31 dicembre 2020

Le ricorrenze nel calendario liturgico degli ultimi giorni di dicembre:

 E QUESTO E' PER DAVVERO L'ULTIMO POST DELL'ANNO 2020!

Diciamocelo, anche se siamo appena entrati nella stagione invernale, la più buia e la più fredda, gli ultimi  giorni di dicembre hanno comunque un loro fascino proprio per le festività che ricorrono. 

Dicembre, più in generale, è il mese in cui circa il 70% delle decorazioni natalizie all'interno e all'esterno della casa spetta a me che non ho mai tagliato del tutto i ponti con l'infanzia.

A) 26 DICEMBRE- SANTO STEFANO:

Se questo fosse stato un anno "normale" come tutti gli altri, anche quest'anno io e i miei genitori saremmo andati a pranzo da zii, cugini e nonna residenti a Ronco, paesino della pianura veronese in riva all'Adige.

GIOTTO, "SANTO STEFANO", 1325 CIRCA:


L'opera è attualmente conservata al museo Horne di Firenze e la tecnica utilizzata qui è tempera e oro su tavola. Sulla testa, al di sopra delle tempie, il santo porta due sassi, allusione alla sua lapidazione, pena che all'epoca, secondo la legge di Mosè, poteva essere applicata soltanto nei casi di adulterio. Vi inviterei qui a ripensare all'episodio, narrato nel Vangelo di Giovanni, in cui i farisei presentano a Gesù un'adultera. Gesù ad un certo punto dice a loro, che gli chiedono un parere sulla legge di Mosè: "Chi di voi è senza peccato scagli per primo una pietra contro di lei", e in questo modo li fa allontanare. Devono aver avuto diversi scheletri nell'armadio certi scribi e certi farisei dell'epoca!

Stefano è il primo martire della storia della Chiesa cristiana. In quest'opera è raffigurato a mezza figura e ha gli occhi rivolti verso destra. La sua aureola è appena distinguibile dal fondo oro. 

Sia la veste sia il libro rivestito di rosso che Stefano sorregge tra le mani presentano eleganti decorazioni dorate. Si tratta di una veste dalmatica, abitualmente portata dai diaconi dell'epoca tardo-antica. Stefano in effetti è stato tra i primi sette diaconi scelti dalla comunità cristiana per aiutare gli apostoli nel ministero della fede.

Il libro che Stefano porta invece è probabilmente il simbolo della sua fede in Dio.

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B) LA SACRA FAMIGLIA:

La ricorrenza della sacra famiglia avviene nella domenica immediatamente successiva al Natale ma precedente al 31 dicembre. Quest'anno è caduta il 27 dicembre.

"LA SACRA FAMIGLIA", RAFFAELLO, 1507:

E' tuttora conservato al Museo del Prado di Madrid ed è stato realizzato con la tecnica pittorica dell'olio sulla tela. 

Fa tenerezza qui Gesù Bambino "in sella" all'agnello, che è simbolo del Suo sacrificio. A mio avviso, pochi dipinti sulla Sacra famiglia sanno correlare così bene il Natale con la Pasqua. 

Oltre a Maria e Giuseppe, chinati sul figlio, notate il magnifico celeste del cielo, le montagne all'orizzonte realizzate nelle delicate tinte di azzurro e le varie gradazioni del verde che colorano il paesaggio sullo sfondo, oltre che le foglie dell'albero a destra e il prato in primo piano.

APRITE QUI E PER FAVORE ALZATE IL VOLUME:


Come introduzione iniziale c'è soltanto la fisarmonica di Luca, praticamente, il fondatore del gruppo, un ragazzo che stimo e che ammiro per il bel percorso umano che recentemente mi ha raccontato di aver vissuto in questi ultimi anni e in questi ultimi mesi.

... Capite ora il motivo per cui i preti della nostra unità pastorale sono fieri di noi?!  Non posso rinunciare a questo gruppo e non posso starci lontana, nemmeno in tempo di pandemia. Rinunciare a questa seconda famiglia, che comunque utilizza tutte le precauzioni del caso, vorrebbe dire perdere me stessa. Nessuno mi giudica, nessuno mi parla alle spalle, nessuno mi prende in giro finalmente!!! Anzi... mi si valorizza e mi si ama per quello che sono.

Io in realtà a questo drammatico 2020 devo dire anche grazie, grazie per avermi dato questa immensa opportunità di vita!

"PRESENTAZIONE DI GESU' AL TEMPIO", GIOTTO, 1305 CIRCA:

Questo episodio evangelico viene ricordato ogni anno il 2 febbraio dalla Chiesa Cattolica e viene chiamata nel linguaggio popolare festa della candelora.

Ricordo, tre anni fa, in una sera piuttosto fredda e ventosa di inizio febbraio, di essere andata con mia zia nella suggestiva chiesa di Malcesine. A metà celebrazione, le luci delle lampadine sono state spente per "valorizzare" la luce delle fiamme delle candele che i fedeli tenevano tra le mani. 

Il Vangelo di domenica 27 riguardava l'episodio della presentazione di Gesù al Tempio.


Anche questo affresco fa parte del ciclo degli Scrovegni di Padova.

Qui il tempio appare sintetizzato in un semplice altare coperto da un tabernacolo dalla cupola triangolare sorretto da sottili colonne tòrtili.

La figura maschile a sinistra è Giuseppe che tiene in mano due colombi per il sacrificio, come prescriveva la legge di quel tempo. Se notate, al centro della composizione, Gesù bambino qui allarga le braccia, gesto che allude alla morte in croce. Maria consegna il figlio tra le braccia di Simeone. L'anziano sacerdote con l'aureola è proprio Simeone che sembra avere i tratti del viso dei patriarchi biblici. 

A destra, la donna, altrettanto anziana, che tiene un cartiglio in una mano, è la profetessa Anna, che riconosce in Gesù il redentore di Gerusalemme. 

Il Vangelo di Luca è l'unico testo che ci fornisce alcune notizie su Anna e Simeone. Anna è vedova da moltissimi anni e soffre, come le vedove di duemila anni fa, una condizione di solitudine, di povertà e di emarginazione. Eppure non è mai venuto meno il suo desiderio di comunione con Dio. Simeone benedice la sacra famiglia di Nazareth e predice il dolore di Maria per la futura morte in croce del Figlio ("e anche a te una spada trafiggerà l'anima"). Simeone è "uomo giusto e pio": onesto, pieno di Spirito Santo e attento alla parola di Dio. 

Vi riporto le parole del Cantico di Simeone:

Ora lascia, o Signore,
che il tuo servo vada in pace
secondo la tua parola;
perché i miei occhi han visto la tua salvezza
preparata da te davanti a tutti i popoli;
luce per illuminare le genti
e gloria del tuo popolo Israele.

Ma qual'è il motivo per cui il nome popolare "candelora" è sopravvissuto nel corso dei secoli?

Nella tarda antichità e nel Medioevo, la Candelora veniva celebrata circa 40 giorni dopo l'Epifania, cioè, a metà febbraio. 

Sin dalla tarda antichità, la Candelora aveva delle evidenti familiarità con gli ancora più antichi Lupercàli, festività romane che ricorrevano a metà febbraio.

I Lupercàli (dedicati al dio Fauno, soprannominato anche luperco e protettore del bestiame) hanno in comune con la candelora la presenza fondamentale delle candele. Nel V secolo però, papa Gelasio I aveva abolito i Lupercàli, dal momento che erano una festività pagana, e da allora li aveva fatti sostituire con la candelora. Nel VI secolo, su iniziativa dell'imperatore Giustiniano, la Candelora era stata anticipata al 2 febbraio, il giorno che precede la memoria di San Biagio (3 febbraio).

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C) 28 DICEMBRE, I SANTI INNOCENTI:

In questo giorno si ricordano abitualmente tutti quei bambini, piccoli o comunque appena nati (bambini maschi di al massimo 2 anni), massacrati nei dintorni di Betlemme dall'esercito di Erode che cercava Gesù.

Questo tragico episodio viene ricordato solamente nel Vangelo di Matteo: Erode era venuto a conoscenza della nascita del piccolo a Betlemme dai tre Magi e, come probabilmente saprete, dal momento che riteneva l'esistenza di Gesù una minaccia al suo potere, aveva ordinato ai suoi soldati di uccidere i bambini della Giudea. Il Vangelo narra poi che la famiglia di Gesù ha evitato la strage grazie a un ammonimento giunto a Giuseppe da parte di un angelo, il quale gli aveva consigliato di fuggire in Egitto.

"I SANTI INNOCENTI", GIOTTO, PRIMO TRECENTO:


Questo affresco di Giotto, databile intorno al 1305, fa parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni di Padova. 

In alto a sinistra su un balconcino c'è proprio Erode che sta impartendo il terribile ordine. A destra, l'angoscia e  il dolore delle madri. Pensate che un recente restauro sono emerse le lacrime sulle guance di queste donne! 

A terra invece, il gruppo di bambini già uccisi.

Toccante è, a mio avviso, il particolare della donna con la veste blu danneggiata dal tempo che trattiene tra le braccia il figlio, mentre un soldato, con una spada molto appuntita, ha afferrato una gamba del bambino e sta per scagliarsi contro.

Più volte mi sono chiesta, quando arrivava puntualmente ogni anno il momento di questo brano del Vangelo: ma come si fa, pur essendo dei soldati al servizio di un sovrano, ad obbedire ciecamente ad un ordine così crudele, infame e terribile?! Dov'è la vostra coscienza di uomini?!, mi verrebbe naturale chiedere a questi uomini truci a sinistra che hanno appena attuato il massacro.

La tinta del blu qui appare l'unica ad essere danneggiata, probabilmente perché questo colore è stato steso a secco. Si tratta del blu lapislazzuli (l'attuale blu oltremare, il mio colore preferito), un colore che deriva da una pietra individuata già nel V millennio a.C e utilizzata dai popoli della Mesopotamia per decorare vasi e per realizzare gioielli preziosi.

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D) 31 DICEMBRE, SAN SILVESTRO:

Silvestro è vissuto nella tarda antichità. Ordinato papa della Chiesa di Roma nel 314 d.C., era vissuto nel periodo in cui l'eresia ariana creava divisioni all'interno del Cristianesimo.

L'eresia ariana, che derivava da Ario d'Alessandria d'Egitto, è stata condannata dal concilio di Nicea nel 325, dal momento che negava la natura divina di Gesù.

Silvestro è morto intorno al 335 d.C.  Attorno alla sua figura sono state costruite diverse leggende: ad esempio, si tramanda che, durante il suo pontificato, abbia convertito al Cristianesimo Costantino, all'epoca sovrano dell'Impero romano d'Oriente. Si diceva inoltre che Costantino avesse donato a Papa Silvestro tutti i domini dell'Impero romano d'Occidente e che questo "regalo" generoso fosse dimostrato da un documento intitolato "La donazione di Costantino". Falso! 

L'umanista Lorenzo Valla, vissuto nel pieno del XV° secolo, durante il suo soggiorno presso la corte di Napoli, compone il suo trattato De falso credita et ementita Constantini donatione, dimostrando come la donazione di Costantino sia un documento non autentico soprattutto attraverso un'analisi lessicale. Valla in effetti si chiede: come può un imperatore romano ad un certo punto parlare di "satrapi" in un periodo storico come il IV° secolo d.C?  

Per quel che io ho studiato, so che i "satrapi" erano i governatori delle province sia nell'antico impero persiano sia nel periodo dei regni ellenistici (dopo la morte di Alessandro Magno).

Secondo Valla è possibile che la donazione di Costantino sia stata scritta nell'VIII° secolo. 

Il fatto è che lo studio di Valla ha fatto venire alla luce uno dei molti errori che la Chiesa cristiana ha commesso nel corso della storia: fondare, su un documento creato e quindi non autentico e non storicamente fondato, il proprio diritto di potere temporale.

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Non ho finito. Vorrei riportare e commentare la poesia di Zanzotto, scritta a capodanno 1999.

LUNA STARTER DI FESTE BIMILLENARIE:

Fotomodella d’altissimo rango
in piena forma sembri questa sera,
pur sempre amica Luna,
non si direbbe granché dilatata
dentro il gran sottozero
che rende ogni belletto menzognero.
Ma di certo un lievissimo cachinno
ti sfugge mentre adocchi sulla Terra
formicolar la gente assatanata:
perché ben sai
che gran parte del senno umano ormai
nel tuo mirabil tondo è congelata.
Invano striglia Astolfo l’ippogrifo
ed il carro d’Elia s’appresta invano.
Al mondo per le sue presenti mete,
non serve il senno, basterà la rete.

E' un componimento decisamente ironico che tra l'altro richiama all'infanzia di Andrea Zanzotto. Il poeta stesso ricorda infatti:

Da bambino fui particolarmente legato alla nonna paterna. Le rime di Ariosto e Tasso che era solita recitarmi, secondo le abitudini di una cultura, tra popolare e classica, tipica dell'ambiente veneziano, intercalandosi e, quasi, fondendosi con il dialetto di Pieve, comunemente parlato in casa, comportarono in me una percezione fantasiosa delle parole.

Questa poesia deve all'Orlando Furioso di Ariosto sicuramente l'esplicito riferimento al viaggio di Astolfo sulla luna (canto XXIV°): Invano striglia Astolfo l’ippogrifo.

In Luna starter, costituita da un'unica strofa di 16 versi, prevalgono gli endecasillabi (13 totali). C'e soltanto un quadrisillabo (v.10: perché ben sai) e due settenari (vv.3 e 5).

Per i più giovani devo fare delle precisazioni storiche. 

E' ancora il 1999 quando Zanzotto scrive questa poesia. La globalizzazione che connette i vari angoli del mondo e la diffusione di Internet con i conseguenti sviluppi dell'informatica sono iniziati da poco. 

Ho letto e studiato, per alcuni esami di questi ultimi anni, che l'era digitale inizia quattro anni prima, esattamente nel 1995, quando si diffondono in modo significativo sul mercato sia i DVD sia i computer e quando la rete digitale inizia a divenire uno strumento alla portata di tutti, non soltanto dei ricercatori scientifici del CERN. 

I sociologi americani classificano noi, cioè i nati dal '95 in avanti, come i "digital natives": giovani che non solo non hanno mai conosciuto un mondo senza tecnologie ma anche che sono stati abituati, sin da piccoli, all'utilizzo di strumenti tecnologici. E' anche il mio caso, visto che la rete digitale "estesa al popolo" esiste da quando esisto anch'io. Ad ogni modo, il titolo Luna starter indica come, già 21 anni fa, la lingua italiana iniziava ad accogliere sempre più termini inglesi e talvolta ad ibridarsi con l'inglese. 

Qui la Luna, e questo è curioso, viene paragonata ad una fotomodella d'altissimo rango. Si tratta inoltre di una luna amica; e questo può richiamare al giovane Leopardi degli Idilli: O graziosa luna. Nemmeno alle soglie del duemila la luna smette di essere l'interlocutrice dei poeti di grande talento.

Questo componimento sarebbe interessante da presentare in classe sicuramente per la notevole presenza di: richiami letterari, aggettivi, figure retoriche e figure foniche (assonanze e allitterazioni) che qui non è il caso di elencare nel dettaglio. Vi segnalo soltanto un fenomeno stilistico che compare verso la fine della lirica:

Invano striglia Astolfo l’ippogrifo

ed il carro d’Elia s’appresta invano.

Questo, come dico io, è un chiasmo nel chiasmo: ai due estremi di una frase che occupa  due versi c'è l'avverbio invano. Ma fra i due invano? Fra i due invano c'è una pepita d'oro, cioè una sequenza di questo genere: Verbo +due sostantivi (uno nome proprio e soggetto, l'altro oggetto) + due sostantivi (soggetto+ complemento di specificazione che include un nome proprio) + altro verbo

La struttura completa del chiasmo risulta così: ABC-CBA.

                                               (A)          (B)                       (C)

Invano striglia Astolfo l’ippogrifo


     (C)                            (B)               (A)
ed il carro d’Elia s’appresta invano

Per concludere davvero, vorrei riflettere brevemente sugli ultimi due versi:

Al mondo per le sue presenti mete

non serve il senno, basterà la rete

Purtroppo ci siamo caduti in pieno, soprattutto in un anno come questo. 

Tutto ciò che internet e i social propongono è dato automaticamente e acriticamente per vero, non soltanto dagli adolescenti e dai giovani ma anche dagli adulti. Tuttora la rete contiene un'infinita vastità di informazioni e persino i nostri dati.

Il dio Internet connette tutto il mondo, è indispensabile nelle nostre esistenze quotidiane ed ha numerosi vantaggi. Ad esempio, sta agevolando le mie ricerche di materiale per la tesi. 

Ma non dovremmo mai dimenticare che i dispositivi digitali sono macchine non pensanti e soprattutto non senzienti e che i social in realtà non servono né a conoscere persone, né a creare relazioni né tantomeno a porsi in maniera arrogante per obbligare qualcuno che non si è mai conosciuto di persona ad iniziare una storia.

MA PER FAVORE! Ma sarò libera di frequentare chi voglio e di innamorarmi di chi voglio! (A parte che ultimamente non sarei libera, ma se sono evasiva su questo punto è perché  sono affari miei e perché non voglio pettegolezzi!). 

Ricordatevi che da alcuni anni a questa parte lo stalking È UN REATO e per questo due giorni fa ero lì lì per avvertire carabinieri e polizia postale!

Per favore abbiate rispetto di me, abbiate rispetto della mia vita relazionale e privata esattamente come io ho rispetto per la vita, per le scelte e per la libertà altrui. E meno prepotenza, grazie!!!

Casomai i social network sarebbero una possibilità o per mantenere delle relazioni già create prima con il dialogo e con il vero contatto visivo oppure per ritrovare gente che si conosceva e con cui si ha piacere di ritornare a mantenere i contatti.

Vi lascio infine e per davvero con una fotografia simpatica. Anche Fumo (Fumino), leggendo decreti e restrizioni, in certi momenti appare un po' confuso:


24 dicembre 2020

"Lettera all'anno che verrà":

Stasera non sono esattamente dello spirito giusto per poter  scrivere un post sulle bellissime poesie di Elisa Kidané. Ma ci sarà sempre tempo per poterle trattare prossimamente. 
Dunque ho scritto solo quello che mi sentivo di scrivere.
Quello che più spesso ho provato in questi giorni, causa annuncio di un nuovo lockdown nazionale, è stato nervosismo e avvilimento.
Molti occidentali non vogliono ammetterlo, ma Cina, Corea del Sud, Giappone e Australia sono cinque spanne più avanti a noi europei: da quelle parti la pandemia non è finita, ma si riesce a conviverci e a vivere una vita abbastanza normale perché i governi hanno imposto e adottato provvedimenti e misure efficaci, molto più delle nostre: pensate alla Corea del Sud con il suo efficiente sistema di tracciamento dei contagi o anche all'Australia, che per 7 mesi ha consentito ai cittadini di uscire soltanto per motivi di lavoro e di salute, ma al contempo li ha supportati concretamente fornendo loro  aiuti economici.
Meglio che l'infelice combriccola europea Conte, Merkel, Macron, Von der Leyen, Sanchez se ne vada tutta a casa il 7 gennaio, perché, di fronte ad un nuovo virus, sa solo aprire e chiudere, richiudere e riaprire, e avanti così, senza curarsi di dare aiuti ai cittadini che si impoveriscono sempre di più, senza pensare a dei piani per aumentare lo stipendio a infermieri e operatori sanitari, senza la volontà di assumere più medici e di regolare i mezzi di trasporto pubblico e senza il minimo interesse di poter garantire ai ragazzi il sacrosanto diritto  andare a scuola! 
Il mio gatto avrebbe molto più senso politico di tutti loro!


LETTERA ALL'ANNO CHE VERRA':

Colline veronesi, 24 /12/'20.
Richieste e riassunto dell'anno complicato appena trascorso

Caro 2021,
mi piacerebbe che tu fossi un anno ricco di soddisfazioni e di esperienze, non soltanto per me, ma per tutti coloro a cui voglio bene e per l'umanità intera.
Per me è abbastanza probabile che lo sarai: quest'estate conseguirò anche il titolo magistrale e poi inizierò le mie prime esperienze dall'altra parte della cattedra, spero e mi auguro, davanti a un gruppo di adolescenti con la fame di bellezza negli occhi e non davanti allo schermo di un computer! Mi impegnerò a rendere la grammatica simile ad un gioco e la letteratura uno spunto per la vita.

Naturalmente spero che garantirai a tutti i miei familiari e a tutti i miei nuovi amici salute, tenacia e serenità, oltre alla speranza di poter costruire un mondo migliore dopo questa pandemia, un mondo un po' più solidale, un po' meno inquinato. Un mondo in cui gli accordi climatici e commerciali siano considerati molto più convenienti e molto più salutari delle guerre.

Vorrei che, nell'anno che sta per venire, Simone trovasse lavoro. Ma non un lavoro qualsiasi: intendo il lavoro per cui ha studiato fino a non molto tempo fa. Vorrei che potesse trovare un luogo di lavoro onesto e non coordinato da sfruttatori senza scrupoli. Forse tu, ignoto 2021, ancora non lo sai, ma a volte penso che per questo ragazzo sarei disposta a cavarmi gli occhi e a donarglieli. Se tenesse sempre i miei occhi a portata di mano forse potrebbe comprendere meglio tutta la positività del suo mondo interiore, forse capirebbe di avere sì la fragilità di un petalo di rosa ma anche la forza di un alto monte sul quale si riflettono i raggi del sole all'alba e al tramonto.

Caro 2021, dona a Benedicta, una mia ormai cara amica, la forza necessaria, per potersi mantenere per tutta la vita così com'è ora: semplice, genuina, generosa, discreta, a dispetto dei cretini che la deridono e la emarginano.

E poi, caro 2021, devi anche fare in modo che Don Marco, durante i tuoi 12 mesi, non solo stia bene e ci stia vicino, ma anche che possa organizzare qualche uscita e alcune iniziative formative e d'avventura. E' stato così mite e accogliente con me... !!

Molti ritengono il 2020 un "anno rubato alla vita", o peggio, "l'anno di emme". 
Sai, sconosciuto 2021, è dalla fine di novembre che la gente sussurra, posta e scrive a proposito di te: "Se fossi nel 2021 avrei un'ansia da prestazione pazzesca".
Eh sì... oggi, 24 dicembre 2020, il mondo è completamente diverso da com'era il 24 dicembre 2019: pandemia, crisi economica globale, competizione tecno-commerciale fra Cina e Stati Uniti, nuove guerre e nuove dittature in Africa, oltre ovviamente anche ad un cambiamento di stile di vita per tutti, visto che le nostre esistenze sono divenute ancora più precarie e incerte, visto che siamo costretti a coprire i sorrisi e parte della mimica facciale con le mascherine, visto che il cinema, il teatro, il mondo letterario, il mondo dello sport, le biblioteche, le scuole (superiori) e le università sono rimasti inaccessibili per gran parte dell'anno. 
Tu, 2021, forse non immagini quanto sia triste rinunciare ai gesti d'affetto e forse non immagini nemmeno quanto sia strano, qualche rara volta, abbracciarsi indossando le mascherine.

Però per me questo anno che si sta concludendo non è stato soltanto negativo: durante il primo lockdown nazionale (marzo-aprile), oltre a studiare a casa, come tutti i miei coetanei o quasi coetanei, ho anche letto molto e volentieri. E sai, 2021, ha ragione chi dice che chi legge vive non soltanto la propria vita ma anche le vite dei personaggi di cui si narra nei racconti e nei romanzi.  
Ho ripreso a scrivere racconti e poesie, dopo due anni che non  scrivevo più né gli uni né le altre, anche per il fatto che la stesura del mio libro mi aveva impegnata parecchio.
Poi è arrivata l'estate. E l'estate 2020 mi ha regalato una seconda famiglia: non siamo soltanto un gruppo di amici. Siamo dei giovani che sanno collaborare, che si sostengono gli uni con gli altri.
Per me, questi tre mesi estivi sono stati mesi felici, anche se certamente vissuti nell'impegno per il rispetto delle regole .
Nei mesi più caldi la situazione sanitaria era notevolmente migliorata, ma ha subito una ricaduta già a inizio autunno. 

Caro 2021, purtroppo il tuo predecessore, cioè il 2020, ci ha fatto prendere dei notevoli spaventi: l'arrivo di un nuovo virus molto contagioso, la competizione divenuta più aspra e più evidente fra Russia, Cina e Stati Uniti, la diffusione via web di tutte le congetture di complottisti e negazionisti del Covid-19, le restrizioni che, in certi periodi dell'anno, come ad esempio adesso, hanno fatto temporaneamente diventare l'Italia e altri stati degli stati di polizia per far fronte ad un'emergenza sanitaria grave e ad un virus che esiste eccome! 
In certi giorni ho pianto nel vedere immagini di ospedali strapieni, di reparti di terapie semi-intensive strapiene.
Il 2020 ha rafforzato la mia empatia per il prossimo: mentre ero e sono chiusa in casa ho pensato e penso a situazioni dure e reali che in questo momento non sto vivendo io. Ho pensato molto all'enorme travaglio e all'indicibile sofferenza di famiglie di bambini e adolescenti alle prese con la lotta contro qualche brutta malattia, ho pensato a tutte quelle dolorose vite di persone anziane sole, isolate, con i parenti e i figli molto lontani (qui forse i "Sillabari" di Parise mi hanno aiutata un po'!) e ho riflettuto sul fatto che una vita senza relazioni è come un albero in pieno inverno: senza foglie, secco, con i rami protesi verso un cielo quasi sempre grigio e freddo.

Caro 2021, lo vorresti un consiglio da me?! Non farti venire l'ansia da prestazione. Quella, te lo dico per esperienza personale, guasta tutto. Cioè, nel mio caso non ha mai guastato le valutazioni scolastico-accademiche, ma casomai ha guastato la mia autostima, a volte anche i rapporti con i docenti e la bellezza di riferire ciò che con impegno si è studiato.
Niente ansia da prestazione! Semmai, il 1 gennaio, regalaci una bella, tersa, limpida giornata di sole: fai in modo che il tuo primo giorno inizi con una dolce alba avvolta in una sottile nebbiolina e termini con un tramonto che sappia dipingere bene, nel cielo blu, dei riflessi rosei e arancioni. Già soltanto questo sarebbe un motivo in più, oltre all'arrivo delle prime dosi di vaccino anti Covid, per sperare in un  mondo migliore e soprattutto, in un anno migliore o meglio, meno difficile di quello appena trascorso.

Preparati!
A prestissimo, Anna 



 

17 dicembre 2020

An invisible man:

Invisible man è un'opera di Ralph Ellison pubblicata nel 1952. Il protagonista senza nome (nameless) è un uomo di colore vittima di una società razzista e insensibile che ignora, umilia e nega la sua identità.


Riporto qui una parte del prologo del romanzo:

I am an invisible man. No, I am not a spook like those who haunted Edgar Allan Poe; nor am I one of your Hollywood-movie ectoplasms. I am a man of substance, of flesh and bones, fibre and liquids-and I might even be said to possess a mind. I am invisible, understand, simply because people refuse to see me. Like the bodiless heads you see sometimes in circus sideshows, it is as though I have been surrounded by mirrors of hard, distorting glass. When they approach me they see only my surroundings, themselves, or figments of their imagination -indeed, everything and anything except me. 


Nor is my invisibility exactly a matter of bio-chemical accident to my epidermis. That invisibility to which I refer occurs because of a peculiar disposition of the eyes of those with whom I come in contact. A matter of the construction of their inner eyes, those eyes with which they look through their physical eyes upon reality. I am not complaining, nor am I protesting either. It is sometimes advantageous to be unseen, although it is most often rather wearing on the nerves.

Then too, you're constantly being bumped against by those of poor vision. Or again, you often doubt if you really exist. You wonder whether you aren't simply a phantom in other people's mind.

Say, a figure in a nightmare which the sleeper tries with all his strength to destroy. It's when you feel like this that, out of resentment, you begin to bump people back. And, let me confess, you feel that way most of the time. You ache with the need to convince yourself that you do exist in the real world, that you're a part of all the sounds and anguish, and you strike out with your fists, you curse and you swear to make them recognize you. 

(La mia traduzione in italiano qui, in un file pdf della cartella "An invisible man": https://drive.google.com/drive/folders/1AhLFpDjDT6j_Tp5uvOgsDoNxC0EEWAbn).

Riassumo i contenuti di questo estratto con parole mie, in un inglese più semplice:

Here the narrator introduces himself saying that he is and invisible man; so he affirms the concrete quality of his condition saying that he is made of flesh and bones, fibre and liquids. And also he's got a mind to realize that people refuse to see him. But his blackness isn't an accident to his epidermis: in fact, he feels as if he is surrounded by mirrors of hard, distorting glass, because people's inner eyes look at him with prejudice and contempt. He often doubts if he really exists. He is afraid of being considered a phantom in other people's mind, or an ugly, frightening figure in a somebody's nightmare. Because of his anger and his loneliness, he begins to hit other people with fists, and also he curses and swears to make people recognize him.

Notate che ho evidenziato quelle parole e quelle espressioni che rinviano alla sfera semantica dell'invisibilità, del sogno e dei fantasmi. Le riscrivo qui sotto per tradurle e per rifletterci sopra:

Invisible: aggettivo corrispondente all'italiano "invisibile". Il sostantivo corrispondente è invisibility, quindi, "invisibilità".

Unseen, "non visto", è sinonimo di "invisibile". E' una parola composta con prefisso negativo "un-", dato che seen è il participio passato di "see".

Bodiless è letteralmente: "Privo di corpo". So, it certainly means "without a body".

Spook è lo "spettro". Nel secolo scorso, questo termine era molto utilizzato dai bianchi. Era una parola che manifestava tutto il loro odio nei confronti degli afro-americani. Non sono così sicura che, nel XXI° secolo, tutti i bianchi d'America abbiano smesso di chiamare "spettri" i neri. Phantom è il "fantasma". In questo estratto manca soltanto il suo sinonimo ghost, sicuramente più comune nell'inglese scritto e parlato degli ultimi anni.

Notate inoltre che, appena all'inizio, c'è un riferimento letterario: I am not a spook like those who haunted Edgar Allan Poe, cioè: non sono uno spettro di quelli che ossessionavano Edgar Allan Poe. 

Edgar Allan Poe è stato uno scrittore americano di racconti dell'orrore, vissuto nella prima metà del secolo XIX°.

Figments significa "invenzioni". Vi segnalo l'espressione: figments of the imagination, cioè: un prodotto della fantasia (imagination= not real, fantasy).

(...) a figure in a nightmare which the sleeper tries with all his strength to destroy: Una figura in un incubo che il dormiente prova con tutta la sua forza a distruggere. Per cui, si intende una figura spaventosa, fastidiosa, brutta anche, che può comparire soltanto negli incubi.

Dove vive il protagonista di questo romanzo?

Proseguo trascrivendo un altro estratto del testo in cui il narratore descrive la propria dimora:


My hole is warm and full of light. Yes, full of light. I doubt if there is a brighter spot in all New York than this hole of mine, and I do not exclude Broadway. Or the Empire State Building on a photographer's dream night. But that is taking advantage of you. Those two spots are among the darkest of our whole civilization- pardon me, our whole culture (an important distinction, I've heard)- which might sound like a hoax, or a contradiction, but that (by contradiction, I mean) is how the world moves; not like an arrow, but a boomerang. (Beware of those who speak of the spiral of history; they are preparing a boomerang. Keep a steel helmet handy). I know; I have been boomeranged across my head so much that I now can see the darkness of lightness. And I love light. Perhaps you'll think it strange that an invisible man should need light, desire light, love light. But maybe it is exactly because I am invisible. Light confirms my reality, gives birth to my form.

(La mia traduzione in italiano qui, in un file pdf della cartella "An invisible man": https://drive.google.com/drive/folders/1AhLFpDjDT6j_Tp5uvOgsDoNxC0EEWAbn).

Anche qui riassumo i contenuti di questa parte con il mio inglese, sicuramente non perfetto:

The invisible man lives in a warm hole. This hole, according to him, is full of light and he says that this light confirms his existence to himself. His house first reflects the narrator's extreme poverty but also an unequal society where both Broadway and the Empire State Building are illuminated during the nights and both of them are symbols of culture, not civilization! Civilisation implies respect for people, beyond the colour of their skin. Instead, culture concerns cinema, literature, music, theater, dance...  It would be better if I said: "Culture surely concerns all the arts and all the scientific subjects, but probably culture doesn't teach respect".

How is the relationship between whites and blacks in this text?

According to me, we can summarize the lacking relationship between whites and black in three items:

1) Whites don't care about black's poverty and black's conditions.

2) Whites are full of prejudices and insensitive towards blacks.

3) Between whites and blacks there is violence, anger and heavy injuries.

Breve analisi lessicale:

Qui c'è anche il lessico del chiarore:

Light è "luce", lightness è "luminosità". Poi c'è brighter, comparativo di bright, "luminoso". Darkness invece è "oscurità".


A CHE COSA MI FANNO PENSARE QUESTI ESTRATTI DI "INVISIBLE MAN"?

Mi fanno pensare al Vangelo dell'ultima domenica del tempo ordinario di quest'anno (Mt. 25, 31-40):

Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria.  Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.

L'espressione che più mi ha colpita è stata: ero nudo e mi avete vestito. Questa espressione mi fa pensare a delle persone conosciute e incontrate che, riponendo istintivamente fiducia nei miei confronti, mi hanno confidato episodi e vissuti personali importanti. Si sono "messi a nudo" con l'anima; e io li ho ascoltati, li ho in un certo senso "vestiti" di un camice caldo, confortevole, fatto di lealtà e di sincerità.


11 dicembre 2020

"Neyla", Kossi Komla-Ebri:

Precedenza alla recensione su Neyla, dai.


1. INFORMAZIONI ESSENZIALI SU KOSSI KOMLA-EBRI:

Kossi Komla-Ebri è nato in Togo nel 1954. 

In Italia dal '74, si è dapprima laureato in Medicina a Bologna. Poi si è trasferito a Milano dove ha seguito il corso di specializzazione in Chirurgia Generale. 

Vive e lavora tuttora in Lombardia, in provincia di Como; è sposato ed è padre di due figli.

Da più di vent'anni, con il collega Aldo Lo Curto, è co-autore e diffusore della rivista Afrique- La santè en images, che viene distribuita in alcuni villaggi africani allo scopo di divulgare un'educazione sanitaria presso quelle popolazioni.

Komla-Ebri è un medico, non un vero e proprio scrittore di romanzi. Però, oltre a Neyla, stampato e pubblicato nel 2002, vorrei qui ricordare un suo racconto intitolato Quando attraverserò il fiume e premiato, nel '97, ad un concorso letterario di Rimini. 

Di Komla-Ebri inoltre c'è anche la raccolta di aneddoti sull'Africa del 2001, che porta il titolo di Imbarazzismi.


2. LA FORMA DEL ROMANZO:

Questo romanzo sembra una lunga lettera a Neyla, giovane donna amata, anche se per poco tempo, dall'autore e narratore. 

Scrivo questo perché molto spesso l'autore-narratore maschile apostrofa la protagonista femminile: si rivolge a lei con il tu e con dei verbi alla seconda persona singolare, come se fosse ancora in vita e come se potesse e volesse parlarle oppure inviarle una lettera. Ho detto che il libro sembra una lunga lettera, ma non lo è. Non ci sono date, non ci sono firme e non ci sono formule come Cara Neyla. 


3. TRAMA DEL ROMANZO:

Un giovane studente di 25 anni, una volta ottenuta la laurea in Medicina, poco prima di iniziare la specializzazione ritorna per poche settimane nel suo paese africano di origine. Ed è qui che un pomeriggio, quando si reca nell'ufficio del fratello Basile che è un agronomo, vede Neyla, la sua segretaria, per la prima volta, e ne resta folgorato:

Mi sentivo l'anima denudata di fronte al tuo sguardo... Di ritorno a casa, cercai di scacciarti dalla mia mente, concentrandomi sull'organizzazione della serata di benvenuto che volevo offrire a me e ai miei fratelli e cugini a base di musica, ballo, bevande e panini vari.

Alla festa di cui qui si parla arriva anche Neyla. E, proprio nella notte della festa, tra loro due scoppia l'amore appassionato. 

Komla-Ebri probabilmente non entrerà mai a far parte di un libro di antologia italiana ma... non ho mai letto una descrizione più poetica e più romantica della sua a proposito di un rapporto sessuale:

Mi portasti nel limbo, ove giacevano i petali sfigurati dalla grandine della vita, dove scorrevano i fiumi gonfi di parole tenere che abbracciano l'anima, in una stretta avvinghiante, dove il sole tramutava il viso in un mare di miele.

Neyla, più o meno coetanea del narratore neo-laureato, ha però un passato doloroso: la sua prima storia d'amore l'ha avuta con Claude, un uomo bianco e francese che  l'aveva in seguito abbandonata. 

Lei aveva spontaneamente abortito il frutto della loro relazione e poi aveva iniziato a prostituirsi, più che altro per necessità economiche. 

Quando Neyla conosce il narratore di questa storia, ha da pochissimo smesso questo terribile e umiliante stile di vita.

Ma quanto dura l'amore fra la ragazza e il giovane?! Appena due settimane, due settimane in cui i due ragazzi si vedono ogni giorno. 

Una mattina, dopo una notte passata a dormire nello stesso letto, quando il protagonista, colto da febbre e brividi, sospetta di avere un principio di malaria, Neyla si trova costretta a rivelargli una triste e sconcertante verità: è incinta, ma di uno dei suoi da poco ex clienti.

Dopo un iniziale momento di shock, il narratore-protagonista, una volta arrivato nella casa della sua famiglia per curarsi dalla febbre, riflette sulla sua storia d'amore appena iniziata. Nel momento in cui le sue condizioni di salute migliorano e nel momento in cui si riterrebbe disposto a portare la ragazza in Europa e a crescere un figlio non suo, (però, con quali soldi?! Io ho ancora alcuni anni di studio da affrontare, quelli della mia borsa di studio non basteranno) il fratello gli annuncia che Neyla è ricoverata d'urgenza per un altro aborto spontaneo, al quale però, stavolta, purtroppo non sopravvive.

E' facile allora immaginare la fine del romanzo: dolore, lacrime, disperazione da parte del protagonista che comunque, considerando la sua età, avrà almeno un'altra possibilità, nonché un'altra buona occasione affettiva.

4. L'AUTO-CRITICA DI KOMLA-EBRI:

Forse nella foto della copertina a inizio post non riuscirete a leggerlo, ma c'è scritto Edizioni dall'Arco. Se mai vi capitasse di leggere questo libro in questa edizione, troverete una postfazione dello stesso autore, di cui vorrei riportare qui sotto alcune parti. Forse vi stupirà ma... Neyla non è un'autobiografia!

Questo romanzo vuole essere un tentativo di affrontare alcune tematiche del continente africano, partendo dall'intimistica, da ciò che accomuna ogni essere umano: dalla difficoltà di vivere, dall'amore, dai sogni, dal vissuto quotidiano, senza la pretesa di fare l'antropologo, lo storico o il sociologo.

(...)

Per me il romanzo "Neyla", al di là di quello che sembra, cioè un romanzo d'amore, la rievocazione di un amore, è soprattutto la rappresentazione schematica di un mio rapporto d'amore con l'Africa e una visione dell'Africa odierna. 

L'Africa è Neyla e Neyla è l'Africa. (...) Neyla muore e l'Africa sta morendo, dopo aver cercato di "prostituirsi" con l'Occidente. Dopo l'attrazione fatale, il sogno incompiuto, cerca di ricompattarsi con se stessa in un amore "africano", ma finisce per dare alla luce un figlio di incerta natura che ormai noi africani siamo pronti ad accettare. Quel "figlio" immaturo della simbiosi, in un travaglio sfortunato di una democrazia che l'Africa finisce per "abortire", suo malgrado, perché non pronta ad accettarne la paternità, ma è davvero una sua scelta? 

In fondo l'Africa, costretta fra sistemi coercitivi e un'oppressione latente del presente e del passato, immersa nel dualismo del determinismo scientifico e della superstizione, al bivio fra modernità e tradizioni ancestrali, sempre attratta dall'Europa nel fenomeno "immigrazione", è ancora se stessa?

(...) Neyla muore, ma rimangono gli occhi della sua anima. Neyla-Africa muore, ma partorisce una presa di coscienza di se stessa, premessa per un rinascere, perché è un amore che "pota" per accrescere.



8 dicembre 2020

Vorrei un Natale in cui tutti ci ricordassimo degli "ultimi":

Se mi leggete da almeno alcuni mesi sicuramente sapete che io, lo scorso anno, sono rimasta molto colpita da Giulia Molino. La seguo sui profili social dal giorno in cui è stata ammessa al Serale, per cui, da quasi un anno ormai. 


Volevo dunque iniziare questo post proprio da lei: alla fine della scorsa settimana, sulle sue stories di Instagram, ho letto le sue semplici riflessioni su quella che sarebbe stata un'ordinaria e normale mattinata. Vi riassumo con parole mie ciò che Giulia ha scritto: si trovava in stazione e stava aspettando un treno. Ad un tratto, le si era avvicinato un signore che le aveva chiesto di custodire per qualche minuto il suo zaino e si era allontanato, ritornando, qualche minuto dopo, con una barretta Kinder cereali per lei, come segno di riconoscenza.

Giulia ha concluso il suo racconto esattamente con questa frase: E' così che vorrei fosse il mio mondo: un posto fatto di piccoli gesti che fanno sorridere il cuore.

Il mio mondo è fatto proprio così, di piccole cose quotidiane per cui gioire: io ho imparato presto a riconoscere che la vita è un dono, che va vissuta intensamente amando, riflettendo, emozionandosi, incontrando mondi diversi dal proprio, cioè le altre persone. 

Giulia sotto diversi aspetti è come me: valorizza il piccolo, non si vergogna dei sentimenti, ricerca l'autenticità, odia l'ipocrisia... e anch'io, come lei, adoro le domeniche di maggio;-)

Giulia, nel giro di circa un anno, ha conquistato il cuore di molti italiani. Sui social siamo la sua famiglia di scugnizzi, come dice lei in quel dialetto strano che è praticamente la sua madre-lingua ;-)  L'ho studiato in Storia della lingua italiana durante la triennale: il napoletano, a livello di complementi e di lessico, è un po' simile al latino, il veronese prende parte del suo lessico dal francese, come i dialetti piemontesi.

In un aspetto importante il Veneto non è diverso dalla Campania: le parrocchie, i centri pastorali e le attività di volontariato sono le uniche vie che possono salvare adolescenti e giovani da droghe, alcool e dalle cosche mafiose. Con la speranza di trovare, almeno in questi ambienti, un clima inclusivo, come l'ho appena trovato io.

Sapete come ha fatto questa ragazza a rendersi così significativa?! 

Con la sua straordinaria umiltà: prima di entrare ad Amici, Giulia ha studiato canto per un sacco di anni. Quindi, tecnicamente era già matura. Doveva soltanto emergere la sua carica emotiva; ed in effetti è emersa alla grande, con quella sua voce limpida e profonda, che piuttosto spesso ti fa piangere e ti ferisce come le spine di una rosa. Apprezzatissima da insegnanti, giudici esterni, pubblico e vocal coaches. Terza classificata al Serale 2020. E non si è montata la testa. 

Ho un critico interiore molto forte, ha affermato una volta, mesi fa. 

Smettetela di giudicarla "teatrale"! E' soltanto una ragazza, è soltanto emotiva, è giovane (agosto '98), potrebbe essere mia sorella (anche se, a dire il vero, una sorella ce l'ha già).

Un giorno accadrà che ci vedremo di persona. 

Deve accadere, perché per certi versi siamo molto simili. Accadrà quando finirà questo dramma di Covid-19. La abbraccerò, grata e probabilmente commossa, dopo un concerto, che lo faccia anche in Antartide. Le dirò che è bravissima, le dirò che i talenti artistici più umani, come il suo per il canto e il mio per la scrittura, li si scoprono durante l'infanzia. 

La lettura delle mie poesie durante le premiazioni ai concorsi letterari e la lettura, anche questa sempre in pubblico, di alcuni passi del mio romanzo, fanno a molta gente più o meno lo stesso effetto che fanno le interpretazioni canore di Giulia.

Sapete cosa penso?! Che il Natale può vivere dentro di noi ogni giorno della nostra esistenza se siamo umili, se solo tutti noi ci rendessimo conto del fatto che i piccoli gesti di bontà, di generosità, di solidarietà e di gratitudine muovono il mondo, muovono il mondo anche se non fanno rumore, anche se non fanno notizia. 

I giornali e i TG non insegnano che il bene è quasi invisibile. Dobbiamo accorgercene noi, dobbiamo impararlo noi, oppure dobbiamo sperare di incontrare, nel corso della nostra esistenza, delle persone che ce lo facciano capire.

BRAVA GIULIA! SEI STATA DELICATA A RACCONTARE CIO' CHE HAI RACCONTATO SU UNA SEMPLICE STORIA.

Manchi come personaggio pubblico. Manca la tua sensibilità fatta di semplicità e di lacrime facili. Manca anche la tua perfetta pronuncia dello spagnolo. Torna in radio e in televisione appena finita la pandemia. Per il momento... Stamm fort

La storia Ig di Giulia mi ha permesso di ricordare che, diversi anni fa, non ero contenta del mio modo di essere, mi sentivo a disagio. 

Sono stata una bambina malinconica, con molta fantasia sì, con voti alti a scuola sì, ma ero anche quel tipo di bambina che stava bene da sola per molto tempo. In certe giornate ero malinconica, non sapevo per quale motivo. Sapevo soltanto che, quasi ogni giorno, avvertivo il bisogno di rinchiudermi nel sottoscala o in camera per piangere o anche per leggere e per inventare racconti con alberi e animali parlanti. Già all'epoca delle elementari pensavo in una lingua insolita: parlavo della malinconia come "la nebbia negli occhi", della rabbia come "un vento fortissimo che scuote i fili d'erba e porta con sé gli alberi", della gioia come "il calore del sole di luglio".

Da bambina e anche a inizio adolescenza consideravo negativo il mio carattere; e in effetti ricordo che a mia mamma avevo detto una volta che con il mio tipo di personalità si fa fatica a vivere perché capita di stare male, forse anche troppo, per ciò che di brutto accade agli altri e nel mondo. 

Lei ha replicato che la mia personalità era una delle più belle che si potessero avere, visto che, secondo lei, vivere pienamente significa essere molto sensibili.

Poi sono cresciuta e... devo ammettere che alla fine ci si affeziona ad una personalità sensibile, riservata, empatica, riflessiva. Ci si affeziona perché ci si rende conto che è qualcosa di vero, di autentico, pur con tutte le conseguenti fragilità e difficoltà che comporta l'essere così. 

Durante una presentazione del mio libro fuori Verona, in periodo pre-pandemico naturalmente, una signora vicentina con una particolare propensione per la pittura era intervenuta per una riflessione alla fine della serata. Mi aveva detto che probabilmente, il mio riconsiderare un periodo difficile in chiave un po' ironica e anche un po' malinconica mi aveva, a suo parere, portato a intensificare la mia empatia verso gli altri e anche la mia capacità di ascolto. Ha avuto ragione a dirmi questo.

Quando sto veramente male io? Quando mi sento trattata come un'aliena dagli altri, ma solo per il fatto che so pensare con la mia testa ed essere me stessa... sono questi i momenti in cui vorrei poter scomparire o almeno, vorrei poter avere un paio d'ali per volare via lontana.

 


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E' un tempo di avvento indubbiamente difficile questo. E sarà un Natale diverso dagli altri, per motivi che tutti conosciamo. 

Io per questo mese e su questa mia piattaforma digitale attuerò un'idea che sto elaborando da fine settembre.

Sarebbe un'idea che a Don Giampaolo ad esempio piacerebbe moltissimo, perché, se iniziasse a leggere questo blog a partire da ora, rileverebbe il mio interesse e la mia curiosità anche per le culture e le società extraeuropee, cosa che gli farebbe decisamente piacere.

Nei mesi scorsi in Africa sono accaduti dei grossi drammi: in Mali è stata purtroppo di nuovo instaurata una dittatura militare, in Etiopia la guerra civile è dietro l'angolo. 

Avevo intenzione di scrivere nelle scorse settimane un post anche sull'attuale situazione del Mali... L'ho pensato ma non l'ho fatto: tipico mio.

L'incapacità di curare una nuova malattia, l'aggressiva propaganda elettorale Biden/Trump, le elezioni americane, le furibonde competizioni tecnologiche e commerciali fra Cina e Stati Uniti hanno distratto il mondo da ciò che succede di tragico e spaventoso in Africa, il continente più povero del mondo. 

Non dobbiamo dimenticarci dei più poveri del mondo come non dobbiamo MAI dimenticarci del prossimo in difficoltà, del prossimo che ha bisogno di noi. Magari il nostro prossimo si trova di fianco a noi ed ha soltanto e semplicemente bisogno di qualche minuto di ascolto.

Dunque, per questo blog, DICEMBRE 2020 sarà "IL MESE AFRICANO". Chiamiamolo così, per favore. 

Prima del 25 dicembre conto di presentarvi alcune parti (in lingua) dell'opera di Ralph Ellison intitolata Invisible man, il romanzo Neyla, unico romanzo del medico italo-togolese Kossi Komla Ebri, alcune poesie della raccolta Parole clandestine di Elisa Kidané, poetessa comboniana italo-eritrea.

L'Invisible man è un uomo di colore che vive nelle squallide periferie di una metropoli americana. Non vi anticipo altro.

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A PROPOSITO DELL'ASPETTO RELIGIOSO DEL NATALE:

Ultimamente sto cercando di ripetermi quel che Simone mi aveva detto pochissimi giorni prima del mio compleanno. Stavamo parlando proprio delle questioni Dio/umanità, Dio/male. Lo so, dovrei tenermelo per me, ma almeno questo penso sia giusto trascriverlo qui, perché può essere utile ai lettori che si fanno le mie stesse domande. 

Mi aveva detto che non posso pensare ad un Dio indifferente o a un Dio debole, visto che Dio non è fatto per accontentare né tutti i desideri umani (come il Dio di Bruce Almighty nel famigerato film!) né la mia idea di umanità. E' un Dio che permette il male perché ci ha resi liberi e ci lascia scegliere. Non per tutto ciò che accade c'è una spiegazione  razionale. Allora dovrei cercare di fidarmi. 

Sì dai, Dio non è il genio della lampada di Aladino, questo è verissimo. 

Però è una cosa che ho capito con il cervello, ma ancora non riesco ad accettarla con il cuore. Questo significa che, pur con tutto il mio impegno, sono ancora molto lontana dall'essere una cristiana valida.

E' un Dio che mi fa rabbia, perché permette i crimini della mafia e la violenza sulle donne, perché non ferma la ferocia di certi padri che massacrano di botte i loro figli, perché lascia che le guerre si protraggano e perpetuino distruzioni, stragi e genocidi, perché sì, ci lascia scegliere, ma al contempo sceglie come suoi ministri anche degli uomini che si rivelano sessualmente sporchi o corrotti. Fossi in Dio mi vergognerei di certe "scelte". Spero che questi preti, un giorno non lontano, si trovino costretti a rendere conto a un Dio giusto, non ad un Dio troppo permissivo, di tutto il male che stanno facendo ora che sono in vita! C'è di tutto nella Chiesa: c'è grano e zizzania. 

È vero che il nostro mondo è malato di divisioni, di corruzione, di arroganza e di cattiveria. Ed è anche vero che dei semi del bene non parla quasi nessuno dal momento che sono quasi invisibili; ma, proprio come ci ha suggerito la frase di Giulia a inizio post, dobbiamo cercare di seminarli noi, con il desiderio e la volontà di rendere il mondo migliore di come lo abbiamo trovato.

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CONCLUDO IL POST CON UNA MIA BREVE LIRICA:

Delicate gocce di pioggia,

adagiate

su fragili ramoscelli tremanti,

contemplano

la luna piena

che sussurra loro

un soave canto di pace,

mentre le nubi

camminano 

nella buia immensità del cielo.

Ho iniziato, nei primi tre versi, con un'immagine che costituisce un richiamo alla fragilità, sia delle piccole cose della natura che umana. Ma nella fragilità a volte c'è anche della bellezza, la bellezza dell'umiltà.

Unico elemento decisamente positivo è la luna piena, connessa alla pace. Pace intesa sì come pace nel mondo ma anche e soprattutto come tranquillità interiore. 

E le nubi percorrono questo cielo oscuro, vasto, troppo vasto per la mente umana, come pensavano Leopardi e Zanzotto.