30 maggio 2024

"Lazarillo de Tormes", il primo romanzo picaresco:

Sto per iniziare una serie di post legati alla tematica del declino dell'aristocrazia con conseguente ascesa della borghesia. Parto con un'opera di letteratura spagnola. 

Non so molto di letteratura spagnola... alcuni anni fa ricordo di aver iniziato la lettura di "Don Chisciotte" ma senza terminarla (l'ho trovato un romanzo troppo ripetitivo), motivo per cui ho preferito assistere ad una rappresentazione teatrale della storia.

1) CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEL ROMANZO PICARESCO:

L'origine del termine "picaresco" è tutt'ora incerta e sono state formulate diverse ipotesi:

-potrebbe derivare da "picaros", ovvero, "popolani senza fissa dimora che vivono di espedienti per poter sopravvivere e che, dopo molte fatiche e travagli, migliorano le loro condizioni di vita divenendo parte della classe borghese".

-forse la denominazione di questo genere romanzesco deriva da "picard", cioè, "abitante della Piccardia", derivato a sua volta dal fiammingo dispregiativo "picker", riferito ad una persona di bassa estrazione sociale.

Il romanzo picaresco è nato in Spagna nel XVI° secolo. Gli autori di queste opere, impegnati a sottolineare il declino della classe aristocratica e il tramonto degli ideali cavallereschi, sono spesso ignoti.

In questo filone letterario il protagonista di solito coincide con il narratore (ma non con l'autore!) e presenta le seguenti caratteristiche: è di umile estrazione sociale, la sua narrazione è in prima persona, racconta gli episodi della sua vita dall'infanzia alla maturità e la sua "iniziazione alla società" avviene a causa di un fatto spiacevole che dà inizio ai suoi viaggi e alle sue avventure.

2) CONTENUTI ROMANZO: 

Lazarillo de Tormes è ambientato nella regione della Castiglia e in parte anche a Salamanca.

La prima edizione di quest'opera risale al 1554; dunque, nel periodo del regno di Carlo V° d'Asburgo.

Se anche ai giorni nostro non è possibile attribuire un determinato autore a questo libro, gli studiosi di letteratura spagnola sono tuttavia sicuri che provenga dagli ambienti culturali dei cristianos nuevos che sostanzialmente erano ebrei molto colti e forzatamente convertiti al Cristianesimo dopo l'editto di espulsione del 1492 da parte dei Re cattolici. A sostegno di questa tesi largamente condivisa sarebbero alcuni riferimenti alla cultura classica del prologo oltre che una vena anti-clericale presente soprattutto nella prima metà dell'opera.

Nel prossimo paragrafo ritornerò su alcune parti del prologo.

Il libro è strutturato secondo l'ordine cronologico della fabula. Questo significa che non sono previsti flashbacks. Il protagonista inizia raccontando innanzitutto le proprie origini:

La mia nascita avvenne dentro il fiume Tòrmes, e per questo motivo presi il soprannome. E avvenne in questo modo: mio padre, che Dio lo perdoni, lavorava come mugnaio in un mulino che sta sulla riva di quel fiume e nel quale macinò per oltre quindici anni. E trovandosi una sera mia madre al mulino, incinta di me, le vennero le doglie e mi partorì lì. Quando ero un bambino di otto anni, imputarono a mio padre certi mal fatti salassi nei sacchi di quelli che venivano lì a macinare, e per questo fu imprigionato, e confessò e non negò, e incorse nella persecuzione della giustizia.

Poco dopo, Lazaro entra a servizio di diversi padroni: un cieco e un uomo di chiesa, entrambi molto avari, uno scudiero nullatenente, un frate dal quale riceve il suo primo paio di scarpe, un fraudolento venditore di bolle papali... si libera dei suoi padroni in modo a tratti divertente a tratti vendicativo, basti pensare a quando fa sbattere il cieco contro un pilastro.

Si potrebbe definire Lazaro una sorta di anti-eroe che in tenera età deve escogitare diversi stratagemmi per sopravvivere.

Le pagine in cui il giovanissimo protagonista si trova a servizio del sacerdote sono davvero drammatiche anche per il fatto che evidenziano l'ipocrisia della Chiesa dell'epoca:

E per nascondere la sua gran tirchieria mi diceva: "Bada ragazzo, i sacerdoti devono essere molto morigerati nel bere e nel mangiare, per questo io non mi abbuffo come fanno altri". Ma quell'avaraccio mentiva sapendo di mentire, perché quando andavamo a pregare per le confraternite o alle veglie funebri, cioè a spese altrui, mangiava come un lupo e beveva come una spugna.

(...) Pensavo di lasciare quel padrone taccagno, ma esitavo per due ragioni: la prima che non osavo affidarmi alle mie gambe, per paura dell'estrema debolezza in cui mi teneva la fame, la seconda era che meditavo e dicevo: "Io ho avuto due padroni: il primo mi faceva morire di fame e quando l'ho lasciato sono andato a imbattermi in quest'altro, che a forza di fame finirà per seppellirmi. Se mollo questo e ne trovo uno ancora peggiore che sarà di me se non crepare del tutto?". Con queste considerazioni non osavo muovermi, perché ero certo che avrei conosciuto tutti i toni più bassi della scala. E se fossi sceso di un'altra nota nessuno al mondo avrebbe più sentito suonare il nome di Lazaro.

Nel terzo capitolo, Lazaro si rende ben presto conto di trovarsi costretto a mantenere il padrone scudiero con l'elemosina:

Per farla corta passammo in questo modo otto o dicei giorni, con quel disgraziato che ogni mattina se ne andava per la strada con tanta soddisfazione, il passo solenne e il naso per aria, e il povero Lazaro a chiedere la carità per lui. Io riflettevo spesso sulla mia sfortuna: scappato dai padroni taccagni che avevo avuto per cercare una sorte migliore, ero andato a finire con uno che non solo non mi manteneva ma che anzi dovevo mantenere io. E tuttavia gli volevo bene davvero, perché vedevo che non aveva nulla e non poteva far altro, e avevo per lui più pietà che rancore. E molte volte, pur di portare a casa di che sfamare lui a malapena sfamavo me stesso.

In spagnolo la parola hidalgo corrisponde al nostro italiano scudiero

Credo sia interessante sottolineare che questo personaggio, incontrato da Lazarillo a Toledo, non proviene dalla tradizione letteraria iberica ma dalla realtà storico-sociale della Spagna imperiale. 

La comparsa dell'hidalgo conferisce dunque un carattere di realismo alla presente opera: gli hidalgos, nobili proprietari terrieri, erano esenti dal pagamento delle imposte ed erano boriosi e indolenti come il giovin signore di Parini. 

Gli hidalgos vivevano di apparenze e non conoscevano i sacrifici quotidiani del vivere, molto spesso facevano lavorare i servitori.

Alla fine della storia il protagonista diviene un banditore e a quel punto trova moglie e la sua vita adulta risulta molto migliore rispetto ai trascorsi dell'infanzia e dell'adolescenza. Nelle ultime pagine del libro è quindi diventato un membro della borghesia mercantile.

3) IL PROLOGO:

Si potrebbe dividere il prologo in due sezioni: nella prima parte si mette in luce l'importanza della trasmissione degli eventi della storia e il diritto della ricerca di fama gloriosa da parte di uomini di valore. Nella seconda parte invece il lettore scopre che il personaggio principale proviene dagli strati sociali più bassi e che con il suo romanzo si rivolge ad un'autorità (Sua signoria).

(...) Plinio dice che "non c'è libro, per cattivo che sia, che non abbia in sé qualcosa di buono", soprattutto se si considera che non tutti i gusti sono uguali, e ciò che ad uno non piace può sembrare prelibato a qualcun altro; così vediamo che cose disprezzate da alcuni non lo sono affatto per altri.

Qui il riferimento è legato a Plinio il Giovane che riporta le parole dello zio Plinio il Vecchio nelle Epistolae, III, 10: "Dicere etiam solebat nullum esse librum tan malum, ut non aliqua parte prodesset".

Se non fosse così, infatti, ben pochi scriverebbero solamente per uno, perché non lo si fa senza fatica, e quelli che lo fanno vogliono essere compensati non con il denaro, ma con la speranza che le loro opere siano conosciute e lette e , se lo meritano, lodate. E a questo proposito Tullio dice: "La gloria dà vita alle arti".

Qui l'autore si riferisce a Cicerone il quale, nelle Tuscolanae, asseriva: "honos alit artes".

Questa parte di prologo tra l'altro mi fa tornare in mente la κλέος greca (=fama, gloria riferita agli eroi epici) che a sua volta deriva dal verbo κλύω, "ascoltare", chiarissimo riferimento all'oralità dell'epica greco-arcaica, trasmessa di generazione in generazione per secoli. 

Molto probabilmente il termine κλέος proviene dal proto-indoeuropeo *klewos  indicante "una gloria che non può decadere" dal momento che nelle società proto-indoeuropee non c'era ancora il concetto di una vita dopo la morte.

Riporto anche alcune frasi della seconda parte del prologo:

Supplico Vostra Signoria di accettare l'umile omaggio dalla mano di chi ne offrirebbe uno assai più ricco se le sue possibilità fossero pari al suo desiderio. E poiché Vostra Signoria scrive che le si scriva ed esponga il caso con tutti i dettagli, mi è sembrato corretto trattarlo non dalla metà ma dall'inizio, affinché si abbia un'idea esauriente della mia persona...

4) FRANCISCO GOYA- "LAZARILLO E IL CIECO":


Quest'opera pittorica è stata realizzata nel periodo della guerra d'Indipendenza contro la Francia. 

A destra vediamo delle fiamme mentre, in primo piano, il cieco sta infilando le dita nella bocca del personaggio principale del romanzo in modo tale da assicurarsi che non abbia mangiato una salsiccia. Naturalmente l'episodio è narrato nel libro.

E' presente l'oscurità cromatica che rafforza un messaggio ben preciso: la Spagna dell'epoca di Goya è caratterizzata da una diffusa miseria sociale e morale, sta diventando un paese in cui ognuno pensa a se stesso.


23 maggio 2024

LE POESIE DI WISLAWA SZYMBORSKA: VALORIZZAZIONE DEL QUOTIDIANO E PAURA DI AMARE

A fine inverno io e Matthias abbiamo condiviso la lettura della raccolta Amore a prima vista. 

Dopo una breve sintesi della biografia, vi proponiamo qui l'interpretazione di alcune liriche di questa poetessa polacca.

I contenuti delle sue poesie non sono così semplici, per cui è stato molto sfidante per noi cercare di attribuire valore e significato a diverse immagini.

WISLAWA SZYMBORSKA:

Nata nel luglio 1923 a Kòrnik, con la famiglia si è trasferita a Cracovia nel 1931 per iniziare il liceo.

Da giovane ha aderito alla corrente politico-culturale del realismo socialista, come dimostrano le prime due raccolte poetiche intitolate Per questo viviamo e Domande poste a me stessa.

La sua terza raccolta poetica, intitolata Appello allo Yeti, le conferisce un maggior successo letterario. 

Dopo i 30 anni la poetessa si distacca nettamente dall'ideologia del Partito Comunista polacco, impegnandosi con il sindacato Solidarnòsc.

Nel 1993 ha ricevuto il Premio Goethe in Germania e, tre anni dopo, il Premio Nobel. E' deceduta a Cracovia nel 2012.

A) LA MUSA IN COLLERA:

Perché scrivo canti d’amore

così raramente?

Questa domanda già prima

me la potevi fare,

ma tu, come si comporta

ogni uomo indulgente,

aspettavi la scintilla

che in strofa s’accende.


È vero, taccio – ma taccio

solo per timore

che il mio canto in futuro

mi dia dolore,

che verrà giorno e d’un tratto

smentirà le parole,

resteranno ritmi e rime,

se ne andrà l’amore,

e sarà inafferrabile

come l’ombra di un ramo.

Oh, sì, un normale timore

mi lega la mano.


Questo mio silenzio

so però spiegare.

Come incidere su pietra

parole audaci,

se neppure oso toccare.

petalo di rosa?

Timore arciprudente,

tu mi fai paurosa…


Quando misi mano al foglio,

c’era un altro fra noi.

Non attese, corse fuori

sbattendo la porta.

Se era il vento che entrava

– poco importa, ma se

era la musa, la Musa

dei canti d’amore?


So che la mia prodezza

indignerà i vicini.

Ma dica pure la gente

ciò che le pare.

Correrò giù e griderò

ai quattro venti:

Erato, torna! Aspetta!

Erato, mi senti?

(Erato, figlia di Mnemosine e Zeus, per gli antichi greci era la Musa della poesia amorosa).

Già per quel che concerne questa prima poesia le nostre letture si discostano. 
Buona concentrazione, cari lettori. Non sarà un post "da bordo piscina" o da spiaggia questo.
Penso che, chi tra voi ha già letto la produzione lirica di Wislawa Szymborska, potrà trovarsi più d'accordo con le idee di Matthias. 
Vi accorgerete che, nel corso della lettura di Amore e prima vista, ciascuno di noi due è stato forte in un particolare aspetto dell'analisi poetica: io, facilitata anche dal mio titolo di studio, sono riuscita a creare diversi parallelismi e richiami con altri autori, mentre Matthias ha brillato di più nella comprensione dei contenuti, più completa della mia. Ha quasi tre anni più di me e forse per questo può aver capito più e meglio di me.

Parto con la mia analisi:

1°strofa= Wislawa si rivolge ad ogni singolo lettore. Probabilmente buona parte dei suoi lettori si interroga a proposito dei motivi per cui lei inserisce raramente la tematica amorosa nelle sue opere liriche, tema invece importante in questo genere letterario.

2° strofa= taccio/solo per timore/che il mio canto in futuro/mi dia dolore... L'amore è sempre effimero secondo la Szymborska? Una storia d'amore comporta dolore soltanto quando finisce? Un'esperienza affettiva è sempre disincanto di cui restano "ritmi e rime" come memoria?

Poco più avanti, il "timore arciprudente" fa chiaramente riferimento alla paura di innamorarsi.
Di questa terza strofa mi colpiscono inoltre altre due immagini: la pietra, spesso emblema della memoria, e la rosa, simbolo di romanticismo e di gioia giovanile dell'amore (e in effetti a questo alludeva l'espressione poetica rinascimentale italiana coniata da Poliziano "cogliàm la rosa").

Quando misi mano al foglio,/c’era un altro fra noi./Non attese, corse fuori/sbattendo la porta.

Questi versi possono alludere ad una disillusione dopo un flirt?

Lettura di Matthias: 

Per me la prima strofa riporta alcune domande che un uomo fa alla Szymborska.
Poi l'autrice definisce l'amore "inafferrabile come l'ombra di un ramo".
Il ramo è afferrabile, l'albero no. In questo contesto l'ombra del ramo è la poesia, oltre che la paura di aprirsi all'amore.

Quando misi mano al foglio,/c’era un altro fra noi./Non attese, corse fuori/sbattendo la porta.

No, per me questi versi non vogliono rimandare ad una disillusione. Piuttosto, parlano di una storia finita, o meglio, di un uomo che se ne va, che esce dalla vita della poetessa dal momento che lei non gli dimostrava abbastanza il suo amore.

B) INNAMORATI:

Inizio con l'interpretazione di Matthias:

Il tema fondamentale della poesia è il rischio di una separazione dovuta ad un amore finito.
"Tu andrai per il monte, io per la valle" indica che la possibilità che due persone della coppia prendano direzioni di vita diverse, dopo un silenzio causato dall'improvviso raffreddarsi della relazione.

Nell'ultima strofa però la Szymborska ci rivela che la separazione è un sogno, smentito dal risveglio. Il cattivo sogno infatti non prevede risveglio.

La mia interpretazione:

Io invece leggo il motivo della complementarietà della coppia nel verso "tu andrai per il monte, io per la valle".
Mi piace molto anche quel "Commiseriamo chi non ama". Chi non ama non è realmente vivo. Questo mi fa pensare alla frase di Sant'Agostino "Ama e fa' ciò che vuoi"
Chi ama è veramente libero di vivere le relazioni di ogni giorno con gratuità.
Nemmeno in questo componimento manca l'esplicitazione del timore della fine della relazione (Ma addormentandoci/in sogno vediamo l'addio).

C) NULLA DUE VOLTE:

Nulla due volte accade
né accadrà.
Per tal ragione si nasce senza esperienza,
si muore senza assuefazione.

Anche agli alunni più ottusi
della scuola del pianeta
di ripeter non è dato
le stagioni del passato.

Non c'è giorno che ritorni,
non due notti uguali uguali,
né due baci somiglianti,
né due sguardi tali e quali.

Ieri, quando il tuo nome
qualcuno ha pronunciato,
mi è parso che una rosa
sbocciasse sul selciato.

Ogg, che stiamo insieme,
ho rivolto gli occhi altrove.
Una rosa? Ma cos'è?
Forse pietra, o forse fiore?

Perché tu, malvagia ora,
dài paura e incertezza?
Ci sei — perciò devi passare.
Passerai — e qui sta la bellezza.

Cercheremo un'armonia,
sorridenti, fra le braccia,
anche se siamo diversi
come due gocce d'acqua.


Riflessione di Matthias:

Non c'è giorno che ritorni,/non due notti uguali uguali,/né due baci somiglianti,/né due sguardi tali e quali.
L'autrice prende coscienza dell'unicità della vita: ogni singolo giorno, ogni singolo momento è prezioso e mai esattamente uguale ad un altro.
Le prime strofe della poesia invitano a valorizzare il dono della vita: si nasce privi di esperienza e si dovrebbe invecchiare senza mai abituarsi a ciò che di bello abbiamo e sperimentiamo.
In seguito, Szymborska rivela a noi lettori di essere rimasta colpita e affascinata quando ha incontrato per la prima volta un uomo con cui per un periodo ha avuto una relazione.
Mi è parso che una rosa/sbocciasse sul selciato. Come fa una rosa sul selciato a crescere serenamente?


Perché tu, malvagia ora,/dài paura e incertezza?/Ci sei — perciò devi passare./Passerai — e qui sta la bellezza. Questi versi rimandano ad una storia temporanea e finita.
C'è, in questi versi, il pensiero che il presente scorra continuamente e che le esperienze piacevoli passino. Ma un'autrice che la pensa in questo modo è in grado di fruire appieno della bellezza del quotidiano?

D) SENZA TITOLO:

Rimasero talmente soli,
così, senza parole
e degni di miracolo per tanto disamore –
di un fulmine dal cielo, d’esser mutati in pietra.
Milioni di copie di mitologia greca,
però non c’è salvezza per lui come per lei.

Se almeno ci fosse  qualcuno sulla porta,
se qualcosa, per un attimo, apparisse, sparisse
lieto, triste, da ovunque venisse,
fonte di riso o timore, che importa.

Ma non accadrà nulla. Nessuna improvvisa
inverosimiglianza. Come in un dramma borghese,
questo sarà un lasciarsi del tutto regolare,
senza neanche un apriti cielo a solennizzare.

Sullo sfondo solido della parete,
l’un per l’altro dolente,
stanno di fronte allo specchio, e lì c’è
solo il riflesso conveniente.

Solo il riflesso di due persone.
La materia sta sull’attenti.
Per quanto è lunga e larga, e alta,
in terra, in cielo e ai lati
vigila i destini innati
– quasi che per una cerbiatta improvvisa nella stanza
dovesse crollare l’Universo.

La nostra lettura interpretativa:

Senza ombra di dubbio questa poesia è legata ad una storia d'amore terminata, una relazione che, quando sussisteva, era fatta di inerzia e di noia.
Il verso "se qualcosa, per un attimo, apparisse, sparisse" sembra ricalcato sullo stile di Pascoli: "Bianca bianca nel tacito tumulto una casa apparì sparì d'un tratto". La Szymborska conosceva Pascoli?!
Per entrambi è stato fonte di ricerca l'espressione: Come in un dramma borghese. 
Il dramma borghese è un genere teatrale nato nel XVIII° secolo che delinea i valori, le azioni e la mentalità di figure appartenenti alla piccola e media borghesia. Nell'opera Il mercante di Londra di George Lillo, messo in scena a Londra, l'ambientazione è la sfera familiare borghese. In Italia è Carlo Goldoni a mettere in scena qualità, risorse e vizi della classe borghese, prima di tutto nella Locandiera. In questo tipo di dramma manca l'eroismo. Alla fine dell'Ottocento però, nel dramma borghese iniziano a comparire tematiche come l'adulterio, le crisi di Fede, la crisi dell'individuo e l'immoralità. Pirandello sviluppa il tema dell'incomunicabilità e della morte nel dramma L'Uomo dal fiore in bocca.
Amore a prima vista è uscita nel 1954. L'autrice e l'uomo con cui ha avuto una relazione risultano immersi nelle dinamiche borghesi di incomunicabilità e di infelicità, temi ricorrenti nella letteratura europea dello scorso secolo. 

Ho scritto una tesi di laurea che riguardava l'analisi linguistica di alcune opere di Natalia Ginzburg. Non mi sono soffermata sulle sue commedie borghesi, bensì su tre romanzi. Tuttavia so molto bene che, a partire dalla metà degli anni Sessanta, la Ginzburg ha iniziato a scrivere commedie i cui personaggi, tutti piccolo-borghesi, riflettevano la crisi della famiglia, soprattutto con il motivo dei padri assenti e inetti e anche con un particolare focus sulla coppia coniugale, soggetta a separazioni, triangoli, tradimenti, abbandoni e incomunicabilità.
Penso in particolar modo a Fragola e Panna in cui Barbara, la giovane protagonista coniugata con Paolo, intrattiene una relazione con Cesare, sposato con Flaminia. E Flaminia? Non è delusa, non è arrabbiata, non è amareggiata. Tanto, lei stessa dichiara apertamente e in modo rassegnato che il rapporto con il marito non è nemmeno più un matrimonio, è molto più simile ad un rapporto "fratello-sorella".

E) ALBUM:
Nessuno in famiglia è mai morto per amore.
Nulla di quel passato potrebbe farsi mito.
Romei tisici? Giuliette malate di cuore?
C'e chi anzi è diventato vecchio e raggrinzito.
Nessuna vittima d'una risposta non giunta
a una lettera bagnata di pianto!
In fondo appariva sempre un qualche vicino
con pinze-nez e rose in mano.
Nessun soffocamento in un armadio elegante
per il ritorno del marito dell'amante!
Questi corsetti, queste gale, la mantiglia
non impedivano di entrare nella foto di famiglia.
E mai nell'anima Bosch infernale!
Morivano con una palla nel cranio
e barelle da campo per guanciale.
Perfino questa, con pudico decolletè
e gli occhi cerchiati come dopo una soirèe,
è defluita con una grande emorragia
non verso di te, o cavaliere, e non per nostalgia.
Prima della fotografia, forse qualcuno,
ma di quelli dell'album, a quel che so, nessuno.
Le pene volgevano al riso, giorni volavano,
e loro, placati, per un'influenza se ne andavano.
Le vite dei familiari della Szymborska in effetti erano ben lontane da quelle degli eroi dell'epica, dei personaggi dei poemi cavallereschi e degli individui tormentati, problematici ed estremamente passionali di molte tragedie shakesperiane. Il Novecento è il secolo nel quale, in molte letterature europee, sorgono movimenti e correnti letterarie volte a mettere in luce gli aspetti quotidiani, faticosi e drammatici, delle più basse classi sociali, oltre che il vuoto relazionale della borghesia.
Per la cultura italiana basti pensare alla corrente del Neorealismo e alle opere intellettuali (film e romanzi) di Pier Paolo Pasolini, mentre invece per il panorama francese è necessario ricordare la Nouvelle vague,  cinema finalizzato a catturare "lo splendore del vero" ma anche le ingiustizie sociali e la povertà economica oltre che etica.

Siamo in effetti ben lontani dai seguenti intenti letterari degli scorsi secoli:

-Dalla letteratura di Ariosto, il cui incipit dell'Orlando Furioso declama: Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese io canto.
-Dalle prime parole dell'Eneide di Virgilio: arma virumque cano.
-Dal prologo, in forma di sonetto elisabettiano, della tragedia Romeo e Giulietta, che introduce ai lettori il conflitto tra Montecchi e Capuleti.

Torniamo alla Szymborska. In questo componimento lei stessa parla in effetti di vite "povere e semplici", che con saggezza ed equilibrio sapevano volgere le pene in riso
Ciò che ha reso autentiche e ben vissute le loro vite non sono state gesta eroiche, bensì una notevole ricchezza interiore e una saggezza tale da permettere loro di assaporare appieno ogni istante di vita.
I suoi familiari non morivano per amore, ma per gli orrori della guerra o per malattia.
Forse questa poesia invita il lettore a porsi qualche domanda: la letteratura esaspera spesso i sentimenti? O meglio, in quali generi letterari questo succede? Quali autori hanno eccessivamente esaltato i sentimenti umani?

F) UN AMORE FELICE:

Un amore felice
Un amore felice. È normale?
È serio? È utile?
Che se ne fa il mondo di due esseri
che non vedono il mondo?

Innalzati l’uno verso l’altro senza alcun merito,
i primi qualunque tra un milione, ma convinti
che doveva andare così – in premio di che? Di nulla;
la luce giunge da nessun luogo –perché proprio su questi

e non su altri?


Ciò offende la giustizia? Sì.
Ciò infrange i principi accumulati con cura?
Butta giù la morale dal piedistallo? Sì, infrange e butta giù.
Guardate i due felici:
se almeno dissimulassero un po’,
si fingessero depressi, confortando così gli amici!
Sentite come ridono – è un insulto.
In che lingua parlano – comprensibile all’apparenza.
E tutte quelle loro cerimonie, smancerie,
quei bizzarri doveri reciproci che s’inventano –
sembra un complotto contro l’umanità!
È difficile immaginare dove si finirebbe
se il loro esempio fosse imitabile.
Su cosa potrebbero contare religioni, poesie,
di che ci si ricorderebbe, a che si rinuncerebbe,
chi vorrebbe restare più nel cerchio?

Un amore felice. Ma è necessario?
Il tatto e la ragione impongono di tacerne
come d’uno scandalo nelle alte sfere della Vita.
Magnifici pargoli nascono senza il suo aiuto.
Mai e poi mai riuscirebbe a popolare la terra,
capita, in fondo, di rado.

Chi non conosce l’amore felice
dica pure che in nessun luogo esiste l’amore felice.

Con tale fede gli sarà più lieve vivere e morire.


Interpretazione di Matthias: 

Questa poesia è sicuramente una riflessione sulle dinamiche di coppia. In questi versi, comunque, l'autrice non nasconde la propria invidia per le coppie felici.
Che se ne fa il mondo di due esseri/che non vedono il mondo?
La conclusione della prima strofa si riferisce ad una "bolla" che porta agli innamorati intesa e sintonia, ma con il rischio di isolarsi dal mondo esterno.
Nel verso convinti/che doveva andare così compare il mito del destino. 
Poi ci sono diverse espressioni che rivelano l'invidia della Szymborska nei confronti delle coppie che funzionano. 
D'altra parte lei probabilmente non ha sperimentato relazioni durature, quindi prova anche un senso di esclusione da queste esperienze positive:

-Innalzati l’uno verso l’altro senza alcun merito
-perché proprio su questi/e non su altri?
-Ciò offende la giustizia? Sì.
-Guardate i due felici:/se almeno dissimulassero un po’,/si fingessero depressi, confortando così gli amici!
-Sentite come ridono – è un insulto.

Qualche mia riflessione aggiuntiva:

Nella seconda strofa io vedo però anche la questione della gratuità: Innalzati l’uno verso l’altro senza alcun merito,/i primi qualunque tra un milione.
L'amore segue forse criteri meritocratici? Non credo proprio, dal momento che è rispetto e gratuità.
Mi hanno colpita molto i versi: Un amore felice. Ma è necessario?/Il tatto e la ragione impongono di tacerne...
Una relazione non è mai immune da problemi e difficoltà. Prima o poi, se il rapporto è serio, emergono divergenze di pensiero, differenze di punti di vista, incomprensioni... tutto serve per una crescita reciproca.

G) RINGRAZIAMENTO:

Devo molto
a quelli che non amo.

Il sollievo con cui accetto
che siano più vicini a un altro.

La gioia di non essere io
il lupo dei loro agnelli.

Mi sento in pace con loro
e in libertà con loro,
e questo l'amore non può darlo,
né riesce a toglierlo.

Non li aspetto
dalla porta alla finestra.
Paziente
quasi come una meridiana,
capisco
ciò che l'amore non capisce,
perdono
ciò che l'amore mai perdonerebbe.

Da un incontro a una lettera
passa non un'eternità,
ma solo qualche giorno o settimana.

I viaggi con loro vanno sempre bene,
i concerti sono ascoltati fino in fondo,
le cattedrali visitate,
i paesaggi nitidi.

E quando ci separano
sette monti e fiumi,
sono monti e fiumi
che trovi su ogni atlante.

È merito loro
se vivo in tre dimensioni,
in uno spazio non lirico e non retorico,
con un orizzonte vero, perché mobile.

Loro stessi non sanno
quanto portano nelle mani vuote.

«Non devo loro nulla» –
direbbe l'amore
sulla questione aperta.

Lettura di Matthias:

L'inizio devo molto/a quelli che non amo, rimanda ad un sentimento di gratitudine che la poetessa ha nei confronti di chi non l'ha fatta innamorare, dal momento che non l'ha fatta soffrire. 
Per questo accetta e apprezza che siano legati ad altre persone, così nel rapporto che ha con loro come amici o come conoscenti, si sente libera e serena.
D'altra parte, per quel che si intuisce in questa raccolta, la Szymborska ha sperimentato relazioni passeggere che le hanno lasciato amarezza e disillusione.

La mia lettura: 

Io invece tendo a vedere un riconoscimento del valore dell'amicizia. Per cui, l'autrice prova riconoscenza per coloro che non ama. Quel sentirsi in libertà con loro l'ho interpretato come l'equivalente della frase: "l'amicizia è scegliersi, crescere insieme, condividere viaggi, esperienze di gruppo, belle giornate".
L'amicizia è un sentimento ma è anche una relazione nella quale si possono condividere interessi.


15 maggio 2024

"PERFECT DAYS": FILM DI INCONTRI E RELAZIONI:

Dedico volentieri la recensione a due cervelli di questo film a tutti coloro che svolgono lavori di pulizie oltre che di sistemazione di rifiuti: le loro mansioni sono preziosissime e fondamentali.

Perfect Days è un film candidato all'Oscar 2024.

Lo scorso anno ha vinto il Festival di Cannes.

1.TRAMA: 

Tokyo, 2023.

Il protagonista di questo film è Hirayama, un uomo di mezz'età che lavora come addetto alle pulizie dei bagni pubblici cittadini. Svolge molto bene e con meticolosità il suo lavoro. Le sue giornate seguono una precisa routine: si sveglia prima dell'alba, si lava, indossa la divisa da lavoro e percorre ogni giorno la tangenziale che lo porta in una determinata zona in cui è tenuto a lavorare.

Nei primi tre quarti d'ora mi è sembrato un film abbastanza scialbo dal momento che i dialoghi sono davvero molto rari e Hirayama sembra un protagonista muto. Oltre a ciò, in questo lasso di tempo, la cinepresa ci fa vedere soltanto i momenti in cui l'uomo compie con regolarità le solite azioni.

Nella seconda metà, a mio avviso, questo film si riscatta meravigliosamente: compare qualche personaggio interessante come ad esempio la ricca sorella del protagonista, la sveglia e simpatica nipote Nikko e la libraia con la quale Hirayama fa brevi conversazioni sui classici giapponesi.

Takashi, il giovane collega di Hirayama, ragazzo vivace, allegro ed estroverso, rappresenta l'unica nota comica e leggera del film.

Negli ultimi 70 minuti del film si mettono maggiormente in evidenza gli interessi che Hirayama coltiva nelle ore in cui non lavora: legge, coltiva piccole piante, scatta fotografie di alberi e parchi, si reca piuttosto spesso al bar del suo quartiere.

Tra i brani della colonna sonora c'è anche La casa del sole dei Los Marcellos Ferial.

2.LE RELAZIONI E GLI INCONTRI:

Prima delle considerazioni di Matthias mi piacerebbe mettere in luce, con il seguente paragrafo, le persone che Hirayama incontra nel corso della narrazione del film.

-Takashi sente il bisogno di valutare da uno a dieci tutte le esperienze che fa. Ad ogni modo, il giovane considera Hirayama "il suo collega mentore".

-Una giovane madre che non ringrazia Hirayama quando quest'ultimo fa uscire il figlio di pochi anni da un bagno e lo tiene per mano in attesa che lei arrivi e lo ritrovi. Anzi, la signora passa una salvietta sulle mani del figlio, come se Hirayama non fosse altro che un essere immondo.

-Un senzatetto che sembra avere delle visioni e abbraccia i tronchi degli alberi di un parco.

-La nipote Nikko, adolescente che ammira la semplicità dello stile di vita dello zio materno e che si rifugia da lui per alcuni giorni. Nikko ha fame di futuro e di esperienza. Durante una pedalata, la ragazza propone allo zio di allungare il giro in bicicletta in modo tale da poter raggiungere il parco pubblico che a lei piace molto. Ma Hirayama le suggerisce di rimandare in un'altra occasione, dicendole una frase apparentemente banale: "Lo faremo un'altra volta. Un'altra volta è un'altra volta, adesso è adesso".

Hirayama è una persona che svolge un lavoro umile a causa del quale, secondo molte persone che usufruiscono delle toilette pubbliche, non è degno nemmeno di un saluto. 

Eppure il protagonista del film tratta chiunque con rispetto e si dimostra sia capace di ascoltare sia in grado di apprezzare le piccole cose di ogni giorno.

7 maggio 2024

"LE CITTA' INVISIBILI", I. CALVINO:

Riporto, nel seguente post, le diverse opinioni che io e Matthias ci siamo fatti a proposito di questo libro.

A) CORNICI NARRATIVE E CONTENUTI:

A me questo libro è sempre piaciuto molto, per la ricchezza sia di rimandi culturali sia di situazioni attuali.
La cornice narrativa è interposta tra i nove capitoli che evocano le città ed è costituita dalla comunicazione tra Marco Polo e Kublai Khan. 

In questa sezione del libro Marco Polo narra a Kublai Khan, sovrano dei Tartari con un impero molto vasto, le città che ha avuto modo di visitare durante le sue ambascerie. 

A mio avviso è molto interessante considerare i modi in cui Marco Polo comunica con Kublai Khan: inizialmente a gesti, con mimi oppure anche mostrando oggetti. 

Nuovo arrivato e affatto ignaro delle lingue del Levante, Marco Polo non poteva esprimersi altrimenti che estraendo oggetti dalle sue valigie: tamburi, pesci salati, collane di denti di facocero, e indicandoli con gesti, salti, grida di meraviglia o d'orrore, o imitando il latrato dello sciacallo e il chiurlìo del barbagianni.

Non sempre le connessioni tra un elemento e l'altro del racconto risultavano evidenti all'imperatore; gli oggetti potevano voler dire cose diverse; un turcasso pieno di frecce indicava ora l'approssimarsi di una guerra, ora abbondanza di cacciagione, oppure la bottega di un armaiolo; una clessidra poteva significare il tempo che passa o che è passato, oppure la sabbia, o un'officina in cui si fabbricano clessidre.

Più avanti però il navigatore italiano si impratichisce degli idiomi dell'Oriente.

Le città invisibili, per mia somma gioia, hanno tutte nomi di donna. Non sono reali e dunque geograficamente non esistono. 

Dal mio punto di vista questo libro è una raccolta di racconti che dimostra la geniale fantasia di Calvino. 

Ma non si tratta soltanto di invenzioni da leggere durante le ore settimanali di relax, dal momento che alcune città richiamano o temi attuali, oppure qualche tradizione religiosa-cultuale antica, oppure anche città esistenti.

B) LE CITTA' CHE PIU' MI HANNO COLPITA:

B1) LE CITTA' "DEL CONSUMISMO E DELL'INDUSTRIALIZZAZIONE":

-MAURILIA: In passato era una piccola città provinciale, ora invece è una metropoli.

A Maurilia, il viaggiatore è invitato a visitare la città e nello stesso tempo ad osservare certe vecchie cartoline illustrate che la rappresentano per come era prima: la stessa identica piazza con una gallina al posto della stazione degli autobus, il chiosco della musica al posto del cavalcavia, due signorine con il parasole bianco al posto della fabbrica di esplosivi. 

-LEONIA: Questa città è l'emblema del consumismo: ogni anno la città si espande, tutto si rinnova ogni giorno e gli abitanti sono ricchi, godono di benessere economico. Ma ogni giorno molte cose vengono buttate via:

Il risultato è quello: che più Leonia espelle roba più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta se stessa nella sua forma definitiva: quella delle spazzature d'ieri che si ammucchiano sulle spazzature dell'altro ieri e di tutti i  suoi giorni e anni e lustri.

-PENTESILEA: Qui compare il tema del terrain vague, dal momento che la città si spande per miglia, con le sue officine, i sobborghi, i vasti terreni in cui gli edifici e i negozi si alternano alla campagna. Fuori da Pentesilea esiste un fuori?

B2) OMAGGI ALLA NOSTRA CULTURA:

-LEANDRA: Questa città è un chiaro omaggio alla Roma arcaica. 

Dei di due specie proteggono la città di Leandra. Gli uni stanno sulle porte delle case, all'interno, vicino agli attaccapanni e ai portaombrelli (...) Gli altri stanno in cucina, si nascondono di preferenza sotto le pentole o nella cappa del camino, o nel ripostiglio delle scope: fanno parte della casa e quando la famiglia che ci abitava se ne va, loro restano con i nuovi inquilini (...)

A Leandra vi sono due tipi di divinità: i Lari, che si trovano in cucina, e i Penati, sulle porte delle case.

-DIOMIRA: Questa città evoca un Oriente ricco. Sembra una città paradisiaca, fatta di materiali preziosi. Basti pensare alle statue degli dei costruite in bronzo, un teatro di cristallo e cupole d'argento. Ricorda un pochino il De Jerusalem Celesti, opera di Giacomino da Verona, autore di epoca medievale che ha descritto un paradiso con mura perlate, fiumi d'oro, fontane d'argento. 

B3) CITTA' CHE RICORDANO VENEZIA:

Prima di passare alle considerazioni di Matthias (sarà tremendo!), vorrei brevemente sintetizzare le prime due città che aprono il sesto capitolo, visto che mi ricordano la nostra fragile Venezia.

-SMERALDINA: Si tratta di una città acquatica nella quale strade e canali si sovrappongono e si intersecano e dove i viaggiatori possono scegliere di intraprendere sia il percorso terrestre sia un tragitto in barca.

-FILLIDE: L'elegante Fillide con cupole, pilastri e portici, è piena di ponti che attraversano i canali e le architetture di questa città sono dotate di una gran varietà di finestre:

... quante varietà di finestre s'affacciano sulle vie: a bifora, lanceolate, moresche, a sesto acuto, sormontate da lunette o da rosoni...