4 giugno 2022

Storia del romanzo italiano (II): da Verga a Palazzeschi

La triste novità di questa settimana è che sono positiva al Covid dal 1° giugno. Che mazzata! Quelle come la mia le chiamano "forme lievi": in realtà ho avuto quasi 38°C e dolori dappertutto (infatti la notte tra il primo e il due giugno è stato il momento peggiore). Questo virus toglie praticamente tutta l'energia. Più che altro adesso mi è rimasto un gran raffreddore e l'olfatto indebolito da giorni. 

Il mio lockdown è stato un'occasione per rileggere il libretto di quel che è stato il mio campo di maturità di terza media. Per questo mi è balenata in mente un'idea interessante da portarvi per le prossime settimane: collegare la storia del Cerchio della gioia con il secondo capitolo delle Lezioni americane di Calvino. Gli educatori del nostro campo avevano due o al massimo tre anni più di noi ma si erano veramente impegnati, me ne rendevo conto a 13 anni ma ancora di più adesso che sono adulta e che svolgo, non senza difficoltà, un lavoro che riguarda anche il settore educativo. Però la mia era (ed è tuttora) un'annata difficile... Certi miei coetanei alle medie erano piuttosto cattivi e provocatori con insegnanti e catechisti, immaginatevi che stra-maleducati sono stati nei confronti di chi sarebbe potuto essere un fratello maggiore. 

Sto meglio, sono senza febbre e quindi riparto da Verga, dedico un paragrafo agli autori considerati "minori" del XIX° secolo, contestualizzo brevemente il Novecento europeo e approdo a Svevo e a Pirandello.

VERGA E l'INTERPRETAZIONE DELLA REALTA':

Nella seconda metà del XIX° secolo si assiste al declino del romanzo storico. Con lo sviluppo della scienza si fa strada, in Italia e in Europa, precisamente a partire dalla Francia, un'idea di romanzo che consiste nell'impersonalità del narratore: nei romanzi di Zola e di Goncourt spariscono i commenti morali come anche le finalità pedagogiche. 

Chi narra è un testimone che tiene il registro dei fatti secondo un'osservazione impassibile.

Come già saprete, Verga è l'autore dei Malavoglia e di Mastro Don Gesualdo.

Con i Malavoglia scompare la voce onnisciente e viene introdotto nella nostra tradizione letteraria il discorso indiretto libero che riferisce in terza persona pensieri e parole dei personaggi e riporta un discorso in modo indiretto ma senza ricorrere ai verbi dire, affermare... I tempi verbali più ricorrenti del discorso indiretto libero sono l'imperfetto e il condizionale passato (tra l'altro, l'imperfetto è il tempo prevalente nel romanzo). Ad ogni modo, il discorso indiretto libero altera i rapporti tra parti narrative e sequenze dialogate.

Direi che I Malavoglia è un'opera caratterizzata da una sconfortante ciclicità: gli umili sono travolti dalla fiumana del progresso. Qui la Provvidenza è il nome di una barca che è destinata a naufragare.

In Mastro Don Gesualdo le tematiche prevalenti sono l'egoismo borghese e la brama del profitto. Gesualdo, il protagonista, non parla mai in prima persona ma è anche un osservatore che descrive gli eventi dall'esterno.

LA NASCITA DELLA LETTERATURA PER RAGAZZI:

E con questo paragrafo vorrei soffermarmi un po' su Pinocchio di Carlo Collodi e Cuore di Edmondo De Amicis.

In Pinocchio, ai luoghi domestici si alterna una geografia fantastica e inverosimile (si pensi ad esempio al paese dei balocchi). Il percorso di Pinocchio da burattino di legno a ragazzo vero è fatto di ostacoli e di difficoltà: ma si impara a vivere e a divenire consapevoli di sé dopo aver commesso degli errori e dopo essersi resi conto di aver sbagliato. Questo voleva trasmettere Collodi ai bambini toscani di 130- 120 anni fa.

Cuore è invece un altro paio di maniche.
Si tratta del diario di Enrico Bottini all'interno del quale è facile scorgere patriottismo,  senso del dovere ed etica del sacrificio. All'interno della classe di Enrico vi sono diverse condizioni economiche e familiari, uniti ad antipatie, alleanze, amicizie ed episodi di solidarietà tra ragazzini. 

Inoltre, i piccoli protagonisti dei racconti mensili che il maestro assegna alla classe esprimono le tradizioni e le diversità tra le varie regioni italiane. De Amicis se ne rendava conto: l'Italia del 1883 era decisamente un'Italia povera e soltanto un'esigua parte della popolazione che poteva accedere all'istruzione.

NIEVO E FOGAZZARO:

Ippolito Nievo è l'autore di un romanzo intitolato Le confessioni di un italiano, una biografia a sfondo storico. Qui narratore e protagonista coincidono: Carlo Altoviti, da ottantenne, narra la sua esistenza compresa tra il 1775 e il 1858.

Io sono nato veneziano e morrò, per grazia di Dio, italiano. Così mi sembra che inizi l'opera.

Carlo si dichiara ingenuo. Oggi questo aggettivo significa sostanzialmente "privo di malizia". Il protagonista di Nievo associa invece i significati di "non letterato" e "inesperto di retorica", e lo fa anche per difendere la verità di quel che vuole raccontare dal momento che afferma che la sua è una vita comune, non straordinaria. 

Quello di Carlo Altoviti non è un io egocentrico, ma un io disposto ad accogliere punti di vista diversi dal suo.

 Verso la fine del secolo appare anche il talento di Antonio Fogazzaro, autore di romanzi denominati "spiritualisti". Ritorna, soprattutto con Piccolo mondo antico, il narratore onnisciente che commenta, anticipa e lotta contro la corruzione del suo tempo. In Piccolo mondo antico, ambientato per lo più sulle rive del lago di Lugano, traspaiono sia il rapporto con Dio e con la fede sia i sentimenti patriottici, inclusi nel microcosmo di Franco e Luisa, in una vita familiare fatta anche di disgrazie e, a questo proposito, si pensi alla morte tragica della figlia Maria.

Inoltre il romanzo Malombra, in realtà il debutto di Fogazzaro, è simile ad un noir con fantasmi, leggende inquietanti e tensioni emotive. In Malombra è evidente il tema della follia, che caratterizza la protagonista Marina. La sua follia la conferisce sensibilità ed eccezionalità di fronte alla banalità del quotidiano.

 IL NOVECENTO- CONTESTO E TENDENZE:

Definisco i primi 20 anni del secolo scorso molto fertili per la nostra tradizione letteraria. Tuttavia, questo che sto introducendo è un secolo di catastrofi ma anche di novità culturali: i nazionalismi portano a due conflitti mondiali, il progresso tecnico garantisce l'elettricità, con Freud nasce la psicanalisi e l'Es, con Einstein spazio e tempo diventano relativi e dunque le grandezze fisiche non sono più considerate come assolute. 

Nella letteratura italiana, in particolar modo in Pirandello e in Svevo, spazio e tempo divengono interiori ai personaggi: il tempo del racconto asseconda i ritmi soggettivi dei personaggi. Si fanno inoltre largo le percezioni che i protagonisti dei romanzi hanno di se stessi.

ITALO SVEVO E LA FIGURA DELL'INETTO:

Con le opere di Italo Svevo risulta evidente che spazio e tempo sono interiori ai personaggi.

Prendiamo ad esempio il primo, intitolato Una vita. Qui il protagonista è Alfonso Nitti, egoista, mediocre, vuoto e incapace di amare. E' un personaggio caratterizzato da inerzia psicologica, è presuntuoso e arrampicatore sociale. Eppure, in realtà Alfonso è convinto di essere un figlio modello, un intellettuale disinteressato, un altruista sentimentale.

Simile ad Alfonso è Emilio Brentani in Senilità. Emilio è un letterato inerte. Risulta quasi "vegetativo".

Zeno Cosini è un po' diverso, perché da vecchio giunge alla coscienza di sé. Nella Coscienza di Zeno narratore e protagonista coincidono. Zeno è pieno di contraddizioni, di manie, di immagini distorte della realtà.


LUIGI PIRANDELLO E LA REALTA' IN FRANTUMI:

Nei romanzi di Pirandello l'immagine unitaria della realtà si disgrega e questo autore rappresenta nei suoi scritti il dramma fondato sul contrasto tra realtà e apparenza e la disgregazione della verità. Soltanto l'umorismo permette di cogliere le contraddizioni del reale e i suoi lati più grotteschi.  

Nel suo più famoso romanzo intitolato Il fu Mattia Pascal emergono le frustrazioni coniugali ed economiche del protagonista che ad un certo punto fugge di casa per... trasformarsi in un nulla, ovvero, in un Adriano Meis senza documenti e quindi senza diritti. Quando ritorna a casa scopre che la vita, per la moglie e per i suoi familiari, è andata avanti. Per cui non gli resta che attendere la morte fisica.

FEDERIGO TOZZI E IL MALE DI VIVERE:

Soprattutto in due romanzi di Federigo Tozzi è evidente la sofferenza umana. I personaggi di Tozzi non riescono a comprendere il senso della loro sofferenza, si sentono esposti a qualcosa che è irrazionale, si sentono esposti al non-sense e sono oberati dalle fatiche della vita

Mamma mia.... ma era depresso Tozzi?! Un depresso cronico e perennemente tormentato? Me lo chiedo anche ora, pur amando incredibilmente la mia disciplina e praticamente tutto quel che ha a che fare con l'italianistica.

Inoltre, in Federigo Tozzi, narratore e personaggi non hanno una memoria storica e appaiono ignoranti: non conoscono l'avvenire e non sanno ricordare il passato.

Con il romanzo Tre Croci i protagonisti sono tre fratelli con la gotta: di loro rimangono tre croci al cimitero, come traccia del loro passaggio sulla terra. 

GRAZIA DELEDDA, PRIMA SCRITTRICE DONNA:

 Nel Primo Novecento emerge anche la prima scrittrice italiana. Grazia Deledda è sarda, di Nuoro ed è riuscita a formarsi da autodidatta.

Esordisce, a dire il vero, nel 1894, a 24 anni, con Anime oneste.  Seguono, tutti nei primi anni del Novecento, Elias Portolu (1903), Cenere (1904), L'edera (1908).

Nelle opere della Deledda i personaggi principali hanno voglia di riscattarsi dalla miseria e dal male. Questo riscatto è però inserito in una visione religiosa e a tratti un po' pessimistica della vita: si pensi ad esempio ad un libro di questa autrice che sto terminando di leggere io, cioè, a Canne al vento, romanzo del 1913: qui Efix, il protagonista della storia, dirà verso la fine che noi umani siamo come canne mosse dal vento. Il vento è il destino ineluttabile. Ve lo spiegherò in futuro con un post a inizio luglio. Di questo romanzo ci sono aspetti che mi sono piaciuti molto, altri però non li condivido.

Da non trascurare inoltre il fatto che la Deledda è innamorata della sua Sardegna, in particolare, dei paesaggi collinari e campestri.

ALDO PALAZZESCHI: IL RIFIUTO DI OGNI SENTIMENTALISMO

Terminerei questa parte con Palazzeschi. 

Nel prossimo post prevedo di iniziare da Buzzati, quindi dalla fine degli anni Venti e di terminare probabilmente con Pasolini o con Bianciardi (fine anni '50- inizio anni '60). Così il quarto ed ultimo post di questa serie verrà dedicato per intero al secondo Novecento, al degrado letterario degli anni Novanta e ai primi anni Duemila. 

Tra l'altro, i miei compagni di corso non potevano soffrire né Palazzeschi  né Buzzati, io invece li adoravo e mi piacciono moltissimo tuttora. Ma d'altra parte cosa piaceva a loro?!... Ah sì: gli unici due che io non riesco ad apprezzare: Tozzi e Montale.

Tozzi non lo condivido, Montale per me è soltanto un enigma, non riesco a capire cosa voglia esprimere con i suoi componimenti... e pensare che ho voluto essere esaminata, più di due anni fa, proprio sul Galateo in bosco di Zanzotto, raccolta poetica molto difficile, altro osso duro della letteratura italiana.

Palazzeschi è stato anche un poeta bizzarro (il poeta delle onomatopee), un buon attore ma anche un romanziere.

Nella sua poetica, Aldo Palazzeschi detesta romanticismi e sentimentalismi esasperati a favore di una narrativa e di una poesia ironica permeata da elementi fantastici.

Pensate ad esempio al Codice di Perelà, opera futurista e fantastica, leggera e beffarda nella quale predominano i dialoghi, anche se Perelà, l'uomo di fumo, non proferisce quasi parola. Perelà è nato all'interno di un utero nero, cioè, all'interno di un camino. Pur trattandosi di un romanzo futurista, sono presenti alcuni aspetti cristologici: Perelà, come Gesù Cristo, ha 33 anni, come Gesù, viene processato e condannato ingiustamente (non a morte, ma ad essere murato vivo), come Gesù, Perelà non ne esce sconfitto dal male: Gesù risorge, Perelà scompare, vola via.

Un'opera della maturità di Palazzeschi è senza dubbio Le sorelle Materassi, dove due sorelle della piccola borghesia toscana dedicano la loro vita a cucire, in particolare, a cucire abiti da matrimonio, per le famiglie nobili. Hanno inoltre mantenuto uno stile di vita austero e frugale. La loro quotidianità abitudinaria viene sconvolta da Remo, il figlio adolescente di Augusta, la loro sorella defunta. Remo è ruffiano, spreca denaro, disprezza le zie che divengono presto succubi del venerato nipote.


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