27 gennaio 2024

"OPPENHEIMER", C.NOLAN:

Io e Matthias lo abbiamo visto a fine agosto.

Sono 180 minuti di pellicola che lascia il pubblico con il fiato sospeso e con gli occhi fissi sul maxi schermo!

I paragrafi presentati in ordine numerico costituiscono le mie riflessioni, quelli accompagnati dalle lettere sono invece le considerazioni di Matthias.

1. LE "COMPONENTI" DEL FILM:

Inizio affermando che, personalmente, non lo definirei soltanto un film di guerra dal momento che, in queste tre ore di proiezione, troviamo:

-una componente storica: le vicende sono per lo più ambientate tra la fine degli anni '30 e l'agosto del 1945.

-una componente biografica: vediamo le vicende di Oppenheimer a partire dagli anni della formazione universitaria fino alla sua maturità e alla sua mostruosa invenzione.

-una componente accademico-scientifica: evidente soprattutto nei dibattiti e nei dialoghi tra scienziati.

-una componente psicologica: il film è narrato esclusivamente dal punto di vista di Oppenheimer? Non direi, perché traspare indubbiamente anche la prospettiva di Kitty, moglie tradita, tormentata, nervosa e frustrata. 

Inerente con questo tipo di componente, ritengo importante e significativo farvi notare, soprattutto se avete già avuto modo di vedere questo film, l'espressività dei volti di alcuni personaggi, davvero molto accentuata! Ricordo ad esempio gli occhi algidi e freddi di Oppenheimer, gli occhi angosciati di Kitty e gli occhi fermi e saggi di Einstein.

-una componente etica, finalizzata a far riflettere qualsiasi spettatore su questa spinosa tematica: la competenza scientifico-tecnologica non va affatto a braccetto con l'etica quando crea invenzioni in grado di rovinare e di danneggiare per decenni centinaia di migliaia di persone, in questo caso, i giapponesi di Hiroshima e di Nagasaki.

Oltretutto, mi sono ben accorta che il film è stato sapientemente costruito su sfasature temporali che comprendono: il processo allo scienziato, la sua giovinezza nei tempi dell'Università e la progettazione della bomba atomica.

2.IL TEMA DELLA MORTE ALL'INTERNO DEL FILM:

Lo stesso Oppenheimer dice di se stesso: "Sono diventato morte, distruttore di mondi"

Egli è infatti un Prometeo per antitesi e ora cercherò di essere esauriente spiegandovene il motivo. Il titano della mitologia greca porta agli uomini il fuoco dopo averlo rubato agli dei perché ha a cuore il progresso dell'umanità, Oppenheimer invece impiega la sua genialità al fine di rendere efficace uno strumento il cui impatto è devastante, e questo non è progresso! 

La scienza è progresso solamente quando contribuisce ad alimentare il benessere delle civiltà, non quando si "politicizza in maniera malata" rendendosi complice di piani di guerra e rendendosi gravemente colpevole di distruzione. 

Vi confido ciò che mi ha colpito molto nella seconda parte di questo film: accorgermi, al momento dello sgancio, di quanto gli scienziati americani esultassero per il successo dell'invenzione della bomba atomica senza pensare nemmeno lontanamente al suo impatto.

Oppenheimer è un fisico diabolicamente geniale e genialmente diabolico: un Prometeo criminale, per l'appunto, contagiato da politiche d'odio. Egli è morte e causa di morte. 

Pensate al fatto che, gli effetti della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki, non vengono mostrati agli spettatori: si danno soltanto i dati, sconcertanti e oltremodo tragici, dei danni. Ma è comunque molto eloquente l'immagine che Oppenheimer vede davanti a sé quando inizialmente la gente lo esalta per il suo "genio": una donna la cui pelle del viso si sgretola.

Gli effetti sonori in questo film risultano "impattanti" perché in certi casi sovrastano di proposito i dialoghi, come ad esempio durante gli interrogatori, per mettere in evidenza stati di tensione e di dramma. Invece nel test della bomba l'audio del film scompare al momento dello sgancio, secondo me perché preannuncia la morte, la quale, dal punto di vista della radice indoeuropea *mrs, sin dalle origini porta il significato di "silenzio, assenza di vita".

3.IL NEW MEXICO:

Diverse scene del film sono ambientate in un immenso campo del New Mexico accanto al quale gli scienziati che collaborano con Oppenheimer edificano un villaggio di residenza a loro destinato.

Il campo è desolato, brullo. E' teatro del progetto di costruzione della terribile e temibile bomba atomica. 

Il paesaggio desolato con rada vegetazione è indice, nella letteratura e nei film, di attesa. Pensate ad esempio al romanzo di Buzzati "Il deserto dei Tartari" e al dramma di Beckett "Waiting for Godot". 

Se nell'opera di Beckett si attende una persona di cui si rimanda di continuo la sua venuta, se nel libro più celebre di Buzzati il protagonista Giovanni Drogo attende un esercito nemico in una fortezza desolata, in questo film, chi lavora non aspetta altro che l'ordigno sia completato e pronto all'utilizzo.

Tuttavia, nel film oggi oggetto di recensione, il paesaggio arido richiama anche all'aridità interiore, all'insensibilità, alla disumanità di chi ha prestato la propria collaborazione al progetto, perché vi ricordo che non è equo, anzi, è riduttivo incolpare il solo Oppenheimer di questa mostruosità.


21 gennaio 2024

"La sposa normanna", C. Maria Russo:

Un romanzo notevole, costruito sulla femminilità, l'orgoglio e l'energico coraggio di una donna di grande bellezza.

("Il Sole 24 Ore")

1) INCIPIT E CIRCOSTANZE INIZIALI:

Suor Maria Veronica si alzò dal giaciglio e aprì la piccola imposta della cella. L'alba tingeva di rosa un cielo limpido e terso che annunciava un'altra giornata tiepida, sebbene fosse novembre inoltrato. Sorrise, grata a Dio per averla fatta nascere a Palermo.

E' il 1185. Suor Maria Veronica, a 32 anni, si trova costretta, di punto in bianco, a rinnegare i voti per sposarsi con Enrico di Svevia, un rozzo ventenne detestato dal padre Federico I (conosciuto anche come Federico Barbarossa).

Suor Maria Veronica è in realtà Costanza d'Altavilla, l'ultima erede della dinastia normanna che all'epoca governava il Regno di Sicilia.

Le nozze tra Costanza ed Enrico costituiscono un legame politico che doveva al più presto essere coronato dalla nascita di un figlio, ovvero, di un erede al trono.

2) IL MEDIOEVO COME EPOCA "DI PATRIARCATO":

Prima di tutto vorrei riflettere su due termini, entrambi purtroppo di grande attualità nel mondo del XXI° secolo.

MASCHILISTA: Chi sostiene con convinzione la presunta superiorità dell'uomo sulla donna. Questa presunta superiorità viene affermata non soltanto attraverso frasi sessiste ma viene anche legittimata da atti dannosi e lesivi che, soprattutto nel caso di violenze sessuali, provocano profonde ferite nell'animo della donna vittima.

PATRIARCALE: Una società patriarcale è quella in cui i padri di famiglia, ma più in generale i membri maschi di una famiglia, hanno pieni diritti decisionali sulle vite e sul futuro delle loro mogli, delle loro sorelle e delle loro figlie.

Ad esempio:

-In Italia e in Spagna vi sono società dalle mentalità maschiliste. 

-In Iran invece la società è decisamente di mentalità patriarcale.

Pur essendo il Medioevo un periodo storico non da demonizzare bensì da valorizzare per le opere architettoniche che sono state costruite e per la nascita delle lingue volgari evolutesi dal latino, non bisogna dimenticare che è stata un'epoca di patriarcato.

Nell'Europa medievale predominava la mentalità rigidamente patriarcale e, una prova di ciò, è proprio il discorso di Guglielmo d'Altavilla a Costanza:

"Oggi stesso abbandonerete il convento, dispensata dal voto, con la piena assoluzione del vescovo. Per un lungo periodo vi è stato concesso di vivere la vita a modo vostro. Siatene soddisfatta. In questo momento siete necessaria allo stato e farete il vostro dovere fino in fondo. Abbiamo ricevuto una proposta di matrimonio che giudichiamo molto vantaggiosa. Presto sposerete Enrico di Svevia, figlio dell'imperatore Federico. Vi è stato affidato il compito di mettere al mondo l'erede al trono. Un giorno, vostro figlio diventerà il sovrano più potente d'Europa, perché riunirà nelle sue mani la corona dell'impero e quella del regno di Sicilia.

Il 27 gennaio 1186 avviene la celebrazione nuziale a Milano: 

Il mattino delle nozze Costanza osservava stupita la spessa cortina di fumo bianco che avvolgeva le campagne circostanti e sembrava alzarsi dal terreno. Pur essendo inodore, penetrava nelle narici, nella gola e toglieva il respiro. Le sembrava di avvertire un senso di soffocamento, avvolta com'era in quella caligine, di cui non intravedeva né la fine né l'inizio. 

Si tratta di un matrimonio infelice: un Enrico ventenne rozzo e insensibile detesta profondamente Costanza e il cancelliere del papa Gualtieri di Palearia alimenta quest'odio. Per quest'ultimo infatti Costanza è una "p*tt*n* normanna" che ha barattato i voti per il potere.

Nel corso del romanzo Enrico si rivela anche prepotente, crudele, riservandosi persino il diritto di umiliare pubblicamente i suoi stessi parenti.

3) FEDERICO II° DI SVEVIA:

Costanza ha 40 anni quando lo fa nascere. L'autrice ci restituisce un profondo e affettuoso legame tra madre e figlio, durato purtroppo molto poco dal momento che Costanza muore quando Federico ha soltanto tre anni.

Vorrei ora riportare in quest'ultimo paragrafo conclusivo la nota finale dell'autrice che riporta alcune notizie biografiche di questo famoso sovrano europeo:

Federico di Svevia cominciò a regnare all'età di quattordici anni, dopo aver trascorso l'infanzia nei vicoli palermitani, fra mille pericoli, protetto solo dal suo popolo (...).

Nel 1220, per mano del papa Onorio III°, Federico II° venne incoronato imperatore, ma in Germania si recò raramente. 

Nel 1224 fondò l'Università di Napoli, il primo ateneo laico e di stato che attrasse maestri e studenti da ogni parte d'Europa.


16 gennaio 2024

QUESTO MONDO NON MI RENDERA' CATTIVO, ZEROCALCARE:

"Per non diventare cattivi servono risposte collettive ai problemi."

(Zerocalcare)

Io e Matthias abbiamo visto questa serie alcuni mesi fa. 

Tuttavia per me l'autore, con la sua buona dose di acume, è "Zerocalcare", mentre per Matthias è più facile chiamarlo con il suo vero nome all'anagrafe.

Gli apporti di Matthias sono evidenziati in rosso.

Questo mondo non mi renderà cattivo è una serie animata di Michele Rech uscita su Netflix il 9 giugno 2023. Si tratta di una serie composta da sei episodi della durata di mezz'ora ciascuno.

TEMI E CONTENUTI:

In un quartiere di Roma Est viene aperto un centro di accoglienza per profughi e questo fatto crea conflitti tra "neo-fascisti" di estrema destra, che vorrebbero la chiusura del centro, e gli anti-fascisti, come Michele, favorevoli invece all'inclusione sociale dei migranti di altre culture.

Gli estremisti di destra appendono nei pressi del centro di accoglienza manifesti aggressivi nei quali a caratteri cubitali c'è scritto: "No alla sostituzione etnica".

Tra i personaggi di questa seconda serie spicca la figura di Cesare, vecchia conoscenza di Zerocalcare, detto "il Gigante del quartiere": è molto robusto e il suo sguardo è buio e frustrato e a mio avviso è tale soprattutto dopo aver sperimentato un periodo in carcere dal momento che, quando era giovanissimo, è stato coinvolto nel traffico di droga.


Cesare è un personaggio arrabbiato, infelice e profondamente solo. Salva Michele da un'aggressione una sera, quando un gruppo di neofascisti lo vedono strappare da un muretto un manifesto contro i migranti.

Se emotivamente mi ha coinvolto di più Strappare lungo i bordi, mentalmente ho apprezzato molto questa serie animata che parla del disagio giovanile nelle periferie, soprattutto in quelle delle città italiane più grandi e si concentra molto sul problema del razzismo. 

Ma è un razzismo che non consiste tanto nell'odio verso un'etnia, bensì nell'astio e nel sensi di frustrazione per mancate scelte economiche e politiche che invece si sarebbero dovute intraprendere al fine di attivare un serio programma di integrazione con conseguente inserimento civile e sociale dei profughi. 

Io ho apprezzato molto la comprensione che Zerocalcare dimostra nei confronti di Cesare, il classico "borgataro romano" che non ha avuto né gioie, né soddisfazioni né aiuti nella vita. Oltretutto è molto importante il fatto che il creatore di questa serie animata metta in evidenza altri temi di drammatica attualità come lo spaccio e il consumo di droga e gli scontri, fatti anche di violenza fisica, tra cittadini di diverse parti politiche o di idee diverse. Gli italiani risultano divisi tra loro, non sono soltanto eterogenei.

A me invece sembra che Michele Rech abbia banalizzato, magari senza volerlo,  gli altri fascisti che appartengono allo stesso gruppo di Cesare: prima di tutto perché non ha approfondito le loro storie e poi perché qualche volta li definisce "massa di str...". Quindi si dimostra comprensivo ed empatico soltanto con Cesare, suo ex compagno di scuola.

Sì ma... se avesse spaziato nei vissuti degli altri "destroidi" questa serie sarebbe probabilmente venuta lunga il quadruplo del film Novecento di Bertolucci, tra l'altro citato nel corso della serie!

UN RIFERIMENTO MITOLOGICO:

In uno dei primi episodi della serie c'è un riferimento al mito di Orfeo ed Euridice. 

Credo che molti di voi lo conoscano: Orfeo convince gli dei degli Inferi a restituirgli Euridice a patto che non si volti mai indietro. Tuttavia Orfeo non riesce a non voltarsi quando, tenendo per mano la moglie, si incammina verso la luce.

Credo proprio che Zerocalcare interpreti questo mito come una storia di incomunicabilità, come un racconto antico il cui tema principale è la diversità di intenzioni che dominano i rapporti umani, e in effetti, mentre Orfeo non vede l'ora di voltarsi, Euridice cammina con passo pesante, come se non volesse uscire dall'Ade.

A questo proposito ricordo una conferenza accademica, svoltasi nel lontano maggio 2015 per gli studenti universitari delle facoltà umanistiche, in cui un docente universitario interpretava così quel "passo pesante" della moglie defunta di Orfeo: dal momento che quest'ultimo ha percepito la natura del passo di Euridice, ha preferito voltarsi e lasciarla andare, avendo intuito in qualche modo di "dover accettare la morte della moglie".

9 gennaio 2024

"Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia", Zerocalcare:

Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia è uno dei molti libri di fumetti di Michele Rech, in arte, Zerocalcare. E' suddiviso in cinque sezioni e, in questo post, vi riassumerò i contenuti di tutte e cinque.

Vi anticipo che alcuni contenuti possono rivelarsi delle verità scomode che la recente pandemia ha reso palesi... eppure anch'io, come Zero, ritengo sia doveroso farle conoscere e diffonderle il più possibile.

1) LE CARCERI DI REBIBBIA:

-Marzo 2020-

Nel settembre 2020 Zero incontra e intervista E., un ex carcerato rappresentato come se fosse un pennuto, ovvero, con becco ma senza ali e con dita delle mani stilizzate.

Il fumettista gli chiede che cosa è successo all'interno del carcere di Rebibbia nel periodo del lockdown nazionale 2020. 

E. (nel libro c'è solo l'iniziale per proteggere la sua privacy) era detenuto nel carcere di Rebibbia e racconta che nella sua cella sporca e stretta erano in sei e che potevano comunicare attraverso il mondo esterno soltanto mediante due canali: con la televisione e con le visite dei familiari.

Ma il 9 marzo, data in cui il governo Conte ha proclamato il lockdown nazionale, ai carcerati viene detto: Da oggi sono bloccate le visite.

Ai detenuti vengono imposte tre regole veramente semplici da rispettare in spazi angusti: il distanziamento, l'obbligo di mascherina (ne vengono fornite al massimo due per ogni carcerato) e infine, la raccomandazione di osservare le norme igieniche, l'ideale soprattutto in celle sporche di polvere e di muffa.

In quel periodo in Italia le carceri praticamente non sono state decongestionate visto che sono stati concessi pochissimi indulti e i domiciliari sono stati dati solo a queste categorie:

-a chi restavano meno di 18 mesi da scontare

-agli ottantenni e ai malati oncologici

- a chi era già stata avviata la sospensione della pena.

A causa delle tristi e penose (senza ironia) condizioni dei detenuti italiani, nella primavera 2020, sono scoppiate diverse rivolte in diverse carceri e, tra queste, oltre che a Rebibbia, a Bologna e a Salerno.

Zerocalcare, in questa prima parte di fumetto, denuncia, riportando anche testimonianze tragiche, sia la mancanza di personale medico-sanitario nelle prigioni, carenza gravissima, sia l'assenza dell'aspetto civile e rieducativo delle nostre carceri, cosa secondo me ancor più grave.

2) LA SANITA' A REBIBBIA:

-Marzo 2021-

La sanità pubblica smantellata e destabilizzata per mancanza di fondi. Ecco che cosa mette in luce questa seconda sezione!
Zerocalcare propone alcune vignette che raffigurano gli abitanti del quartiere che stanno raccogliendo firme per far riaprire Villa Tiburtina, smantellata a causa dei tagli alle spese.

Prime che fosse chiusa al pubblico Villa Tiburtina era una ASL  con polo diagnostico per malattie polmonari.

Verso la fine di questa parte, l'autore illustra due stereotipi di "abitante della periferia", due immagini che ritornano anche nella sua seconda serie Netflix intitolata Questo mondo non mi renderà cattivo.



3) LA DITTATURA IMMAGINARIA:

-Maggio 2021-

In questo terzo capitolo la "cancel culture" e il "politically correct" sono temi centrali. 

Zerocalcare ci dà la definizione esatta di "cancel culture":

Forma di boicottaggio che mira a escludere dal consesso pubblico chi promuove o adotta comportamenti discriminatori od offensivi ritenuti tali secondo i parametri del dibattito Usa su diversità e inclusività.

... In questa pagina mi sembra che persino lui stia prendendo in giro i "radical chic":


Mi piace il modo in cui questo fumettista affronta la famigerata tematica del politicamente corretto:

Alla fine, Zero conclude che possiamo essere meno stupidi di un algoritmo, e quindi, dovremmo cercare di: valutare le cose nel loro contesto, esprimere dissenso senza offendere e senza insultare, evitare i comportamenti da vittime.

4) ETICHETTE:

-Luglio 2021-

Qui viene narrata in vignette l'esperienza di volontariato di Zerocalcare in nord Iraq. Come in No sleep 'till Shengal, vengono trattati i seguenti argomenti: le realtà di confederalismo democratico, le guerriglie tra i curdi e l'ISIS e le tendenze imperialiste di Erdogan. In questo fumetto tuttavia si parla di Makhmour, un distretto iracheno considerato da Erdogan un "covo di terroristi".

Il 6 agosto 2014 gli Jihadisti hanno attaccato questa località costruita nel deserto ma sono stati clamorosamente sconfitti dal PKK uniti ai Peshmerga del Kurdistan iracheno.

Si spiega inoltre la storia di Makhmour, una storia di profughi che, al di là del loro dolore, continuano a credere nell'amicizia tra i popoli.

5) IL CASTELLO DI CARTONE:

-Novembre 2021-

L'ultima parte di questo libro è dedicata alle tappe che Zerocalcare ha dovuto affrontare per creare e produrre la sua prima serie animata su Netflix,  raffigurato con l'occhio di Sauron.

Durante questa seconda esperienza il nostro autore ha imparato che:

-non può fare tutto da solo (disegni dei personaggi, montaggio, testi, colonne sonore, sigle). E, sembra incredibile, ma se leggete Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia saprete che inizialmente Zero avrebbe voluto cavarsela da solo per realizzare tutto quanto.

-collaborare con gli altri è un bene.

-bisogna talvolta accettare le ingerenze esterne. Effettivamente, ancor prima che la serie uscisse, lo si ammoniva e criticava con affermazioni come: "Fai troppi rimandi alla malattia mentale", "Parli troppo veloce" (ed è vero: meno male che ci sono i sottotitoli italiani per me che non sono romana e non sono mai vissuta a Roma).

-Non aver paura di deludere le aspettative altrui. Bisogna in effetti tener presente che Netflix ha circa 200 milioni di abbonati, quindi, essere autore di una serie televisiva significa aprire il cancello del proprio recinto a una platea infinitamente più vasta che non ha quell'indulgenza tenerella dovuta al fatto che una volta ad una fiera a quello gli ho fatto il disegnetto per il cognato con la labirintite.

Mi sono piaciute molto le conclusioni alla fine di questa sezione. Vi riporto le testuali parole di Zero:

Uno pensa che nella vita a volte devi fare un salto nel vuoto per vedere come va avanti. Come se la vita e il salto fossero due cose diverse. Ma non funziona così. La vita è quel salto.


4 gennaio 2024

"Canto per Europa", P. Rumiz:

FELICE ANNO NUOVO, CARI LETTORI!

Si tratta di un romanzo di neo-epica del noto autore Paolo Rumiz. Avventuroso, poetico, originale e geniale.

1) TRAMA:

Quattro argonauti occidentali navigano con una barca a vela fino alle terre del Medio Oriente. Approdati in Libano incontrano una giovane siriana, profuga di guerra, che intima loro di voler salire sulla barca in modo tale da poter raggiungere l'Ovest. La ragazza si chiama Europa.

Gli argonauti ripartono con la donna a bordo e, da quel momento, alle descrizioni poetiche di albe e tramonti sul mare, i miti e i richiami ai personaggi omerici dell'Antica Grecia si intrecciano con i gravi problemi della nostra contemporaneità: migranti morti in mare, guerre, emigrazioni di massa, discoteche d'occidente...

Ingravidata, durante una notte, dal re degli dei che assume le sembianze di un toro, la ragazza, quando vede per la prima volta le isole greche, terre europee, straripa di gioia. Per questo i quattro argonauti decidono di dare al continente il nome di Europa.

2) STRUTTURA DEL LIBRO:

Come ogni opera epica degna di questo nome, Canto per Europa è costituita da un proemio. 

A questo segue una poesia alla luna. 

Poi si entra nel vivo dell'avventura con ben sette libri: il "Libro dell'Incontro", il "Libro della Fuga", il "Libro dell'insonnia", il "Libro dei naufragati", il "Libro del Nome Ritrovato", il "Libro della Stirpe", il "Libro del mare immenso".

3) CITAZIONI TRATTE DA CIASCUNO DEI LIBRI:

a) dal "Libro dell'Incontro":

Quando arrivammo ci diede un'occhiata che sembrò provenire da distanze non misurabili da mente umana. Il Sole tramontava illuminando uno di quei volti ipersensibili che solo il Medio Oriente ti sa offrire. Nel fondo del suo sguardo potei leggere deserti e, ancora oltre, altri deserti e carovane e tempeste di sabbia, e cordigliere di nevi perenni, e antiche vie profumate di spezie. Sapeva di elicriso e di spavento, eppure dominava la paura con una dignità a noi sconosciuta. Le fummo tutti attorno. Le chiedemmo chi fosse e che facesse lì da sola. Rimase zitta, non volle rispondere a quel cerchio di uomini barbuti. Mostrò soltanto il largo con un dito. Ma quel gesto non era una richiesta. Era un ordine. (...) Non aveva denaro, documenti. Solo un anello di verde smeraldo al dito indice della sinistra e un bigliettino con la parola "Europa", scritta a mano con un tratto arabescato. Nessuno comprese se fosse la sua meta oppure il nome.

Mi è piaciuto molto questo passaggio dal momento che ho voluto ricavare delle analogie che mi aiutassero a comprendere maggiormente la figura di Europa.

Soffermiamoci sullo sguardo di Europa: è uno sguardo di deserti e quindi, probabilmente, uno sguardo di solitudine. Ma gli argonauti leggono anche carovane, cioè, tradizioni socio-familiari, tempeste di sabbia, ovvero, travagli e dolore, cordigliere di nevi, simbolo secondo me della forza interiore, vie profumate di spezie, e quindi, femminilità.

b) dal Libro della Fuga:

In questo libro traspaiono i comportamenti di Europa e quindi, anche noi lettori, arriviamo a conoscerla meglio.

- Quel mattino a sorpresa la fuggiasca si intrufolò in cucina sorridente e prese a tagliuzzare una cipolla. Voleva ripagarci del disturbo, essere utile. In lei c'era gioia autentica. Non ci sembrava vero che uscisse dal suo guscio di riserbo. Ma appena il Cuoco, felice, pensò di toglierle il coltello per spiegare la tecnica migliore per usarlo, lei si incupì e si sprangò in cabina senza spiegare perché. Il Telamonio ci rimase malissimo e noi pure. Era andata a leccarsi una ferita di cui non capivamo la natura. Visto che non usciva, andammo in due a chiederle che cosa era successo. Eravamo disposti anche a scusarci. Una delegazione diplomatica. Ma lei reagì con un'unghiata, dura: "Perché non date un po' di tempo al tempo? Dovrò darvi lezioni di silenzio". 

Europa infatti attenderà ancora un po' prima di rivelare la sua tragica storia agli Argonauti, che da lei impareranno la pazienza e l'ascolto. 

Questo passaggio mi richiamava alla mente la differenza tra due parole greche per indicare "ferita": πληγή, cioè, "ferita fisica dopo percosse" o "bastonatura" e τραῦμα, ferita psicologica oltre che psichica. Nell'italiano attuale trauma è sinonimo di shock.

Ma c'è un altro passo di questo libro che mi colpisce:

Per noi il Mare-Thalassa era solo una massa infinita d'acqua salsa, mentre per lei era Pontos, passaggio, imbarcadero di terra promessa. Ma io pensavo: che sia benedetto chi non conosce la rotta. Il futuro è di chi sa affrontare il mare nero inseguendo un miraggio. Lei non sa dove va, però sa da dove viene.

θάλασσα, sostantivo femminile, è la distesa d'acqua salata, mentre invece πόντος è il sostantivo maschile per "passaggio" e "mare aperto". Questa parola indica, con la Π maiuscola, la divinità primordiale del mare antecedente all'Olimpo e la regione storica nella zona del nord-est dell'Asia Minore. Il corrispondente latino è pons e invece quello in antico indiano è panthah.

Europa sa da dove viene: ha una solida coscienza personale e culturale, una consapevolezza delle proprie radici che le garantisce delle buone basi di determinazione e di forza interiore per poter affrontare l'ignoto che il futuro prossimo le prospetta.

c) dal Libro dell'Insonnia:

Da qui Europa inizia a narrare il suo vissuto, iniziando a ricordare affettuosamente la figura paterna, descritta come generosa, mite, amante della pace tra famiglie, assolutamente incapace di concepire il male attorno a sé nonostante il turbolento clima sociale del paese in cui vive.

Ma, quel che è interessante in questo libro, è la nube d'oro che, una notte, avvolge Europa. E poi che cosa succede? 

In quell'attimo il dio con un muggito si erse sulla chiglia dello sterno immenso, irresistibile, sovrano. Divenne quasi un totem su di lei e trasformò le vele in ali immense, poi prese una corrente ascensionale per roteare sopra la ragazza a lungo a lungo, a quota di vertigine, là dove il cielo è nero a mezzogiorno. Era il grifone araldico del Sole che volle farsi carne in quel momento, perforò l'aria azzurra ad ali chiuse per avventarsi sul corpo stremato.

Si rievoca, in chiave contemporanea, il mito di Io, sacerdotessa di Era, di cui Zeus si innamora al punto tale da inseguirla sotto-forma di nube dorata per accoppiarsi.

d) dal Libro dei Naufragati:

E' il più drammatico. Gli Argonauti, con Europa, percorrono il Mar Egeo e, su una costa, intravedono un barcone rovesciato e... si accorgono di navigare su dei "morti insepolti".

I corpi dei bambini naufragati andavano in un banco taciturno come stracci buttati alla rinfusa, erano "oltre", e già ci guardavano con occhi come bolle di sapone. "Adonai, non così! Perché consenti ancora lo sterminio degli agnelli?" Così gridò il Francese nel silenzio.


Da un pezzo lo penso: che i migranti hanno soltanto la colpa di esistere, di essere nati. Nei loro paesi non possono stare o per guerre civili, o per dittature feroci, o per fame o per terrorismo religioso. E il "mondo ricco" spesso li disprezza, li sfrutta o ha pregiudizi e chiusure verso di loro.

La Primavera araba? Scomparsa. I suoi eroi? Rinnegati. Crepassero pure nei barconi in alto mare.

Tra il 2010 e il 2012, in Nord Africa, ci sono state proteste contro dispotismo governativo, corruzione politica e violazione dei diritti umani. Ma, queste "primavere arabe" sono sfociate dapprima in caos e, in un secondo momento, in involuzioni autoritarie, soprattutto in Egitto, Siria, Libia, Iran e Tunisia.

In questa parte dell'opera di Rumiz c'è una profezia nefasta per l'Occidente:

Occidente, che sai pagar salato governi innominabili e camorre purché gli ultimi restino nel fango! Vecchio Occidente, e il tuo onore perduto già a Kabul, a Srebrenica e sul mare! Verrà teppaglia giovane di Mongoli, verrà a spazzarci via da un giorno all'altro, noi con la nostra anemica cultura e la nostra arroganza coloniale. Il mondo aveva pure gli orologi, ma aveva perso il tempo.

Si tratta di una profezia tremenda, di una denuncia pesante nei confronti della storia Europea degli ultimi secoli. Eppure, questo passaggio, mi fa tornare alla mente una conferenza di Economia civile in cui si parlava anche di Adriano Olivetti che, come imprenditore, superava la logica della supremazia del profitto concentrandosi sulle relazioni in modo tale che nessuno, nelle sue imprese, risultasse alienato. Ecco che cosa pensava Olivetti:

L'impresa è il motore dello sviluppo economico sociale e come tale ha delle responsabilità a livello comunitario. L'impresa deve garantire il bene comune. Non appartiene solo agli azionisti ma è una comunità in cui si collabora. Un'impresa civile produce lavoro e cultura. Le imprese devono produrre bellezza.

Se si desse più peso a queste idee! Pensate che Olivetti faceva costruire fabbriche di vetro in modo tale che i suoi dipendenti vedessero il sole sorgere e tramontare. La ricchezza, con la finanza speculativa, per me ha perduto il legame con il valore del lavoro. 

e) dal "Libro del Nome Ritrovato":

Non è un caso che questo libro si intitoli proprio così.

"Ora capisco, amici. Questa terra è il miraggio di chi non la possiede, di chi traversa il mare con fatica. Forse il sogno di chi viene respinto, non di chi l'abita, sazio da secoli. Da oggi sia chiamata come lei.

Mi trovo completamente d'accordo con queste parole di Petros, un altro Argonauta.

Ci sono due etimologie del nome Europa: εὖ+ ὤψoppure "erebu", termine antichissimo accadico che significa "tramonto" ma anche "ombra".

f) dal "Libro della Stirpe":

Verso la fine di questa parte, si richiama la vicenda di Laocoonte.


Di questa scultura, i cui autori sono Polidoro e Agesilao, abbiamo soltanto la copia romana in marmo del periodo ellenistico (I° sec. a.C.), visto che l'originale era in bronzo. La vicenda è desunta dal ciclo epico della guerra di Troia: il sacerdote troiano Laocoonte e i suoi due figli vengono strangolati da due serpenti marini. C'è, in quest'opera d'arte, un dinamismo drammatico espresso nel dolore dei volti e nei corpi in torsione.

Colpisce, subito dopo, l'episodio di una donna africana che ha perso il figlio in mare.

"Fermate il vento, spegnete le stelle perché ho perduto il mio unico bene" così gridava, e la sua voce usciva come da una cruna strozzata di un ago. "Il bimbo mio, portato via da un'onda... Mi sono ridestata all'improvviso... le mie braccia contratte erano vuote... Solo (mamma) ho sentito nella tenebra, poi più nulla. Non c'erano le stelle e il mare era più cupo dell'inferno (...)".

g) dal "Libro del Mare Immenso":

Siamo alla fine. Europa è scomparsa all'improvviso.

Nessuna lettera, nessuna foto, nemmeno un amuleto era rimasto, o anelli da sfregare per chiamarla.  Nessun feticcio, se non la memoria. Noi dovevamo traghettarla, punto. Restituirle il sogno di una terra, farla arrivare, farle oltrepassare le sue paure ataviche e ossessioni. Il nostro compito si era esaurito.