12 gennaio 2023

"Uomini di Dio": film su otto martiri nell'Algeria degli anni '90

Premetto che di solito, per le esperienze che ho vissuto, non ho simpatie per chi fa parte degli ordini religiosi: ho l'impressione che frati, monaci e suore rappresentino o la Chiesa rigida e moralista oppure la Chiesa pseudo-psicologica e superficiale che ha fame di protagonismo e di "followers".

Insomma, i religiosi con cui finora ho avuto a che fare non sono paragonabili a questi otto uomini di Dio di cui sto per parlarvi.

Ad ogni modo questo film di Xavier Beauvois, uscito nel 2010 per le sale cinematografiche europee, è meraviglioso.

RIASSUNTO DEI CONTENUTI:

Siamo in Algeria a metà degli anni '90. 

In un monastero, collocato vicino ad un villaggio isolato tra i monti algerini il cui nome non viene mai precisato, vivono otto monaci benedettini che provengono tutti dalla Francia.

Non si comportano come religiosi appartati, estranei e isolati dal mondo esterno, dediti soltanto al rispetto scrupoloso della liturgia delle ore. 

Tutti e otto si immergono in pieno nella vita quotidiana degli abitanti del villaggio: si recano nelle case delle famiglie di religione musulmana per far loro visita, partecipano a volte alle funzioni religiose islamiche, si occupano di attività di giardinaggio e di agricoltura. 

Tra questi monaci spiccano in particolare due figure: l'anziano Luc e il priore Christiàn. 

Luc, oltre ad essere un religioso, è anche un medico. In effetti il film si apre con un'immagine in cui Luc sta disinfettando la ferita di una bambina. 

Christiàn è a mio avviso un santo.

Tra i monaci benedettini di fede cristiana e la popolazione fedele all'Islam i rapporti sono molto buoni.

Tuttavia la pericolosa e minacciosa presenza della GIA, un'organizzazione terroristica islamica, mina la tranquillità non soltanto degli abitanti del villaggio ma anche della comunità monastica.

Una mattina, a pochi chilometri dal villaggio, alcuni mercanti croati giunti in Algeria vengono aggrediti e sgozzati dal Gruppo Islamico Armato.

Il clima di terrore si diffonde sempre di più.

Christiàn rifiuta la proposta del ministro dell'Interno algerino di far insediare un esercito per presidiare il monastero. Per questo seguono le critiche dei suoi confratelli: Prima di prendere questa decisione avresti dovuto consultarci!

Nella notte della Vigilia di Natale una piccola banda di fondamentalisti islamici, guidata da Alì Fayatthia, fa irruzione nel monastero chiedendo insistentemente di conferire con Christiàn che, non appena li vede, aggrotta le sopracciglia in segno di rimprovero: Che cosa volete? Questa è una casa di pace! Gettate le armi.

Christiàn e Alì iniziano a parlare, faccia a faccia, appena al di fuori dell'ingresso del monastero, nel buio della notte.

Tutto il villaggio sa che Luc è il monaco-medico che cura gratuitamente fino a 150 malati al giorno. 

Alì, una volta messo da parte il suo atteggiamento aggressivo e prepotente, vorrebbe quindi che Luc curasse due terroristi feriti o almeno che consegnasse dei medicinali adeguati. 

Christiàn rifiuta entrambe le richieste: Luc è vecchio e ha anche lui problemi di salute e inoltre i medicinali sono pochi, quindi per questo motivo sono assolutamente necessari almeno ai bambini del villaggio. 

Christiàn risponde negativamente alle richieste di Fayatthia e gli cita qualche versetto del Corano in cui si raccomanda di non fare del male a uomini e donne di altra cultura o di altra religione

Infine, conclude dicendo ai terroristi del GIA: Stanotte è Natale. Noi cristiani festeggiamo la venuta al mondo del Principe della pace.

Alì e i suoi uomini, disarmati e sorpresi dopo le parole di Christiàn, se ne vanno e a questo punto l'abate, con la sua piccola comunità, può celebrare il Natale.

Ecco il discorso di Christiàn in occasione di questa festività fondamentale per ogni comunità cristiana:

La nostra identità di uomini va da una nascita all'altra. E da una nascita all'altra finiremo anche noi per far nascere questo Figlio di Dio che siamo noi, perché l'incarnazione per noi è lasciare che la realtà filiale di Gesù si incarni nella nostra umanità.

Tuttavia, resosi ormai palese il pericolo di morte, ai benedettini insediatisi in questo villaggio algerino si pone un enorme interrogativo: restare ancora in questo stato dilaniato da una brutta guerra civile oppure partire e ritornare in Francia?

Le autorità algerine consigliano ai monaci di ritornare in Francia e apostrofano Christiàn come "testardo" dal momento che è il primo a voler rimanere vicino alla popolazione.

Non mancano crisi personali. Il più incerto se restare o andarsene è Celestin che si confida così a Christiàn:

Ripenso alla mia vita e alle mie scelte. Da bambino volevo diventare missionario. Da molte notti non riesco a dormire. Morire per la mia fede. Questo non dovrebbe impedirmi di dormire. Morire adesso, qui... è veramente utile? Non lo so. Ho l'impressione di impazzire.

Ma Christiàn gli dice, mettendogli le mani sulle spalle: Ricorda che tu la tua vita l'hai già donata. L'hai donata per seguire Cristo quando hai deciso di lasciare tutto: la tua vita, la tua famiglia, il tuo paese. La donna e i figli che avresti potuto avere.

Tuttavia un Celestin angosciato e sull'orlo delle lacrime replica: Ma non so più se è ancora vero. Io prego, ma non sento più niente. E poi non capisco: si diventa martiri per cosa? Per Dio? Per eroismo? Per dimostrare di essere i migliori?

Tuttavia, dopo un periodo di riflessioni caratterizzato anche da umana paura e angoscia, tutti gli otto confratelli decidono di restare.

D'altra parte la gente del villaggio spera che i monaci restino. 

Una donna algerina dice a Christiàn: voi siete i rami e noi gli uccelli. Se ve ne andrete dove ci poseremo? Dove troveremo conforto?

La scena della loro ultima cena prima dell'arresto è veramente commovente: magistralmente e per alcuni minuti, Xavier Beauvois inserisce di sottofondo il tema melodico del Lago dei cigni di Tchaikovsky mentre, con la telecamera, inquadra lentamente sorrisi, lacrime, occhi luminosi e occhi preoccupati di ognuno degli otto religiosi seduti a tavola.

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Si tratta di un film basato su eventi realmente accaduti.

Padre Christiàn De Chèrge è realmente esistito e ha guidato una comunità di religiosi che per anni hanno fatto del bene in un villaggio algerino spaventato dalla violenza dei terroristi.

Nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1996 sei monaci di origine francese sono stati arrestati e deportati sul Monte Atlante da un gruppo di Jihadisti armati. Dopo un mese di prigionia sono stati decapitati. Le loro teste sono state trovate il 30 maggio dello stesso anno lungo un sentiero che porta alla cime dell'Atlante. I nomi degli esecutori di questo orrore sono tuttora ignoti.

Il film Uomini di Dio ha ricevuto molti commenti di apprezzamento ed elogio, . Ve ne riporto con piacere alcuni:

-Un film bello e nobile. (R. Nepoti, "La Repubblica").

-Il martirio di questi monaci non è cercato, ma accettato con l'ardore calmo di un'imitazione del Cristo. Prolissità compiaciuta nell'ultima cena, ma è giusto così. ("Il Morandini", Dizionario di critica cinematografica, 2015).

-Gran parte del fascino e del successo del film è comunque dovuto all'occhio laico ma a suo modo ieratico con cui viene ripresa la vita monastica. ("Il Mereghetti", Dizionario di critica cinematografica, 2017).

Vi lascio, a conclusione del post, la clip dell'ultima scena del film in cui si riportano le parole del testamento di padre Christiàn. 

Quest'opera cinematografica si chiude con gli estremisti armati che conducono i monaci in una prigione sulla sommità dell'Atlante.

(con "amico dell'ultimo minuto" si intende Alì Fayatthia).


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