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9 ottobre 2025

"PASTORALE AMERICANA", PHILIP ROTH (I):

Pastorale americana è un romanzo di Philip Roth ambientato negli Stati Uniti nel secolo scorso.

1) CORNICE LIBRO:

Una cornice narrativa introduce il racconto della vita di Seymour Levov, il personaggio principale.

Una sera lo scrittore Nathan Zuckerman si reca al ritrovo degli ex-compagni di classe e qui incontra Jerry Levov che gli racconta la vita del fratello.

Per questo motivo Zuckerman ricostruisce la biografia dello "Svedese" basandosi sia su ciò che gli ha raccontato Jerry, sia sui propri ricordi riferiti alle qualità di Seymour e alle sue vicende.

2) L'INCONTRO TRA SEYMOUR E NATHAN:

Nella prima parte del libro Nathan riceve una lettera da parte di Seymour che lo invita a cena in un lussuoso ristorante di New York per parlargli della vita di suo padre Lou, in modo tale che Zuckerman possa scrivere un romanzo.

Molto incuriosito per la proposta, Nathan accetta volentieri l'invito ma in quell'appuntamento Seymour non gli rivela molto né di sé né del padre, che definisce un imprenditore pieno di sé. Piuttosto, su richiesta dell'autore, racconta del fratello che più volte ha divorziato e che è diventato un ricco chirurgo di Miami.

Forse Seymour aveva veramente l'intenzione di raccontare all'autore la sua storia familiare, concentrandosi soprattutto sul padre, ma, poco prima di incontrarlo, ha cambiato idea. 

Forse, dopo un matrimonio fallito e sapendo di essere già malato di cancro, cercava semplicemente qualcuno con cui parlare.

Alla fine della serata Nathan definisce lo Svedese come una persona piatta, vuota e superficiale:

Perché tanta voglia di conoscere quest'uomo? Sei così curioso solo perché una volta ti ha detto, a te e solo a te: "Il basket è un'altra cosa, Skip?" Perché aggrapparsi a lui? Qui c'è soltanto quello che vedi. Quest'uomo vuole solo essere guardato. Tu cerchi abissi che non esistono. Quest'uomo è l'incarnazione del nulla.

3) LO STILE NARRATIVO E LA SUDDIVISIONE DEI CAPITOLI:

Nathan Zuckerman è un narratore con una propria opinione e un proprio punto di vista sulla figura di Seymour. 

La sua visione però non coincide con quella di altri personaggi. 

Lo stile comprende molti ricorrenti flashbacks: alcuni riguardano il rapporto di Seymour da bambino con la figura paterna, altri invece si riferiscono alla storia tra lo Svedese e la moglie, altri ancora si concentrano sulla relazione tra il protagonista e la figlia Merry.

Pastorale americana è suddiviso in tre parti e ciascuna include tre lunghi capitoli: la prima parte è intitolata Paradiso ricordato, la seconda La caduta e la terza infine Paradiso perduto.

4) SEYMOUR LEVOV:

Seymour Levov è soprannominato "lo Svedese" dato che ha un aspetto nord-europeo: capelli biondi e occhi azzurri.

Lo Svedese. Negli anni della guerra, quando ero ancora alle elementari, questo era un nome magico nel nostro quartiere di Newark, anche per gli adulti della generazione successiva a quella del vecchio ghetto cittadino di Prince Street che non erano ancora così perfettamente americanizzati da restare a bocca aperta davanti alla bravura di un atleta del liceo. Era magico il nome, come l'eccezionalità del viso. Dei pochi studenti ebrei di pelle chiara presenti nel nostro liceo pubblico prevalentemente ebraico, nessuno aveva nulla che somigliasse anche lontanamente alla mascella quadrata e all'inespressiva maschera vichinga di quel biondino dagli occhi celesti spuntato nella nostra tribù con il nome di Seymour Irving Levov.

Nato a Newyark nel New Jersey da una famiglia di ebrei americani il cui padre, Lou Levov, è proprietario di una fabbrica di guanti, Seymour è cresciuto con la passione e il talento per diversi sport: infatti gioca a football, a baseball e a basket:

Lo Svedese brillava come estremo nel football, pivot nel basket e prima base nel baseball. Soltanto la squadra di basket combinò qualcosa di buono (vincendo per due volte il campionato cittadino con lui come marcatore principale), ma per tutto il tempo in cui eccelse lo Svedese il destino delle nostre squadre sportive non ebbe troppa importanza per una massa studentesca i cui progenitori – in gran parte poco istruiti, molto carichi di preoccupazioni – veneravano il primato accademico più di ogni altra cosa.

Lo Svedese è molto ammirato dalle ragazze, è stimato e considerato eccellente in tutto ciò che fa non soltanto dai suoi coetanei ma anche dagli adulti che lo conoscono.

C'è un passaggio che mi ha colpita:

(Seymour) girava per il quartiere che lo inondava di tutto quell'amore, e sembrava non provare nulla. Contrariamente a tutti i nostri sogni ad occhi aperti sull'effetto di un'adulazione così assoluta, acritica e idolatra, pareva che l'amore prodigato per lo Svedese in realtà lo svuotasse di ogni sentimento. (...) Il suo distacco, la sua apparente passività come oggetto di desiderio di tutto questo amore asessuato, lo facevano apparire, se non divino, di molte spanne al di sopra della primordiale umanità di quasi tutti gli altri frequentatori della scuola.

Per quale motivo questo ragazzo non sembra trarre soddisfazione dall'immensa stima che gli altri hanno di lui? 

Ho formulato qualche ipotesi, pur non essendo psicologa:

-Perché deve ancora mettersi alla ricerca di sé: non ha avuto né un'infanzia né un'adolescenza particolarmente difficili, nessun trauma e nessuna difficoltà che minasse le sue sicurezze. Il giovanissimo Svedese non ha ancora sperimentato il dolore o il distacco dalle persone amate, proprio a causa di una famiglia unita e di un'adolescenza di successi scolastici e sportivi che lo distingueva sempre e comunque dai coetanei. Però, come Siddharta, il comportamento dello "Svedese" è modello per gli altri ma non per se stesso: "Ma egli, Siddharta, a se stesso non procurava piacere, non era di gioia a se stesso".

-Seymour sembra non compiacersi dell'eccelsa opinione che chi lo circonda si è fatto di lui forse per il fatto che lotta contro se stesso per non diventare narcisista e per mantenersi umile e modesto.

Dopo la conclusione degli studi universitari, Seymour inizia la sua attività di imprenditoriale e, con il padre, inaugura un'altra fabbrica di borse di pelli di coccodrilli. 

Ma alcuni anni dopo, a seguito del fallimento di questa industria, Seymour e Lou fondano la Newark Maid dove si producono guanti.

5) JERRY LEVOV:

Jerry è il fratello minore di Seymour, molto dotato in matematica e con un notevole talento nel ping pong.

La violenza e l'aggressività di Jerry al tavolo da ping pong superava quella di suo fratello in ogni sport. (...) Nessun oggetto che pesi così poco come una pallina da ping pong può essere letale, eppure, quando Jerry la colpiva, l'omicidio non doveva essere lontano dalla sua mente.

Da adulto, Nathan immagina che il modo di giocare a ping-pong di Jerry, fosse probabilmente dovuto ad un senso di rabbia o, comunque, di invidia, nei confronti di un fratello ritenuto sempre eccellente e brillante.

Una sera, Nathan e Jerry si incontrano, poco dopo la morte dello Svedese per cancro.

A me questo fratello non è piaciuto affatto per il carattere terribile che rivela, soprattutto alla fine della seconda parte del romanzo: durante una telefonata con Seymour, approfitta per giudicare pesantemente suo fratello e le sue scelte di vita, urlandogli, non senza insulti ed espressioni scurrili, di mancare di autenticità dal momento che si è sempre sforzato di essere perfetto e ineccepibile. Poco dopo la chiusura della chiamata, lo Svedese scoppia in lacrime.

Sorprendentemente, di fronte all'autore del romanzo, Jerry mette in ottima luce il fratello defunto. 

Tuttavia, Nathan si pone qualche domanda a proposito di ciò che sta esprimendo il suo interlocutore:

Mi chiedevo, mentre parlava, se nelle sue parole non ci fossero le tipiche riconsiderazioni che fanno i parenti intorno al caro estinto, magari un po' di rimorso per un'opinione meno favorevole e più jerriana che un tempo poteva aver avuto del bel fratello maggiore, bravo, ben adattato, tranquillo, uno che tutti prendevano a modello, l'eroe del quartiere al quale il minore dei Levov era stato continuamente paragonato mentre lui stesso si evolveva in qualcosa di succedaneo. Questo giudizio, che non sembrava un giudizio emesso da Jerry sul conto dello Svedese, poteva benissimo essere un nuovo sviluppo, nato da una pietà di poche ore. Capita, quando la gente muore: l'aggressività svanisce (...).

In soldoni, l'autore si chiede se Jerry stia pronunciando solo delle frasi di circostanza oppure se stia rivalutando il fratello, dal momento che è sinceramente dispiaciuto dopo averlo invidiato e anche criticato duramente per molti anni.

6) ALCUNE FIGURE PATERNE NELLA PRIMA PARTE DEL LIBRO:

Pastorale americana è un'opera letteraria sulle figure paterne.

Infatti, all'interno degli episodi esposti nei capitoli, vengono raccontati modelli di figure paterne molto diverse le une dalle altre.

Durante il ritrovo tra ex compagni di classe, Nathan incontra anche Ira Pozner, un coetaneo divenuto psichiatra che lamenta di aver sofferto da giovanissimo a causa di un padre emotivamente assente: "Quando un padre non ha niente da dirti, Nathan, si finisce per diventare nevrotici".

Definirei Pastorale americana un libro nel corso del quale, la generazione dei nati tra la fine degli anni Venti e l'inizio degli anni Trenta, si differenzia dai loro padri soprattutto caratterialmente, preferendo, nell'educazione dei figli, il dialogo e le discussioni all'autoritarismo.

Seymour, Jerry, Nathan e Ira non vedono affatto i loro padri come delle "semi-divinità" da porre su un piedistallo ma piuttosto, riconoscono i loro difetti e i loro limiti e, in qualche caso, vanno alla ricerca di altri modelli di riferimento. 


3 ottobre 2025

"Ballo di famiglia". D. Leavitt:

18) LE (NON) FAMIGLIE DEL SECONDO NOVECENTO TRA STATI UNITI E ITALIA

"Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, 

ogni famiglia infelice è infelice a suo modo."

(Lev Tolstoj, Anna Karenina)

Ballo di famiglia è una raccolta di racconti, tutti ambientati negli Stati Uniti nella seconda metà degli anni Settanta e tutti relativi a situazioni familiari medio-borghesi a volte stagnanti, soprattutto a causa dei padri emotivamente o fisicamente assenti, a volte direi molto disfunzionali.

Risulta abbastanza ricorrente anche la presenza di personaggi omosessuali. 

Lo stile di Leavitt è a mio avviso ottimo: sobrio e caratterizzato dall'alternanza di sequenze dialogiche, descrittive e narrative.

Oltretutto i contenuti, apparentemente banali, invitano i lettori a porsi una buona dose di domande.

Qui vi presento alcuni dei racconti di Leavitt:

1) "TERRITORIO":

Questa storia ruota attorno a tre personaggi: Neil, sua madre Barbara e Wayne, amante di Neil.

L'incipit risulta particolarmente descrittivo:

La madre di Neil, Mrs. Campbell, è seduta sulla sedia da giardino dietro a un tavolino pieghevole, fuori dalla cooperativa alimentare. Ogni pochi minuti, man mano che il sole si sposta, indietreggia di parecchi centimetri con sedia e tavolino in modo da rimanere all'ombra. Fuori ci sono trenta gradi e una luce abbacinante. Ogni volta che entra o esce qualcuno dalla cooperativa, le porte automatiche liberano una folata d'aria condizionata che solleva la polvere dal marciapiede. 

Neil è all'interno, proprio dietro di lei, piegato su una fontanella, e la osserva. Porta un cappello e un maglione felpato sopra il completo da tennis; le sue gambe sono nude e lucide di burro cacao.

Barbara è un'attivista contro il nucleare e, da anni, è la presidente della coalizione locale dei genitori di gay e lesbiche, sempre presente alle giornate dei Pride.

Malgrado ciò, si sente a disagio quando il figlio le presenta il suo amante che soggiorna per un po' a casa loro:

(...) Poi Wayne, con un unico gesto veloce, gli prende la mano, la stringe, nel bel mezzo di una barzelletta che sta raccontando sull'Arabia Saudita. Quando incomincia a ridere, le loro mani sono unite. La gola di Neil si contrae; il suo cuore comincia a battere violentemente. Si accorge che la madre sbatte gli occhi e abbassa lo sguardo ma non si interrompe a metà della conversazione.

Il padre di Neil risulta una figura insignificante: sembra un'ombra, è vivo soltanto dal punto di vista biologico dato che si dimostra completamente disinteressato a moglie e figlio.

Barbara invece, pur risultando una madre generosa e, a momenti, anche apprensiva, è piuttosto contraddittoria: per quale oscuro motivo è a capo di un'associazione pro omosessuali se ammette che le dà fastidio la relazione del figlio della medesima natura?

L'attività a favore di gay e lesbiche può costituire, per Barbara, uno sforzo per empatizzare con il loro modo di sentire e di vivere la sessualità, pur non condividendola?

Ad ogni modo, una notte, Wayne e Neil si nascondono in giardino per un momento di intimità. 

Qualche sera dopo, Barbara dice al figlio di essersi accorta di ciò e conclude così le sue osservazioni:

"(...) sono molto tollerante, molto comprensiva. Ma c'è un limite anche alla mia sopportazione."

A quel punto, Neil e Wayne prendono un aereo per ritornare a New York.

Sono passati quasi cinquant'anni dai racconti che hanno reso Leavitt uno scrittore di fama internazionale.

Ai nostri giorni, con la promulgazione del matrimonio egualitario e dell'eterologa in diversi stati europei, le famiglie accettano più facilmente l'omosessualità o la trans-sessualità dei figli?

2) "ALIENI":

(...) Era un giorno qualunque. (...) La sera, abbastanza presto, mentre andavamo al ristorante, Alden uscì di strada con la macchina, abbatté una staccionata e precipitò oltre l'argine. Ricordo, ricorderò sempre, il modo quasi aggraziato con cui il suo corpo cadde attraverso il parabrezza, e i vetri si frantumarono intorno a lui in mille pezzi. Poco prima, durante una discussione, aveva detto che le cinture di sicurezza fanno più danno che altro, e io avevo assicurato la mia per ripicca. E questo è il solo motivo per cui sono ancora qui a parlarne.

Un incidente ha sconvolto la vita a due coniugi ma, mentre la moglie ha impiegato sette mesi per guarire totalmente da edemi, traumi, fratture multiple e ferite, suo marito Alden è ridotto ad un vegetale.

La causa dell'incidente è un banalissimo litigio che ha distratto Alden alla guida: la moglie e narratrice quella sera voleva andare in un ristorante cinese, lui invece in un locale italiano.

I due hanno una figlia, Nina, di 11 anni, convinta di essere un'aliena:

Mrs Tompkins, la sua insegnante, ieri mattina mi ha mandato a chiamare per dirmelo. "Nina si è inventata tutta una storia" ha mormorato, togliendosi gli occhiali e sporgendosi verso di me attraverso la scrivania, come se qualcuno potesse ascoltarci dall'alto. "Non sta mai attenta in classe, resta lì seduta e disegna. Strani paesaggi, carte stellari, interni di navi spaziali. Alla fine ho chiesto a qualcuno degli altri bambini che cosa stesse succedendo. Loro mi hanno detto che Nina racconta che sta aspettando che i suoi veri genitori vengano a portarla via. Dice che è una sorvegliante, messa qui di guardia, ma che ben presto una nave verrà a riprenderla."

La figura di Nina mi richiama alla mente Dennis, il bambino protagonista del film Martian Child che si sente un alieno alla ricerca di un nido familiare.

Dennis crede di provenire da Marte e indossa abiti pesanti per contrastare la gravità terrestre. Lo scrittore David Gordon, autore di molti libri di fantascienza, lo adotta ma... difficile e molto impegnativo risulterà per lui instaurare un rapporto con un bambino che fino ad allora non si era mai sentito amato e che ritiene nessuno possa comprendere la sua sofferenza.

Nina è traumatizzata, la sua vita è stata stravolta dall'incidente dei genitori. Considerarsi un'aliena di un'altra galassia potrebbe rappresentare l'angoscia che questa ragazzina prova sia per il presente che per il futuro? 

La figlia di Alden, reinventandosi un'identità e un universo degni dei romanzi e dei film di fantascienza, si protegge forse dal doloroso pensiero dell'infermità e dell'incoscienza del padre?

La tematica principale di questa storia consiste nell'imprevedibilità della vita: con quanta facilità il presente, che sempre scorre, può essere stravolto?

Poi mi chiedo: per quale motivo la narratrice è senza nome, mentre gli altri personaggi del racconto sì? L'autore ha voluto fare questa scelta per immedesimare il lettore nella tragedia?

Il racconto si chiude con la visita, da parte della narratrice, a suo marito:

Guardo l'occhio leso. È lattiginoso, screziato da striature azzurre e grigie; non c'è pupilla. Come nostra figlia, Alden, l'occhio non avrà niente a che fare con nessuno dei due. Voglio dirti che sembra il pianeta Dandril, come lo immagino di quando in quando- quell'orrendo piccolo pianeta dove persino adesso, mentre lei aspetta in giardino, la gente di Nina sta tornando alla vita.

3) COTTAGE PERDUTO:

Il matrimonio dei Dempson è finito alcuni anni prima e chi ne soffre di più è Lydia, il cui unico passatempo è un corso di ceramica, dato che i tre figli stanno costruendo la loro vita al di fuori del nucleo familiare.

Alex, dopo il divorzio, convive con Mariam, la sua amante. 

Tuttavia una tradizione familiare sembra ancora sopravvivere: 

La famiglia Dempson passava la seconda metà di giugno in un piccolo cottage d'affitto chiamato "Indisposto" vicino a Hyannis tutte le estati da ventisei anni a quella parte, e quest'anno, disse Lydia Dempson al figlio Mark, non sarebbe stata un'eccezione. "Quello che è successo non ha nessuna importanza" insistette dall'altra parte di duemila miglia di cavo telefonico, "siamo sempre una famiglia. Ci siamo sempre andati e continueremo ad andarci".

Lydia insiste per recarsi in vacanza al cottage, dimora anche del viaggio di nozze con Alex.

Ad ogni modo, i discorsi di Lydia fanno pensare che lei stessa non abbia accettato né la fine del matrimonio né il fatto che i figli siano cresciuti.

Mark, Douglas ed Hellen non solo hanno poca confidenza con la figura paterna ma non dimostrano nemmeno l'ombra di risentimento verso di lui, che ha abbandonato la loro madre e preferito l'amante. Anzi, a dire il vero, Mark diventa amico di Mariam, appena più grande d'età.

I tre figli non solidarizzano con la figura materna e non le sono d'aiuto nelle faccende domestiche durante la loro permanenza al cottage. 

Per di più, Hellen si irrita facilmente con Lydia.

Ad Hellen tuttavia va riconosciuta una capacità: si rivela la figlia più lucida nel valutare la dinamica di relazione tra i genitori.

"La mamma crede nella tradizione", dice piano Douglas (...).

"La tradizione può diventare ripetizione" dice Hellen, "quando finisci per attaccarti a qualcosa solo perché hai paura di lasciarla andare."

Lydia è affezionata alla tradizione familiare oppure manifesta una drammatica nostalgia per il passato?

4) "DANNY IN TRANSITO":

Questo è il racconto che mi ha colpita di più.

Danny è l'unico figlio di una coppia che, per alcuni anni, ha idealizzato la vita coniugale e ha creduto fin troppo nell'amore romantico:

Ogni sera Elaine mangiava due pasti- spaghetti in scatola o crocchette di patate con Danny, alle sei, e più tardi, dopo che Danny era andato a letto, qualcosa di elaborato e romantico, a lume di candela, con Allen. 

Ma può il matrimonio essere considerato al pari di una fiaba romantica?

Poi qualcosa si incrina. Una sera, dopo uno scoppio d'ira di Elaine, Allen se ne va e non ritorna:

Poche sere dopo, la madre prese il coperchio di una zuccheriera di ceramica che Danny le aveva fatto per Natale e lo scagliò contro Allen. Lo mancò e il coperchio si ruppe contro lo sportello del frigorifero. Danny balzò in piedi e ricacciò indietro le lacrime.

"Hai visto cosa sono capace di fare?", disse lei, "Hai visto a cosa mi hai portato?".

Allen non le rispose. In silenzio, si infilò la giacca, e senza una parola uscì dalla porta di servizio.

Il divorzio tra Elaine ed Allen risulta traumatico, soprattutto perché lei sprofonda in una depressione terribile: mentre l'ex marito va a convivere con un amante (improvvisamente si riscopre omosessuale), Elaine rimane sempre a letto, vede il figlio come una seccatura.

Danny, a soli otto anni, si trova costretto a badare a se stesso... o forse è meglio dire che diventa un bambino senza regole, dato che, ad esempio, può mangiare tutto quel che vuole e può stare davanti alla televisione fino a tardi ogni sera.

I vicini, i signori Kravitz, per un certo periodo si occupano del bambino e fanno trasferire Elaine in un ospedale psichiatrico.

Poi Danny viene trasferito nella casa di Nick e Carol, gli zii paterni. Ma anche qui, non risulta una presenza facile: è un bambino tendenzialmente isterico, con un rapporto conflittuale con i cugini, insofferente alle regole.

Danny è "l'incompreso" di Leavitt. Dal momento che anche da sua zia è considerato un peso, crea, nel dolore, un suo mondo in cui lui stesso interpreta più personaggi di scenette. 

In particolare, in questo punto del racconto, Leavitt sembra empatizzare con Danny, soprattutto attribuendo ai genitori l'aggettivo pazzi:

Adesso, sfuggendo ai genitori pazzi, Danny arriva in un punto del bosco: una radura con foglie secche protetta da un vecchio sicomoro- che lui ha disegnato come suo. A pochi metri soltanto, i bambini del vicinato stanno giocando a bandiera, e attraverso gli alberi lui sente le loro urla e i loro incitamenti. (...) Oggi inventerà un episodio dei "Fratelli Perfetti", il varietà sul suo canale personale. Ha molti altri programmi sul canale, incluso "Grippo", un telefilm a puntate, e "Pierre", ambientato nella capitale del Sud Dakota.

Danny è davvero solo e incompreso, mentre ho l'impressione che nel personaggio di Humphrey, l'incompreso del romanzo di Florence Montgomery, oltre alla sofferenza per la perdita della madre, ci sia anche una discreta dose di gelosia per il fratello Miles.

5) "DA QUESTE PARTI":

Si tratta di un racconto un po' dolente.

Tre sorelle, tutte molto giovani e orfane di genitori, dopo anni che non si vedono, si radunano per alcuni giorni nella casa in cui viveva il padre, morto da poco e già da tempo divorziato dalla loro madre.

Carola e Jill, sebbene vivano entrambe a New York, non si vedono mai.

Gretchen, la maggiore, è sposata con Leonard e vivono in California.

Oggi a riunire le sorelle è la morte del padre. morto di enfisema, a quasi settant'anni, e loro si sono riunite in una vecchia casa del Connecticut (...). Il padre vi si trasferì tre anni prima, dopo la morte della madre e il suo quasi immediato matrimonio con una divorziata di nome Eleanor Manley. Era la "vecchia casa" di Eleanor. Lei morì d'infarto sei mesi prima e i suoi figli ripulirono la casa di tutte le sue cianfrusaglie, scrostarono come meglio poterono i vecchi ricordi, e le lasciarono al vedovo, che nessuno di loro conosceva molto bene.

Non c'è confidenza fra le tre ragazze, le quali si giudicano con il pensiero:  Carola è incompresa e frustrata e rinfaccia alle sorelle di essere stata l'unica a dare sostegno e vicinanza ai genitori, durante le rispettive malattie.

Carola ripercorre i momenti di malattia della madre e del padre mentre Jill la dileggia e Gretchen si irrita, considerandola patetica.

Il disagio di Carola di fronte alle sorelle a mio avviso viene espresso anche dalla sua gestualità:

Carola ha catturato l'attenzione di tutti, trasformando in una barchetta il resto della tazzina di plastica e facendola galleggiare sulla zuppa. Adesso sta spingendo avanti e indietro la barca.

Carola è l'unica che si sente responsabile verso i genitori e che vede l'assenza delle due sorelle in un momento familiare difficile come un atto di incoscienza e di mancata gratitudine. Le scelte di Gretchen e di Jill sono comprensibili o egoistiche?

Prendersi cura della fase finale di vita di un genitore è segnale di un attaccamento eccessivo da parte del figlio? 

Verso la fine dell'accesa discussione tra Carola e le due sorelle,  Leonard si sente in diritto di esporre una sua osservazione con disappunto:

"Dove sono cresciuto io la famiglia significava qualcosa. La parentela significava qualcosa. I miei fratelli, le mie sorelle ed io andavamo sempre a casa per Natale, tutti gli anni, e io telefono a mia madre tutte le settimane. Ma la vostra famiglia! È terribile come siete divise tra di voi, e tutte quante così isolate da vostro padre. Non c'è un terreno comune, non c'è un focolare. È andato perduto."

"Non è mai esistito" dice Carola. "Non c'è mai stato fin dall'inizio".

Qualcosa nel racconto fa trapelare che, tra i genitori delle tre ragazze, il rapporto era "esile come un filo": il padre, pur avendo iniziato un'altra relazione, era sempre presente durante la fase terminale del cancro della moglie.

Tre mesi dopo essere rimasto vedovo si risposa e, ad una minima obiezione di Carola riguardante questa sua scelta, risponde così: "Non sento il bisogno di giustificare le mie azioni con voi."

Verrebbe da chiedersi: questo padre è stato davvero una figura valida e significativa per le figlie? Com'era con loro quando erano bambine?

La frase che quest'uomo indirizza alle figlie è specchio anche della nostra mentalità sociale: faccio quel che voglio, la vita è mia e non devo dare spiegazioni a nessuno, nemmeno a familiari e parenti stretti.

Faccio quel che voglio, tanto, pur di non uccidere qualsiasi mia decisione di vita va bene! 

Della serie: "Scelgo sempre me stesso/a"... ma che affermazione stupida! 

Se il mondo in cui viviamo è violento e carente di riflessioni etiche è anche a causa di questa mentalità egoistica così diffusa, così lodata e così approvata.

Complimenti! 

"Scegliere se stessi" sempre e comunque, solo per assecondare i propri desideri ignorando ciò che pensano e che sentono gli altri: questo denota mancanza di rispetto nei confronti del prossimo e implica inoltre la morte delle comunità e della solidarietà! 

Perharps I should learn to take this widespread lack of ethics in my stride, even thought it makes me feel angry or upset.



26 settembre 2025

30

Ho fatto il passaggio di decina stamattina molto presto💥.

Dalle mie parti questa la si potrebbe definire la prima giornata dal clima autunnale dopo due temporali forti (uno mercoledì, l'altro ieri sera).

Per quanti di voi il raggiungimento dei 30 anni è stata una tappa di "revisione di giovinezza" e di "piccole riflessioni"?

Nei giorni scorsi, il progressivo avvicinarsi del numero 30 tondo tondo mi ha indotta a formulare un piccolo bilancio mentale relativo agli ultimi anni.

Soprattutto tra i 20 e i 28 ho vissuto una fase decisamente intensa e gratificante: all'università ho studiato con passione, risultando brillante oltre che la più motivata del mio corso, ho dato alla luce due libri che hanno visto una minima diffusione nazionale oltre che locale, mi sono cimentata in diverse attività di volontariato, laico e diocesano, culturale e sociale, ho sperimentato posizioni lavorative diverse l'una dall'altra riscoprendomi una persona con una mente duttile e versatile, soprattutto durante dei corsi di formazione professionale a cui ho aderito, ho coltivato molteplici interessi, dalle camminate in collina e montagna all'arte e alla musica. 

Durante un laboratorio centrato sul rapporto tra cristianesimo e partecipazione civico-politica ho incontrato una persona meravigliosa, poco più grande di me, con cui sto gradualmente costruendo progetti piuttosto importanti. Ci siamo conosciuti nella primavera del 2022.

Una sera, nel corso di un'attività in cui ci siamo suddivisi in piccoli gruppi (massimo tre persone), io e Matthias sembravamo già una squadra inter-dipendente l'uno dall'altra e a me piacevano molto quegli occhi scuri intelligenti e sensibili, nei quali ho intuito un po' della storia della sua vita.

L'esercizio di riflessione proposto in un incontro era molto stimolante: tutti i partecipanti al laboratorio dovevano fingere di essere assessori o consiglieri comunali o referenti di centri sociali e sportivi di un paese del bergamasco che, dopo essere stato gravemente colpito dalle ondate di Covid, doveva ri-organizzare le iniziative per il benessere fisico e psicologico della popolazione.

Io e Matthias eravamo rispettivamente nel ruolo di assessore allo sport e coordinatrice di un centro sportivo e, nel giro di 20 minuti, abbiamo scritto un testo sull'importanza di avviare dei lavori di restauro del posto per scongiurare il degrado e strappare così gli adolescenti dal rischio di incappare nella droga o di formare le baby gang. 

Sono sincera: le idee di quel breve tema di carattere argomentativo erano praticamente tutte di Matthias, io le ho semplicemente trasposte in uno stile formale convincente.

La fase successiva di confronto non ci è andata così male dato che il "sindaco" (un avvocato ospite del Centro Pastorale di quella sera) ha decretato che la priorità per i fondi dovesse essere assegnata innanzitutto alle RSA, poi alle politiche giovanili e infine ad infrastrutture e turismo.

Comunque "nei miei 20" non credo di aver mai perso tempo.

A 29 anni ho dovuto rallentare un pochino i ritmi... terminata la mia esperienza di lavoro in stazione per Italo, ho avvertito un senso di inquietudine che di tanto in tanto mi faceva piangere. 

Qualche volta mi chiedevo: "Dopo tutto questo vivere intensamente cogliendo una serie di occasioni e di opportunità, dopo due libri e con una relazione seria da far evolvere con il tempo, dove vuoi andare esattamente?"

I 29 anni sono sicuramente stati il momento in cui, grazie al Movimento Drin Drin, ho potuto sperimentare alcune occasioni di sano networking sia con alcuni miei corregionali sia con persone provenienti da tutta Italia. 

Tuttavia, questo 2025 per me è stato un anno nel complesso difficile: sono rimasta senza nonni prima della fine dell'inverno e questi ultimi mesi sono stati caratterizzati da sbalzi di autostima, incertezze e senso di inadeguatezza nei confronti della società in cui vivo.

In certe giornate mi sentivo più determinata, in diverse altre invece mi sono ritenuta incapace, inetta, iper-critica con me stessa e con gli altri, fuori contesto durante feste o anche in qualche momento di convivialità.

Revival post-adolescenziale poco prima di raggiungere ufficialmente la terza decina?! Non lo so.

Sono una perfezionista, sia dal punto di vista culturale che dal punto di vista morale. Infatti a momenti ho paura di risultare irritante per chi mi circonda.

Per me questi 30 anni sono l'inizio di una transizione dalla "prima giovinezza", fatta di idealismi, di entusiasmi e di mille attività alla "giovinezza matura" visto che ho appena iniziato a vivere di concreti obiettivi, prima di tutto professionali.

A differenza dell'inizio dell'anno almeno ho le idee chiare di quel che voglio fare nella vita: ritengo di riuscire a dare la migliore immagine di me stessa come lavoratrice nel ruolo di insegnante, per il quale ho smesso di sentirmi non adeguata.

Poi mi auguro che i miei eventuali figli assomiglino a Matthias in tutto (sabato scorso sono riuscita a dirglielo): io sarò anche più creativa e più incline alla riflessione di tipo interpretativo ma credetemi, si vive meglio con il suo carattere, è più mite, più obiettivo e molto portato ad analizzare e a comprendere nel profondo le situazioni di conflitto. 

D'altronde, la sua tesi di laurea triennale verteva proprio su questo argomento. 

Inoltre, intorno ai 35 anni vorrei cambiare settore di volontariato: mi piacerebbe entrare nell'ambito della cura degli anziani nelle Case di Riposo e nelle RSA per leggere loro dei racconti e dei romanzi, portando magari anche adattamenti miei.

Oggi ho in programma una mezza giornata piacevole.


25 settembre 2025

"Gli Stati Uniti d'Africa", A. Waberi

Gli Stati Uniti d'Africa è un romanzo parodistico-provocatorio uscito nel 2007 e poco conosciuto in Italia.

A) CONTENUTI:

L'autore Abdourahman Waberi immagina un "mondo al contrario" in cui gli Stati del continente africano sono organizzati in una federazione evoluta dal punto di vista commerciale e industriale.

Le università sono ottime e dotate di ottime tecnologie. In generale, la popolazione africana vive nel benessere e ha una mentalità consumistica. Insomma, l'autore delinea un'Africa "consacrata al fitness e al lifting."

Oltre a ciò, gli africani provano diffidenza e, in qualche caso, anche disprezzo e disgusto nei confronti degli immigrati in fuga da un'Euro-America misera, sottosviluppata e dilaniata dalle guerre civili.

Eppure, ogni giorno, gli scafisti albanesi scaricano sulle coste dell'Algeria e del Marocco "migliaia di clandestini dalla pelle color latte".

Il presente romanzo delinea la Svizzera come di uno stato che, dal punto di vista cartografico e paesaggistico, ha l'aspetto di un "francobollo innevato", descrive le Fiandre come un luogo tormentato dalla fame e dalle guerre civili, parla della Grecia come lo stato in cui ha avuto origine l'AIDS, menziona una Germania piena zeppa di favelas.

B) L'INTENTO DEL LIBRO:

Probabilmente, l'intento dello scrittore, originario del Gibuti, era quello di invitare la sua cerchia di lettori a considerare l'importanza della giustizia sociale e forse anche dell'empatia.

Praticamente, a mio avviso, con questo romanzo Waberi vorrebbe chiedere a dei potenziali interlocutori: 

E se voi foste al posto nostro? Se noi africani nei secoli scorsi avessimo depredato i vostri territori? 

C) LA FIGURA DI MAYA:

Abbastanza centrale è la figura della giovane Maya, nata in Francia ma adottata, a pochi mesi di vita, da due ricchi coniugi di Banjul, capitale del Gambia.

Pur essendo circondata del calore di un'ottima famiglia adottiva, Maya soffre i pregiudizi e le offese dei compagni di classe di pelle scura che la soprannominano: "latte acido" o anche "faccia di latte".

Ad ogni modo la bambina cresce, buona e intelligente, con un padre medico e ricercatore universitario e una madre dolce e colta, amante della filologia somala e dell'arte che tuttavia si ammala gravemente quando la figlia adottiva è nel pieno dell'adolescenza e sta scoprendo il proprio talento nella scultura.

L'autore ci riporta delle brevi analisi e delle sintetiche descrizioni di alcune opere di Maya esposte in un museo:

Più intimisti, "La colomba" o "Il cuscino" sembrano evocare drammi personali. Per la prima delle due figure, solitudine o nostalgia: una ragazza con un lungo mantello gettato sulle fragili spalle tiene contro il petto, con infinita tenerezza, una colomba bianca. 

L'uccello, fuggito dall'arca di Noè, simboleggia-come tutti sanno- l'amore o la costanza. Per la seconda, abbandono e forse stanchezza. 

In una vena decisamente più gaia, "Aida" (rilievo color terra di Siena) rappresenta una giovane molto raggiante di vita incontrata a Mogadiscio. Vivacità del tratto, fedeltà di tono.

In seguito, l'autore dichiara questo: "L'artista è custode del futuro, non del passato".

Condividete? Io non del tutto.

L'artista con una solida formazione accademica si ispira al passato, o , in ogni caso, non potrà mai totalmente ignorarlo, nemmeno per quel che concerne i movimenti artistici di cui non condivide i principi fondanti.

Certamente l'artista custodisce anche il futuro: ad esempio, in letteratura, il modernismo nasce come contrapposizione e reazione allo stile narrativo lento e tendenzialmente ipotattico del romanzo storico. 

In seguito, Maya diventa adulta e sente il bisogno e il desiderio di conoscere il paese in cui è nata: a 32 anni compie quindi un viaggio in Francia per incontrare la sua vera madre e per riconciliarsi con se stessa.

Dopo due mesi di permanenza in terra francese, la donna ritorna in Africa confermando la propria idea di umanità dal momento che "gli uomini sono aquiloni legati gli uni agli altri dai fili del linguaggio".

Il linguaggio non è la lingua, non è fatto solo di parole ma anche di gesti, sguardi, espressioni facciali, posture e movimenti del corpo.

Anche il non-verbale è espressivo, perché "non si è pienamente se stessi se non ci si fa attraversare dal corpo e dalla parola degli altri".

D) IL MIGRANTE CON IL BERRETTO IN TESTA:

Un berretto sporco sulla testa, una borsa in mano, fa la sua comparsa in un pomeriggio umido, insieme a grandi nuvole spesse portatrici di tempesta. Si è messo lì, in diagonale rispetto alla casa. Non ha detto una parola a nessuno. Probabilmente non parla la lingua del paese. Forse non desidera impararla. Si dice che sia sbucato dal retro della fabbrica in disuso, laggiù, vicino al binario della ferrovia che si perde nei campi di miglio o nel giallo splendente della colza. Si dice che venga da molto lontano. 

È l'uomo che è sceso dall'autobus. Che ha sbagliato linea una sera di tornado. Che non si è mosso di un millimetro da quando è là. Che adesso si trascina da queste parti. Che si circonda di mistero. Che abita un silenzio spuntato da non si sa dove. È l'uomo che, con le dita lunghe come piume d'aquila, cerca di disegnare qualcosa nella polvere. Che ha il singhiozzo di uno che ha bevuto troppo. Che non parla con nessuno perché forse non parla correttamente la lingua federale, o perché le parole uscite dalla sua bocca restano impercettibili.

(...)

Non andrà lontano. Lo si ritroverà nello stesso posto, o steso sulla panca sotto la pensilina dell'autobus.

Ha un'aria assente e tetra. Si tratta di un uomo ridotto alla miseria, è un senza tetto ed è senza lavoro e lasciato allo sbando, senza una formazione che gli garantisca almeno una competenza linguistica. Dunque, non ha valide opportunità di integrarsi. Si tratta di un uomo senza futuro ma anche senza presente.Quanti come lui in Italia?

Qui l'autore fa dell'immigrato con il berretto l'emblema dell'incomunicabilità. Di dove è originario? Com'è stato il suo vissuto?

Più avanti, l'autore rivela che l'uomo con il berretto in testa è uno svizzero di madre lingua francese: si chiama infatti Maximilien ed era un falegname.

Una mattina, la polizia lo trova in una pozza di sangue. 

Le uniche cose che questo immigrato senza reti sociali di ausilio teneva tra le mani erano il suo berretto e una lettera destinata alla sua famiglia di Zurigo:

(...) L'inchiesta è stata condotta in modo raffazzonato da uno stagista foruncoloso venuto da Arusha. Tale Maximilien Geoffroy de Saint-Hilare, nato in data sconosciuta nel cantone di Zurigo, falegname che esercitava il suo mestiere ad Asmara, Eritrea, Stati Uniti d'Africa, è stato trovato morto in un vicolo senza uscita adiacente rue Toussaint-Louverture. Vicolo tranquillo perché lontano dalle strade che la notte respirano, si agitano e salmodiano in preda a un fervore vitale. Con ogni evidenza, sembrerebbe essere morto a tarda notte. Abbandonato, nuca a terra. Dissanguato, morto per mancanza di soccorsi. (...) Nessun movente. Nessuna storia. Nessun testimone. Nessun precedente. Lo stagista ha archiviato il caso, concludendo che il decesso avrebbe avuto come origine una rissa finita male.

E) LO STILE:

A tratti è poetico, come dimostra la frase che segue: "La luce, a volte, filtra attraverso il peso delle nuvole".

Oltre a ciò, Waberi fa ricorso abbastanza frequentemente alle anafore, utili a rendere il metodo narrativo espressivo e coinvolgente.

Replico parte delle precedenti citazioni:

-"Si dice che sia sbucato dal retro della fabbrica in disuso, laggiù, vicino al binario della ferrovia che si perde nei campi di miglio o nel giallo splendente della colza. Si dice che venga da molto lontano. "

-"Che ha sbagliato linea una sera di tornado. Che non si è mosso di un millimetro da quando è là. Che adesso si trascina da queste parti. Che si circonda di mistero. Che abita un silenzio spuntato da non si sa dove."

-"Nessun movente. Nessuna storia. Nessun testimone. Nessun precedente".

Tuttavia, in qualche passaggio, lo stile risulta un po' tortuoso e quindi non propriamente scorrevole, appesantito soprattutto per la presenza di frasi incidentali, come qui:

È nato in una favela insalubre alla periferia di Zurigo, dove la mortalità infantile e il tasso di diffusione dell'AIDS- una malattia comparsa una ventina d'anni fa in Grecia, negli ambienti equivoci della prostituzione, della droga e dello stupro, e diventata un'endemia universale, a quanto dicono i grandi sacerdoti della scienza mondiale riuniti a Mascate, nel grande regno di Oman- restano tra i più elevati secondo gli studi dell'Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), che come tutti sanno ha sede nel nostro paese, nella pacifica e tranquilla città di Banjul.

Poesia dedicata ai migranti alla ricerca di un futuro, con la speranza negli occhi:



19 settembre 2025

"DOVE FINISCONO LE MAPPE", A. BRILLI:

17) MAPPE, VIAGGI E DISUGUAGLIANZE ECONOMICHE TRA CONTINENTI

1) ARGOMENTI DEL LIBRO:

Dove finiscono le mappe è un saggio che illustra i viaggi compiuti per mare dagli europei in America, India, Africa, Nuova Zelanda e Antartide, non allo scopo di conoscere nuove civiltà quanto piuttosto per colonizzarle e sfruttarle.

L'ho apprezzato abbastanza: da una parte è ben documentato, dall'altra vengono appena menzionate le vicende dei navigatori portoghesi. 

Nel corso della trattazione si fa solo un accenno alla circumnavigazione del globo da parte di Ferdinando Magellano, un viaggio per mare molto importante dato che, la traiettoria circolare di questo percorso, conferma quello che gli astronomi avevano compreso: la terra ha una forma sferica.

Tuttavia, non sono nominati Bartolomeo Diaz, il primo a raggiungere il Capo di Buona Speranza, e nemmeno Vasco da Gama. 

Tra l'altro, si fa un breve accenno al Trattato di Tordesillas che suddivideva le conquiste tra Spagna e Portogallo: alla Spagna i territori americani e al regno portoghese invece l'Africa occidentale.  

L'autore si concentra invece principalmente sulle vicende e sulle esplorazioni di inglesi, spagnoli e francesi.

Sin dai primi capitoli, Attilio Brilli fa riferimento al modo in cui Francesco Bacone, nel trattato Of plantations, considera le colonie: istituzioni politiche ed economiche, come fossero propaggini della corona britannica. 

Poi, nel suo trattato suggerisce ai colonizzatori di individuare i prodotti che possono coprire in parte i costi comportati dalla colonizzazione come ad esempio le spezie, il tabacco e il legname.

Bacone non trascura i rapporti con le popolazioni native:

La storia delle colonie americane fino alla Rivoluzione e oltre sarà sempre legata alla coesione interna dei suoi componenti, chiamati a far fronte a un ambiente ostile nella natura e negli indigeni. Per questo Bacon raccomanda la massima discrezione nel trattare con le tribù locali, nei confronti dei quali si dovrà mostrare una diffidente benevolenza.

Anche attraverso alcuni riferimenti alle letterature europee, Brilli tratta la differenza tra la colonizzazione britannica e quella spagnola: mentre la prima, almeno inizialmente, consisteva nella scoperta di nuove terre che diventassero risorse economiche e commerciali, l'altra era basata quasi unicamente sulla sottomissione e sulla conversione al cattolicesimo degli amerindi.

 (...) la colonizzazione spagnola del centro America in genere è volta, in una prima fase, all'incetta dell'oro e all'appropriazione, prima ancora che della terra, dei popoli sottomessi (...) . 

I coloni inglesi e francesi non assumono il nome di "conquistatori" ma tendono viceversa ad estromettere gli indigeni dalla terra dove s'impiantano, o a stabilire contatti con essi per fini di sopravvivenza o per motivi commerciali.

Una novella di Cervantes, del XVII° secolo, dimostra l'idea negativa che il suo autore si era fatto sui conquistadores. 

In questo racconto, un giovane della Siviglia decide di tentare l'esplorazione del Mondo Nuovo e di diventare come tutti gli altri giovani navigatori spagnoli: responsabili di rapine, violenze, saccheggi e omicidi. 

I conquistadores spagnoli puntano infatti alla fama e all'arricchimento.

L'altro limite del libro consiste proprio nella sua struttura: se la prima parte è dedicata a tematiche inerenti alla colonizzazione, come ad esempio il presunto cannibalismo dei nativi americani, le difficoltà, anche climatiche, rilevate nel percorrere terre sconosciute e gli esempi di letteratura coloniale, nella seconda invece sono presenti soprattutto informazioni geografiche e storie di esploratori.

Qual'è quindi il vero obiettivo del saggio? 

Riferirsi a miti, leggende, romanzi e peripezie di navigatori per mettere in luce lo sfruttamento dei popoli sottomessi? Oppure evidenziare le idee alla base delle conquiste? 

2) LE COMPETIZIONI TRA EUROPEI:

Il testo di Attilio Brilli può essere utile sicuramente innanzitutto agli insegnanti di Lettere per le secondarie di primo grado, al fine di trattare con chiarezza gli argomenti dell'encomienda e del triangolo commerciale e al fine di inserire qualche approfondimento di leggende e storie di viaggiatori, ma anche ai docenti di lingua e letteratura inglese delle scuole superiori sia per far apprezzare maggiormente Stevenson sia per organizzare un approfondimento carino e interessante su qualche esploratore originario del Regno Unito, come Mungo Park.

Abbastanza rilevante nel libro è il caso dell'El Dorado, verso la fine del secondo capitolo: nel continente americano, intorno al 1550, si era diffusa la leggenda dell'El Dorado, una città collocata in mezzo ad una foresta e molto ricca d'oro. 

La città in questione sarebbe stata identificata con Manoa, situata nell'attuale regione della Guiana.

Grazie all'oro proveniente soprattutto da quella determinata regione dell'America latina, la Spagna ha acquisito potere agli occhi degli altri Stati europei. 

E così Walter Ralegh, navigatore inglese, a partire dalla seconda metà del XVI° secolo, si era fatto promotore di spedizioni nella zona della Guiana, dove viveva una piccola parte della popolazione Inca sfuggita alla dominazione spagnola ma non certamente al lavoro massacrante che comportavano le miniere:

Per Ralegh, la ricerca dell'El Dorado non rispondeva soltanto al perseguimento di un sogno e alla brama di arricchimento personale, come era avvenuto con numerosi conquistadores, da Francisco de Orellana, al ribelle Lope de Aguirre, ma era inscritta in un più ampio disegno strategico che prevedeva la fondazione nel continente latino americano del grande impero coloniale britannico della Guiana, un impero che avrebbe assicurato alla corona d'Inghilterra un gettito d'oro non inferiore a quello che le Indie occidentali fornivano al re iberico.

Durante il viaggio d'esplorazione in Guyana, Ralegh fa prigioniero Pedro Sarmiento de Gamboa, marinaio spagnolo, costretto a riferirgli in modo preciso e dettagliato le preziose risorse della terra dell'El Dorado.

Più tardi, nel XVIII° secolo, il militare francese Louis-Antoine de Bougainville divenuto poi esploratore dei territori americani, nel redigere un suo libro di viaggi, esplicita che questi stessi sono finalizzati per lo più a entrare in competizione con il Regno Unito per il controllo della zona del Pacifico meridionale e per poter acquisire le isole.

Dagli scritti di Bougainville emerge con chiarezza la mentalità comune ai grandi navigatori dell'epoca i quali- francesi, inglesi, spagnoli, olandesi che siano- vedono nei viaggi d'esplorazione gli atti propedeutici all'affermarsi di una politica mercantile e di sfruttamento coloniale legittimata dal grado di civiltà del vecchio continente nei confronti delle terre che vengono man mano scoperte.

In effetti, Bougainville era convinto che tutte le ricchezze del globo terrestre dovessero appartenere all'Europa dal momento che il Vecchio Continente era più avanzato tecnologicamente e scientificamente rispetto alle altre zone del mondo.

3) LEGGENDE E LETTERATURA COLONIALE- ESEMPI:

Questa è stata la parte che ho apprezzato di più del trattato.

3.1) La leggenda di Pocahontas:

Questa storia è stata creata al fine di fornire un mito che spiegasse alle colonie britanniche la loro fondazione. La principessa Pocahontas costituirebbe il ponte d'incontro tra due civiltà completamente diverse, ovvero, tra i bianchi europei e i pellerossa:

La storia ha inizio nel dicembre 1607, allorché tre membri della colonia rifondata da Newport vengono catturati dagli indiani. Newport aveva tentato di stabilire un rapporto di convivenza con il capo della confederazione di tribù indiane algonchine, Powatan e, riconoscendo in lui un grande capo, l'aveva incoronato imperatore (...).

Il riconoscimento però non addolcisce Powatan che uccide due dei tre inglesi prigionieri. Il terzo, John Smith, mentre sta per essere decapitato, viene improvvisamente protetto e salvato dalla principessa Pocahontas, che successivamente viene presa in ostaggio dai coloni.

Una volta convertitasi al cristianesimo, la ragazza subisce il matrimonio combinato con il colone John Rolfe, dal quale ha un figlio. 

(...) la bella principessa indiana viene presentata a corte e diventa una delle attrazioni della società londinese finché nel 1617, nel corso di una festa mascherata, incontra di nuovo John Smith (...) Poco tempo dopo, imbarcatasi per tornare nella colonia, Pocahontas si ammala e muore- (...) prima di toccare le sponde della Virginia.

3.2) Robinson vs Gulliver:

Brilli dedica appositamente un capitolo ai due personaggi, delineandone bene le differenze: se infatti Robinson lascia la vita borghese, naufraga e diviene portatore e fondatore di civiltà in terre lontane, misurando il mondo secondo i suoi parametri e reintegrandosi con facilità nella società da cui proviene, Gulliver invece, dopo quattro approdi in terre fantastiche e, naturalmente, prima ignote, abdica alla propria natura umana, atta a commettere soprusi e aberrazioni attraverso la schiavitù, il dominio e la sopraffazione. Per questo, una volta tornato in patria, il medico di bordo non solo non si reintegra ma prova disgusto persino per la propria famiglia.

Nell'ottica di Robinson, vale a dire dell'uomo occidentale, conoscere la natura significa classificarla per poterla sfruttare, sottrarla al rigoglio spontaneo per inserirla in un ordine produttivo (...) Di questo emporio naturale fa parte anche l'indigeno Venerdì, docile e pronto a sottomettersi, nei confronti del quale Robinson assume l'atteggiamento paternalistico di chi detiene il sapere (...).

4) I NATIVI D'AMERICA POSSONO ESSERE PARAGONATI AI BARBARI DELL'ETA' TARDO-ANTICA?

"Ogni atto del processo di colonizzazione si fonda su una motivazione preliminare che rinvia ad un fine trascendente: la diffusione della parola del Signore e la conversione delle popolazioni idolatre alla religione cristiana. (...) Nella prospettiva ispanica, la presa di possesso di una terra appena scoperta si basa sul presupposto secondo il quale l'avvento di Cristo, nel suo farsi uomo, avrebbe cancellato ovunque, nel mondo creato, qualsiasi diritto naturale".

Sotto la dominazione spagnola, gli indigeni divengono sudditi.

Qui l'autore accenna al termine barbari, termine derivante da un'antica onomatopea greca "βάρ βάρ". 

Per gli antichi greci, chi non parla la loro lingua, o meglio, uno dei loro dialetti, balbetta.

Nei primi secoli dopo Cristo, il termine barbaro indicava colui che non parlava né greco né latino. I barbari, per l'Impero Romano, erano popolazioni straniere abili nelle tecniche di combattimento. 

A poco a poco, le guerre e le invasioni di queste popolazioni hanno cambiato la società dell'Impero Romano d'Occidente che li reclutava nell'esercito imperiale, soprattutto durante i regno di Costantino, Valentiniano e Valente.

La caduta dell'Impero Romano d'Occidente è stata causata da secoli di instabilità politica e da cambiamenti sociali importanti, caratterizzati soprattutto dall'integrazione del diverso.

Ma, per quel che concerne le conquiste europee oltreoceano, è possibile parlare di integrazione dei nativi americani? Assolutamente no! Sono stati schiavizzati, sono morti quasi tutti a causa di stenti e di epidemie. Altroché assimilazione!

5) IL DIARIO DI BORDO DI SHELVOCKE:

Il diario di bordo di David Shelvocke risale al Settecento.

Nel doppiare Capo Horn, Shelvocke e i suoi marinai devono affrontare una bufera di neve e di vento. 

Attorno alla loro imbarcazione vola un albatro nero e, dal momento che il capitano lo ritiene segno di un cattivo presagio, lo uccide. 

La morte dell'uccello fa sentire l'equipaggio più solo. 

La ballata di Coleridge The rime of the ancient mariner si ispira a questa esperienza.

A seguito della morte dell'albatro, nel testo compaiono numerose immagini relative al soprannaturale: un vento che spinge la nave verso l'Equatore, i marinai che iniziano a morire di sete, la nave fantasma condotta dalla Morte, i serpenti marini.

The rime of the ancient mariner viene considerato un manifesto del Romanticismo inglese dato che i contenuti sono: immagini simboliche, una natura non rispettata e il percorso interiore del marinaio che si pente una volta resosi conto della propria colpa.

6) LA POLITICA IMPERIALE BRITANNICA IN INDIA:

Nella seconda parte del libro l'autore si sofferma sia su alcuni viaggi di esploratori sia sulla colonizzazione britannica in India.

Al contrario delle terre americane, nella penisola indiana, gli esploratori inglesi trovano una società ben organizzata e strutturata. 

La East India Company si è sostituita gradualmente agli imperatori Moghul nell'amministrazione della burocrazia e della giustizia assicurandosi dapprima dei privilegi commerciali.

Brilli non manca di descrivere le esperienze contenute nei diari di alcuni viaggiatori del Regno Unito in India, in particolare, quella di William Hodges:

(...) la scrittura di Hodges rivela un'esplicita funzione politica, e l'artista cede il passo al funzionario che paragona le campagne del Bengala, fiorenti sotto la gestione diretta della Compagnia, alla desolazione e alla miseria che caratterizza le terre di Agra amministrate dai funzionari locali del governo.