26 febbraio 2016

"Il Signore delle Mosche": un'isola sperduta nell'Oceano dove gli intelligenti divengono sempre più intelligenti e i selvaggi sempre più selvaggi

William Golding è conosciuto soprattutto per la creazione e la stesura di questo romanzo, affascinante ma al contempo terribile.


Durante un volo, un aereo britannico in rotta verso l'Australia si schianta in un'isola remota e deserta. Ritrovatisi naufraghi, Ralph, in compagnia di un ragazzino occhialuto e in sovrappeso  trovano una grande conchiglia marina che, suonata da Ralph come fosse uno strumento a fiato, diventa un richiamo in direzione degli altri sopravvissuti. Questo suono fa accorrere un gran numero di ragazzini dispersi, tutti di età compresa fra i 6 e i 15 anni, tra cui i gemelli Sam ed Eric e il gruppo dei coristi a capo del quale vi è Jack.

Ralph viene eletto "capo" di quella piccola comunità, anche se non riceve i voti dei membri del coro guidati dal fulvo Jack.  Sia Ralph che Piggy sanno bene che lo scopo fondamentale della loro permanenza nell'isola è quello di tenere sempre acceso un fuoco sulla montagna il cui segnale di fumo possa avvertire le navi di passaggio della loro presenza sull'isola.

I ragazzi decidono inoltre che chi detiene la conchiglia deve avere il diritto di parola e di esprimere la propria opinione alle adunate in assemblea, ottenendone in cambio il silenzio attento di tutti gli altri, silenzio che però viene raramente rispettato.


Ralph, il leader razionale:

Ralph e Piggy
Inizialmente sembra freddo, antipatico e sprezzante nei confronti di Piggy:
"Esitò per un momento, poi parlò di nuovo. «Come ti chiami?» «Ralph». Il grasso aspettò che a sua volte gli venisse chiesto il suo nome, ma questa offerta di amicizia non ci fu. Il biondo chiamato Ralph sorrise vagamente, si alzò e cominciò un'altra volta a farsi strada verso la laguna. (...)
  «Non importa come mi chiamino» - disse in tono confidenziale- «Purché non mi chiamino come facevano a scuola». Ralph cominciò a interessarsi. «Come ti chiamavano?» Il ragazzo grasso si diede un'occhiata alle spalle, poi si chinò verso Ralph e sussurrò: «Mi chiamavano Piggy.» Ralph scoppiò a ridere e balzò in piedi «Piggy! Piggy! »(...) Si buttò in picchiata sulla sabbia ai piedi di Piggy e restò lì a ridere."

 Nei capitoli successivi però, Ralph manifesta le sue numerose qualità tra cui il buon senso, lo spirito di iniziativa, la pacatezza. Insomma, si rivela un capo democratico, in grado di riflettere prima di prendere delle decisioni.
"«Abbiamo bisogno di un'assembea. Non per far chiasso. Non per ridere e cader giù dal tronco. Non per far degli scherzi o per far sfoggio di abilità. Ma per mettere le cose a posto. Ci ho pensato ancora. Ci ho pensato per conto mio a quello che dobbiamo fare. Io so di che cosa abbiamo bisogno. Di un'assemblea per rimettere le cose a posto perché noi decidiamo delle cose, ma poi non si fanno. Dovevamo far portare l'acqua dal ruscello e farla lasciare in quelle noci di cocco sotto le foglie fresche. Così si è fatto per alcuni giorni. Adesso non c'è acqua. Le noci di cocco sono vuote. La gente beve dal fiume. »(...) «Poi ci sono le capanne. I rifugi. Chi ha costruito i rifugi?» (...) «Chi li ha costruiti tutti e tre? Tutti abbiamo costruito il primo, il secondo l'abbiamo fatto in quattro e l'ultimo io e Simone. Difatti è così traballante. No. Non ridete! Quel rifugio potrebbe crollare se torna a piovere.» "
Dotato di carisma, egli cerca infatti di organizzare sia la difesa del fuoco (mezzo di salvezza) che la creazione dei rifugi. Durante la permanenza nell'isola, Ralph è per lo più infelice e nostalgico: nel corso del tempo diverrà molto amico di Piggy e più di una volta gli confiderà la sua grande nostalgia per lo stile di vita che conduceva prima del disastro aereo. Per il dodicenne Ralph, gli inverni trascorsi nella brughiera inglese sono ricordi dolci e piacevoli, mentre il presente in un'isola sperduta nell'Oceano Pacifico è pieno di incertezze, di delusioni, di difficoltà.

Piggy, lo scienziato saggio:

"Aveva le ginocchia nude e grassocce, graffiate dalle spine. Si chinò, tolse le spine con cura e si voltò. Era più piccolo del ragazzo biondo e molto grasso. Venne avanti, studiando attentamente dove mettere i piedi, e guardò in su. Aveva dei grossi occhiali"- così è descritto questo ragazzino, nella prima pagina del libro. Il suo vero nome rimarrà per sempre sconosciuto ai lettori. Appare goffo e impacciato e con un fisico non proprio atletico. Inoltre, è asmatico e miope (= non vede praticamente nulla senza occhiali). Però è un personaggio molto positivo, dall'inizio alla fine del romanzo. Anch'egli è razionale, riflessivo e molto più maturo della sua età (più o meno 11 anni). E' spesso oggetto di derisioni e umiliazioni da parte di molti ragazzi. A me sta simpatico e credo che questo ragazzino paffutello e occhialuto simboleggi lo scienziato dotato di senso morale; il ricercatore scientifico che si mette a servizio della comunità, che si preoccupa di divulgare le sue teorie e le sue conoscenze per il bene degli altri. Un esempio è quando egli spiega ai più piccoli il fenomeno dei miraggi. Anche Piggy è un nostalgico delle vecchie abitudini: di fronte a Ralph egli menziona spesso la zia e i consigli di quest'ultima, dal momento che è orfano di genitori.
Piggy inoltre è molto ricercato dagli altri perché è l'unico a disporre di un paio di occhiali grazie ai quali poter accendere il fuoco, utilizzando le lenti riflettenti i raggi del sole.
Peccato che verso la fine venga scaraventato giù da una rupe dagli scagnozzi di Jack! Avrei voluto che sopravvivesse e che tornasse a casa sano e salvo. 

Jack, il leader dispotico:

Jack
Sebbene sia molto negativo, riesce ad essere persuasivo.
Alto, magro e dai capelli rossi, nella prima parte del libro appare come un ragazzo prepotente, polemico verso Ralph e frignone. Durante le assemblee indette da Ralph, egli urla, contesta e critica aspramente il modo di fare del leader democratico. Fino al giorno in cui si allontana piangendo e dicendo con tono risentito: "Io sotto Ralph non ci sto più!"
Da allora, Jack istituisce una tribù di cacciatori sanguinari e violenti. E' fissato con la caccia, dall'inizio alla fine della storia. Proprio durante questa attività sfoga tutta la sua crudeltà e malvagità; basti pensare all'episodio in cui egli addita ai suoi seguaci una scrofa che sta allattando i suoi piccoli e li sprona ad attaccarla, ad inseguirla e ad ucciderla.
Proprio dal teschio della scrofa scaturisce il titolo dell'opera. Il teschio è in grado di attrarre le mosche. E di mostrare tutta la cattiveria di cui il genere umano è capace- e Simone sarà il primo a rendersene conto.
Jack è metafora del dittatore irrazionale e impulsivo che detiene il potere sfruttando la forza fisica, la superstizione e gli istinti più arcaici dell'animo umano. In effetti, si dipinge la faccia (come le tribù dei pellerossa e come gli indigeni vissuti molti secoli fa in America Centrale).
Al contrario di Ralph, Jack non è intelligente. Neanche un po'. Perché gli unici interessi che ha e che coltiva sono la caccia e il dominio assoluto sugli altri ragazzi, che rimangono comunque suggestionati da lui, ed è questo che è davvero molto sconvolgente! Sono suoi gregari, aderiscono alle battute di caccia di questo loro compagno che aspira a ritornare con grande entusiasmo ad uno stile di vita simile a quello dell'uomo preistorico.
Jack non è un ragazzo, è un mostro. Un mostro posseduto dal demonio. Riesce a far eliminare il ragazzo più dolce e più sensibile di quella piccola comunità, Simone.

Simone, l'artista intuitivo:

Simone
Il mio personaggio preferito! Davvero, è proprio una bella persona: per i piccoli raccoglie i frutti che maturano sui rami più alti, aiuta moltissimo Ralph nella costruzione dei rifugi, divide la sua razione di cibo con Piggy.
Probabilmente soffre di epilessia: di tanto in tanto sviene.
E' timidissimo: spesso infatti, durante le assemblee, ha paura di esprimere la sua opinione perché teme il giudizio altrui. Come Piggy, non viene mai preso sul serio ed è spesso banalizzato. Persino Piggy e Ralph lo considerano bizzarro e pazzo. Entrambi gli dicono "Sei un po' tocco". Ma in realtà non lo è affatto, dal momento che le sue capacità intuitive sono migliori delle loro.
In una delle assemblee egli suggerisce a Ralph di continuare a mantenere vivo il fuoco in cima alla montagna. Ma naturalmente viene contrastato proprio nel momento in cui cerca di dare questo ragionevole consiglio: Ralph infatti, impaurito dalla presunta "bestia" che crede di aver visto insieme a Jack una notte sulla montagna, non gli presta ascolto e accende un fuoco sulla riva del mare, provvedimento che si rivela inutile per la loro salvezza.
Simone è in realtà l'unico che non crede nell'esistenza della bestia.
In alcuni momenti della giornata, rimane solo nella radura. Importantissimo dal punto di vista narrativo è il capitolo VIII del libro in cui Simone assiste di nascosto allo squartamento di mamma scrofa da parte della tribù di Jack e, dopo l'allontanamento dei cacciatori selvaggi, rimane per un po' di tempo ad osservare con disgusto e con sconcerto il teschio della scrofa. È importante precisare che il suo colloquio immaginario con quella testa mozza di maiale simboleggia la sua brillante intelligenza che riesce prontamente a captare la pericolosità del dispotismo di Jack. Alcune recensioni definiscono Simone un "profeta visionario" dal momento che il suo nome, di origine ebraica, significa proprio "ascoltare". Però io preferirei definirlo un intuitivo, intuitivo come un artista, come un poeta che riesce a comprendere bene la realtà del mondo con le sue sfaccettature e gli aspetti più negativi dell'animo umano. Simone in qualche modo è paragonabile a Frida, la figlia di Kees Popinga, una dei personaggi presenti nel romanzo: "L'uomo che guardava passare i treni".
Vi riporto due passi tratti da questi due diversi libri relativi ai due ragazzi:

-A) FRIDA: "Aveva quindici anni e capelli castani, disponeva i quaderni sotto la lampada e se ne stava per un pezzo a guardarli con i suoi occhioni scuri che non esprimevano niente."
-B) SIMONE: "Simone voltò le spalle alla radura e strisciò tra i rampicanti finché raggiunse la penombra della foresta. Camminava con una faccia senza espressione".

Questo ragazzo è sensibile come Frida. Le loro facce sembrano inespressive, il loro atteggiamento appare sciocco, i loro discorsi sembrano insulsi e strampalati, ma in realtà entrambi pronunciano parole profonde, intrise di verità e di innocenza. In tutti e due i romanzi sembra che Simone e Frida non riescano a comunicare nulla di significativo e di rilevante agli altri personaggi, sembra che non capiscano nulla ma in realtà capiscono tutto. Prima e meglio degli altri.
L'enorme differenza è che Simone muore in modo terribile nel pieno dell'adolescenza, mentre Frida invece diventa grande. Diventa un'adulta molto amata dal marito e molto apprezzata in ambito professionale.
Ci sono rimasta malissimo quando Simone viene squartato e sgozzato come un porco, al punto tale che non volevo più proseguire la lettura. Non ho mai letto un romanzo antiutopico così tragico, addirittura più tragico di "1984" di Orwell.
E' impressionante il fatto che questi eventi terribili avvengano in una società di ragazzi e non di adulti! Ma il sentimento di curiosità alla fine è prevalso e sono arrivata alla fine.
Dicevo sopra che Simone non è "tocco", semmai ha un'intelligenza diversa da quella di Piggy: il cervello di Piggy segue i criteri della logica e della razionalità, proprio come i procedimenti matematici di uno scienziato, la mente di Simone invece funziona per associazione di idee diverse ma tutte inerenti alla mera osservazione di ciò che accade.
Ecco qui come ragiona Simone:
Il "Signore delle Mosche"
1) Jack e i suoi uccidono e smembrano selvaggiamente la scrofa.
2) Appendono ad un palo la testa della bestia massacrata come se fosse un totem, un simbolo di potere.
3) Jack purtroppo sa conquistare adepti con la sua impulsività e con l'applicazione della violenza, senza curarsi delle sofferenze di altre creature.
4) Jack presto soppianterà Ralph e costringerà tutti con la forza a partecipare alle battute di caccia. 5) Nel "regime" di Jack non c'è posto per uno come me. Sicuramente mi uccideranno.
Simone non è un indovino, e nemmeno un mago capace di interloquire con animali morti. Quel dialogo che prima ho definito immaginario con il teschio della scrofa è in realtà la sua riflessione sulla natura umana, capace di attuare cose terribili, crudeli e incapace invece di provare rimorso e senso di colpa per i propri misfatti. Però, anche se sa di essere destinato a morire presto e in modo cruento, cerca di raggiungere gli altri per poter spiegare loro ciò che ha visto e ciò che ha pensato.
Riporto qui alcuni passi relativi alle ultime ore di vita di Simone:
"Simone restò dov'era, piccola figura bruna nascosta dalle foglie. Anche se chiudeva gli occhi vedeva sempre, come un'immagine persistente, la testa della scrofa. (...) Aprì gli occhi, ed ecco la testa della scrofa che ghignava divertita nella luce strana, ignara delle mosche, delle budella ammucchiate, ignara perfino dell'oltraggio di essere infilata su un bastone. Simone distolse lo sguardo, passandosi la lingua sulle labbra secche. (...) Simone alzò gli occhi e guardò il cielo. (...) Simone abbassò il capo, tenendo gli occhi ben chiusi, poi li riparò ancora con la mano. (...) Di fronte a Simone il Signore delle Mosche ghignava, infilzato sul bastone."

"Simone ebbe un sussulto. «Non c'è nessuno che ti possa dare aiuto. Solo io. E io sono la Bestia.» (...) «Che idea, pensare che la bestia fosse qualcosa che si potesse cacciare e uccidere!» -disse la testa di maiale.- «Lo sapevi, no?...che io sono una parte di te?».

Dentro ogni essere umano c'è "una bestia", una parte cattiva. Nessuno è completamente buono o completamente cattivo e questo ce lo insegna anche un romanzo di Calvino intitolato "Il visconte dimezzato". Però sta ad ognuno di noi quale parte della nostra personalità coltivare. Sta a noi decidere se servirci di doti quali la ragionevolezza, la sensibilità e la generosità oppure dar credito a quella parte irrazionale, violenta, rabbiosa che non porta mai a farsi scrupoli per le azioni cattive e disoneste che si compiono.


Sam e Eric, gli aiutanti pieni di zelo:

Sono due gemelli estremamente uniti. Proprio perché fanno tutto insieme vengono chiamati "Sammeric". Il loro compito è soprattutto quello di mantenere acceso il fuoco.
Nella parte finale del romanzo, vengono catturati dai seguaci di Jack e, dopo fastidiose torture, costretti da quest'ultimo ad entrare nella tribù. Sam ed Eric sono molto positivi e rappresentano a mio avviso tutte quelle persone che si adoperano con molta energia e con molta generosità per garantire la giustizia sociale: potrebbero essere paragonati a chi, oggi, oltre a svolgere bene una professione, si dedica con passione al volontariato.


UN'ANTIUTOPIA CHE RIFLETTE GLI EVENTI STORICI DEL SECOLO SCORSO:

I ragazzi si ritrovano senza alcun adulto su una calda isola che offre loro cibo, acqua e materiali per costruire dei rifugi nei quali trascorrere la notte. 
Però con loro convivono due paure: la prima, tipica soprattutto dei bambini più piccoli, di ciò che può avvenire loro durante il sonno (assalto di animali feroci) e la seconda invece, che crea angoscia soprattutto in Ralph e Piggy, di non venire più salvati.
Vi sono inoltre due tipi di leader tra di loro, molto diversi l'uno dall'altro: il ragionevole Ralph, che si preoccupa soprattutto dei metodi di avvistamento per la salvezza e il selvaggio Jack, disposto soltanto ad andare a caccia per poter sopravvivere.
Tra i due prevale Jack, dal momento che quest'ultimo propone al gruppo l'eliminazione della belva con l'attività della caccia. Jack allude quindi in qualche modo a Hitler. Certo, Hitler non si dipingeva il volto e non andava a caccia come un selvaggio, però, proprio alla maniera di Jack, ha cercato di conquistarsi la stima del popolo tedesco giocando proprio sul sentimento di paura delle masse, una paura causata dalla disastrosa situazione economico-finanziaria della Germania di allora.

Jack sa che molti ragazzi temono la "bestia", ovvero, il pericolo dell'assalto da parte di un animale feroce. Dunque decide di servirsi di essa per diventare capo e per ottenere il consenso del gruppo.
Una volta al potere, lo stesso Jack sceglie di mantenere in vita la belva- vi ricordo la testa mozza del maiale messa su un palo- idolatrandola anche con sacrifici umani. Questo gli permette di esercitare facilmente il controllo sulla tribù: ogni ragazzino infatti, oltre ad essere sempre più terrorizzato dalla belva, è anche impossibilitato a contrariare Jack per paura di diventare dono sacrificale.

Nel racconto, l'orientamento del gruppo verso i dettami di Jack svanisce improvvisamente con l'arrivo del capitano che li salva, il quale rappresenta una forza esterna di elevato potere in grado di determinare, con la sua sola presenza, la liberazione dall'oppressore. 

Ecco come Golding conclude il romanzo, con parole riferite a Ralph:

 " (...) L'isola stava bruciando come legna secca, Simone era morto e Jack aveva... Gli sgorgarono le lacrime e fu scosso dai singhiozzi. Per la prima volta da quando era sull'isola si abbandonò al pianto, a un grande spasimo di dolore che lo scuoteva tutto. Il suo pianto risuonava sotto il fumo nero, davanti all'incendio che distruggeva l'isola, e presi dalla stessa commozione anche gli altri bambini cominciarono a singhiozzare. In mezzo a loro, con il corpo sudicio, i capelli sulla fronte e il naso da pulire, Ralph piangeva per la fine dell'innocenza, la durezza del cuore umano, e la caduta nel vuoto del vero amico, l'amico saggio chiamato Piggy. L'ufficiale, davanti a quella scena, era commosso e un po' imbarazzato. Si voltò dall'altra parte, per dar tempo ai ragazzi di riprendersi e aspettò. (...)"




20 febbraio 2016

Infelicissima Campania!!! :'( :'( !!!



Non scriverò molto stavolta, per i seguenti motivi:

A) Innanzitutto io sono settentrionale e sono sempre vissuta a Verona, a più di 700 km di distanza dalla Campania. Pur essendo abbastanza informata a proposito di questa terra martoriata, ritengo che su questo mio blog sia giusto "dare voce" soprattutto a persone residenti in quella zona che hanno subito delle gravi perdite affettive a causa dell'inquinamento ambientale e che stanno lottando energicamente per poter migliorare la situazione del loro territorio.

B) Le immagini e i video che ho caricato su questo post sono sicuramente molto più efficaci ed eloquenti di un testo scritto da me che potrebbe risultare noioso. Lo scopo di molti miei post, oltre a quello di informare, è anche cercare di coinvolgere la mente e l'animo dei lettori. Ovvio che faccio quello che posso e che non con tutti ci riesco.

Cominciamo da una fotografia. Anzi, da due fotografie piuttosto impressionanti. E la prima a mio avviso non è nulla in confronto alla seconda...





Il ragazzino che vedete a cavallo del motorino si chiamava Vincenzo Abate ma era soprannominato affettuosamente "Vincenzino". Viveva in un povero paesino in provincia di Caserta.
Era nato il 3 gennaio del 1982 ed è morto, appena tredicenne, nell'aprile del 1995. A causa di una rarissima forma di leucemia. A causa delle scorie radioattive. A causa della delinquenza della Camorra. Per anni, questo ragazzino ha mangiato frutta e verdura coltivate in un terreno all'interno del quale erano state depositate sostanze nocive e scorie nucleari.
Osservatelo bene. La fotografia è stata scattata alcuni mesi prima che Vincenzino morisse. Ma mettono già molta tristezza le braccia e le gambe scheletriche, il viso troppo magro, i pochissimi capelli che cercano di ricrescere dopo un penoso ciclo di chemioterapie. Vincenzino è praticamente uno scheletro seduto sul sellino del suo ciclomotore.

E questa è l'altra fotografia. Il ragazzo è chiaramente in fin di vita. Morto a soli 13 anni, Vincenzino Abate avrà per sempre 13 anni. Perché quella terra maledetta non gli ha dato la possibilità di crescere, di studiare, di esplorare il mondo con occhi curiosi e ammaliati. L'immagine è tratta dalla fiction "Io non mi arrendo", programma trasmesso pochi giorni fa su Rai Uno è dedicato alla figura di Roberto Mancini, un poliziotto che negli anni Novanta aveva condotto con grande zelo un'inchiesta sui rifiuti tossici depositati nei territori campani. La scena dell'ultimo incontro tra il poliziotto e Vincenzino è tra le più toccanti. E infatti mi si è stretto il cuore.








LA TERRA DEI FUOCHI:
 
Con questa espressione, utilizzata per la prima volta nel 2003 da Legambiente nel rapporto "Ecomafie" di quell'anno, si individua una zona situata tra le provincie di Caserta e Napoli conosciuta soprattutto per la presenza di tonnellate di rifiuti tossici. La loro quantità infatti è diventata da molti anni talmente enorme che, per poterli smaltire, i collaboratori della mafia appiccano dei veri e propri "roghi" di rifiuti, i quali inevitabilmente contaminano l'aria di diossina e accorciano in modo molto significativo la speranza di vita della popolazione. Quelle montagne di immondizia sono infatti responsabili di leucemie e di tumori dalle metastasi molto rapide che colpiscono soprattutto i giovani e i bambini, anche molto piccoli.
Bisogna tener presente che l'inquinamento da diossina dei terreni è estremamente pericoloso dal momento che introduce sostanze tossiche nella catena alimentare degli animali da allevamento e nell'organismo umano. Era il 2008 quando sono state rilevate presenze di diossina nella mozzarella di bufala proveniente da allevamenti in provincia di Caserta. A seguito di questi riscontri, che però riguardavano in maniera limitata gli allevamenti impiegati per produrre la mozzarella di bufala campana, alcuni paesi, tra cui Corea del Sud e Giappone, bloccarono temporaneamente l'importazione di questo tipo di mozzarella. Da quell'anno comunque, la vendita di prodotti caseari originari della Campania è diminuita sia in Italia che all'estero.



La "terra dei fuochi" comprende un'estensione di ben 1076 km², nella quale vivono circa tre milioni di abitanti. L'accumulo illegale dei rifiuti coinvolge 33 comuni appartenenti alla provincia di Napoli e 24 paesi situati invece nella parte sud-occidentale del casertano.
Quest'area è naturalmente interessata da un traffico consistente di rifiuti, tra le cui attività rientrerebbe anche l'eliminazione di materiali come copertoni o scarti di abbigliamento provenienti soprattutto dal Nord Italia.


DON MAURIZIO PATRICIELLO, IL SACERDOTE CHE NON ASSOLVE CHI INQUINA:

Don Maurizio è l'attuale parroco di Caivano (NA). Si sta battendo come un leone per far valere l'inestimabile diritto alla salute della sua gente. Così egli ha commentato l'enciclica di Papa Francesco:
"A me piace molto il punto in cui Papa Francesco parla dell’ambiente nell’ottica del disegno di Dio; ovvero, un giardino coltivato e custodito per chi verrà dopo. Attenzione, un giardino non soggiogato, ma curato dall’uomo. Non possiamo distruggere il creato. La globalizzazione dell’indifferenza ci porta alla teoria dello scarto. (...) Il divario tra Nord-Sud, tra ricchi-poveri è costante. La società del consumo ha allargato le problematiche della distruzione (...) Un conto è parlare della salvaguardia del creato su un’isola ai Tropici, un altro invece quando sei in un posto in cui devi sbarrare le finestre e non puoi respirare per la puzza".


Ecco qui un video relativo alla sua partecipazione su un programma di TV 2000, dove egli fa dei costanti riferimenti alla sua terra:





LE MAMME CHE SANNO FARSI FORZA:

Anna Magri, giovane madre di Riccardo, morto a ventidue mesi, chiede giustizia e verità non soltanto per se stessa ma anche per tutti quei genitori che, contro le leggi della Natura, hanno dovuto seppellire con grande dolore i loro figli ancora bambini. Personalmente credo che la morte di un figlio sia la cosa peggiore che possa capitare ad un essere umano.





FIORELLA MANNOIA, "IN VIAGGIO":

Questa stupenda canzone la dedico sia a tutti quei campani, pugliesi, calabresi e siciliani che per motivi di lavoro o sanitari si sono trasferiti al Nord, sia a tutti i meridionali che decidono di rimanere nelle loro regioni per difendere valori quali la legalità, la giustizia sociale e la solidarietà.

La vita è un viaggio, un viaggio di cui siamo protagonisti. La mente umana è limitata e quindi non ci è dato sapere con certezza l'avvenire. La nostra strada sarà incerta ma il conforto e il sostegno di chi ci ama veramente diverrà proprio una coperta che ci protegge dal gelo della solitudine e della malinconia.
"Rivendica il diritto ad essere felice"= dobbiamo pensarci sempre alla felicità. Anche se non credo che questo sentimento sia un fine quanto piuttosto un mezzo con cui affrontare tutte le prove della vita, armandosi di coraggio, di autostima e di un bel sorriso sulle labbra.
"Lo sai che l'onestà non è un concetto vecchio, non vergognarti mai quando ti guardi nello specchio"= L'onestà è un valore preziosissimo! E mai evitare di farsi un esame di coscienza. E' un diritto-dovere di ciascuno trovare nel corso della giornata dei momenti in cui riflettere su se stesso e sui suoi comportamenti. Mai vergognarsi di praticare l'introspezione.


La situazione è molto drammatica ma nonostante tutto sono fiduciosa. 

Rispetto agli anni '90, sta cambiando la mentalità della gente: troppi genitori hanno perso i loro figli affetti da malattie rare e gravissime. Il dolore intenso di solito rende combattive le persone. 

In Sicilia per esempio le cose sono cambiate in meglio: negli anni '70 e '80 regnava nell'isola un clima di rassegnazione e di sgomento di fronte a una serie di omicidi commessi da Cosa Nostra che incuteva terrore e costringeva all'omertà. Ma proprio a causa delle troppe vittime che quest'organizzazione mafiosa ha mietuto, la mentalità di una buona parte dei siciliani è cambiata. La mafia ovviamente c'è ancora, ma almeno da quelle parti non uccide più. Inoltre, il livello culturale e anche il senso morale dei siciliani sono aumentati considerevolmente negli ultimissimi anni. 


Anche a Caserta e a Napoli la gente sta prendendo la consapevolezza della gravità della situazione, quindi non resta che sperare in un futuro migliore. Per loro, per i loro bambini. E per l'Italia, i cui politici dovrebbero cercare di attenuare il grande e profondo divario Nord-Sud.




19 febbraio 2016

Pietro Abelardo: la figura più affascinante della latinità medievale


Nel corso di questo primo semestre ho studiato anche una disciplina molto interessante denominata "letteratura latina medievale" e l'altro ieri ho dato l'esame.
A Verona questo insegnamento, al contrario di "letteratura latina classica", è opzionale; però io credo sia molto utile affrontarlo soprattutto per tre motivi:
-E' interessante studiare ciò che è avvenuto dopo l'età della Roma Imperiale e dopo il periodo della letteratura cristiana antica (S. Agostino, Tertulliano).
Come appare Pietro Abelardo in un manoscritto del XIV secolo
-Una buona parte dei politici europei tende a negarlo, ma è la verità: le radici dell'Europa sono cristiane! In particolar modo, in Italia per molto tempo la Chiesa ha avuto il monopolio della cultura.
Basti pensare infatti all'Alto Medioevo (periodo che va più o meno dal V fino al X secolo): in questi cinque secoli le uniche persone colte erano i monaci e i vescovi.
-Si tende a dire spesso: "Nel Medioevo non c'è stata cultura". Falsissimo! In quei dieci secoli sono vissuti degli intellettuali piuttosto brillanti che hanno prodotto soprattutto opere complesse e tutt'altro che mediocri di carattere teologico, filosofico e storico. Alcune delle loro idee sono sopravvissute sino ad oggi.
Davvero, per chi studia lettere questa disciplina si rivela molto arricchente!

Durante l'interrogazione il professore mi ha chiesto soprattutto di Paolo Diacono, uno storico di grande sensibilità e di considerevole levatura morale, vissuto nell'Alto Medioevo. Ma la figura che qui presento è Pietro Abelardo, vissuto a cavallo tra XI e XII secolo. E' una personalità che ha avuto una vita molto avventurosa e travagliata ma che ha dato importanti e significativi contributi alla riflessione teologica e filosofica.

BIOGRAFIA DI ABELARDO:

Gli studiosi collocano la sua data di nascita intorno al 1080 a Palais, in Bretagna. Dopo aver concluso gli studi filosofici a Parigi, nel 1114 gli viene dato l'incarico di docente presso la scuola cattedrale di Notre-Dame, dove intesse una relazione con Eloisa, la nipote di Fulberto, canonico di Notre-Dame.
Quando la giovane si accorge di essere rimasta incinta, Abelardo la fa fuggire in Bretagna e la sposa segretamente in modo tale da non compromettere la sua carriera di maestro. Però lo zio della ragazza, arrabbiatissimo, organizza una spedizione punitiva che si conclude con l'evirazione di Abelardo e con la diffusione della notizia della gravidanza di Eloisa, all'epoca incredibilmente scandalosa.
Pietro ed Eloisa decidono di rifugiarsi entrambi in due diversi monasteri: l'uno a Saint-Denis, l'altra ad Argenteuil. Pochi anni dopo, il filosofo ottiene dal suo abate il permesso di insegnare e nel 1123 fonda nei pressi di Troyes l'oratorio del Paracleto, scuola che ottenne un enorme successo presso i giovani, i quali accorrevano da tutta la Francia. Ma a causa delle sue posizioni teologiche anticonformiste, viene costretto ad abbandonare l'oratorio e a ritirarsi prima in Bretagna e poi a Cluny, dove muore nel 1142.

Una piccola curiosità: Abelardo era soprannominato "Golia" dai suoi avversari dottrinali. Nel Medioevo tale appellativo portava lo stesso significato del termine "demoniaco".
Una parentesi a proposito della lirica mediolatina: proprio nel periodo in cui vive Abelardo nascono la satira e la lirica goliardica. La satira, venata di ironia, nasce e si sviluppa con l'ingresso della dialettica in tutti i campi del pensiero, con il conseguente atteggiamento di ricerca della discordanza nelle cose. Toni satirici si trovano sicuramente nella poesia goliardica, scritta da maestri e studenti operativi naturalmente nel mondo delle scuole e delle Università. Essi erano detti "goliardi", ovvero, "figli di Golia= del diavolo".
La lirica goliardica, oltre ad affermare reali prese di posizioni politiche e religiose, critica ferocemente la corruzione degli ecclesiastici dell'epoca e rappresenta tutte le contraddizioni di una classe intellettuale che denuncia i propri difetti. L'attuale significato del termine "goliardo" deriva proprio dal Medioevo, dal momento che esso è attribuito a persone scherzose, ironiche, allegre e amanti della compagnia.

LA "LOGICA INGREDIENTIBUS":

"Logica Ingredientibus"= "Logica per principianti" (da "ingredior", "entrare, cominciare").
E' la sua principale opera filosofica, influenzata dalle teorie del suo maestro Roscellino. Abelardo si oppone a Sant'Anselmo d'Aosta dal momento che si pone su un "intelligo ut credam"= "comprendo per credere"-"intelligo" in latino medievale. Per Abelardo dunque è necessario possedere la conoscenza del mondo per poter giungere alla fede in Dio. Secondo il filosofo infatti le verità divine vengono raggiunte e dimostrate mediante la ragione. Il procedimento inverso "credo ut intelligam"= "credo per capire" invece intende porre in primo piano la fede per poter comprendere l'ineffabile mistero di Dio.
Abelardo aveva abbracciato la teoria nominalista, dottrina che ritiene che i termini di portata generale (gli universali) non posseggano una loro propria esistenza prima o scollegata dalle cose, ma vengano concepiti soltanto come nomi.  Egli dunque parte dall'idea che i nomi (anche individuali) sono sempre meno reali delle cose a cui si riferiscono. Gli esseri umani acquisiscono prima i concetti delle cose e poi, formatosi nella mente il concetto della cosa alla quale si è attribuito il nome, utilizza il nome stesso in proposizioni logiche di senso compiuto. Abelardo voleva dimostrare che la logica è una disciplina mentale che si occupa soprattutto di concetti e di proposizioni.
Per evitare di farvi venire il mal di testa faccio un paio di esempi: la rosa è un fiore delicato che spunta a tarda primavera, formata da molti petali profumati e foglie seghettate, con spine (ahimè!). Una volta che l'uomo si è formato questo concetto e gli ha attribuito un nome che ritiene adeguato e consono, lo utilizza in alcune frasi che si riferiscono proprio alla rosa, anche molto tempo dopo che la rosa stessa è sfiorita. Però l'adesione di Abelardo al nominalismo era rischiosa in ambito di speculazione trinitaria, perché se i concetti, sia universali che individuali, sono soltanto nomi, allora non esiste nemmeno la Trinità, che è il nome universale e vale per Padre, Figlio e Spirito Santo. Soprattutto in questo lo critica il monaco Bernardo di Chiaravalle, una delle personalità più intransigenti e più rigide dell'epoca. Bernardo... uno dei più ferventi predicatori a favore delle Crociate!

L' "ETHICA":

E proprio in quest'opera si registrano le sue innovazioni, pericolose per quel tempo!!
Egli si interroga sull'importanza da conferire, nella valutazione del peccato, dall'intenzione da parte di chi lo compie. "... Non quae fiunt, sed quo animo fiunt".
E qui, chi studia o ha studiato giurisprudenza, sicuramente si farà una sarcastica risatina, perché questa idea è fin troppo ovvia nel diritto penale. Non era però così scontata nel XII secolo!
Dunque, affinché esista la colpevolezza, è necessaria la consapevolezza dell'individuo a compierlo. Ed ecco che qui, i suoi avversari si scatenano affermando che questo pensiero nega il concetto di "peccato originale" presente nella Genesi e alla base della teologia morale del Cattolicesimo!
Però io sto pensando anche a questo: nella Genesi, Adamo sa bene che non deve mangiare dei frutti dell'albero perché glielo ha detto Dio. Dio lo ha avvertito di un pericolo. Dunque, quando cede alle parole del serpente, a mio parere egli dentro di sé è comunque consapevole di commettere un errore, di disobbedire a Dio. Quello che intendo dire è che Adamo ed Eva sanno di trasgredire, dunque il loro è davvero un peccato. Non per niente dopo aver mangiato si nascondono pieni di vergogna!  Modestamente credo che Bernardo di Chiaravalle abbia avuto torto...


L'"HISTORIA CALAMITATUM":


"La storia delle mie sventure". Questa raccolta di testi, che costituiscono il suo epistolario, fanno parte del genere autobiografico.
Molte sono lettere inviate ad Eloisa, la quale cerca di convincerlo sul fatto che il vero amore è quello libero e non quello legato da un contratto. Nelle sue lettere tra l'altro, Eloisa lamenta la sua monacazione forzata a cui peraltro Pietro l'aveva costretta per gelosia. Eloisa pone il problema del contrasto tra i suoi desideri interiori e il comportamento esteriore a cui si adegua per senso di responsabilità. 
In questo epistolario emergono da parte di Abelardo delle riflessioni profonde sulla sua gioventù, sui suoi ideali e sui suoi errori. L'intellettuale rievoca inoltre il loro reciproco innamoramento, verificatosi in un contesto culturale. Questa rievocazione rimanda al "libro galeotto" che porta alla perdizione Paolo e Francesca del canto V dell'Inferno
(vv. 129-138):
"Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante".



10 febbraio 2016

La speranza ci salva la vita!


La speranza ci salva la vita! O almeno, la rende "più degna di essere vissuta". Io credo che sia così. Tra un esame e l'altro, tra una ripassata e l'altra ho persino il tempo di riflettere!
Avete presente quel corso biblico-teologico che ho seguito lo scorso anno nel periodo gennaio-marzo al Seminario di Verona? E ricordate come questa opportunità mi aveva donato significativi spunti di riflessione per scrivere un post dedicato alla Pasqua? Anche quest'anno il Seminario della mia città ha proposto un breve corso di riflessione e di meditazione su alcuni passi tratti dai Vangeli. Io naturalmente sto partecipando volentieri.
C'è quel passo del Vangelo di Marco al capitolo 4 particolarmente suggestivo... Prima di copiarlo qui sotto e di riportare gli appunti presi durante la spiegazione, inizio la mia riflessione da un'opera d'arte molto significativa.

" IL MARE ARTICO": 


Sembra una fotografia, ma in realtà è un dipinto di David Friedrich, artista tedesco vissuto nella prima metà del XIX secolo. La tecnica pittorica raggiunge infatti un elevato livello di precisione per il fatto che riproduce il vero in modo molto particolareggiato. 

L'opera s’ispira alla fallita spedizione del 1819 al Polo Nord della nave inglese denominata "Hecla" di Sir William Parry. Il "mare di ghiaccio" è frammentato in moltissimi pezzi, in molte schegge che si ammassano l'una sopra l'altra formando così una sorta di piramide. Le lastre di ghiaccio sembrano dei dolmen dai bordi sporgenti e aguzzi che si protendono verso il cielo. E a destra si scorge a malapena la poppa della nave semi-sommersa dai ghiacci. Ad ogni modo, l'intento di Friedrich va al di là dei tragici eventi storici. 
Innanzitutto occorre precisare che quelle lastre di ghiaccio rimandano ad una terribile vicenda di infanzia: quando era bambino stava pattinando sul ghiaccio con il fratello poco più grande. Ad un tratto il ghiaccio si era rotto proprio sotto i piedi di David e il fratello Johann, per salvarlo, era annegato nell'acqua gelida. Friedrich è un artista che per tutta la vita ha "portato la morte nel cuore", dal momento che in molti dei suoi dipinti emergono la sua angoscia esistenziale e la sua inquietudine; oltre anche ad un certo senso di colpa per essere vivo. Non è mai riuscito a superare la perdita del fratello.
Oltre al dato autobiografico però va anche segnalato il significato religioso e filosofico del dipinto:
sin dall'antichità, il tema della navigazione simboleggia la vita umana, inevitabilmente soggetta a brutti imprevisti. Il naufragio incarna la fragilità dell'uomo, in balia delle forze della Natura, molto più potenti delle sue facoltà fisiche e mentali. Curioso il sottotitolo dell'opera: "Il naufragio della speranza". Il Polo nord è qui inteso come un luogo nel quale i giorni, le stagioni, gli anni e i secoli si ripetono sempre uguali.  Questo ambiente dunque rinvia al concetto dell'eternità di Dio. La nave, simbolo della vita umana, non può sfuggire a quell'eternità divina. Anzi, il tentativo degli uomini di comprendere il mistero divino si rivela vano e destinato a fallire.
Almeno nel dipinto di Gericault ci sono dei piccoli segni di speranza ma qui c'è proprio un grande senso di impotenza di fronte a Dio e alla Natura. Una veloce occhiata a quest'opera comunica allo spettatore una sensazione di freddo e di disperazione. Anche il colore del cielo (blu-violaceo) è un aspetto piuttosto inquietante.

"LA TEMPESTA SEDATA"- MARCO 4, 35-41:

"In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all'altra riva».  E congedata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui.  Ci fu una gran tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che moriamo?». Destatosi, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e vi fu grande bonaccia.  Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: «Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?».

E' un passo che mi sta molto a cuore, ultimamente è il mio brano biblico preferito.
Dunque, all'interno del testo, le indicazioni spazio-temporali sono rilevanti e simboliche: la sera richiama al buio e all'incertezza; l'altra riva richiama invece ad un destino incerto che si apre davanti al gruppo dei discepoli. La frase di Gesù: "Passiamo all'altra riva"  contiene un significato escatologico: Gesù accompagna i discepoli all'altra riva ma con questa breve frase vuole anche alludere ad un viaggio che comporta il passaggio da ciò che è noto a ciò che è ignoto.
Come ho già accennato sopra, la tempesta (in ambito artistico e letterario) rappresenta la condizione di precarietà a cui è esposta la vita. Mentre si scatena la tempesta, la reazione di Gesù è sorprendente, anomala, fa sorridere proprio perché appare imperturbabile. I verbi che Marco impiega qui (=dormire, svegliarsi e destarsi), sono tipici del linguaggio pasquale. In particolare, il verbo "dormire" allude alla morte di Cristo e rimanda anche a quella che sarà la situazione della comunità dopo la risurrezione di Gesù: egli non è più direttamente percepibile.
Ad ogni modo, l'angosciata richiesta dei discepoli "Non ti importa che moriamo?" fa emergere chiaramente la percezione del senso di abbandono che prende il sopravvento quando una situazione appare insostenibile e tragica. Poi però, l'efficacia dell'intervento di Gesù è totale e senza ombre, dal momento che la sua condizione di Risorto non lo rende né impotente né lontano. Alla fine,  Egli rivolge due domande ai discepoli, le quali rivelano la loro facilità a cadere nello sconforto, caratteristica connessa all'incapacità di porsi correttamente di fronte a Gesù. In realtà la Sua presenza è efficace, anche se sembra insignificante come il granello di senape.
"Chi è Costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?"= Questa è la domanda cruciale del racconto. I discepoli non riescono a concepire la grandezza divina di Gesù alla luce del suo apparente disinteresse. Ma sulla croce si vedrà come il Regno di Dio è un dono che non domanda alcuna ripartita. Gesù qui dimostra una grande autorevolezza sugli elementi naturali, quindi la vera questione che pone questo brano è: "Come collocarsi davanti al paradosso di una potenza assoluta che volutamente rimane nascosta?"

Bella domanda e anche interessante! Questo laboratorio sulla Bibbia terminerà a metà marzo e quest'anno è iniziato il 25 gennaio. Ricordo che la prima volta, sebbene fossi realmente intenzionata a partecipare, avrei preferito rimanere a casa. Quel lunedì sera mi sentivo triste, mi veniva ancora da piangere perché pensavo agli ultimi mesi di vita di Gabriella, anche se credo che sei mesi trascorsi a letto senza potersi nemmeno sedere sulla poltrona accanto non si possano chiamare veramente "vita".
Pensavo: "Sai quanto avrebbe apprezzato anche lei l'iniziativa di un laboratorio biblico-narratologico? E quanti viaggi avrebbe potuto fare ancora, per esplorare bellezze artistiche e naturali dell'Europa?"
Viaggi e arte. Queste erano le sue passioni. E le piaceva molto cantare, dal momento che faceva parte della nostra Corale. Lei è stata una delle prime persone che ha intuito il mio forte interesse per l'arte, il mio talento per la scrittura.
Alla fine sono partita lo stesso, perché comunque mi sarebbe dispiaciuto molto perdere un'approfondita spiegazione su un brano della Bibbia.
Non guidavo io, al volante c'era mia zia, così durante il tragitto ho avuto il tempo di contemplare la luna piena. E ho formulato un pensiero rivolto a Dio. Lo ricordo ancora molto bene:"Signore, sono piccola, malinconica, fragile e limitata. E probabilmente anche stupida. Perdonami se non riesco a comprenderti fino in fondo e se ultimamente faccio fatica a credere in un aldilà."
Al funerale di Gabriella avevo pensato tra le lacrime: "E se tutto si fermasse davvero alla morte? E se non ci fosse proprio nulla dall'altra parte, che senso avrebbe vivere? Si vive per lasciare nel dolore le persone che ci hanno amato e per poi essere completamente dimenticati dopo la morte dei nostri cari, nel giro di qualche decennio?"
Davvero, cose di questo genere non le avevo mai pensate prima di allora, nemmeno quando è andato via mio nonno qualche anno fa.
E tenevo lo sguardo fisso sulla brillante luna piena. Pochi minuti dopo, una volta arrivate a destinazione, ricordo che sentivo già dentro di me un positivo cambiamento di umore, al punto tale che mi veniva da ridere mentre cantavo mentalmente: "E quanto avrei voluto in quell'istante che ci fossi, perché ti voglio bene veramente e non esiste un luogo dove non mi torni in mente" (Mengoni).
E insomma, stavo decisamente meglio. Secondo me è vero che la presenza di Dio non è evidente, però sta a noi riconoscerla! Dobbiamo interrogarci su noi stessi per capire in quali ideali vogliamo credere.

E tornando al paragone con Friedrich... In "Mare artico" c'è un'umanità disperata, sopraffatta dalla violenza di una Natura terribile e persino sottomessa all'Eternità di Dio, che rimane inspiegabile.
Nel brano di Marco invece c'è una speranza: l'aiuto di Dio che, come dice un famoso aforisma brasiliano: "Ci porta in braccio nei momenti più difficili".


MENGONI-TI HO VOLUTO BENE VERAMENTE:

Il tormentone italiano dell'inverno 2016, giustamente. Mengoni è un grande. Con la sua voce di ragazzo un po' timido riesce sempre a coinvolgermi emotivamente. Condivido tutto, tutto, tutto!!
"La meta non è un posto ma è quello che proviamo e non sappiamo dove né quando ci arriviamo"- "... il senso del viaggio è la meta, è il richiamo...". Di questo dovremmo prendere consapevolezza sin dalla prima adolescenza: la vita è un viaggio intenso, avventuroso, tormentato, lungo, pieno di sorprese... è importante porsi degli obiettivi da raggiungere ma ancora più importante è vivere intensamente passo dopo passo; vivere intensamente le nostre emozioni, giorno dopo giorno, ora dopo ora.














7 febbraio 2016

"L'Italia è una Repubblica di pecoroni fondata sulla maleducazione!"


Sì, davvero. Ho stravolto la prima frase dell'articolo 1 della nostra stupenda Costituzione. Spero che chi ha studiato Giurisprudenza riesca a perdonarmi per questo. Ma ho una buona ragione per poterlo fare.
Molti di voi sanno ciò che purtroppo è accaduto una settimana fa: Giorgia Meloni, esponente del partito chiamato "Fratelli d'Italia", è stata pesantemente insultata via web, al punto tale che ha dovuto chiudere sia il suo profilo Fb sia il suo blog.
Sebbene sia in gravidanza ma non regolarmente sposata, "si è permessa" di partecipare al Family Day 2016, evento a mio avviso grandioso dal momento che è stato un'occasione di raduno per molte persone che credono nell'importanza della famiglia, nella necessità di un dialogo interreligioso e nei diritti dei bambini.
Si possono anche non condividere le idee politiche della Meloni, ma le sue ultime vicende personali mi hanno molto colpita!
Cosa c'è di così scandaloso se una donna non sposata che ha appena scoperto di aspettare un figlio decide di partecipare ad un evento che difende energicamente le nostre radici cristiane e culturali?! Una donna che ormai "va verso gli 'anta" ha il legittimo diritto di diventare madre! E se vorrà sposarsi lo farà dopo la nascita di suo figlio! Aspetta un bambino ma non è coniugata? Affari suoi, cavolo! E' una donna adulta e la vita è sua, dunque ha il diritto di compiere certe scelte piuttosto che altre, ha il diritto di coltivare i valori in cui crede, ha il diritto di prendere delle decisioni conformi alla sua personalità e al suo stile di vita. Le avete rimproverato la sua incoerenza? Allora guardate dentro voi stessi e fatevi un approfondito esame di coscienza. Soprattutto, fatevi questa domanda:"Quanto il nostro modo di agire è perfettamente coerente con le nostre idee e con i nostri valori?" Nessuna persona, nessun essere umano agisce sempre coerentemente con i suoi principi!! Nessuno!! Nemmeno io, se volete saperlo. Nemmeno io sono perfetta, anzi... ho solo vent'anni, devo imparare ancora moltissimo! Mi infastidisco sempre un po' quando le amiche di mia nonna mi dicono "sei un angelo, proprio una brava ragazza". No, io non somiglio nemmeno lontanamente agli angeli di Dio. Cerco di fare del mio meglio per comportarmi in modo corretto e onesto con me stessa e con gli altri, ma non sempre ci riesco. Come tutti, d'altronde.

E comunque, ditemi un po': fa più scandalo una donna incinta ma non sposata oppure una coppia omosessuale che ha adottato dei figli attraverso pratiche a mio avviso deleterie come l'utero in affitto?! Criticate le donne in dolce attesa ma non sposate?! Allora siete proprio dei bacchettoni, come lo era la maggior parte della gente che è vissuta nel XIX secolo, ai tempi della "Nedda" di Verga!!!
Vi provoco, eh, vi provoco eccome; ma faccio bene. In questi giorni non potevo scrivere perché ero quasi completamente immersa nello studio e nel ripasso (ho dato un esame la mattina di giovedì 4 febbraio), però ora che ho smaltito completamente l'ansia e la tensione posso sbollire la mia rabbia e la mia indignazione su questo post per ciò che accade nell'attualità politica.
Dunque, mi risulta che l'Italia sia una Repubblica Democratica.
E l'applicazione dei principi
democratici non ingloba in sé il "pensiero unico". Il "pensiero unico" è tipico delle dittature, dei totalitarismi, ma non della democrazia! Invece mi sembra che soprattutto sulla questione della "stepchild adoption" non si possa dibattere. Ed è così anche per un'altra difficile questione etica: l'aborto. Ricordo benissimo che, quando ero in quarta liceo, ne abbiamo parlato e discusso durante l'ora di religione. Io avevo praticamente equiparato l'azione dell'aborto ad un omicidio, all'uccisione di una piccola creaturina indifesa che si sta formando nell'utero materno. Ma quante me ne sono sentite poi dalle mie coetanee???!! Io a scuola ero "la butela massa de' cesa" (dialetto veronese, la mia vera madrelingua crescendo con 5 adulti in una casa situata in aperta campagna), ovvero, "la ragazza troppo di chiesa", quella troppo attenta a ciò che propone l'etica della chiesa cattolica.  Sì, ma io ho il diritto di esistere in quanto cattolica e gli omossessuali e i trans hanno il diritto di esistere in quanto tali! Mi sembra ovvio, però, troppo ovvio. Solo che aborto e stepchild adoption sono argomenti tabù. E se se ne parla, si deve sempre dire l'opinione comune, l'opinione della massa. E allora mi dite che cavolo di senso ha discutere di temi etici se non è permessa la divergenza di idee?! Tutti favorevoli all'aborto, allora, e tutti favorevoli all'adozione di bambini da parte di coppie omosessuali!! E chi è contrario taccia, per carità! Questa purtroppo è la realtà, dispiace dirlo ma è la realtà!
E sotto questo aspetto siamo diventati una società di pecoroni e le persone stanno perdendo progressivamente la capacità di riflettere e di formarsi una propria opinione.
Ad ogni modo, pochi giorni prima di essere aggredita con frasi che rivelano tutta l'inciviltà, la stupidità e la malvagità dei loro autori, come "Ti auguriamo un figlio gay", Giorgia Meloni aveva detto di fronte ad un giornalista di essere contraria alle adozioni da parte di omosessuali: "Io difendo i diritti dei bambini, a Renzi interessa far passare la legge sulle unioni civili soltanto per guadagnarsi voti e per conquistarsi la stima degli omosessuali. Mentre invece i bambini non possono votare".
Ha giustamente espresso le sue perplessità su alcuni punti della legge, ma non ha insultato né offeso nessuno. Il suo tono era molto civile. Allora io sono assolutamente convinta del fatto che gli omosessuali meritino il massimo rispetto. Devono essere integrati nella società, non meritano alcun disprezzo e se hanno questa particolare tendenza (a me che ho scoperto a 13 anni di essere etero sembra un po' strana) hanno il diritto di convivere e di trascorrere la vita insieme, amandosi, aiutandosi e sostenendosi a vicenda. Però loro stessi, assieme ovviamente ai loro simpatizzanti, non hanno il diritto di denigrare le scelte di una donna, per di più in gravidanza! La donna e la ragazza in gravidanza io le ritengo quasi sacre! Non vanno offese né picchiate! Perché dentro di loro c'è l'amore e c'è il mistero della vita.  Allora, massimo rispetto per gay e quant'altro... e massimo rispetto per le donne che attendono un figlio!
Dai, coraggio Giorgia-lo so che hai subito una grave ingiustizia, ma stringi i denti e non mollare perché proprio ora stai realizzando uno dei tuoi sogni più grandi: diventare madre!

E ora... guardate che razza di link girano su Fb... (sono proprio arrabbiata!):


All'indomani degli insulti alla Meloni e all'indomani della morte del giovane Giulio Regeni... all'indomani di questi eventi bisognerebbe riflettere sui concetti di libertà di espressione, di democrazia, di giustizia... e invece niente!!! Ma che cavolo di post è questo?!!!

I nostri politici ultimamente non riescono a capire che le "unioni civili" (non matrimoni, ma UNIONI CIVILI) non sono il primo problema dell'Italia. Casomai, un grave problema dell'Italia è la terra dei fuochi a Caserta, dove centinaia di persone si ammalano e muoiono a causa di quelle tonnellate di rifiuti tossici che la mafia schifosa deposita in modo ovviamente illegale.
E per quel che riguarda il fumo, il porno e l'alcool... A me non piacciono. E LO DICO CANDIDAMENTE: Queste tre cose non mi sembrano diritti, VOI CHE PUBBLICATE QUESTE COSE volete farli passare per diritti quando invece in realtà sono elementi dannosi che provocano una grave dipendenza fisica e psichica! E sono danni morali incalcolabili!!! Allora per voi libertà significa fare ciò che si vuole?! NO, NO, NO, NOOO!!!! Libertà per me significa "essere responsabili", fare delle scelte consapevoli nel corso della vita e fare del bene agli altri. LIBERTÀ E' ASSUMERSI LE PROPRIE RESPONSABILITÀ VERSO LE SCELTE CHE SI COMPIONO!

Recentemente, una ragazza poco più giovane di me ha scritto sul suo profilo Fb: "Trovate il coraggio anziché le scuse". Brava, brava, mille volte brava!! Già... prendete il coraggio a due mani non soltanto per affrontare ciò che deve essere affrontato ma anche per formarvi un'opinione sugli eventi dell'attualità, per prendere coscienza della vostra vita, per fare scelte consapevoli senza farsi condizionare da stereotipi ormai comuni. Inutile dire che il mio "like" sui suoi post è immancabile.

...Potrò anche risultare antipatica per tutte le volte che affermo con veemenza ciò che penso, ma almeno una qualità ce l'ho: sono sincera e... ultimamente anche abbastanza matura per potermene fregare di "commentini cattivi".