10 febbraio 2016

La speranza ci salva la vita!


La speranza ci salva la vita! O almeno, la rende "più degna di essere vissuta". Io credo che sia così. Tra un esame e l'altro, tra una ripassata e l'altra ho persino il tempo di riflettere!
Avete presente quel corso biblico-teologico che ho seguito lo scorso anno nel periodo gennaio-marzo al Seminario di Verona? E ricordate come questa opportunità mi aveva donato significativi spunti di riflessione per scrivere un post dedicato alla Pasqua? Anche quest'anno il Seminario della mia città ha proposto un breve corso di riflessione e di meditazione su alcuni passi tratti dai Vangeli. Io naturalmente sto partecipando volentieri.
C'è quel passo del Vangelo di Marco al capitolo 4 particolarmente suggestivo... Prima di copiarlo qui sotto e di riportare gli appunti presi durante la spiegazione, inizio la mia riflessione da un'opera d'arte molto significativa.

" IL MARE ARTICO": 


Sembra una fotografia, ma in realtà è un dipinto di David Friedrich, artista tedesco vissuto nella prima metà del XIX secolo. La tecnica pittorica raggiunge infatti un elevato livello di precisione per il fatto che riproduce il vero in modo molto particolareggiato. 

L'opera s’ispira alla fallita spedizione del 1819 al Polo Nord della nave inglese denominata "Hecla" di Sir William Parry. Il "mare di ghiaccio" è frammentato in moltissimi pezzi, in molte schegge che si ammassano l'una sopra l'altra formando così una sorta di piramide. Le lastre di ghiaccio sembrano dei dolmen dai bordi sporgenti e aguzzi che si protendono verso il cielo. E a destra si scorge a malapena la poppa della nave semi-sommersa dai ghiacci. Ad ogni modo, l'intento di Friedrich va al di là dei tragici eventi storici. 
Innanzitutto occorre precisare che quelle lastre di ghiaccio rimandano ad una terribile vicenda di infanzia: quando era bambino stava pattinando sul ghiaccio con il fratello poco più grande. Ad un tratto il ghiaccio si era rotto proprio sotto i piedi di David e il fratello Johann, per salvarlo, era annegato nell'acqua gelida. Friedrich è un artista che per tutta la vita ha "portato la morte nel cuore", dal momento che in molti dei suoi dipinti emergono la sua angoscia esistenziale e la sua inquietudine; oltre anche ad un certo senso di colpa per essere vivo. Non è mai riuscito a superare la perdita del fratello.
Oltre al dato autobiografico però va anche segnalato il significato religioso e filosofico del dipinto:
sin dall'antichità, il tema della navigazione simboleggia la vita umana, inevitabilmente soggetta a brutti imprevisti. Il naufragio incarna la fragilità dell'uomo, in balia delle forze della Natura, molto più potenti delle sue facoltà fisiche e mentali. Curioso il sottotitolo dell'opera: "Il naufragio della speranza". Il Polo nord è qui inteso come un luogo nel quale i giorni, le stagioni, gli anni e i secoli si ripetono sempre uguali.  Questo ambiente dunque rinvia al concetto dell'eternità di Dio. La nave, simbolo della vita umana, non può sfuggire a quell'eternità divina. Anzi, il tentativo degli uomini di comprendere il mistero divino si rivela vano e destinato a fallire.
Almeno nel dipinto di Gericault ci sono dei piccoli segni di speranza ma qui c'è proprio un grande senso di impotenza di fronte a Dio e alla Natura. Una veloce occhiata a quest'opera comunica allo spettatore una sensazione di freddo e di disperazione. Anche il colore del cielo (blu-violaceo) è un aspetto piuttosto inquietante.

"LA TEMPESTA SEDATA"- MARCO 4, 35-41:

"In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: «Passiamo all'altra riva».  E congedata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui.  Ci fu una gran tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che moriamo?». Destatosi, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e vi fu grande bonaccia.  Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: «Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?».

E' un passo che mi sta molto a cuore, ultimamente è il mio brano biblico preferito.
Dunque, all'interno del testo, le indicazioni spazio-temporali sono rilevanti e simboliche: la sera richiama al buio e all'incertezza; l'altra riva richiama invece ad un destino incerto che si apre davanti al gruppo dei discepoli. La frase di Gesù: "Passiamo all'altra riva"  contiene un significato escatologico: Gesù accompagna i discepoli all'altra riva ma con questa breve frase vuole anche alludere ad un viaggio che comporta il passaggio da ciò che è noto a ciò che è ignoto.
Come ho già accennato sopra, la tempesta (in ambito artistico e letterario) rappresenta la condizione di precarietà a cui è esposta la vita. Mentre si scatena la tempesta, la reazione di Gesù è sorprendente, anomala, fa sorridere proprio perché appare imperturbabile. I verbi che Marco impiega qui (=dormire, svegliarsi e destarsi), sono tipici del linguaggio pasquale. In particolare, il verbo "dormire" allude alla morte di Cristo e rimanda anche a quella che sarà la situazione della comunità dopo la risurrezione di Gesù: egli non è più direttamente percepibile.
Ad ogni modo, l'angosciata richiesta dei discepoli "Non ti importa che moriamo?" fa emergere chiaramente la percezione del senso di abbandono che prende il sopravvento quando una situazione appare insostenibile e tragica. Poi però, l'efficacia dell'intervento di Gesù è totale e senza ombre, dal momento che la sua condizione di Risorto non lo rende né impotente né lontano. Alla fine,  Egli rivolge due domande ai discepoli, le quali rivelano la loro facilità a cadere nello sconforto, caratteristica connessa all'incapacità di porsi correttamente di fronte a Gesù. In realtà la Sua presenza è efficace, anche se sembra insignificante come il granello di senape.
"Chi è Costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?"= Questa è la domanda cruciale del racconto. I discepoli non riescono a concepire la grandezza divina di Gesù alla luce del suo apparente disinteresse. Ma sulla croce si vedrà come il Regno di Dio è un dono che non domanda alcuna ripartita. Gesù qui dimostra una grande autorevolezza sugli elementi naturali, quindi la vera questione che pone questo brano è: "Come collocarsi davanti al paradosso di una potenza assoluta che volutamente rimane nascosta?"

Bella domanda e anche interessante! Questo laboratorio sulla Bibbia terminerà a metà marzo e quest'anno è iniziato il 25 gennaio. Ricordo che la prima volta, sebbene fossi realmente intenzionata a partecipare, avrei preferito rimanere a casa. Quel lunedì sera mi sentivo triste, mi veniva ancora da piangere perché pensavo agli ultimi mesi di vita di Gabriella, anche se credo che sei mesi trascorsi a letto senza potersi nemmeno sedere sulla poltrona accanto non si possano chiamare veramente "vita".
Pensavo: "Sai quanto avrebbe apprezzato anche lei l'iniziativa di un laboratorio biblico-narratologico? E quanti viaggi avrebbe potuto fare ancora, per esplorare bellezze artistiche e naturali dell'Europa?"
Viaggi e arte. Queste erano le sue passioni. E le piaceva molto cantare, dal momento che faceva parte della nostra Corale. Lei è stata una delle prime persone che ha intuito il mio forte interesse per l'arte, il mio talento per la scrittura.
Alla fine sono partita lo stesso, perché comunque mi sarebbe dispiaciuto molto perdere un'approfondita spiegazione su un brano della Bibbia.
Non guidavo io, al volante c'era mia zia, così durante il tragitto ho avuto il tempo di contemplare la luna piena. E ho formulato un pensiero rivolto a Dio. Lo ricordo ancora molto bene:"Signore, sono piccola, malinconica, fragile e limitata. E probabilmente anche stupida. Perdonami se non riesco a comprenderti fino in fondo e se ultimamente faccio fatica a credere in un aldilà."
Al funerale di Gabriella avevo pensato tra le lacrime: "E se tutto si fermasse davvero alla morte? E se non ci fosse proprio nulla dall'altra parte, che senso avrebbe vivere? Si vive per lasciare nel dolore le persone che ci hanno amato e per poi essere completamente dimenticati dopo la morte dei nostri cari, nel giro di qualche decennio?"
Davvero, cose di questo genere non le avevo mai pensate prima di allora, nemmeno quando è andato via mio nonno qualche anno fa.
E tenevo lo sguardo fisso sulla brillante luna piena. Pochi minuti dopo, una volta arrivate a destinazione, ricordo che sentivo già dentro di me un positivo cambiamento di umore, al punto tale che mi veniva da ridere mentre cantavo mentalmente: "E quanto avrei voluto in quell'istante che ci fossi, perché ti voglio bene veramente e non esiste un luogo dove non mi torni in mente" (Mengoni).
E insomma, stavo decisamente meglio. Secondo me è vero che la presenza di Dio non è evidente, però sta a noi riconoscerla! Dobbiamo interrogarci su noi stessi per capire in quali ideali vogliamo credere.

E tornando al paragone con Friedrich... In "Mare artico" c'è un'umanità disperata, sopraffatta dalla violenza di una Natura terribile e persino sottomessa all'Eternità di Dio, che rimane inspiegabile.
Nel brano di Marco invece c'è una speranza: l'aiuto di Dio che, come dice un famoso aforisma brasiliano: "Ci porta in braccio nei momenti più difficili".


MENGONI-TI HO VOLUTO BENE VERAMENTE:

Il tormentone italiano dell'inverno 2016, giustamente. Mengoni è un grande. Con la sua voce di ragazzo un po' timido riesce sempre a coinvolgermi emotivamente. Condivido tutto, tutto, tutto!!
"La meta non è un posto ma è quello che proviamo e non sappiamo dove né quando ci arriviamo"- "... il senso del viaggio è la meta, è il richiamo...". Di questo dovremmo prendere consapevolezza sin dalla prima adolescenza: la vita è un viaggio intenso, avventuroso, tormentato, lungo, pieno di sorprese... è importante porsi degli obiettivi da raggiungere ma ancora più importante è vivere intensamente passo dopo passo; vivere intensamente le nostre emozioni, giorno dopo giorno, ora dopo ora.














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