14 settembre 2022

"La bicicletta verde": la forza interiore di una bambina che sfida il tradizionalismo islamico

"Finalmente un film!" starete pensando. 

Sì, dopo sei mesi in cui recensisco libri, intervallati, di tanto in tanto, da alcuni post sulla mia passione, la storia della letteratura italiana.

Si tratta di un post non troppo impegnativo su un'opera cinematografica simpatica, divenuta famosa a livello internazionale. Nel corso della recensione mi concentrerò soprattutto su carattere e azioni della protagonista che in parte ricorda il mio modo di essere.

1) WADJDA:

Arabia Saudita, XXI° secolo.

La protagonista del film è Wadjda, una preadolescente che vive in un quartiere periferico di Riyadh, la capitale.

Fin dalle prime scene del film è facile notare che la ragazzina è diversa dalle sue coetanee le quali, piuttosto di frequente, ridono di lei sotto i baffi. Wadjda sembra quasi una giovanissima occidentale: è attratta dalla musica europea, indossa delle moderne scarpe da tennis, ha dimestichezza con i videogiochi. 

Oltre a ciò, non si sottopone alla severa disciplina imposta da insegnanti e dirigente di una scuola esclusivamente femminile: non copre mai il viso con il niqab e a volte nemmeno i capelli, cosa che suscita indignazione e sconcerto soprattutto nella figura della preside.

E, quel che è peggio, frequenta Abdullah, suo coetaneo. 

In Arabia Saudita le bambine e le adolescenti non possono giocare con i coetanei di sesso opposto, conosciuti, ancora oggi, soprattutto attraverso fidanzamenti combinati dalle rispettive famiglie.

Questo film, creato da una regista originaria dell'Arabia Saudita, denuncia la società di quei paesi che interpretano il Corano in modo tale che l'universo femminile sia dominato e sottomesso dagli uomini.

Gli alberi genealogici sono formati solo ed esclusivamente dai nomi degli uomini.

Le donne non godono di alcuna libertà: non hanno nemmeno il diritto di acquisire una patente di guida. Possono accedere a istruzione e lavori (più spesso divengono maestre, impiegate e segretarie) e nei luoghi pubblici è permesso loro soltanto di tenere scoperti gli occhi. Soltanto nelle case private possono stare a volto scoperto. 

Ad ogni modo, i loro principali compiti sono l'obbedienza e la fedeltà assoluta al marito e, prima del matrimonio, ai membri maschili della loro famiglia di origine, l'esecuzione delle faccende domestiche, generare figli, preferibilmente, figli maschi.

Wadjda sa affrontare gli adulti e non si lascia impressionare dalla loro impazienza o dalla loro rigidità: quando Iqbal, l'autista della madre incaricato di portarla sul luogo di lavoro, rimprovera quest'ultima con un tono poco educato: "Sono stanco di doverla sempre aspettare, signora! Ogni giorno la aspetto per ore! La prossima volta non la aspetterò!", la ragazzina replica: "Non è vero! E' in ritardo soltanto di cinque minuti", per poi incassare un'esclamazione scorbutica: "Stai zitta, bambina".

Wadjda sopporta in modo stoico osservazioni e rimproveri della dirigente scolastica che di frequente la convoca nel suo ufficio per comportamenti oltremodo sconvenienti: la nostra protagonista in effetti, oltre ai libri nello zaino, porta braccialetti, audio-cassette, fermagli... tutti oggetti proibiti nelle scuole femminili dell'Arabia Saudita, mentre nei nostri istituti sono la norma.

La preside della scuola di Wadjda è "bacchettona" e ipocrita, antagonista della bambina come d'altronde tutto il contesto sociale: inorridisce se le ragazze più grandi portano a scuola smalti, riviste e gioielli, si scandalizza quando una ragazzina non copre adeguatamente il viso ma... la verità è che ha un amante che si arrampica di nascosto sui tetti di casa e le allieve della sua scuola lo sanno! C'è una scena in cui le compagne di classe di Wadjda bisbigliano tra di loro: "E' entrato stanotte un ladro a casa della signorina preside!"  "Macchè ladro! E' l'amante!".

D'altronde, in tutto il mondo, non sono forse le persone più moraliste quelle che si dimostrano più incoerenti, pur con la loro antipatica voglia di correggere gli altri, ai loro occhi peccaminosi e sempre imperfetti?

Ovviamente, in Arabia Saudita a ragazze e donne è proibito salire su una bicicletta, per la surreale paura che la capacità di partorire possa venire compromessa.

La vicenda diventa interessante quando Wadjda vede una bicicletta verde in un negozio e, per acquistarla, decide di partecipare ad una gara di Corano il cui primo premio è una cifra in denaro di mille rihal.

Da qui emerge chiaramente la tenacia di Wadjda: la ragazzina inizia a frequentare i corsi di religione e studia in modo regolare a casa per imparare a memoria le prime cinque Sure del Corano: durante la gara infatti, lei e le altre partecipanti dovranno recitare queste Sure cantando e senza errori.

Senza che la madre lo sappia, Wadjda invita ogni giorno Abdullah sulla terrazza di casa sua, affinché lui le insegni a pedalare su una bicicletta.

E' facile ritenere Abdullah l'unico vero aiutante della protagonista. Adbullah ammira Wadjda e, verso la fine del film, le dice, con la schiettezza dei suoi undici anni: "Voglio sposarti quando saremo grandi".


2) LA BICICLETTA VERDE:


Nel film la bicicletta verde è prima di tutto il simbolo dell'emancipazione femminile che, nel caso di Wadjda, consiste nel combattere per raggiungere i propri obiettivi. Questo veicolo a due ruote lo si può tranquillamente considerare anche emblema della libertà di gestire la propria vita senza farsi troppo condizionare da commenti e giudizi altrui: quando la ragazzina vince per davvero il primo premio e la dirigente le chiede che cosa abbia intenzione di fare con quella somma in denaro, lei replica in modo serafico: "Comprerò una bicicletta!", frase che fa precipitare dalle nuvole la preside che decide di donare quei mille rihal ai palestinesi e dice a Wadjda: "Ti credevo cambiata e convertita e invece... non è cambiato niente. Cosa credi di ottenere con il tuo comportamento stupido? Alla fine puoi ingannare gli altri quanto ti pare ma sarai sempre scoperta."

"Come lei con il suo bel ladro?", ribatte Wadjda arrabbiata.

Poco dopo la gara coranica e il premio avviene un altro dramma nella famiglia di Wadjda: suo padre decide di allontanarsi da casa per sposare un'altra donna, in modo tale che questa possa dargli un figlio maschio. 

Tuttavia il film non ci lascia con l'amaro in bocca: la madre della bambina cambia atteggiamento nei confronti della figlia. Diventa orgogliosa di lei ("Quando ti metti in testa una cosa nessuno ti ferma") e acquista la bicicletta per la figlia con i suoi risparmi.

Mi piace questo riscatto di una madre che, per buona parte del film, appare ligia ai suoi doveri di moglie e sottomessa alle regole sociali, vittima di una mentalità maschilista e un po' dura nei confronti della figlia.

3.WADJDA ED IO:

Premetto che io ad undici anni ero più timida e più insicura della protagonista di questo film. La piccola pedalatrice è proprio una forza!

Tuttavia, se penso a quel che finora è stato il mio percorso di crescita che ha comportato diverse difficoltà e prove, ritengo che diversi eventi, atteggiamenti ed episodi abbiano contribuito per farmi diventare abbastanza simile alla protagonista di questo film.

Ecco a voi un elenco abbastanza sintetico:

-Le sfide nel periodo del liceo che consistevano nell'imparare e nell'approfondire materie complesse e nel mantenere un comportamento diverso rispetto alla massa, che comprendeva sostanzialmente la volontà di valorizzare le capacità scolastiche e umane in preparazione alla giovinezza del periodo successivo. 

-Da universitaria non ho avuto amicizie stabili. Venivo presa in giro e talvolta anche "guardata dall'alto in basso" per la mia passione nei confronti della linguistica e della letteratura, mi sono messa in gioco attraverso il volontariato parrocchiale (educatrice adolescenti, grest, animazione messe) e anche laico-civile (emporio della solidarietà, biglietteria del cinema e adesione all'associazione Libera contro le mafie). Oltre a questo, per pagarmi i libri di testo che mi servivano, ho dato lezioni private e mi sono dedicata ad attività sportive e ricreative. E posso dire di aver fatto un percorso di crescita. 

Anche se alla fine non è andato in porto il progetto di fondare un gruppo culturale sulla legalità, anche se dai co-animatori che ho incontrato non ho ricevuto né rispetto né considerazione, anche se diverse persone mi considerano esplicitamente una privilegiata in quanto aspirante docente di Lettere visto che, secondo le opinioni comuni di chi coltiva la propria ignoranza: "Lettere era facilissima come facoltà", "ho tre mesi di ferie", "lavoro solo qualche oretta la mattina", "posso abusare del mio potere sugli alunni", "insegno cose che ai ragazzi non saranno per nulla utili quando dovranno affrontare questioni pratiche e concrete nella vita reale".

*Lettere è talmente facile che, quando sono entrata io, nel 2014, sono diventati obbligatori almeno 12 CFU nell'ambito di Linguistica e Glottologia, sono stati inseriti dei crediti specifici per le nostre classi di concorso e, nel percorso magistrale, sono diventati obbligatori esami molto corposi e molto impegnativi come Letterature comparate, Filologia Romanza e Metrica latina.

Non perdo tempo a sminuire perle di saggezza come "lavori poco" e "le tue materie non servono a nulla".

Quando ti metti in testa una cosa nessuno ti ferma è la frase che di tanto in tanto mia mamma mi dice, unita ad un altro concetto simile: quando vuoi portare a termine un'attività o un progetto ci metti tutto il tuo impegno, quasi come se non ti importasse degli ostacoli.

Wadjda, esattamente come me, è tenace e determinata. Ha un atteggiamento positivo.

Anch'io ultimamente tendo ad essere diretta e sincera con gli altri, sicuramente più di qualche anno fa quando incassavo pregiudizi e ingiustizie. 

Posso incutere soggezione negli adulti quando porto loro delle argomentazioni per difendermi da critiche ingiuste come: "La viziata di casa", "La ritirata, sicuramente anomala e meno vitale rispetto a qualsiasi altra giovane della sua età".



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