27 gennaio 2023

"ARANCIA MECCANICA", A. BURGESS: LA FIGURA DI ALEX E LA QUESTIONE DEL MALE

E' strano pubblicare un post su un romanzo così pieno di violenza nella giornata della memoria. 
Eppure ritengo che qualche punto di contatto ci sia.

(Nemmeno questo è un libro adatto ai ragazzi).

Quasi tutto il romanzo è imperniato sulla tematica del libero arbitrio. 

Anche la tragedia della Shoah ci consente di interrogarci su questo tema, fondamentale per le scelte di vita di ogni uomo.

 1.Alex l'adolescente depravato:

Alex è capo di una banda di teppisti che ogni sera attuano pestaggi, violentano le donne, rapinano i negozi.

Alex, Bamba, Pete e Georgie fanno il male per il puro gusto di farlo. Sono bestiali e puramente istintivi. 

I quattro adolescenti rappresentano, in questa prima parte del libro, i peggiori impulsi dell'Es.

I genitori di Alex non sono attenti al loro figlio: il ragazzo dice loro che va a lavorare ogni sera ma in realtà non è affatto così!

Alex inoltre commette il male giorno e notte: in pieno giorno, quando i suoi genitori sono fuori per lavoro, marina la scuola, esce di casa ed entra in un bar dove incontra due preadolescenti che quella mattina hanno fatto la sua stessa scelta. Dopo averle fatte ubriacare le violenta in camera sua.

Tuttavia, significativo è l'episodio in cui questa banda di delinquenti all'ennesima potenza entra a casa di uno scrittore e di sua moglie. 

Ad Alex capitano tra le mani le pagine di un libro al quale lo scrittore sta lavorando e, prima di strapparle, le legge a voce alta:

-"Arancia Meccanica (...) Un titolo ben stronzo! Chi ha mai sentito di arance meccaniche?"- (...) "Il tentativo di imporre all'uomo, una creatura capace di sviluppo e di dolcezza, capace alla fine di attingere il succo dalle barbute labbra di Dio, di cercare d'imporre, dico, leggi e condizioni appropriate ad una creazione meccanica, è contro questo che io alzo la mia penna-spada...".

Già da queste prime pagine l'autore di questo libro vuole comunicare a noi lettori che se all'uomo si toglie il libero arbitrio connesso alla facoltà di scegliere tra bene e male, egli non è più un uomo. 

2. La prigione e la "cura Ludovico":

Una notte Alex e i suoi tre compagni di malefatte compiono un tentato furto in casa di una signora anziana che vive sola con un mucchio di gatti. Alex la aggredisce colpendola in testa con una statua.

La rapina finisce male e, mentre i tre compagni scappano, la polizia, avvertita poco prima dalla signora dei gatti, arresta Alex.

Da questo punto in avanti i lettori si accorgono del fatto che anche la polizia è violenta, dal momento che, una volta portatolo in carcere, i poliziotti picchiano per bene Alex che viene condannato a 14 anni di carcere subito dopo la morte della signora. 

Tuttavia, si apre una possibilità di uscita anticipata: a causa di una recente riforma governativa viene introdotta la "cura Ludovico" che può cambiare i criminali in individui inoffensivi. 

Però come lo fa?

Alex, legato ad una sedia e costretto da due pinze a tenere gli occhi ben spalancati, deve vedere, tutto il giorno, film che ritraggono scene violente, orripilanti, disgustose. 

Ve ne metto due come esempi:

E poi si locchiò un vecchio venir giù per la strada, molto bigio, e ad un tratto apparvero due malcichi e gli saltarono addosso ed erano vestiti all'ultimo grido come se il film fosse stato girato in quei giorni (...) e cominciarono a scapricciare con lui. Si snicchiavano le urla e i gemiti, molto realistici, e pure il respiro ansimante dei due malcichi festanti. Crac, crac, crac, a forza di pugni lo ridussero come un budino, gli strapparono via le palandre, lo presero a stivalate sulle macerie nude e poi scapparono guizzi lasciandolo tutto rosso di salsa nel fango saloppo del rigagnolo.

E poi fui obbligato a locchiare uno schifosissimo film sulla tortura giapponese. Si era nella guerra del '39-'45, e crocifiggevano dei soldati agli alberi con i chiodi e gli accendevano il fuoco sotto i piedi e gli tagliavano le berte, e locchiavi perfino un planetario che veniva tagliato a fette con una spada (...).

Oltre a ciò, gli psichiatri che lo hanno in cura, gli iniettano "vitamine" ogni giorno. Ben presto, dopo la visione di quei film, Alex inizia a stare male.

La "cura Ludovico" si chiama così dal momento che risulta significativo l'episodio, verso la fine della seconda parte del libro, in cui si proietta un film sugli orrori nazisti. Si tratta di una pellicola senza dialoghi ma con il sottofondo costante della musica di Ludwig Van Beethoven.

"Come si fa a servirsi di Ludwig in quel modo? Lui scriveva soltanto musica" dice Alex agli psichiatri, supplicandoli disperatamente di spegnere il proiettore.

Questo film lo fa letteralmente sboccare.

Secondo voi è giusto e lecito inserire le sinfonie di Beethoven in un film sugli orrori nazisti perpetrati contro gli ebrei nei campi di concentramento?  Può la musica classica suggerire sentimenti di odio, desideri di violenze e di torture?

Di fronte agli episodi più agghiaccianti e più sconcertanti della storia ci si può chiedere: "se Dio esiste, perché permette il male?". 

Si tratta di una domanda che mi sono posta spesso. 

Qualche volta, ereticamente, arrivo a pensare che Dio sia un debole o un apatico indifferente.

Forse l'aldilà è un bellissimo e dolcissimo palliativo creato apposta per "accettare meglio" il fatto che tutti noi prima o poi moriremo.

I miei lettori più recenti non lo sanno ma, pochi mesi prima della maturità, ho scritto una poesia intitolata Addio ragazzo dedicata alle giovani vittime della strage di Srebrenica (attuale Bosnia, luglio 1995). Finiva così: Addio ragazzo! I tuoi sogni svaniranno per sempre, come una leggera nube di fumo che si solleva verso l'alto cielo e si dilegua nell'aria. Addio ragazzo!

Sia mio zio Attilio sia Maria Teresa Gigliotti mi hanno detto dopo la lettura di quest'ultima strofa: ma come? Possibile che non ci sia proprio nulla dopo una morte così tremenda? Qui sembra di no!

Poi però a periodi riesco a pensare al Paradiso come ad uno splendido giardino in cui brilla perennemente il sole e in cui si canta. In questo giardino c'è una perenne beatitudine e serenità. 

Ma che cosa vedeva mia nonna pochi giorni prima di morire? Per quali motivi spalancava le braccia e si illuminava tutta? Che cosa vedeva che io non potevo vedere? Vedeva il nonno Augusto e i suoi fratelli? A cos'era dovuto quel comportamento, a delle visioni dal Paradiso oppure a delle semplici allucinazioni?

Non lo saprò mai.

A vostro avviso è vero che l'uomo è "una creatura fondamentalmente malvagia" come asserisce Burgess?

Per me l'uomo non è malvagio sin dalla nascita ma lo diventa facilmente. Molti eventi storici negativi (tirannie, dittature, genocidi, guerre, nazionalismi etnici, razzismo, attentati terroristici) lo dimostrano: per gli uomini e le donne di ogni tempo il male è risultato accattivante e affascinante, molto più del bene. 

La scelta del male scaturisce dall'egoismo umano, come anche le ingiustizie. 

Il male fa notizia, il male affascina, fa credere di essere (onni-)potenti e rende capaci di far prevalere la propria volontà su quella degli altri. 

Tuttavia credo che il progresso relazionale e culturale dell'umanità sia nelle mani di quei pochi che scelgono in piena consapevolezza il bene.

La tendenza a compiere il male, per tutti noi nella vita quotidiana, è sempre dietro l'angolo. 

"Il male è accovacciato alla tua porta" si dice nella Genesi riguardo alla vicenda di Caino e Abele. Già, è vero. Sta a te decidere se farlo entrare o lasciarlo fuori!

Riporto inoltre l'opinione di Matthias a questo proposito:

Non sono d'accordo con Burgess. 

Solitamente le persone non nascono cattive, dipende molto da come hanno vissuto i primi mesi di vita: più il problema è "precoce" e più i sintomi sono "gravi". 

Basta anche che la madre non compia un rispecchiamento funzionale e il/la bambino/a potrebbe avere disturbi seri. 

Comunque c'è una forte probabilità, per la psicologia sociale, che le persone "ordinarie" nel "giusto" contesto e con le giuste condizioni possono compiere azioni violente o lasciare che vengano compiute.

Io sono più dell'avviso della Arendt: dietro il male c'è spesso banalità e mediocrità. Il male nazista avveniva per de-responsabilizzazione e conformismo. Nei casi più critici interveniva la dissonanza cognitiva e allora si giustificavano le proprie azioni dicendo che si stava compiendo del bene.

Dio non è debole, ci lascia liberi. 

Se Dio impedisse costantemente agli uomini di compiere il male non esisterebbe più il libero arbitrio. 

E se Dio volesse cancellare dalle nostre menti i pensieri cattivi o comunque se ci impedisse di concepire mentalmente il male non saremmo più umani ma soltanto marionette al suo servizio.

Alex, dopo quindici giorni di torture cinematografiche, esce innocuo e inoffensivo ma smette di essere capace di scelta morale.

Come lo tratterà la società una volta uscito dal carcere?

3. La lingua inventata:

Questo romanzo, come avete avuto modo di constatare nelle citazioni del precedente paragrafo, è stato scritto in una lingua gergale inventata. 

Chiarisco qui i termini più frequenti:

SOSTO= posto.

MARTINO= ragazzo giovane, uomo.

GLUTARE= bere.

SOMA= compagno.

FESTARE= picchiare.

MALCICHI= ragazzi.

SNICCHIARE= sentire.

QUAGLIA= ragazza sexy.

FARI= occhi.

PLANETARIO= testa.

BERTE= viscere.

PALANDRE= budella.

CINEBRIVIDO= emozionante ma talvolta corrisponde agli avverbi "molto bene" e "meravigliosamente".

4. Come l'autore spiega il titolo che ha dato al suo romanzo?

Nel 1945, al ritorno dal fronte, in un pub di Londra l'autore sente un anziano dire a qualcuno che è sballato come un'arancia meccanica.

Questa espressione ha incuriosito Burgess che l'ha poi impiegata nella stesura di un romanzo che ritrae una società in cui si attua il lavaggio del cervello. La conversione di Alex da personaggio pessimo a giovane innocuo non è una sua scelta personale ma gli viene imposta.

Arancia meccanica vuole essere un manifesto sull'importanza di poter scegliere. 

Alex è lucido e cattivo a inizio romanzo che indubbiamente rimanda alle "baby gang" operative, già negli anni Sessanta, nel Regno Unito. 

Ecco come lo scrittore spiega al Los Angeles Times l'aumento della criminalità in quegli anni. In questo scritto traspare inoltre la sfiducia che Burgess nutre nei confronti del sistema carcerario:

I giovani alla fine degli anni Cinquanta erano agitati e cattivi, insoddisfatti del mondo del dopoguerra, violenti e distruttivi, ed è a loro che tanti fanno riferimento quando parlano di crescente criminalità. Che fare con questi ragazzi? La prigione e i riformatori non fanno che peggiorarli: allora perché non risparmiare il denaro dei contribuenti sottoponendoli ad un facile condizionamento, a una sorta di terapia del disgusto, che generi in loro un'associazione tra l'atto di violenza e il malessere, la nausea, o persino evocazioni di morte? Furono in molti ad approvare questa proposta (che all'epoca non era una proposta del governo, ma semplicemente un'idea espressa dai singoli teorici, per quanto influenti).

(...)

Credo che (...) l'atto ultimo del male sia la disumanizzazione, l'assassinio dell'anima- il che ci riporta a parlare della possibilità di scegliere tra azioni buone e azioni cattive. Imponete ad un individuo la possibilità di essere solo e soltanto buono, e ucciderete la sua anima in nome del bene presunto della stabilità sociale.

Quanto condividete di ciò che Burgess spiega?

Ad ogni modo, chiarisco un dettaglio non trascurabile riguardo alla vita vissuta da questo autore: la moglie di Anthony Burgess è stata violentata nel 1942 dai disertori americani, proprio come la moglie dell'autore che Alex e i suoi soma vanno a perseguitare.

Arancia Meccanica doveva dunque essere anche un "atto di catarsi" dell'autore in risposta alle violenze subite dalla moglie.

5. Interpretazione sintetica dello psichiatra Aaron Stern:

Secondo Aaron Stern Alex, all'inizio della storia, è come l'uomo allo stato di natura.

La tecnica Ludovico rappresenterebbe un processo di civilizzazione e l'Alex post-carcere è l'emblema della nevrosi che viene imposta all'individuo da parte della società.


20 gennaio 2023

"Il Cavaliere inesistente", I. Calvino:

Si tratta di un romanzo di Italo Calvino pubblicato alla fine degli anni Cinquanta ma ambientato in pieno Medioevo. 
La narratrice è suor Teodora, religiosa dell'Ordine di San Colombano.

In questo post mi concentrerò prevalentemente sui quattro personaggi principali e su quello che, a mio avviso, è il tema fondamentale dell'opera.

Anche se a mio avviso si tratta di una parodia dell'epica cavalleresca, credo che nel Cavaliere Inesistente sia comunque possibile intravedere dei simboli e dei rimandi.

PERSONAGGI E RIFLESSIONI:

Iniziamo dal protagonista Agilulfo.

1. AGILULFO:

Agilulfo è il cavaliere inesistente.

Più precisamente, il suo titolo completo è: Agilulfo Emo Bertrandino dei Guildiverni e degli Altri di Corbentraz e Sura, cavaliere di Selimpia Citeriore e Fez.

C'è una particolarità fondamentale che vale la pena notare: si tratta di un cavaliere che non esiste. E', sostanzialmente, un'armatura bianca e vuota. Agisce soltanto attraverso la sua forza di volontà.

Agilulfo non brilla in materia di simpatia:

(...) di gran passo si diresse verso gli stallaggi. Giunto là, trovò che il governo dei cavalli non veniva compiuto secondo le regole, sgridò gli staffieri, inflisse punizioni ai mozzi, ispezionò tutti i turni di corvè, ridistribuì le mansioni spiegando minuziosamente a ciascuno come andavano eseguite e facendosi ripetere quel che aveva detto per vedere se avevano capito bene.

Agilulfo è preciso, perfetto: ama l'ordine, la precisione, la pulizia, lo scrupoloso rispetto delle mansioni cavalleresche. E' dotato, più di qualsiasi altro cavaliere, di senso di responsabilità e di un'estrema precisione nel linguaggio. Tuttavia è completamente incapace di relazioni e di sentimenti umani: non è altro che un automa che esiste soltanto per eseguire ordini e portare a termine dei compiti, esattamente come i nostri computer e i futuri robot.

Il cavaliere inesistente rappresenta tutti coloro che vivono soltanto in funzione del loro ruolo lavorativo e non attribuiscono importanza ai rapporti. Si tratta di persone estremamente competenti ed efficienti nelle loro mansioni professionali ma scadenti dal punto di vista umano ed empatico.

Altri esempi che sostengono questa idea che ci si fa di Agilulfo li si possono trovare verso la metà del romanzo, quando ad esempio spiega al giovane Rambaldo come entrare nella cavalleria per poter vendicare l'uccisione del padre e poter quindi assassinare l'argalif Isoarre:

"E' semplicissimo ragazzo. (...) Devi fare domanda alla Sovrintendenza ai Duelli, alle Vendette e alle Macchie dell'Onore, specificando i motivi della tua richiesta, e sarà studiato come meglio metterti in condizione di avere la soddisfazione voluta."

Una dimostrazione del forbito stile di lingua orale di Agilulfo lo si trova nel punto in cui Rambaldo gli chiede quali sono le mansioni giornaliere dei Paladini. Rambaldo non vuole elenchi di compiti e di mestieri, però. Vorrebbe soltanto prendere come esempio l'agire di Agilulfo, che gli risponde così:

"Preferisci dunque anteporre l'esperienza alla dottrina: è ammesso. Ebbene tu vedi che oggi sto prestando servizio, come ogni mercoledì, di Ispettore agli Ordini dell'Intendenza d'Armata. In tale veste, vado controllando le cucine dei reggimenti d'Alvernia e di Poitou. Se mi seguirai, potrai a poco a poco impratichirti in questa delicata branca del servizio."

2. RAMBALDO:

Rambaldo di Rossiglione è giovane, appassionato e inesperto.

Si innamora, senza esserne ricambiato per buona parte del libro, della guerriera Bradamante, figura indubbiamente ispirata all'Orlando Furioso di Ariosto.

Rambaldo è, a mio avviso, il rappresentante di tutti quei valori cavallereschi presenti nelle opere del mondo classico e rinascimentale: è molto legato ai concetti di onore e vendetta ed è l'unico cavaliere che prova un'ardente passione amorosa.

Forse Rambaldo rappresenta i cultori del classicismo con queste frasi pronunciate mentre con Agilulfo scava le fosse per i morti in una battaglia precedente:

Cos'è questa furia che mi spinge, questa smania di battaglie e di amori, vista dal punto donde guardano i tuoi occhi sbarrati, la tua testa riversa che sbatacchia sulle pietre? Ci penso, o morto, mi ci fai pensare; questi nostri giorni prima della tomba, per noi vivi e anche per voi morti. Che mi sia dato di non sprecarli, di non sprecare nulla di ciò che sono e di ciò che potrei essere. Di compiere azioni egregie per l'esercito franco. Di abbracciare, abbracciato, la fiera Bradamante. Spero che tu abbia speso i tuoi giorni non peggio, o morto. Comunque per te i dadi hanno già dato i loro numeri. Per me ancora vorticano nel bussolotto. E io amo, o morto, la mia ansia, non la tua pace.

In questo passaggio ho trovato diverse citazioni letterarie.

smania di battaglie e di amori=  qui ho pensato al proemio dell'Orlando Furioso di Ariosto: le donne, i cavallier, l'arme, gli amori/ le cortesie, le audaci imprese io canto. Argomento di questo poema epico-cavalleresco sono le battaglie, che vedono protagonisti soprattutto alcuni cavalieri dell'esercito franco e dell'esercito saraceno e gli amori che coinvolgono figure femminili come Angelica e Bradamante. L'animo di Rambaldo freme per tutto ciò e prende vita da tutto ciò.

compiere azioni egregie per l'esercito franco= sembra quasi un calco del proemio delle Storie di Erodoto, autore greco del V° secolo che si propone di tramandare i conflitti tra Greci e Barbari, ricordando dunque le ἔργα μεγάλα τε καὶ θωμαστά, ovvero, le "imprese grandi e meravigliose" compiute da entrambe le fazioni. Qui invece Rambaldo si prefigge di compiere azioni egregie a vantaggio della propria gloria e dell'esercito franco, di cui fa parte.

per te i dadi hanno già dato i loro numeri= questo invece rimanda a Cesare, quando attraversa il Rubicone: alea iacta est. 

"Il dado è tratto" significa "ormai la decisione è presa". E' una massima che fa riferimento a condizioni non modificabili. La vita di un morto è trascorsa, quindi non ci sono più preoccupazioni, intenzioni, progetti, cambiamenti.

io amo, o morto, la mia ansia, non la tua pace= Penso alla Sera di Foscolo: e mentre io guardo la tua pace/dorme quello spirto guerrier/ ch'entro mi rugge.

La sera rimanda al poeta la fatal quiete, cioè, la morte. L'imbrunire infonde una momentanea tranquillità in Foscolo, autore dalla vita tormentata.

3. TORRISMONDO:

Torrismondo emerge soprattutto nella seconda parte del romanzo. 

Ad ogni modo, afferma di essere figlio di Sofronia, una donna che, vent'anni prima, Agilulfo ha salvato da alcuni banditi che volevano abusare di lei.

Ma Sofronia, e anche questo nome è  preso dalla Gerusalemme Liberata di Tasso, è veramente la madre di Torrismondo? 

Ad ogni modo credo che Torrismondo rappresenti il pessimismo nerissimo di chi, dopo l'enorme tragedia del secondo conflitto mondiale, ritiene che nessuna forma d'arte e nessuna azione umana abbia più senso

Istintivamente queste frasi di Torrismondo che riporto sotto mi hanno richiamato alla mente il filosofo Adorno:

Non c'è né difesa né offesa, non c'è senso di nulla. La guerra durerà fino alla fine dei secoli e nessuno vincerà o perderà, resteremo fermi gli uni di fronte agli altri per sempre. E senza gli uni gli altri non sarebbero nulla e ormai sia noi che loro abbiamo dimenticato perché combattiamo... Senti queste rane? Tutto quel che facciamo ha tanto senso e tanto ordine quanto il loro gracidio, il loro saltare dall'acqua a riva e dalla riva all'acqua...

Ormai è famosa l'affermazione del filosofo Adorno: Scrivere una poesia dopo Auschwitz è un atto barbarico.

A questa affermazione, Primo Levi, vittima della Shoah, replica: "Io credo che si possa fare poesia dopo Auschwitz, ma non si possa fare poesia dimenticando Auschwitz."

Tuttavia, le affermazioni di Torrismondo sembrano di carattere nichilista... E il nichilismo è anche peggio del pessimismo.

4.GURDULU':

Gurdulù non sa chi è. 

Al contrario di Agilulfo, è un personaggio in carne ed ossa ma privo di coscienza, che assume diversi comportamenti: vede delle rane gracidare e prontamente imita il loro verso, vede delle pere rotolare e subito rotola con i frutti, vede le anatre in uno stagno e pronuncia il loro verso insieme a loro, cercando addirittura di stare a galla.

La cavalcata fiancheggiava un frutteto di peri. I frutti erano maturi. Con le lance i guerrieri infilzavano pere, le facevano sparire nel becco degli elmi, poi sputavano i torsoli. In fila in mezzo ai peri chi vedono? Gurdulù-Omobò. Stava con le braccia alzate tutte contorte, come rami, e nelle mani e in bocca e sulla testa e negli strappi del vestito aveva pere.

-Guardalo che fa il pero!- diceva Carlomagno ilare.

(...)

Su ogni foglia di felce era seduta una piccola bestia verde, liscia liscia, che lo guardava e faceva con tutta la sua forza:- Gra! Gra! Gra!

-Gra Gra Gra!- rispose Gurdulù contento.

Gurdulù ha diversi nomi, o meglio, ognuno lo chiama come vuole. I più ricorrenti sono i pittoreschi: Gurdulù, Omobò, Martinzul.

Gurdulù assume diversi comportamenti e questo può richiamare alle tendenze delle mode e dei continui sviluppi dell'informatica e della tecnologia che influenzano i nostri modi di pensare e di agire.

D'altra parte, è da circa un secolo che l'Occidente è una "società di massa".

5. TEMATICA PRINCIPALE DEL ROMANZO:

La tematica fondamentale di quest'opera è la mancanza di certezze. 

Dopo il secondo conflitto mondiale c'è, soprattutto negli anni '50 e '60, un senso di incertezza dovuto alle tensioni USA-URSS. 

La guerra fredda è uno scontro ideologico tra capitalismo e comunismo. E', come lo definisco io, l'odio scaturito da altro odio, ovvero, dalla guerra totale tra il 1939 e il 1945.

I due decenni che ho citato sono anni di ripresa economica, dovuti prima di tutto agli aiuti del piano Marshall e... il mondo sta decisamente cambiando: l'Italia è diventata una repubblica costituzionale, aumenta l'industrializzazione come anche l'utilizzo di nuovi mezzi quali la televisione, gli elettrodomestici e la radio. 

L'italiano, da lingua prevalentemente scritta, grazie ai media diviene una lingua parlata che si mescola ai dialetti locali e regionali. 

Forti sono le disuguaglianze economiche tra borghesi e agricoltori, eredi di una civiltà millenaria che il grande sviluppo dell'edilizia e della tecnica portano al tramonto.

Dicevo che il romanzo è del 1959. Di lì a poco sarebbero iniziate la guerra in Vietnam e la contestazione giovanile.

Il mondo è in ulteriore via di evoluzione scientifica e tecnologica ma, dal punto di vista geopolitico, ci sono forti tensioni tra Russia e Stati Uniti, il mercato capitalista comporta indubbiamente un incentivo per il consumismo. 

Tutti gli eventi che ho elencato in questo paragrafo generano confusione e incertezza: mai come prima di allora la società occidentale ha dovuto attraversare tutti questi cambiamenti.

I personaggi di questo romanzo di Calvino sono cavalieri un po' disorientati, lo stesso Carlomagno è una figura bonaria, gli eventi si susseguono gli uni gli altri con molta velocità.

Leggere per credermi!


12 gennaio 2023

"Uomini di Dio": film su otto martiri nell'Algeria degli anni '90

Premetto che di solito, per le esperienze che ho vissuto, non ho simpatie per chi fa parte degli ordini religiosi: ho l'impressione che frati, monaci e suore rappresentino o la Chiesa rigida e moralista oppure la Chiesa pseudo-psicologica e superficiale che ha fame di protagonismo e di "followers".

Insomma, i religiosi con cui finora ho avuto a che fare non sono paragonabili a questi otto uomini di Dio di cui sto per parlarvi.

Ad ogni modo questo film di Xavier Beauvois, uscito nel 2010 per le sale cinematografiche europee, è meraviglioso.

RIASSUNTO DEI CONTENUTI:

Siamo in Algeria a metà degli anni '90. 

In un monastero, collocato vicino ad un villaggio isolato tra i monti algerini il cui nome non viene mai precisato, vivono otto monaci benedettini che provengono tutti dalla Francia.

Non si comportano come religiosi appartati, estranei e isolati dal mondo esterno, dediti soltanto al rispetto scrupoloso della liturgia delle ore. 

Tutti e otto si immergono in pieno nella vita quotidiana degli abitanti del villaggio: si recano nelle case delle famiglie di religione musulmana per far loro visita, partecipano a volte alle funzioni religiose islamiche, si occupano di attività di giardinaggio e di agricoltura. 

Tra questi monaci spiccano in particolare due figure: l'anziano Luc e il priore Christiàn. 

Luc, oltre ad essere un religioso, è anche un medico. In effetti il film si apre con un'immagine in cui Luc sta disinfettando la ferita di una bambina. 

Christiàn è a mio avviso un santo.

Tra i monaci benedettini di fede cristiana e la popolazione fedele all'Islam i rapporti sono molto buoni.

Tuttavia la pericolosa e minacciosa presenza della GIA, un'organizzazione terroristica islamica, mina la tranquillità non soltanto degli abitanti del villaggio ma anche della comunità monastica.

Una mattina, a pochi chilometri dal villaggio, alcuni mercanti croati giunti in Algeria vengono aggrediti e sgozzati dal Gruppo Islamico Armato.

Il clima di terrore si diffonde sempre di più.

Christiàn rifiuta la proposta del ministro dell'Interno algerino di far insediare un esercito per presidiare il monastero. Per questo seguono le critiche dei suoi confratelli: Prima di prendere questa decisione avresti dovuto consultarci!

Nella notte della Vigilia di Natale una piccola banda di fondamentalisti islamici, guidata da Alì Fayatthia, fa irruzione nel monastero chiedendo insistentemente di conferire con Christiàn che, non appena li vede, aggrotta le sopracciglia in segno di rimprovero: Che cosa volete? Questa è una casa di pace! Gettate le armi.

Christiàn e Alì iniziano a parlare, faccia a faccia, appena al di fuori dell'ingresso del monastero, nel buio della notte.

Tutto il villaggio sa che Luc è il monaco-medico che cura gratuitamente fino a 150 malati al giorno. 

Alì, una volta messo da parte il suo atteggiamento aggressivo e prepotente, vorrebbe quindi che Luc curasse due terroristi feriti o almeno che consegnasse dei medicinali adeguati. 

Christiàn rifiuta entrambe le richieste: Luc è vecchio e ha anche lui problemi di salute e inoltre i medicinali sono pochi, quindi per questo motivo sono assolutamente necessari almeno ai bambini del villaggio. 

Christiàn risponde negativamente alle richieste di Fayatthia e gli cita qualche versetto del Corano in cui si raccomanda di non fare del male a uomini e donne di altra cultura o di altra religione

Infine, conclude dicendo ai terroristi del GIA: Stanotte è Natale. Noi cristiani festeggiamo la venuta al mondo del Principe della pace.

Alì e i suoi uomini, disarmati e sorpresi dopo le parole di Christiàn, se ne vanno e a questo punto l'abate, con la sua piccola comunità, può celebrare il Natale.

Ecco il discorso di Christiàn in occasione di questa festività fondamentale per ogni comunità cristiana:

La nostra identità di uomini va da una nascita all'altra. E da una nascita all'altra finiremo anche noi per far nascere questo Figlio di Dio che siamo noi, perché l'incarnazione per noi è lasciare che la realtà filiale di Gesù si incarni nella nostra umanità.

Tuttavia, resosi ormai palese il pericolo di morte, ai benedettini insediatisi in questo villaggio algerino si pone un enorme interrogativo: restare ancora in questo stato dilaniato da una brutta guerra civile oppure partire e ritornare in Francia?

Le autorità algerine consigliano ai monaci di ritornare in Francia e apostrofano Christiàn come "testardo" dal momento che è il primo a voler rimanere vicino alla popolazione.

Non mancano crisi personali. Il più incerto se restare o andarsene è Celestin che si confida così a Christiàn:

Ripenso alla mia vita e alle mie scelte. Da bambino volevo diventare missionario. Da molte notti non riesco a dormire. Morire per la mia fede. Questo non dovrebbe impedirmi di dormire. Morire adesso, qui... è veramente utile? Non lo so. Ho l'impressione di impazzire.

Ma Christiàn gli dice, mettendogli le mani sulle spalle: Ricorda che tu la tua vita l'hai già donata. L'hai donata per seguire Cristo quando hai deciso di lasciare tutto: la tua vita, la tua famiglia, il tuo paese. La donna e i figli che avresti potuto avere.

Tuttavia un Celestin angosciato e sull'orlo delle lacrime replica: Ma non so più se è ancora vero. Io prego, ma non sento più niente. E poi non capisco: si diventa martiri per cosa? Per Dio? Per eroismo? Per dimostrare di essere i migliori?

Tuttavia, dopo un periodo di riflessioni caratterizzato anche da umana paura e angoscia, tutti gli otto confratelli decidono di restare.

D'altra parte la gente del villaggio spera che i monaci restino. 

Una donna algerina dice a Christiàn: voi siete i rami e noi gli uccelli. Se ve ne andrete dove ci poseremo? Dove troveremo conforto?

La scena della loro ultima cena prima dell'arresto è veramente commovente: magistralmente e per alcuni minuti, Xavier Beauvois inserisce di sottofondo il tema melodico del Lago dei cigni di Tchaikovsky mentre, con la telecamera, inquadra lentamente sorrisi, lacrime, occhi luminosi e occhi preoccupati di ognuno degli otto religiosi seduti a tavola.

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Si tratta di un film basato su eventi realmente accaduti.

Padre Christiàn De Chèrge è realmente esistito e ha guidato una comunità di religiosi che per anni hanno fatto del bene in un villaggio algerino spaventato dalla violenza dei terroristi.

Nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1996 sei monaci di origine francese sono stati arrestati e deportati sul Monte Atlante da un gruppo di Jihadisti armati. Dopo un mese di prigionia sono stati decapitati. Le loro teste sono state trovate il 30 maggio dello stesso anno lungo un sentiero che porta alla cime dell'Atlante. I nomi degli esecutori di questo orrore sono tuttora ignoti.

Il film Uomini di Dio ha ricevuto molti commenti di apprezzamento ed elogio, . Ve ne riporto con piacere alcuni:

-Un film bello e nobile. (R. Nepoti, "La Repubblica").

-Il martirio di questi monaci non è cercato, ma accettato con l'ardore calmo di un'imitazione del Cristo. Prolissità compiaciuta nell'ultima cena, ma è giusto così. ("Il Morandini", Dizionario di critica cinematografica, 2015).

-Gran parte del fascino e del successo del film è comunque dovuto all'occhio laico ma a suo modo ieratico con cui viene ripresa la vita monastica. ("Il Mereghetti", Dizionario di critica cinematografica, 2017).

Vi lascio, a conclusione del post, la clip dell'ultima scena del film in cui si riportano le parole del testamento di padre Christiàn. 

Quest'opera cinematografica si chiude con gli estremisti armati che conducono i monaci in una prigione sulla sommità dell'Atlante.

(con "amico dell'ultimo minuto" si intende Alì Fayatthia).


4 gennaio 2023

"Il filo infinito", P. Rumiz:


Buon 2023!! Con la speranza che, nel corso di questo nuovo anno, termini la guerra in Ucraina.

Vorrei organizzare così tutto il 2023: i primi tre (o due, dipende dal tempo che avrò) post del mese saranno miei al 100% e avranno i titoli in maiuscoletto, proprio come questo. Si tratterà di argomenti letterari (anche libri contemporanei come Il filo infinito), poetici, storici e a volte anche cinematografici. 
Invece, l'ultimo post di ogni mese, non solo avrà il titolo in stampato ma sarà caratterizzato anche dall'importante contributo di Matthias o su questioni psico-antropologiche o su questioni geopolitiche attuali e a volte anche del passato.

*Aprile 2023 sarà il "mese della poesia".
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Nutrivo delle grandi aspettative su questo libro. 
In realtà non mi è piaciuto molto e in questo post ve ne spiegherò le ragioni.

Vi anticipo che Il filo infinito è, per come l'ho valutato io, abbastanza pieno di errori di valutazioni storico-religiose (meno male che anche Rumiz è umano e può sbagliare!).

Tuttavia anche la lettura di questo resoconto di viaggio è stata per me un'occasione di riflessione.

D'altronde non nego il valore del suo autore.

Questo libro racconta il viaggio di Paolo Rumiz presso alcuni monasteri benedettini e cistercensi europei. 

Nel corso del 2017 il narratore è infatti stato a Norcia, a Praglia, a Camerino, a Viboldone ma anche a San Gallo in Svizzera, a Orval in Belgio, a Niederalteich e a Sankt-Ottilien in Germania, a Citeaux in Francia.

Eccovi una delle prime pagine. 

Eccovi il contesto: Rumiz si trova sui Monti Sibillini. Visso e Castelluccio sono completamente distrutti dai terremoti dello scorso anno.

E già qui, con occhi a mio avviso troppo incantati, piuttosto imprecisi e idealizzanti, Rumiz parla di storia:

Pulsavano le prime stelle. La terra sprigionava odore di terra, buona e bagnata. Bastava guardarsi attorno per capire che la spianata di Norcia era ancora un capolavoro di gestione del territorio. Un segno inconfondibile di Benedetto. Che uomini erano stati quelli. Erano riusciti a salvare l'Europa senz'armi, con la sola forza della fede. Con l'efficacia di una formula: ora et labora. Lo avevano fatto quando le invasioni erano una cosa seria, non una migrazione di diseredati. Ondate violente, spietate, pagane. Unni, Vandali, Visigoti, Longobardi, Slavi, e infine i ferocissimi Ungari. Quei giganti in tonaca nera li avevano cristianizzati e resi mansueti con l'esempio, avevano salvato dall'annichilimento la cultura del mondo antico, rimesso in ordine un territorio in preda all'abbandono, costruito formidabili bastioni di resistenza alla dissoluzione: le abbazie.

Troppo incanto e poco realismo. 

Credo sia utile ricordare che le massicce ondate migratorie delle popolazioni barbariche non sono iniziate nell'Alto Medioevo ma si verificavano già nel II° secolo dopo Cristo e mettevano in difficoltà già allora gli imperatori romani. 

Oltre a ciò, è importante tener presente che le popolazioni barbariche non avevano l'intenzione di distruggere l'Impero romano: si spostavano nei territori dell'Impero perché volevano usufruire di ciò che l'Impero aveva in termini di benessere (acquedotti, palazzi, mercati, porti, terre coltivate). Quel che ha fatto dissolvere l'Impero romano d'Occidente è stato il comportamento dei re delle popolazioni barbariche: questi ultimi infatti continuavano a governare i loro popoli come se fossero funzionari dell'Imperatore.

Inoltre, una parte dei barbari integrati nell'Impero Romano, soprattutto nel IV° secolo d.C., era cristiana (o cattolica o ariana, ma comunque cristiana e monoteista) ancor prima di entrare a far parte del vasto territorio romano. 

Si pensi ad esempio a Modares, un capo di una tribù gotica con ottime doti di stratega militare in grado di affrontare le controversie teologiche dell'epoca. Modares è stato accolto e grandemente stimato dall'imperatore Teodosio che, nel 379 d.C., gli aveva affidato il comando dell'esercito in Tracia, Modares era divenuto "magister peditum".

Questo comunque è senza dubbio un passaggio che fa riflettere sulla differenza tra invasioni e migrazioni. 

La parola "invasione" ha sempre una connotazione negativa e viene impiegata quando un esercito si introduce con la forza nel territorio di un altro stato. Questo vale per l'invasione della Polonia da parte della Germania nazista nel settembre del '39.

Le migrazioni invece sono un argomento più vasto. Si emigra in un altro stato per trovare lavoro e condizioni di vita migliori. Le migrazioni esterne avvengono quando le persone si spostano al di fuori dei confini nazionali, mentre invece si parla di migrazioni interne quando un gruppo di individui si sposta all'interno del proprio stato.

Nella pagina successiva però compaiono alcune imprecisioni storiche:

Da dove se non dall'Appennino, mondo duro abituato da millenni a risorgere dopo ogni terremoto, poteva essere venuta, millecinquecento anni fa, quella formidabile spinta alla ricostruzione dell'Europa? Quanto era conscia l'Italia di questa sua centralità nel destino del Continente? Com'era possibile che il Paese lasciasse andare alla malora le terre pastorali da dove era partito quindici secoli prima il segno del Rinascimento per l'Europa tutta?

I monaci, per gran parte del Medioevo, sono stati i custodi della cultura classica latina.

Ecco che cosa critico: quel "Rinascimento" con la R maiuscola. Mi risulta che il Rinascimento sia una fase storico-culturale del XV° secolo. 

Nel VI° secolo è vissuto San Benedetto da Norcia e... altroché segni di rinascimento! Questo è stato il secolo della lunga guerra greco-gotica, iniziata dopo la morte di re Teodorico, guerra che ha portato alla fame la nostra penisola e ha comportato il saccheggio di Roma. Oltre a ciò, il VI° secolo è proprio il clou dell'eresia ariana, dottrina che riteneva Gesù soltanto un uomo. Altroché  rinnovamento culturale e ricostruzione dell'Europa! 

San Benedetto in questo secolo getta i semi per un nuovo stile di vita proposto agli ordini monastici ma occhio, non fa ancora la rivoluzione spirituale e culturale.

Cosa è stato bello nel VI° secolo, alla fine? L'intenzione di Massimiano che, a Ravenna, ha inaugurato la basilica di San Vitale.

Prima del Rinascimento c'è stato l'Umanesimo, iniziato con Coluccio Salutati, cancelliere di Firenze che, a fine Trecento, fondava una cattedra di greco attico a Firenze. 

Prima dell'Umanesimo inoltre c'è Carlo Magno, fondatore della scuola carolingia. Nonostante questo imperatore fosse semi-analfabeta (sapeva leggere ma non ha mai imparato a scrivere) comprendeva comunque l'importanza di una formazione per il clero e il valore della cultura. Presso la sua corte dimoravano personaggi importanti come Alcuino di York e Paolo Diacono. Molti testi antichi, durante il periodo del suo impero, sono stati raccolti, copiati e conservati. Si parla di rinascita carolingia proprio per questo motivo. 

Ma mai, fino ad ora, ho letto che il difficile secolo in cui è vissuto San Benedetto, fosse un segno di Rinascimento!

Alla fine della parte introduttiva arriva un'altra affermazione che può instillare dubbi:

Noi pensiamo a due sole vie ermeneutiche per fare l'Europa: la cultura e l'economia. Con quale risultato? La cultura è in caduta libera e l'economia ha perso di vista la felicità dell'uomo. (...) Abbiamo dimenticato che esiste una terza via per fare l'Europa: la politica, una politica basata su valori forti, capace di combattere il linguaggio della paura, parlare alle periferie.

Cultura, economia e politica a mio avviso devono essere legate e interdipendenti. 

Da tutte e tre dovrebbero scaturire i valori della solidarietà e della comunità. Solo una politica basata su onestà, lungimiranza, impegno e coerenza è in grado di amministrare bene l'economia di un Paese ed è in grado di promuovere la cultura nazionale e gli scambi culturali.

Se il fine della politica è quello di perseguire il bene comune, allora deve prendere in considerazione la cooperazione sociale, la tutela dei diritti umani, la pace, la mediazione. 

Ma come si fa a parlare alle periferie? 

Pier Paolo Pasolini parlava per davvero alle periferie, era per davvero in contatto con la loro povertà economica, morale, culturale. Soggiornava a Rebibbia negli anni Cinquanta e quotidianamente percorreva le strade abitate dal sottoproletariato romano. Annotava sui alcuni taccuini quello che vedeva. 

Nel 1955, ha fatto pubblicare Ragazzi di vita, romanzo di denuncia sociale che si rivolgeva al clero indifferente nei confronti delle condizioni misere dei sottoproletari ma soprattutto a quei "borghesoni" che in seguito hanno accusato Pasolini di "oscenità". 

Durante i miei anni di università ho ammirato la figura di Pasolini e la ammiro tuttora per la sua intelligenza, per la sua incredibile ampiezza di vedute, per la sua coerenza.

In questi ultimi giorni ho riflettuto sui recenti vergognosi episodi di gravissima corruzione che hanno riguardato sia i membri dei socialisti e dei progressisti europei sia alcuni membri del PD e di Articolo 1. 

E sono arrivata ad un'amara conclusione: la sinistra intesa alla maniera di Pasolini è definitivamente morta. 

Poi, nell'ultimo mese, un mio zio materno che ha fiducia in Renzi mi ha influenzata con il suo pensiero che i Cinquestelle siano estremamente a sinistra. 

Pasolini, a causa delle sue inclinazioni omosessuali, era stato espulso dal Partito Comunista. 

Tuttavia questo intellettuale ha continuato ad essere a favore di una politica attenta e sensibile nei confronti degli ultimi, ovvero, dei poveri, dei lavoratori sottopagati, dei disoccupati e degli emarginati. 

La nostra "sinistra" è altro da questo, non è più attenta ai diritti dei lavoratori, all'integrazione dei migranti nelle comunità europea e ai diritti delle minoranze etniche, o meglio, lo è soltanto a parole. 

Il PD non è più sensibile né alla dignità dei più poveri e alla condizione di precariato lavorativo giovanile e, per di più negli anni in cui è stato al governo, non ha fatto proprio nulla né per incentivare la formazione professionale dei Neet,  per alzare gli stipendi statali più bassi. Non si è nemmeno preoccupato di progettare iniziative per promuovere la sicurezza sul lavoro, l'arte e la cultura nel nostro territorio nazionale o di migliorare la qualità della sanità pubblica e la qualità dell'offerta formativa nelle facoltà di medicina, sostituendo ad esempio il test di ammissione con un test psico-attitudinale, investendo i soldi per i reparti ospedalieri di psichiatria e per istituire anche la figura dell'infermiere di famiglia. Il nostro centro-sinistra non ha nemmeno pensato alle problematiche ambientali! 

In effetti se si ripensa al comportamento e alle scelte di Roberto Speranza, membro di Articolo 1 e ultimo Ministro per la Transizione Ecologica prima della nascita del governo Meloni, viene spontaneo innervosirsi (leggete l'ultimo saggio di Maurizio Pallante per capire!). 

Alle 2 del primo gennaio in piazza a Bussolengo c'erano 8°C. Sui platani della via tangente alla piazza principale ci sono ancora le foglie secche, mai cadute. Vi sembra normale? 

Chi appartiene al centro-sinistra dovrebbe essere una persona grintosa, integra, concreta, altruista, di larghe vedute e di cultura.

Intendiamoci: non ho mai pensato che chi si sente rappresentato dal centro-destra sia automaticamente egoista e individualista. Il valore umano delle persone non dipende affatto dai partiti in cui credono!

Sono le letterature europee soprattutto inglesi e francesi dei secoli XVII° e XVIII° che, a mio avviso, hanno messo su carta e valorizzato idee che tuttora fanno parte del centro-destra come l'intraprendenza, la determinazione, l'auto-realizzazione, il merito, le stratificazioni sociali, l'orgoglio identitario.

Tuttavia vi pongo una domanda: chi cavolicchio sta veramente rappresentando il PD, partito principale del centro-sinistra, visto che non sa difendere gli interessi di chi fa fatica ad arrivare a fine mese?

Le statistiche parlano chiaro: negli ultimi cinque anni hanno messo la "X" sul simbolo del Partito Democratico soprattutto la media borghesia e l'alta borghesia. 

I meno abbienti e i lavoratori che temono la disoccupazione si sentono in effetti rappresentati o dalla Lega o da Fratelli d'Italia, altroché sinistra! Ultimamente la classe medio-bassa nutre molte aspettative nei confronti di Giorgia Meloni.

E quindi che razza di partito è il PD?

Il centro-sinistra italiano degli ultimi anni è purtroppo prono al materialismo e a quel capitalismo cinico e spietato che mercifica le coscienze e le persone (aborto, utero in affitto con conseguenti adozioni gay, abolizione dei crocifissi dalle aule scolastiche). Mi ribadisco contraria a tutto ciò che ho elencato non tanto per motivi religiosi, visto che negli ultimi anni ho problemi con una Chiesa-comunità dalla quale non mi sento accolta né ascoltata, ma perché ritengo che sia necessario e doveroso portare un profondo rispetto alla dignità umana di ciascuno di noi e in particolare, alla dignità e al corpo della donna.

Il PD si crede democratico e progressista quando in realtà contesta, abbastanza spesso per futili motivi e tanto per dare aria alla bocca, Giorgia Meloni. Ho un grande rispetto per il vissuto familiare della nostra premier e, anche se non le ho dato il voto, le riconosco la determinazione e l'impegno nel portare avanti il nostro paese in questi ultimi mesi. 

Credo che trovarsi all'opposizione comporti comunque un'enorme responsabilità di cui soprattutto il PD non si rende minimamente conto, dal momento che questo partito non ha più valori e principi in cui credere. Questa purtroppo è la triste verità.

Certo, chi è al governo è chiamato a guidare il Paese, ma il principale partito che si trova all'opposizione dovrebbe dialogare, fornire proposte alternative, dialogare e discutere con le destre, non fare critiche inutili senza proporre alternative intelligenti. Ma sembra che la critica costruttiva appartenga soltanto a Renzi e al piccolo partito riformista ed europeista di Carlo Calenda.

Non mi piace per niente un finto centro-sinistra che si comporta così. E lo dico io che sono cresciuta in una casa che vota questa parte politica e che legge rigorosamente "La Repubblica" filo-Bersaniana e filo-Lettiana. 

Non possiamo più far finta che la sinistra sia ancora viva nei suoi ideali originari e più veri. Sostegno all'idea del reddito di cittadinanza e utero in affitto come opportunità alle donne povere: ma non è questo il modo di aiutare i poveri!!!

In Italia c'è il "culto" di Pier Luigi Bersani comunque. Un buon numero di votanti del PD crede che Bersani sia l'unico rappresentante della sinistra integra e dotata di morale. E io invece di Bersani non ho nessuna stima, è un "incantatore di serpenti", è ipocrita, è un finto puro e un finto integro. Anzi, mi sembra palese che nemmeno lui crede più a quel che dice! Eppure riesce benissimo ancora ad incantare qualcuno, come d'altronde Elly Schlein, candidata alle primarie del PD che non è, a mio avviso, "nella realtà", cioè sembra una persona scollegata dal mondo reale. Attenzione però, la ragazzetta svizzera non è ultra-progressista o post-comunista, è proprio immersa in un suo mondo parallelo, su diverse questioni della società moderna non è aggiornata né informata, come ad esempio sull'argomento della "società patriarcale".

D'altra parte non riesco a farmi piacere neanche Bonaccini (ah no: dovevo dire "il vecchio con la barba grigia" dal momento che odia che si facciano i cognomi di personaggi pubblici): non ha idee, è stupido e arrogante.

Fine del mio sfogo di amarezza. 

Penso che tra pochi anni, tre, massimo cinque, sparirà definitivamente la dicotomia destra/sinistra, prevedo che il Partito Democratico sparirà come non-forza politica, considerando che i giovani tra i 20 e i 35 anni sono troppo disillusi per votare a sinistra: o non credono più a nessuna forza politica o nutrono interesse per posizioni moderate e centriste (alle quali anch'io mi sto avvicinando) oppure votano a destra. 

Dai prossimi paragrafi in poi vi illustro i contenuti di alcuni capitoli del libro.

1. ABBAZIA DI PRAGLIA:

Paolo Rumiz, nel corso delle sue visite e dei suoi soggiorni nei monasteri, non descrive soltanto gli ambienti e gli spazi che vede ma espone quel che pensa a proposito delle liturgie, della preghiera e dello stile di vita monastico.

Iniziamo con Praglia.

Canto e luce, ecco il cuore di una liturgia che, assieme al pane e al vino, deve aver stupefatto i barbari, cristianizzandoli. Stamattina a Praglia il latino viaggia sulle ali dell'unisono maschile e saluta il trionfo del giorno. Mi chiedo se la crisi delle vocazioni non sia iniziata con la liquidazione del gregoriano e l'arroganza di architetti incapaci di dare acustica alle chiese. Le chitarre nei canti e i preti stonati hanno fatto il resto, decretando l'eclissi del sacro.

L'autore elenca motivi molto minoritari quando parla di crisi delle vocazioni. 

E' stato il consumismo ad allontanare gli uomini dalla fede ("con i soldi possiamo avere quello che vogliamo, quindi della spiritualità non ce ne facciamo nulla"). 

Il gregoriano si addice ad alcuni monasteri. Non è più tempo di attirare i fedeli con il gregoriano, altrimenti a questo punto potremmo ritornare al rito latino antico obbligatorio in ogni chiesa e in ogni parrocchia!

Piuttosto, è necessario un clero accogliente e non giudicante, è necessaria una catechesi seria che coniughi Vangelo e umanità.

Lo svuotamento delle chiese non dipende dai canti che vengono proposti.

2. VIBOLDONE:

A Viboldone, monastero femminile, Rumiz incontra le suore benedettine. Quando, all'interno della loro chiesa, l'autore scorge sia nove raffigurazioni della Madonna con Bambino sia un affresco che rappresenta le donne a fianco di Gesù condotto al Calvario, ecco a quale assurda panzana pensa: 

Mi sfiora un pensiero inaudito: la veste dei preti altro non è che un trucco per usurpare il ruolo del femminile nella comunità della fede.     

Che fantasia!

3. SAN GALLO:

L'incipit è abbastanza interessante. 

Leggete che cosa si racconta:

(...) quattordici secoli fa un duro monaco irlandese irlandese di nome Gallo partì dall'isola di Jona e, dopo un lungo viaggio attraverso il Continente, si insediò non lontano da qui, in una grotta sulle sponde del torrente Steinach, a pochi chilometri dal Lago di Costanza, nel cuore di una foresta abitata da pagani malfidenti. Era l'anno 612. Oggi il monastero benedettino nato da quel primo oratorio non esiste più, nella chiesa un pomposo rococò ha sostituito la semplicità dell'impianto medievale, i padri della fede se ne sono andati.


4.CITEAUX:

Citeaux è in Francia. 

Qui vi riporto un passaggio utile per comprendere le motivazioni che hanno portato Rumiz a dare come titolo "Il filo infinito". Ma anche in questo caso non sono d'accordo su un aspetto:

Il filo di lana è la perfetta rappresentazione della rete benedettina che poi si diramò nel mondo cistercense. Tanti di quei fili si sono certamente perduti, ma la paziente, testarda tessitura delle monache e dei monaci ha tenuto insieme e difeso il Continente più e meglio di cento eserciti e di un milione di trincee. Nemmeno san Francesco è stato capace di lasciare una simile impronta.

Non concordo con l'ultima frase. 

San Francesco ha avuto un ruolo molto importante e diverso rispetto a quello di San Benedetto. Tutti e due comunque hanno dato una testimonianza importante e hanno lasciato impronte fondamentali per la storia dell'Europa.

San Francesco è stato il creatore della prima poesia in volgare umbro. San Francesco è portatore di valori come la pauperitas e la laetitia. 

San Benedetto ha nobilitato sia i lavori manuali sia gli studi.


5. ORVAL:

Orval è un'abbazia del Belgio.

All'interno di questo capitolo Rumiz racconta la leggenda delle trote. 

E' carina:

Il laghetto delle trote sfiata vapore in mezzo a rovine gotiche. In quello specchio d'acqua la contessa Matilde di Canossa pare avesse perduto un anello e che una trota gliel'avesse riportato tenendolo tra i denti. Leggenda che è diventata il simbolo di Orval, stampato anche sull'etichetta della birra. Il pesce e l'anello. 


6. SAN GIORGIO MAGGIORE:

Si tratta dell'unico capitolo il cui contenuto e i cui messaggi mi sono piaciuti! L'unico capitolo di cui condivido tutto.

Il monastero di San Giorgio Maggiore si trova sull'isola di San Giorgio, nella laguna di Venezia.

Paolo Rumiz incontra Padre Fedele:

Camicia a quadri e stivaloni, gran sorriso e zappa. Sono davanti al prototipo dell'uomo lieto, allergico ai mugugni e ancorato all'unica cultura possibile, quella legata alla terra madre. Un esempio perfetto dell'ora et labora che sarebbe piaciuto a San Benedetto. 

"Guarda questo radicchio, vedi come è rovinato? Era meraviglioso, poi un bruco lo ha attaccato dalle radici. Ecco, questa pianta è come l'Europa che oggi trema perché ha perso le sue radici cristiane." Già, il Santo aveva le radici. Profonde, sane. La sua forza era lì. (...) Ma il nostro fertilizzante è l'incontro con l'altro, la Parola, l'umanizzazione del vissuto. Solo così viviamo bene. Purtroppo, oggi i primi verso i quali non abbiamo misericordia siamo noi stessi. Abbiamo disimparato l'arte del secum stare.

Paolo Rumiz conclude così il suo romanzo:

Ne sono certo. Esiste un'altra Europa, di cui poco si parla. Un'Europa giovane e appassionata, che sogna, viaggia, lavora, resiste, combatte. Un'Europa che si fa carico del proprio destino e non scarica sugli ultimi le colpe della crisi. E' venuto il tempo di darle voce e farla suonare con tutti i suoi strumenti per costruire una rete fra lingue e culture. Dai mari del Nord al Mediterraneo, dalle steppe all'Atlantico, che squilli una musica nuova. Una musica che dica davvero chi siamo, che esprime la forza di una cultura comune...

Costruiamo una rete con i fratelli degli altri Paesi per far sentire meno solo chi non si rassegna a un ritorno dei muri e al linguaggio della violenza. 

Insomma, abbiamo il dovere della speranza.

D'altronde anche nei periodi più bui della storia europea, ad esempio, gli anni del secondo conflitto mondiale, c'erano germi di bene: anti-fascisti, oppositori al nazismo, famiglie che nascondevano ebrei, intellettuali e partigiani che, già dal '43, hanno lottato per la libertà e la democrazia.

Esiste un'altra Europa, di cui poco si parla. Sì è vero. 

A volte ho l'impressione che sia sempre il male a fare notizia. 

Il bene, in mezzo al grigiore della frenesia, del consumismo, della superficialità nelle relazioni, è spesso invisibile e umile.