male e il dolore non hanno l'ultima parola, perché, come dice una persona ultimamente a me molto cara, noi "siamo fatti per il cielo".



HO PERDUTO UNA DELLE POCHE PERSONE CHE MI VOLEVA BENE PER QUEL CHE SONO! 

ORA NON C'E' PIU' E PRIMA DI MORIRE VI ASSICURO CHE HA SOFFERTO MOLTO (CHE INGIUSTIZIA!).

CHIEDO RISPETTO E SILENZIO, PER ME E PER TUTTI I MEMBRI DELLA MIA FAMIGLIA!

IO NON HO BISOGNO DELLA COMPASSIONE DI NESSUNO. 

SONO FORTE DA SOLA. SONO SEMPRE STATA FORTE DA SOLA!


24 novembre 2021

"In the year 2889"

Eccolo qui, il film del '67 ambientato in un futuro lontano, una pellicola non facilmente reperibile e fruibile solamente in lingua inglese.

In the year 2889 è sia un film dell'orrore sia un film di fantascienza post-apocalittica ambientato negli Stati Uniti.

A) L'INIZIO DEL FILM E UN CONFRONTO CON UN PASSO DEL VANGELO DI MARCO:

Nei primi secondi è visibile lo scoppio della bomba atomica e una voce narrante dice:

Nel corso dei secoli i profeti ci hanno avvertito che un giorno, migliaia di anni di costruzioni e di progresso sarebbero potuti essere cancellati dalla mano distruttiva del potere. Ora quel giorno è arrivato. Il mondo intero è stato messo a tacere, annientato da bombe nucleari.

Devo ammettere che l'effetto dello scoppio cattura l'attenzione degli spettatori. 

C'è un passo del Vangelo di Marco al capitolo 13 nel quale Gesù fa riferimento alla fine del mondo come evento che prevede anche la visione del Figlio dell'Uomo:

In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscureràla luna non darà più la sua lucele stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo.

Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.

Come avete potuto intuire, in questo passo del Nuovo Testamento la predizione sulla fine del mondo è molto diversa rispetto a quella del film, visto che non prevede né la comparsa di angeli né astri oscurati, ma solo bombardamenti, radiazioni e pericoli. 

Il mondo post-apocalittico di questo film è contaminato. I sette personaggi vivono isolati su una collina nella quale il livello di radioattività è meno alto dal momento che è protetta dalle scogliere. I personaggi devono sperare che non piova mai, altrimenti le nubi riverserebbero piogge dannose e piene di radiazioni e loro morirebbero. Oltre a ciò, nel boschetto oltre il giardino della casa in collina, si aggirano i mutanti, creature mostruose, telepatiche e antropofaghe. I mutanti sono anch'essi affetti da radiazioni.

Vorrei ora ricopiare alcune parti del commento che il teologo Silvano Fausti, morto pochi anni fa, ha scritto a questo proposito. Certi punti forse sono di interpretazione un po' libera e "filo-luterana":

Ciò che apparirà alla fine è la nostra gloria e allora si vedrà il Figlio dell'Uomo venire con molta potenza e gloria. Il senso della storia è la rivelazione del Figlio dell'Uomo e in lui ogni uomo, nella potenza piena della vita e nella gloria stessa di Dio. Interessanti, al versetto 24, sono quel "ma", indice del fatto che tutto il mal finirà; e il "dopo", che vuole comunicare che il mondo è nelle mani di Dio e quindi il male non ha l'ultima parola.

Il sole, principio della creazione, è oscurato. Proprio come il giorno della crocifissione di Gesù. Scrivono infatti gli evangelisti: "A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra". La croce è la fine del male. Cosa ci può essere di peggio dell'uccisione dell'Unico Giusto?! Cosa può esserci di peggio della condanna ingiusta dell'Unico Santo?!

Il mondo vive per la luce di Dio e per la libertà degli uomini che sanno accoglierla. Il rifiuto di Dio distrugge il mondo.

Il Figlio dell'Uomo viene per il perdono: sulla croce ha già dato la vita per i peccatori perdonando i suoi crocifissori.

Il fico è una pianta domestica. In primavera spuntano i fiori e le foglie.  E i fichi ci sono anche in autunno, stagione di decadenza. Questo significa che, in qualsiasi stagione della nostra vita, siamo invitati ad amare Dio e il prossimo.


Quando vedremo guerre e calamità sapremo che il Signore è vicino. Come si dice negli Atti degli Apostoli (Ap.3, 20): "Sto alla porta e busso".
Il problema non è "Dov'è Dio?" ma se apriamo il nostro cuore per farlo entrare. Non esistono i cattivi, esistono gli sfortunati che non hanno mai sperimentato uno sguardo buono. Ognuno di noi aspetta uno sguardo che lo accolga così com'è. Allora può realmente esistere e vivere.

B) RIMANDI ALLA STORIA DEGLI ANNI '60:

In the year 2889 è un film fatto in un periodo di piena guerra fredda, dunque, il regista era sicuramente memore di ciò che era accaduto soltanto 5 anni prima, nell'ottobre 1962, quando a Cuba erano stati installati dei missili sovietici. Questo era un concreto rischio di un inizio di un terzo conflitto mondiale. Già dalla fine degli anni '40 i blocchi contrapposti, a livello geopolitico e culturale, erano gli Stati Uniti e l'Urss. All'inizio degli anni Sessanta, Kruscev era al governo dell'Urss e Kennedy era presidente degli Stati Uniti. Attraverso alcune trattative, i missili sovietici erano stati ritirati da Cuba e gli Stati Uniti, a loro volta, si erano impegnati a non invadere l'isola e a disinstallare i loro missili dalla Turchia e dalla Gran Bretagna.

C)CONTENUTI E PERSONAGGI: 

Una guerra nucleare ha sterminato quasi tutta l'umanità che era costituita da 3 miliardi di persone. 

John Ramsey, padre della giovane Johanna, vive con la figlia in una casa-rifugio in cima ad una collina nella quale, come affermavo prima, la quantità delle radiazioni risulta più bassa. Ma arrivano altri cinque ospiti con la speranza di sopravvivere. Si tratta di Tim, dei fratelli Steve e Granger e dei due fidanzati Micky e Jada.

Il signor Ramsey è poco propenso ad accoglierli dal momento che le scorte di cibo sono limitate. E' Johanna infatti ad insistere: "Papà, sono umani, non animali!".

Ci sarebbero altri piccoli gruppi di persone che formano delle piccole comunità isolate in Europa o nei pressi di New York e Los Angeles ma John, attraverso l'utilizzo della radio, scopre di non poter stabilire dei contatti con loro.

Durante quella convivenza tra sette persone molto diverse tra loro si scopre che:

*Jada era una ballerina alcolizzata. Si tratta di una ragazza superficiale e immatura. Successivamente sarà invidiosa e gelosa di Johanna a causa di Micky che dimostra interesse per quest'ultima. Micky cerca di sedurre una Johanna infastidita. L'ho soprannominato "Mr. Facciatosta" per i comportamenti troppo sfacciati e disinvolti. Prima della guerra nucleare commetteva furti e rapine.

* Steve, ragazzo genuino e mite, è un geologo attratto e ricambiato da Johanna. 

*Tim è un ubriacone di mezz'età.

*Granger, inizialmente affetto da radiazioni (ha in corpo 740 Roentgen), sopravvive. Chiede per cibo sempre carne fresca non contaminata, che Johanna gli procura di nascosto frugando nelle riserve nella cantina del padre. Però Granger si trasforma in mutante a poco a poco ed esce di casa di notte.

Se penso che all'inizio del film John dice: "Il contatore Geiger ci dà 632 Roentgen. Questo è più che sufficiente per uccidere un uomo".

*John è il più anziano dei sette personaggi. 

E' l'unico settantenne tra giovani di età compresa fra i 25 e i 30 anni, eccetto Tim che ne ha 50. La convivenza fra queste persone così diverse tra loro comporta non soltanto conflitti e competizioni, come ho da poco avuto modo di spiegare, ma anche omicidi. Alla fine del film restano solamente John, Johanna e Steve.

John è il più pragmatico e il più realista. Sua figlia invece rappresenta la solidarietà fra gli esseri umani anche nei periodi più bui e nelle catastrofi. 

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Il film si conclude con un piccolo segno di speranza: praticamente si scopre che la pioggia è in grado di far morire i mutanti e forse di ridare vita ad una terra ormai arida e quasi del tutto deserta.



17 novembre 2021

Il gabbiano", A. Cechov:

Il gabbiano è una commedia in quattro atti di Anton Cechov.

Nel post di questa settimana vorrei riassumere i contenuti dei quattro atti, provare a riflettere su una concezione di teatro che traspare in quest'opera e presentarvi inoltre anche il tema della morte e del decadimento, presenti soprattutto nell'ultimo atto.

ATTO I°:

La scena si svolge nella villa di campagna di Sorin, ex consigliere di Stato in pensione e zio del giovane Konstantin Trepliov, aspirante scrittore. La sorella di Sorin è la Arkàdina, attrice vedova da tempo che ha come amante Borìs Trigorin, romanziere.

In questo atto alcuni personaggi stanno per assistere ad un dramma, che inizierà al sorgere della luna, scritto e diretto da Konstantin. 

Nina, attrice in erba della quale Trepliov è innamorato, deve qui recitare la parte principale.

A questo punto vorrei riportare tre battute di un dialogo fra Nina e Konstantin:

NINA: Nella tua commedia è difficile recitare. Non vi sono figure vive.

TREPLIOV: Figure vive! Bisogna rappresentare la vita non com'è e non come deve essere, ma come ci appare nei sogni.

NINA: Nella tua commedia c'è poco intreccio, è tutta declamazione.

Nina non ha torto quando afferma che l'opera di Konstantin è "tutta declamazione"! Ve ne accorgerete quando citerò alcune parti di un lungo monologo che, al momento della rappresentazione, risulta quasi del tutto privo di azioni con specifiche finalità. Al corso di teatro ho imparato a distinguere tra movimento e azione (e, a dirla proprio tutta, la semantica dell'italiano dà pienamente ragione alla differenza che, secondo molti attori, intercorre tra queste due parole). Un qualsiasi movimento, come ad esempio spostarsi da una sedia ad un'altra, non ha finalità, l'azione invece sì. L'azione di sedersi per leggere o per suonare ha uno scopo, quindi, può rendere interessante il fare teatro.

Trepliov è convinto che l'opera teatrale non debba essere caratterizzata da contenuti attinenti con la vita reale (cioè veri e/o verosimili). Questa concezione si distanzia moltissimo dalla poetica di Alessandro Manzoni! 

Per Konstantin, il teatro è "sogno" e, come i lettori avranno modo di appurare successivamente, "surrealtà". E ora ragioniamo con alcune considerazioni che mescolano la storia della letteratura con la storia del teatro.

Ques'opera è stata scritta nel 1895. Collocato nel tempo, questo anno appartiene senza dubbio al periodo della Belle Epoque, epoca che prevede l'aumento dell'utilizzo dell'energia elettrica nelle città d'Europa, la nascita della radio e del cinema. In Italia, nel 1895 a governare c'è Umberto I di Savoia e in Parlamento troviamo la Sinistra Storica con le sue per lo più inefficaci riforme sociali.

Ad ogni modo, è il 28 dicembre 1895 quando i fratelli Lumière rendono pubblico il loro primo cortometraggio intitolato L'uscita dalle fabbriche Lumière: qui, ovviamente in bianco e nero, senza parole o sottotitoli e senza alcuna tecnica sonora né alcun espediente di montaggio (per i primi montaggi alternati bisogna attendere l'inizio degli anni '30 del Novecento), viene rappresentata l'uscita di alcuni lavoratori alla fine del loro turno in fabbrica. Cinema davvero molto attinente con il reale!

Ora torniamo indietro nel tempo: prima di Goldoni c'era, in Italia, la cosiddetta "commedia dell'arte", nella quale si dava molta importanza alle capacità di mimare degli attori e anche, naturalmente, alla loro abilità nel rappresentare in modo comico dei tipi fissi (non personaggi con psicologia e profondità di stati d'animo). Questo tipo di commedia prevedeva un "canovaccio", scritto nel quale venivano riassunte azioni ed eventi da mettere in scena, ma, attenzione, non erano scritte battute da mandare a memoria. Era dunque anche un teatro di improvvisazione.

Poi arriva Goldoni che, nel 1738, per il Momolo Cortesan, la sua prima commedia in dialetto veneziano, stila il copione soltanto per il protagonista. Nella sua riforma sul teatro italiano, Carlo Goldoni pian pianino abolisce i tipi fissi e le maschere a favore di personaggi dotati di determinazione (come Mirandolina) e di una specifica psicologia che li contraddistingue. E il copione viene esteso a tutti i personaggi.

La commedia dell'arte ha per protagonisti delle maschere conosciute dalla tradizione popolare (Arlecchino, Pulcinella, Colombina), mentre invece, nella commedia di Goldoni, compare la borghesia con i suoi valori, i suoi principi e la sua etica del lavoro, quindi in genere, un qualcosa di vicino alla realtà di quel tempo.

Cosa c'è stato nella letteratura russa prima del 1895? 

-Tolstoj, con la sua passione per la storia e per dei personaggi ben radicati nel contesto di primo Ottocento, riguardante il conflitto con la Francia napoleonica ("Guerra e Pace") e anche certamente per le vicende delle famiglie borghesi ("La felicità familiare", "Anna Karenina", "La morte di Ivan Il'ic").

-Dostoevskij, con le sue opere profondamente psicologiche, in grado di scandagliare le angosce e le inquietudini dell'animo umano, di personaggi che si trovano di fronte a sentimenti che nella vita reale sono da sempre eterni, come l'odio, la rabbia, la contraddizione interiore, la nostalgia, la disillusione ("Delitto e castigo", "Le notti bianche", "Povera gente", "Il giocatore", "L'eterno marito").

*Pasternak è del Primo Novecento e, non preoccupatevi, non mi sono dimenticata del Dott. Zivago.

Entrambi gli scrittori sono vicini e attinenti al reale, proprio come Verga in Italia che, nei Malavoglia tratta le condizioni degli umili e dei ceti bassi, in Mastro Don Gesualdo la melanconia e la solitudine esistenziale borghese. In Francia, con Zola succede più o meno la stessa cosa. 

In Regno Unito, con Dickens soprattutto, vengono creati romanzi sociali sulla povertà, sull'industrializzazione crescente di Londra e sui maltrattamenti verso i bambini ("Oliver Twist", "David Copperfield", "Tempi difficili"). Jane Austen, che di poco precede Dickens ma che fa parte comunque del primo Ottocento, parla di matrimoni, di ingressi in società delle ragazze piccolo-borghesi in età da marito, di doti, di sentimenti e di fraintendimenti che precedono i fidanzamenti e che spesso si rivelano formativi per  la crescita affettiva delle protagoniste. Anche qui: tutto vicino al reale.

E prima c'è Shakespeare: l'intensità dei sentimenti dei suoi personaggi, le situazioni di contrasti familiari... Anche Shakesperare, devo ammetterlo, era un fine psicologo.

Quindi, dopo queste considerazioni, possiamo desumere che l'Ottocento, in tutta Europa, è stato un secolo caratterizzato, in gran parte, da opere letterarie vicine o attinenti al reale, al sociale e al quotidiano.

Alcuni anni dopo il 1895, i pittori per primi e in seguito anche gli scrittori, avvertono il bisogno di fare l'opposto rispetto alla tradizione e da qui nascono l'astrattismo, il cubismo, l'espressionismo, il surrealismo e, dopo la bomba atomica del '45, negli Stati Uniti nasce l'informale con Pollock. In letteratura italiana da una parte compare il provocatorio movimento futurista che vorrebbe stravolgere persino le regole sintattiche, mentre dall'altra si intensifica il filone autobiografico e psicologico con leggero sfondo storico, sicuramente più inerente alla realtà borghese (poesie di Ungaretti, Il mio Carso di Slataper, i Canti Orfici di Dino Campana, i tre noti romanzi di Svevo).

A quanto sembra dunque, anche Trepliov è "stanco del reale, del verosimile, del sociale, del psicologico". La vita come ci appare nei sogni... E' una frase che sembra volersi distaccare da gran parte della tradizione, anche recente, per mettere in scena un'opera pseudo-fantascientifica. In effetti, Trepliov quella sera presenta sul palcoscenico un'opera ambientata in un remoto futuro, fra centomila anni.

Vi riporto alcune frasi recitate da Nina:

Gli uomini, i leoni, le aquile e le pernici, i cervi dalle ampie corna, le oche, i ragni, i muti pesci abitanti nell'acqua, le stelle marine e quegli esseri che non si potevano scorgere ad occhio nudo, - in breve tutte le vite, tutte le vite, tutte le vite, compiuto un malinconico ciclo, si spensero... (...) Freddo, freddo, freddo. Vuoto, vuoto, vuoto. Paura, paura, paura. I corpi delle creature viventi svanirono nella polvere, e l'eterna materia li mutò in pietre, in acqua, in nuvole, e le loro anime si fusero in una. (...) Sono sola. Una volta ogni cento anni io apro bocca per parlare, e la mia voce risuona squallida in questo vuoto, nessuno la sente...

Cosa significa per voi fare letteratura?

Quanto, secondo voi, è incisiva l'azione in un atto teatrale? 

Quale genere di letteratura e di teatro, a vostro avviso, è dotato di maggior qualità tra il verosimile e il fantastico?

ATTO II°:

Qualche giorno dopo la rappresentazione (che è stata in effetti un insuccesso), Trepliov uccide un gabbiano che consegna a Nina, inorridita. Nina non comprende il gesto del giovane, che invece, per noi lettori, è simbolo di insoddisfazione esistenziale e di ricerca della felicità. Konstantin crede che la sua felicità possa dipendere da una relazione con Nina. I gabbiani, come si accenna anche ad una poesia di Cardarelli che inizia così: Dove trovano pace i gabbiani? 

In effetti, i gabbiani sono uccelli nomadi e, come noi, non sono fatti per la staticità dal momento che "esistere" significa "essere in cammino".

Si scopre qui che Nina è attratta da Borìs Trigorin, scrittore continuamente ispirato per immagini:

Giorno e notte mi affligge un solo pensiero molesto: io devo scrivere, io devo scrivere, io devo... Ho appena finito una novella che subito, non so perché, devo scriverne un'altra, e poi una terza, e dopo la terza una quarta... Scrivo senza interruzione, cambiando i cavalli alle stazioni di posta, e non posso altrimenti. (...) Vedo una nuvola simile a un pianoforte. Penso: bisognerà accennare in qualche racconto che fluttuava una nuvola simile ad un pianoforte. (...) Colgo ogni parola, ogni frase, che io e lei pronunziamo e mi affretto a rinchiuderle tutte nel mio deposito letterario: potranno servirmi!

Secondo voi questo è autentico talento oppure è una compulsione ossessiva volta a riempire la vita, vuota di relazioni e, oserei dire, anche di vera interiorità?!

ATTO III°:

L'atto terzo è drammatico in tutti i sensi. Trigorin e la Arkadina partono per Mosca. Trepliov tenta il suicidio. Le condizioni di salute di Sorin peggiorano.

In questo punto del dramma diviene chiaro che la Arkadina non ama per nulla suo figlio, ragazzo che lei, in pratica, considera inutile e presuntuoso. Questa donna tiene molto di più all'amante che non al figlio, disperato e frustrato di fronte agli eventi della vita e privo di amore. Per la madre prova un affetto non ricambiato.

Il gabbiano morto nell'atto precedente rimanda quindi anche all'esistenza sola e triste di Trepliov.

ATTO IV°:

Tra il terzo e il quarto atto c'è uno stacco temporale di due anni. L'ultimo atto del dramma si svolge tutto nello studio di Trepliov. I lettori vengono a conoscenza del fatto che Nina ha girato mezza Russia in quel periodo come attrice, ma senza aver mai avuto un vero successo.

Qui entra anche il tema del decadimento fisico, con le condizioni di Sorin che peggiorano. Finora non ho mai nominato Dorn, medico amico da una vita di Sorin, persona che sarebbe dunque, a rigor di logica, idonea ad assisterlo e a curarlo.

Sorin in quest'atto non cammina più, fa la spola tra carrozzina, letto e divano. E' il più sobrio e il più buono dei personaggi. Ha sempre avuto una vita tranquilla. E ad un certo punto dice, in modo molto lucido: Che strano! Sono malato, sto peggiorando, eppure, non mi si dà nessuna medicina.

E per tutta risposta si sente dire da Dorn: Ma cosa pretendi? Ogni vita umana, secondo le leggi della natura, deve aver fine.

Ma che gran bel gusto che c'è ad essere amico di una persona così delicata e sensibile! Simpatia, empatia e professionalità portatemi via...!!!

Mai lasciare da soli gli ammalati, indipendentemente da fatto che abbiano 11, 18, 36, 40, 55, 60, 70, 95, 100 anni!! Li si accompagna fino alla fine. 

Certo che la morte, per ognuno di noi, è inevitabile, e un giorno lo sarà anche per la sottoscritta. Ogni vita umana ha fine.

Ma forse, ad un certo punto della vita, il pensiero e l'inevitabile dolore di dover andarsene per sempre, divengono più sopportabili se accanto si hanno persone che si preoccupano e si occupano di te. L'importante, credo, è non morire soli, in modo tale da sentire il calore umano nell'ultimo periodo di vita.

Vi cito Seneca: In hoc enim fallimur, quod mortem prospicimus: magna pars eius iam praeterit; quidquid aetatis retro est mors tenet.

(In questo infatti ci sbagliamo, dal momento che ci avviciniamo alla morte: gran parte di questa è già passata, qualunque periodo che è trascorso lo tiene la morte).

(Epistola a Lucilio, I)

Dorn, la Arkadina e Trigorin giocano a tombola. 

Trepliov è depresso. Mentre, nel primo e nel secondo atto, a questo personaggio vengono attribuite un buon numero di battute, qui quasi non parla. Perché a fine dramma si suicida, dopo aver strappato tutti i suoi manoscritti. 

Nina non lo ha mai veramente amato, lei è indifferente, assolutamente non propensa a consolare la sua sofferenza. Più volte, nel corso di un dialogo, dice a Konstantin: Io sono un gabbiano.

In questo caso il gabbiano rappresenta tutti i viaggi (a vuoto e senza buone prospettive di carriera) della ragazza da un teatro all'altro, alla ricerca appunto di felicità, successo, fama e ricchezza. Nina non si rende conto però di non decollare come attrice, al punto tale che dice, pochi istanti prima che Trepliov muoia: Arrivederci! Vieni a trovarmi quando sarò famosa!

...Senza rendersi conto dello strazio di chi ha davanti.

Trepliov muore prima dello zio e decide di morire a 27 anni. 

Quanto la mancanza d'amore è direttamente proporzionale alla voglia di morire?

KONSTANTIN TREPLIOV:

Devo ammetterlo, nel primo atto mi stava antipatico. Poi ho provato pietà, un profonda pietà.

Konstantin viene paragonato da alcuni critici all'Amleto di Shakespeare perché, come Amleto cerca di salvare sua madre Gertrude dallo zio Claudio, così Konstantin intuisce la vera natura (=insensibile e bieca) di Borìs e cerca di farlo capire a sua madre. Anzi, vi dirò di più: nel terzo atto Trepliov, che è colto (ma la cultura non dà felicità e una prova di ciò sono i nonni di chi appartiene alla mia generazione), cita alla madre l'Amleto: E perché indulgi nel vizio, cercando l'amore nell'abisso del crimine?

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-A conclusione di questa impegnativa (e pesante) tematica, per la prossima settimana è programmata la recensione del film In the year 2889, a mezza via tra l'horror e il fantascientifico. E' un film che ha ormai poco più di 50 anni, di valore, comprensibile se collocato storicamente. Però è apocalittico. Già solo per questo raccomando ai miei lettori di tenere lontani dal post della settimana prossima gli under 18 (ma direi anche i diciottenni se possibile) e raccomando caldamente ai ragazzi di quella fascia d'età di non leggere neanche per curiosità quel che scriverò su quel film. Soltanto per una settimana. Non è affatto una pellicola scandalosa, ma, a quell'età, si deve pensare alla vita e alle piccole soddisfazioni di ogni giorno, non alle guerre nucleari che devastano natura e umanità! Questi sono argomenti per giovani adulti e per adulti.