17 novembre 2016

"Difret, il coraggio di cambiare":


 "Le parolacce abbondano sulla bocca dei maleducati".  Su questo siamo tutti d'accordo, spero.
A questa affermazione io ne aggiungo un'altra:"Le parolacce riempiono la mente dell'indignato e gli avvelenano l'anima." Bene, sappiate che è il mio caso.

L'altro ieri è stata una giornata molto impegnativa all'Università. Il martedì torno a casa sempre tardi.
Ad ogni modo, l'altra sera avevo deciso di partecipare al festival del cinema africano per un ulteriore arricchimento culturale.
Al cinema del mio paese davano infatti un film ambientato in Africa intitolato "Difret" ed elegantemente accompagnato dall'espressione: "il coraggio di cambiare".
Non mi aspettavo certo un film divertente, rilassante e comico; in effetti ero ben consapevole di
andare a vedere una storia decisamente drammatica. Non mi sono impressionata, però non potete minimamente immaginare quante parolacce ho pensato durante la visione, che è durata meno di due ore. Saranno state almeno il triplo di quelle che penso e pronuncio nell'arco di una settimana, ve l'assicuro. Li ho odiati, li ho odiati a morte certi personaggi.
Anche se prevedevo che quella storia mi avrebbe riempito l'animo di rabbia, ugualmente sono voluta uscire di casa.
Il cinema africano è informazione, dal momento che permette agli spettatori di allargare i propri orizzonti e anche di osservare, attraverso uno schermo piatto, le tragedie delle popolazioni che vivono in quelle terre calde e soleggiate.

Una piccola ma importante precisazione linguistica: la parola "difret" in amarico ha due significati, molto diversi l'uno dall'altro: il primo è "coraggio", il secondo "violenza sessuale".


L'ETIOPIA:


"Difret" è ambientato in Etiopia.
Mi sembrava dunque opportuno descrivere alcune caratteristiche fisiche, economiche, storiche e politiche di questo stato.
L'Etiopia, situata nel territorio denominato "il Corno d'Africa", confina ad est con il Gibuti e la Somalia, a ovest con il Sudan, a nord con l'Eritrea e a sud con il Kenya. 
Il territorio etiope appare esteso in gran parte sull'altopiano, ove spiccano vette che raggiungono addirittura i 4000 metri di altitudine. 
L'altopiano è solcato a nord-ovest dalla Rift Valley che ospita diversi laghi, mentre verso l'Oceano Indiano l'altopiano digrada nei pressi le coste somale. Dall'Acrocoro etiopico hanno origine diversi fiumi. 
Il clima risulta essere piuttosto mite e temperato.
Probabilmente la regione etiopica è stata, tre milioni di anni fa, la culla dell'umanità. Secondo diversi storici e scienziati, proprio qui sarebbero comparsi i primi ominidi. 
Gli Etiopi hanno alle spalle un passato caratterizzato dal susseguirsi di regni sia cristiani che islamici, fino all'invasione dell'Italia che riuscì a conquistarla nel 1936, durante gli anni del fascismo.
L'Etiopia è indipendente dal 1952. Nel corso del secondo Novecento si sono susseguiti dei regimi dittatoriali. Bisogna inoltre ricordare la sanguinosa guerra di indipendenza dell'Eritrea, durata dal 1993 al 1998. 
La popolazione etiope è etnicamente complessa, come quella di molti altri stati africani: vi sono sia cristiani sia musulmani. Il tasso di natalità, molto elevato, ha portato ad un raddoppiamento della popolazione negli ultimi vent'anni. Questo significa che il 45% degli Etiopi ha meno di 16 anni.
L'economia è basata soprattutto su un'agricoltura di pura sussistenza e sull'allevamento di bovini. 
La speranza di vita è di soli 54 anni, mentre il tasso di mortalità infantile è dell'80 per mille, uno dei più alti del continente. 

Paesaggi etiopi

Lago Tana

TRAMA:

La protagonista del film è Hiruth, una ragazzina di quattordici anni, secondogenita di una famiglia di poveri ma saggi contadini.
Un giorno, mentre attraversa un vasto campo saltellando, contenta di aver ottenuto dei buoni voti per l'ammissione alla classe successiva, viene rapita da un gruppo di uomini a cavallo che la conducono in una capanna. Nella scena del rapimento, il montaggio indugia per alcuni secondi su quel foglio di carta abbandonato tra l'erba. E' il compito svolto da Hiruth, quel compito in classe che aveva decretato la sua idoneità alla promozione. Quel foglio di carta è un simbolo: rappresenta il sacrosanto diritto all'istruzione, spesso violato nei paesi asiatici e africani.
Quella ragazzina aspirava a diplomarsi per poi accedere all'Università di Addis Abeba e invece, un uomo sulla trentina voleva sposarla con la forza. Mi riferisco a Taddele Kebedè, uno dei sequestratori a cavallo. Per assecondare un suo capriccio egoistico, ovvero, l'essersi stupidamente invaghito di una giovanissima studentessa, ha rapito Hiruth facendosi aiutare da altri uomini.
Durante la notte ha abusato della ragazzina, togliendole la verginità, ovvero, il bene più prezioso che ogni essere umano deve saper custodire.
Molte ragazze occidentali della mia generazione la buttano proprio via, magari per accontentare i desideri e i ricatti di un imbecille oppure per "provare il sesso". Ma dai... ma si può provare il sesso? Si può andare a letto con un ragazzo conosciuto da pochissimo? Si può andare a letto con una persona che ti piace soltanto? Se amare è diverso dall'invaghirsi anche il piacersi è diverso dall'innamorarsi. Se un ragazzo ti piacesse per davvero non dovresti nemmeno riuscire a guardarlo in faccia. Lo so per esperienza personale. Come mai ora dilaga questa concezione di immediato possesso dell'altra persona?
Prima di dire definitivamente addio alla verginità, bisogna conoscere il più profondamente possibile l'anima della persona a cui si tiene. Prima ci si spoglia dei segreti dell'anima, poi si donano i corpi.

Ad ogni modo, per impedire la ribellione della ragazzina, Taddele la schiaffeggiava durante il rapporto sessuale. Oh, ma quanto amore!  Non mi venite a dire che era innamorato... L'innamoramento è una scintilla che porta al rispetto, all'ascolto, alla sete di conoscenza dell'altro.
L'innamoramento prepara all'amore, ad un progetto, al dono di sè.

La mattina dopo, Hiruth era ridotta così, osservate bene la foto e ingranditela a schermo intero se necessario:



 LE TRADIZIONI CHE VIOLANO I DIRITTI DELLE DONNE:

Questa era la tradizione etiope nel 1996, esattamente vent'anni fa: "carissimo uomo, vuoi possedere una ragazza ma i suoi genitori non acconsentono al tuo matrimonio con lei? La soluzione è semplice: la rapisci quando si trova da sola in mezzo ai campi, la stupri nottetempo e la tieni imprigionata per delle settimane. Quando ti accorgi che è incinta, allora la sposi."

Ecco come funzionava quella marcia e schifosa tradizione rurale etiope, ora severamente punita dalle leggi.  La donna, o meglio, la ragazza, è vista come un oggetto di piacere per il prepotente e arrogante uomo, che può fare di lei quello che vuole. E' una macchina che genera un figlio dopo l'altro, attraverso atti sessuali frequenti, obbligati e dolorosi.
L'umanità a misura di maschio. Che novità! E' così da cinquemila anni, praticamente dal neolitico.
Il maschio umano è stato spesso la causa di violenze inaudite a danno dei suoi simili e a danno della donna, che avrebbe invece dovuto e che tuttora dovrebbe invece amare e rispettare.
Sia ben chiaro, non sto generalizzando, anche perché, se generalizzassi, mancherei certamente di rispetto a una componente maschile sensibile e decisamente intelligente. Però questa è stata la storia.
La storia della donna è una storia di sottomissioni, di soprusi, di mancati diritti e di lotte per poterli ottenere. Per favore, ragazze, questo teniamolo bene in mente! Teniamoci stretti i nostri diritti, e non dimentichiamo mai che dobbiamo esigere il rispetto come persone. Non siamo le bamboline da vetrina di un negozio di giocattoli. Siamo fatte di carne, non di plastica. E il nostro corpo è fatto per interiorizzare l'amore sincero di un uomo amabile e rispettoso in modo tale da poterlo tramutare in una nuova vita.

La mattina dopo la violenza, mentre al di fuori della capanna quei porci uomini fanno tra loro discorsi oltremodo volgari su di lei, la ragazzina prende un fucile ed esce di nascosto dalla capanna. Mentre corre attraverso i vasti campi etiopi, i sei uomini la inseguono. Arrivati in un bosco, per impedire ai suoi inseguitori di farle di nuovo del male, Hiruth impugna un fucile e spara al suo futuro marito, provocandogli una morte istantanea.
Secondo alcune leggi etiopi in vigore negli anni Novanta, Hiruth avrebbe dovuto essere condannata a morte per questo atto di legittima difesa. Invece, è ancora viva ed ha più di trent'anni.
Ci ha pensato una giovane, energica e agguerrita avvocatessa a salvarle la vita; la signora Meaza Ashenafi, la quale le ha offerto un'assistenza legale gratuita. E' riuscita prima a ottenere il permesso di portare in ospedale la sua assistita, in modo tale da poterla curare da graffi, lividi e fratture e poi ha ottenuto anche la sua scarcerazione.

Infine, dopo molti mesi, l'udienza in tribunale aveva definitivamente confermato l'innocenza di Hiruth.
Per restituire la vita ad una ragazzina, Meaza ha rischiato di perdere il lavoro, il sostegno dei suoi colleghi e addirittura anche la tutela di Hiruth, la quale, nel periodo successivo alla scarcerazione, abitava con lei in una casa ad Addis Abeba. La giovane ragazza non poteva tornare a vivere nel villaggio dei suoi genitori subito dopo essere stata liberata perché altrimenti i compagni dell'assassinato le avrebbero tagliato la gola.

Il film, seppur oltremodo drammatico, è a lieto fine. Hiruth ha vinto la causa, ma dovrà convivere con il trauma della violenza sessuale fino alla fine dei suoi giorni.
Colpa dell'egoismo e della cattiveria di un uomo, che tra l'altro ha sottratto una figlia adolescente a due genitori, senza nemmeno lontanamente pensare al dolore e all'angoscia che ha suscitato in loro con questo suo atto. Ecco che cosa mi fa imbestialire di questa storia. Credo sia impossibile guarire da certi traumi psicologici.

"E' stata liberata, è tornata a casa con la sua famiglia, cosa volevi di più?", mi ha chiesto mia madre alla fine della proiezione.

Nulla. Volevo soltanto che una ragazzina non soffrisse così tanto per vedersi riconoscere la sua dignità e i suoi diritti. Avrei voluto che non l'avessero mai rapita.
Ma senza rapimento non ci sarebbe stato alcun film su di lei, la prima donnina africana ad essere scampata ad un'ingiusta pena di morte!



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