10 giugno 2022

Storia del romanzo italiano (III): da Buzzati a Calvino

Negativa! E soprattutto... libera! Non ho al momento le energie di 10 giorni fa, ma pian piano ricomincio a vivere con tutti i miei impegni e nei prossimi giorni mi riprendo la mia vita sociale.

Che giornata limpida dalle mie parti... se fossi in forma al 100% sarei già in montagna.

Riparto dalla fine degli anni '20 per approdare all'inizio degli anni '60. In questo post è incluso anche Italo Calvino.

DINO BUZZATI E I PAESAGGI SUGGESTIVI:

I suoi principali romanzi sono tre. Esordisce, da neolaureato, con Bàrnabo delle montagne, ambientato per lo più nella Valle del Grave. La montagna è qui luogo di leggende, di favole, ma è anche luogo di confine, di ripidezza (le crode) e di immobilità. Il protagonista è Bàrnabo e fa parte del gruppo dei guardiaboschi incaricati di sorvegliare una vecchia polveriera carica di munizioni, poco distante dal paesino di San Nicola. I briganti però ci sono davvero e uccidono il capo dei guardiaboschi. Bàrnabo inizialmente fugge, lascia il posto di guardia e l'uniforme e scende temporaneamente in pianura.

Però Bàrnabo ritorna alle montagne verso la fine del romanzo, solo e senza onori. Però, quando i briganti ricompaiono, arriva per il protagonista la possibilità di riscattarsi.

Buzzati ha 29 anni quando fa pubblicare Il segreto del Bosco Vecchio, romanzo in cui le descrizioni dei paesaggi di montagna e boschivi trasmettono le emozioni che i paesaggi stessi suscitano in chi li osserva. Oltre a ciò, la natura è caratterizzata anche da personificazioni naturali (il Vento Matteo, ad esempio) e da caratteri magici. Anzi, si potrebbe affermare che qui il fantastico è la trasfigurazione del quotidiano.

Certo, l'incipit di quest'opera è quasi di stampo cronachistico e fornisce indicazioni precise ai lettori:

E' noto che il colonnello Sebastiano Procolo venne a stabilirsiin Valle di Fondo nella primavera del 1925. Lo zio Antonio Morro, morendo, gli aveva lasciato parte di una grandissima tenuta boschiva a dieci chilometri dal paese.

Non posso infine dimenticare Il deserto dei Tartari, opera della maturità e una delle mie più recenti letture (arriverà anche questa recensione). Introduco qui le tematiche principali di quest'opera con una premessa biblica. Già nel Nuovo Testamento il deserto appare come luogo di attesa: Giovanni il Battista si prepara all'avvento del Signore (Mc 1, 3):

Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. 
Come è scritto nel profeta Isaia:
Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te,
egli ti preparerà la strada.
Voce di uno che grida nel deserto:
preparate la strada del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri.

Anche in Buzzati il deserto è fatto di questo indefinito senso di attesa, dove il più piccolo evento può divenire presagio di un evento molto più grande. I soldati che operano all'interno della Fortezza Bastiani, circondata da un paesaggio monotono, attendono per anni l'arrivo dei nemici e talvolta nutrono le loro speranze ricorrendo alla leggenda dei Tartari, che anticamente forse hanno combattuto dalle parti della Fortezza. Per Giovanni Drogo, protagonista che butta via l'intera esistenza, il deserto rimanda all'aridità d'animo, all'incapacità di scegliere e di voler vivere. Dice infatti Gino Tellini: (...) l'attesa di Giovanni Drogo nella Fortezza Bastiani annulla il presente e rende non vissuta la vita.

Per collegamenti e approfondimenti sul Deserto dei Tartari ci vedremo tra qualche settimana.

ALBERTO MORAVIA E IL "MONDO BORGHESE MALATO": 

Era il marito di Elsa Morante. Lo è stato per un certo periodo. Nelle sue opere questo autore evidenzia la decadenza morale della borghesia e di questa classe sociale delinea un ritratto sconfortante fatto di estremo interesse per il denaro, di indifferenza verso gli altri e di frenesia sessuale. Le relazioni 

Gli indifferenti (1929) è un romanzo su relazioni non autentiche, su personaggi-automi e indifferenti a Dio, soggetti ai poteri economici. La vita di cui Leo, Mariagrazia, Michele e Carla sono prigionieri è una vita contrassegnata dalla mediocrità.

GLI ANNI '30: ROMANZO ROSA E ROMANZO COLONIALE

Con l'ascesa al potere del Fascismo si incrementano i generi di intrattenimento: il romanzo rosa e il romanzo coloniale ambientato in Africa e imperniato di propaganda politica. Nel 1936 in effetti Mussolini conquista l'Etiopia. E D'Annunzio celebra queste imprese con titoli in latino ai suoi romanzi in italiano: uno di questi è Teneo te Africa (1937). I contenuti di questo romanzo sono, per i nostri giorni, agghiaccianti: L'Italia ha finalmente il suo impero. Impero fascista, perché porta i segni indistruttibili della volontà e della potenza del Littorio romano.

Il romanzo rosa, destinato soprattutto ad un pubblico femminile borghese, è spesso ambientato in case ricche e pulite con protagoniste istintive che esasperano i loro sentimenti ma sempre rispettose delle loro famiglie di origine e della fedeltà. Molti di questi romanzi si concludono con il matrimonio.

Tra il 1929 e il 1935 si diffondono inoltre anche i romanzi gialli europei e i romanzi polizieschi (Simenon, L'Uomo che guardava passare i treni, Van Dine, La strana morte del signor Benson, Wallace, L'uomo dai due corpi).

IL NEOREALISMO (1945-1955):

Nella prima metà degli anni '40 c'è pochissimo tempo e poca voglia per la letteratura. C'è la guerra. Ci sono i bombardamenti notturni, tra il '43 e il '45 l'Italia è divisa e regna un clima di terrore: a nord ci sono i fascisti, molto violenti con i partigiani, e il sud è stato liberato dagli Alleati. Fiorisce la poesia di Quasimodo, Ungaretti e Saba sono ancora attivi, ma qui non si parla di poesia. Questa è Storia del romanzo italiano.

L'Italia esce sconfitta dalla guerra. Eppure, nonostante la povertà, la precarietà dell'esistenza, la fame, si diffonde una sorta di fervore ricostruttivo. Guerra e dittatura sono finite, si apre una nuova fase storica. 

Ecco dunque che il Neorealismo lo si può definire un movimento culturale e letterario ottimista che spera di ricostruire la cultura dalle macerie, prestando attenzione all'impegno civile, valorizzando le imprese dei partigiani che hanno lottato per la libertà e per la democrazia. In questo filone letterario si inserisce anche la memoria della Shoah e il dovere di non dimenticare, con Primo Levi e le sue opere Se questo è un uomo, La tregua, I sommersi e i salvati. 

Così Natalia Ginzburg definisce il Neorealismo: I romanzieri, negli anni del Fascismo, avevano digiunato, non essendovi molte parole che fosse consentito usare (...). Ora c'erano di nuovo molte parole in circolazione e la realtà appariva di nuovo a portata di mano... Ma poi avvenne che la realtà si rivelò complessa e oscura, indecifrabile non meno che il mondo dei sogni.

Tra gli autori vorrei ricordare Renata Viganò, infermiera emiliana, con il suo unico romanzo L'Agnese va a morire. Si tratta di un romanzo di ispirazione biografica. Dopo la morte del marito, Agnese aiuta i partigiani, ospitandoli anche a casa sua. Diventa l'organizzatrice delle staffette partigiane e nutre un odio profondo per i fascisti che hanno catturato e deportato il marito filo-comunista.

Elio Vittorini è autore di Uomini e no, opera sulla lotta partigiana a Milano. Inoltre in Elio Vittorini è ricorrente il motivo del viaggio (in Conversazione in Sicilia e nelle Città del mondo) come processo conoscitivo, scoperta del mondo e itinerario dentro la coscienza. Questo autore ha coltivato il mito americano: vedeva gli Stati Uniti come "terra di energia e di profitto".

Con il Neorealismo è importante chiarire che l'italiano scritto va incontro ad un processo di semplificazione lessicale e sintattica: la paratassi prevale sull'ipotassi, vengono eliminati i termini aulici e quasi del tutto anche i latinismi, si inseriscono parole derivate dal dialetto o dall'inglese. Quel che conta è illustrare le fatiche degli umili e arrivare a loro con una scrittura semplice, nella quale si inseriscono i fenomeni del parlato (dislocazioni e ridondanze pronominali, che polivalenti).

CESARE PAVESE E LA TRAGICITA' DEGLI EVENTI :

Ecco, Pavese era depresso. I critici della nostra letteratura sostengono che la sua depressione si sia aggravata dopo la morte di Leone Ginzburg nelle carceri di Regina Coeli. Erano molto amici. Eppure i suoi diversi romanzi non mi dispiacciono. C'è un certo fascino. Pavese rivela le abiezioni umane ma ama il mito e l'introspezione, come me.

Il primo è Paesi tuoi (1941), ambientato nelle Langhe. Berto e Tadino, i due protagonisti, sono rispettivamente un meccanico e un contadino che escono dal carcere. In questo romanzo la campagna è un ambiente che accoglie la violenza e l'immoralità umana. Qui in effetti c'è il tema dell'incesto e... dell'omicidio.

Se la campagna, come d'altronde nel suo più famoso romanzo La luna e i falò (1947), è teatro della brutalità umana, la città è invece luogo di impegno politico e civile. Nella Luna e i falò il protagonista è Anguilla che, dopo essere stato in America,
ritorna nelle Langhe, dove fa fatica a ri-ambientarsi dal momento che si rende conto che la realtà è molto cambiata rispetto a vent'anni prima. Gran parte della narrazione è strutturata sull'alternanza tra passato e presente.  La morte, in questo libro, è in stretta correlazione con la terra: morire significa ritornare ad essere terra e quindi ad essere immobili.

Vorrei menzionare altre due opere di Pavese che ho letto: La casa in collina (1949), sulla resistenza partigiana e sull'occupazione tedesca certamente ma anche sull'incapacità di Corrado, professore e protagonista, di prendere parte alla tragicità della storia: in effetti alla fine del romanzo si rifugia in montagna in quella che è stata la casa dei suoi genitori, come a cercare un riparo dalla storia.

La spiaggia (1939), che prevede la centralità di due coniugi, Doro e Clelia, ritrae una gioventù alto-borghese immatura che sembra vivere un eterno presente. La gravidanza di Clelia indurrà lei e il marito a riflettere sul loro rapporto.

VASCO PRATOLINI: L'AUTOBIOGRAFIA E IL ROMANZO SOCIALE

Negli anni scorsi ho recensito sia Il Quartiere sia Cronaca familiare.

Il Quartiere, romanzo uscito nel 1945, è un'opera che si concentra sulla formazione sentimentale e politica di Valerio, un adolescente che vive nei quartieri popolari di Firenze. Le vicende storiche qui fungono da sfondo. E' inoltre molto importante la collettività del quartiere: Valerio è la voce narrante ed esprime pensieri e sentimenti non soltanto suoi ma di tutti coloro che lo circondano.

Metello (1955) è invece un romanzo in cui il giovane operaio protagonista prende coscienza della sua condizione proprio quando si diffondono le idee socialiste, a fine Ottocento.

Cronaca familiare (1947) infine è un'autobiografia dedicata alla breve vita del fratello di Vasco, adottato, a causa della povertà e di drammatiche vicende familiari (la morte della madre di febbre spagnola), da una nobile e fredda famiglia. Vasco, che ha dovuto studiare e lavorare per guadagnarsi il posto di insegnante di Lettere presso le scuole superiori, invidia gli agi del fratello, fino a che Vasco e Ferruccio, diventati dei giovani-adulti, non si incontrano e dialogano, creando un rapporto forte e di empatia che da bambini non hanno mai avuto.

LE PRINCIPALI AUTRICI DEL PIENO NOVECENTO:

A) ELSA MORANTE: LA STORIA E LA FINE DEI MITI D'INFANZIA 

Descritta nelle biografie sulla Ginzburg come superba, altezzosa, iper-critica nei confronti degli altri, Elsa è autrice della Storia, opera in cui è ben visibile la crudeltà umana negli anni del secondo conflitto mondiale. Ida, rimasta vedova, è la protagonista e il figlio Giuseppe è stato generato da uno stupro. Questo romanzo presenta una visione fatalista della storia ma è anche una testimonianza della forza d'animo della protagonista.

La Morante, operativa soprattutto negli anni '50 nel panorama letterario, è inoltre autrice dell'Isola di Arturo: il protagonista, orfano di madre che vive sull'isola di Procida, finisce per innamorarsi della matrigna (dopo aver provato per lei sentimenti contrastanti), di pochi anni più grande di lui. 

Quando ne viene respinto, fugge e l'isola felice in cui è cresciuto smette di essere tale.

B) NATALIA GINZBURG E I RAPPORTI FAMILIARI:

Lei si chiama in realtà "Levi", ma per gran parte della sua carriera letteraria si è firmata con il cognome del primo marito. 

Dice Tellini di lei: La sua idea di scrittura è un'idea invernale, da ramo spoglio, "povera", se possibile, per ossimoro, un'idea musicale ma silenziosa.

Ad ogni modo, la famiglia, sia nei suoi romanzi che nelle sue commedie, è sempre presente e risulta un microcosmo affollato di affetti, abitudini, conflitti, egoismi 8La voci della sera, Lessico famigliare).

Però dagli anni '70 qualcosa cambia: infatti i romanzi Caro Michele, Famiglia e Borghesia, La città e la casa testimoniano rapporti deboli tra i componenti di un nucleo familiare, fatti di infedeltà, non di legami autentici. Tutti sono lontani, psicologicamente ma anche fisicamente.

PIER PAOLO PASOLINI E L'INTERESSE PER IL SOTTOPROLETARIATO:

Il penultimo autore per oggi. Poi inserisco anche Calvino in questo excursus, per questioni cronologiche non avrebbe senso spostarlo al quarto post. Certo è vero che Natalia Ginzburg ed Elsa Morante sono attive e operative tra gli anni Sessanta e Settanta. Ma va bene così il decennio '60-'70 è ricco anche di altre forme letterarie e verso la metà della prossima settimana concludo la rassegna.

Come romanziere Pasolini si afferma con Ragazzi di vita (1955): qui l'autore si concentra sul degrado economico, culturale e morale delle periferie romane, mettendo l'accento sull'emarginazione sociale subita soprattutto dagli adolescenti, privi di educazione. Per Pasolini, la metà degli anni Cinquanta è ben lontana dall'aver cancellato miseria e degrado urbanistico. Così egli stesso affermava: 

La miseria, l'indigenza, l'ansia, la corruzione non sono affatto diminuiti: anzi, sono aumentati. Parlare di benessere (di quel relativo benessere che consiste poi nel non morire di fame) è un insulto Viviamo in cuore alla mistificazione e all'ipocrisia. Se fossi un profeta farei ben tristi profezie.

La letteratura, il cinema e gli articoli di giornale di Pasolini sono una critica dura al conformismo borghese.

Ricorderete bene che negli anni Cinquanta si diffondono presso le case le televisioni e i frigoriferi. L'edilizia si sviluppa in tutta Europa, nonostante la guerra fredda e le tensioni tra Stati Uniti e Urss, ben visibili durante la guerra delle due Coree e la divisione di Berlino. Tuttavia, le disuguaglianze economiche e sociali rimangono.

Alle soglie degli anni '60 Pasolini fa pubblicare Una vita violenta. Qui il personaggio principale è Tommaso Puzzilli, giovane che vive in una baracca all'estrema periferia di Roma. Tommaso, coinvolto in una rissa, finisce in carcere. Quando esce si iscrive al PCI e cerca un lavoro, in attesa di fondare una famiglia con Irene, la ragazza che ama. Ma non riesce a realizzare il suo sogno: innanzitutto è malato di tubercolosi e un giorno annega nel Tevere nell'intento di salvare la vita di una prostituta.

ITALO CALVINO TRA IMPEGNO CIVILE E IL FILONE FANTASTICO:

Calvino esordisce alla fine degli anni Quaranta. Dopo i primi due libri di stampo neorealista (Il sentiero dei nidi di ragno e Ultimo viene il corvo), l'autore approda al filone fantastico con la famosa trilogia Il visconte dimezzato, Il barone rampante e Il cavaliere inesistente. 

Il visconte dimezzato è ambientato tra Boemia e Italia a metà Settecento. Medardo di Terralba, visconte soldato dell'impero austriaco, viene diviso in due metà da una palla di cannone. E così "Il Buono" e "il Cattivo" sono due mezzi personaggi rappresentanti, rispettivamente, del bene e del male.

Il barone rampante riguarda invece l'esistenza, trascorsa quasi del tutto sugli alberi, di Cosimo Piovasco di Rondò, che sceglie un atteggiamento di distacco dal mondo. Cosimo rappresenta l'intellettuale neo-illuminista, l'individuo libero dai pregiudizi, dotato di spirito critico, profondo osservatore della realtà. Alla fine del libero, dopo essersi ammalato, si aggrappa alla corda di una mongolfiera ed esce di scena.


Il cavaliere inesistente ha per protagonista Agilulfo, paladino di Carlo Magno ridotto ad una vuota armatura. Non esiste. E questo costituisce l'emblema dell'uomo contemporaneo svuotato di certezze, spesso definito soltanto per il ruolo professionale che ricopre.

Fa parte del filone fantastico anche l'opera, del 1972, intitolata Le città invisibili, dove le città, molte delle quali hanno  nomi di donne e caratteristiche o irreali oppure appartenenti al mondo delle fiabe.

Infine, Palomar, opera che si colloca quasi a metà degli anni Ottanta, ci offre un protagonista che osserva la realtà in modo quasi maniacale, molto molto dettagliato. Da queste osservazioni scaturiscono riflessioni sul cosmo, sul tempo e sulla vita.



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