18 gennaio 2020

La poesia di Anna Filippini:


La ragazza citata nel titolo di questo post è una poetessa arilicense (=di Peschiera del Garda, antica Arilica), tra l'altro mia omonima.

Poco prima di Natale ho partecipato alla presentazione della sua raccolta di poesie intitolata "Resta, come inchiostro sulla pelle".
Di questo libro vorrei riportare e interpretare alcune brevi liriche che mi sono piaciute.
Se, a fine post, avrete una mezza (o un'intera!) intenzione di acquistare la raccolta, trovate qui sotto il link di Amazon: 
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A)                               Odiami.
Perché se ami me
devi sapere che
è difficile sopravvivere in trincea.


D'istinto, ho pensato prima di tutto ad una canzone dei Modà, sono sincera. E' quella che fa: Odiami, odiami, odiami, con tutto il cuore odiami.
Cioè, i Modà non è che cantano qui. Urlano proprio.
E poco dopo, ho pensato anche ad una breve lirica di Anacreonte:

Eρέω τε δηùτε κοùκ έρέω,
καì μαίνομαι κοù μαίνομαι.

Amo e non amo
sono pazzo e non sono pazzo.

I sentimenti contrastanti che si possono provare in un rapporto emergono, prima ancora che in Catullo e in Petrarca, in Anacreonte.
Anche nella lirica di Anna ci si sta riferendo ad un amore problematico; e lo affermo senza voler giudicare le relazioni omosessuali.
Se mi ami sappi che è difficile sopravvivere in trincea. 
Questo concetto allude forse alla personalità contraddittoria dell'autrice? Oppure al fatto che sperimentare la convivenza e la relazione sentimentale con una persona dello stesso sesso è come vivere una quotidianità "battagliera"? 
Anna non ha spiegato proprio in modo chiaro quello che poteva essere il senso più "esatto" di questa lirica. Però forse non ha avuto proprio tutti i torti ad essere evasiva.
Il poeta crea delle immagini che si incastrano, si abbracciano e/o si contrastano... Le crea spesso secondo quelle che sono le sue percezioni visive, sentimentali, affettive e naturalmente anche secondo quelle che sono e che sono state le sue esperienze di vita. Poi però, anche i lettori devono compiere uno sforzo durante l'atto di fruizione: decifrare quei concetti e quelle immagini che le parole evocano e costruiscono. Devono cioè decifrare e interpretare una poesia secondo quella che può essere la loro esperienza di vita, e la loro vita e il loro vissuto possono benissimo differire da quelli degli autori che leggono.

Comunque, a dir la verità, io non riuscirei a starci nemmeno una settimana in casa con un'altra ragazza. O la scuoio o fuggo. 
Il rapporto con molte delle mie coetanee, per gran parte della mia vita (e chi ha letto "Le avventure di una liceale invisibile lo sa") è stato veramente difficile. 
Nei rapporti tra ragazze vi sono spesso due sentimenti/atteggiamenti negativi, anzi tre: l'invidia (dettata frequentemente da un inutile ma opprimente senso di inferiorità), la competizione (il continuare a mettersi a confronto), la gelosia.
Nei capitoli del mio romanzo, (Anna N.) -Zoe T. è vittima di invidia, di un'invidia che è praticamente odio. Le compagne la emarginano e la detestano per ciò che lei è.
Ammetto però candidamente che anche Anna N.-Zoe T., negli ultimissimi anni, non è immune dall'invidiare-odiare-paragonarsi a qualcuna. Di tanto in tanto lo fa anche lei, facendosi del male, perché gelosia e invidia fanno male.

B)                                                         Piangevi stelle
dai tuoi occhi stanchi,
finestre di galassie
sui tuoi sentimenti,
empatica sinfonia
inspiegabile complicità.


Questa, a mio avviso, è la poesia più suggestiva di "Resta, come inchiostro sulla pelle".
Chiunque la potrebbe dedicare a qualcuno che gli sta molto a cuore.
Le lacrime di mia madre mi sono sempre sembrate delle stelle, in quelle rare volte che le ho viste. E' una donna straordinaria, la amo con tutta me stessa e ciò che sono lo devo a lei, prima di tutto. 

Finestre di galassie sui tuoi sentimenti
Questa espressione mi ricorda lontanamente una breve lirica di Zanzotto. 
Si tratta di "Nautica celeste":
Vorrei renderti visita
nei tuoi regni longinqui
o tu che sempre
fida ritorni alla mia stanza
dai cieli, luna,
e, siccom'io, sai splendere
unicamente dell'altrui speranza.

Zanzotto vorrebbe visitare la luna, avvicinarsi ad essa (ha scritto questa poesia probabilmente alla fine degli anni '50, poco prima del famigerato 1969). "Longinqui" è un latinismo. 
Ma la luce lunare, fedelissima, sembra recare visita al poeta, trapassando con i suoi raggi, i vetri della finestra della camera da letto.
Bellissimo a mio avviso è il concetto di una luna che, nella sua luminosità, accoglie le speranze e i sogni degli uomini.
"Nautica celeste" fa parte della raccolta "IX Ecloghe", opera poetica nella quale troviamo piuttosto spesso l'immagine della finestra come simbolo di "apertura". Di apertura mentale, di apertura verso l'immensità e verso i tesori nascosti e misteriosi dell'Universo e apertura anche verso la vastità delle meraviglie della Natura.
In "IX Ecloghe", c'è anche una poesia dedicata ad una finestra che Zanzotto aveva fatto costruire nella sua nuova casa (si era sposato a 38 anni). Ve ne riporto alcune parti:

Brilla la finestra del verde lungamente
lungamente composto, sogno a sogno,
orti o prati non so; ma quanta brina
prima ch'io mi convinca, quanta neve.
(...)
tu, mia finestra, e tu, cielo, che porti
a me tra placidi astri gli squillanti satelliti
che il gioco umano ha lanciati, con lampi
di fantascienza...


Quel "finestre di galassie" di Anna potrebbe tranquillamente alludere ad una specie di apertura... Cioè, potrebbe benissimo essere un invito ad essere umani, il più possibile, prima di tutto con le persone che amiamo. A vedere la loro meraviglia anche nel pianto, a prendere atto delle innumerevoli sfaccettature delle loro personalità, anche di quelle che non riusciamo del tutto a capire.
La nostra personalità è un mosaico di piccolissimi tasselli.
E poi, spunta un pochino anche il lessico musicale "empatica sinfonia". 
Sarebbe bellissimo pensare e vivere i rapporti umani, o per lo meno, alcuni di loro, come "empatiche sinfonie", ovvero, come ascolto reciproco e vero dialogo. Ma vero dialogo.

C)                                              C'è una statua qui in vetrina,
due sagome si abbracciano
in un solo piedistallo.
E io, che di questo gesto
avrei assoluto bisogno
sto a guardare.
E non chiedo.

... Anch'io avrei bisogno di quello che tu, cara Anna, dici in questo componimento.
Avrei bisogno di ciò che non chiedo, che faccio fatica a chiedere. 
Maria Teresa, un'amica di lunga data di mia madre da poco diventata nonna, coltiva da anni la sua passione per la scultura. Ha organizzato e allestito mostre d'arte da noi a Somma ma anche a Castion, a San Zeno di Montagna e in alcune zone del Trentino.


Una delle sue creazioni più recenti è questa:

Agosto '19- Mostra di scultura alla fiera di Sommacampagna (VR)

Rappresenta una famiglia. Una famiglia tenuta unita da semicerchi di abbracci avvolgenti. E' la famiglia di suo figlio, che, nel novembre 2018, è divenuto padre di due gemelle.
Sono contenta per lui e per sua moglie, ma ammetto che un po' invidio la loro felicità. Certo, sono decisamente più adulti di me, soprattutto lui con i suoi 40 anni, ma vorrei esserlo io madre.
Credo che i figli siano una ricchezza inestimabile per chi li ha.
Siamo al mondo per impiegare al meglio le nostre qualità intellettive e umane e viviamo per donare amore. 

D)                                                 Torniamo bambini,
rannicchiati e inermi.
Negli angoli di adulte
delusioni,
stringiamo aspettative alle ginocchia;
altalena ritmica
di consapevolezza.


Inevitabilmente, dopo la lettura di questa poesia, ho ripensato a "Cose che nessuno sa" di D'Avenia e in particolare, al punto in cui Margherita, figura alla quale mi sono sempre sentita simile, dopo aver appreso che il padre è andato via con un'altra donna. corre in camera e si nasconde dentro l'armadio. O meglio, è rannicchiata dentro l'armadio dei vestiti. E' un'adolescente, ma certe sue reazioni al dolore assomigliano a quelle di una bambina, anche se non la rendono affatto immatura e infantile. Più semplicemente, la rendono arrabbiata con il mondo e delusa dal mondo. La ragazza, per gran parte del libro, appare chiusa nel suo dolore perché il nido familiare, nel quale credeva molto, è distrutto, è crollato in una mite e soleggiata giornata di metà settembre. Margherita effettivamente ha una personalità introversa e sensibile. E' lacerante per qualsiasi lettore che abbia un po' di cuore quella sua domanda alla madre: "Dove è finito il mondo che mi avevi promesso?". 
"Stringiamo aspettative alle ginocchia"... Le aspettative di cui volevamo e pretendevamo la realizzazione... 

E' dalle 9 di questa mattina che le parole di Don Giampaolo fanno eco nella mia mente.
Non le ricordo a memoria, ma il contenuto più importante della preghiera giovani diocesana di ieri sera era questo: bisogna saper andare oltre i fallimenti e oltre le arrabbiature. L'andare oltre significa avere fede in Dio, capire che lo Spirito Santo a volte vede molta più vita in percorsi diversi da quelli che noi avevamo creduto gratificanti.
E' soprattutto questo il significato del versetto degli Atti degli Apostoli: "Fecero il tentativo di recarsi in Bitinia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro".
Pareva un discorso fatto apposta per me e per la situazione nella quale mi sono trovata a settembre.
Ho creduto moltissimo, come sapete tutti molto bene, nel mio servizio di animatrice adolescenti in parrocchia. Nessuno mi ha sostenuta, nemmeno chi per primo avrebbe dovuto sostenermi e comprendere i miei sforzi e il mio sincero entusiasmo (e sapete a chi alludo, ma non voglio più nemmeno nominarlo, ora men che mai, anche se è passato un po' di tempo dalla fine dell'estate).
Credo di non essermi mai sentita più fragile... 
Ho avuto un periodo, settembre-ottobre, che a volte piangevo, a volte avevo giornate in cui ero piena di rabbia. Ho detto un milione di parolacce.
Cosa mi ha permesso di riprendermi? I corsi all'Università, parecchio arricchenti, direi più affascinanti di quelli che ho seguito lo scorso anno; e anche il fatto che sto cambiando completamente il mio giro di amicizie... 
Alla fine riconosco solo ora che c'è più vita nelle chiacchierate e nei rapporti con alcuni dei miei compagni di corso (che sto imparando a conoscere bene) che non in un gruppo animatori dove nessuno è veramente amico di qualcun altro e dove nessuno ti apprezza per ciò che sei e per i contributi che porti.

E)                                                 Quando la prigione 
è dentro di te
sono alte le pareti.
Non si vede neanche il cielo.
Pianto di vittima
e carceriere.

Qui faccio una scelta: non spiego la lirica. Non vi dico a cosa sto pensando, ma vi propongo una semi-provocazione: che cosa ci imprigiona nella vita di ogni giorno? Cosa ci impedisce di gustare la vita? Quali sono/sono state le nostre più grandi sofferenze?


F)                                                       Ode agli amici

Amico caro,
che sopporti
le mie contraddizioni
le mie parole farsi lacrime
il mio mal di vivere d'amore.
Ascoltando sempre i miei passi
nonostante tutti gli errori
a tutte le ore,
so che ci sei:
paracadute per ossa fragili.


Efficace qui è proprio la metafora dell'ultimo verso, finalizzata per l'appunto a indicare la figura del vero amico: paracadute per ossa fragili.
Il vero amico è lì, si trova lì non soltanto quando ne hai bisogno, ma anche nei momenti di gioia.
Il vero amico è sincero, genuino e paziente. 
L'amicizia vera assomiglia alla carità di cui appunto parla San Paolo in una lettera ai Corinzi:
Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.

La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.  La carità non avrà mai fine.

Questo brano biblico è abbastanza spesso scelto dalle coppie che preparano la loro liturgia matrimoniale. 
Ma a me viene anche da dire che l'amicizia vera, per alcuni aspetti, quali la pazienza, l'ascolto e la trasparenza, assomiglia all'amore. All'amore vero.


AVVISO FINALE: Mi auguro di riuscire a scrivere qualcosa anche la prossima settimana, ma non ve lo garantisco, per una serie di impegni che avrò. 
Il post relativo alla seconda guerra mondiale e alla Shoah sicuramente non verrà pubblicato il 27 gennaio, giorno esatto della commemorazione del genocidio ebraico, bensì alcuni giorni dopo. Perché lunedì 27 quest'anno per me coincide con la vigilia di un esame molto importante che deve andare non bene, ma benissimo.
Due discipline le ho già date questa settimana e ho portato a casa un 30 e un 28... Alla terza ci stiamo avvicinando pian piano: alcune cose, adesso come adesso, le so veramente bene, altre devo ripassarle e mi mancano un paio di argomenti che dovrò studiare oggi e domani, a partire dal momento in cui mi scollegherò da internet dopo aver pubblicato questo post.

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