E' un piccolo testo che ho scritto alla Vigilia di Natale, una piccola lettera a Gesu'.
"Caro Gesu',
guardando tutti i preparativi in occasione delle feste natalizie devi essere sicuramente contento.
Ma se non hai trovato posto alla locanda di Betlemme, troverai porte aperte per accoglierti? Molte persone sono incredibilmente indaffarate quando preparano il Natale e così non hanno nemmeno il tempo di pensare a Te!!
Oltre a cio', non vogliamo accorgerci che molti immigrati, venuti da terre lontane, aspettano solo di essere accolti e aiutati. Uomini come noi, che portano sulla loro pelle i segni del sole e che desiderano realizzare il sogno di una vita migliore. Signore, tu che sei la luce del mondo, vieni tra noi in questo tempo di Natale. Tu, sotto le apparenze di un Bambino ci riveli il volto di Dio e il Suo amore per noi.
Sei nato, rimani con noi per sempre e il nostro amore diverrà l'amore di Dio. Sei nato, ti sei fatto uomo come noi e sei entrato a far parte della storia dell'umanità, sei entrato nel bisogno.
Così piccolo tra le braccia di Maria, cullato con molta dolcezza, infondi pace e speranza nei nostri cuori."
27 dicembre 2012
22 dicembre 2012
La vecchina del presepe
Vi presento un racconto di Natale scritto da Gianni Rodari che vuole essere un buon spunto di riflessione per comprendere appieno il significato straordinario di questa festività. Quando ero bambina, alla Vigilia di Natale, qualcuno me lo leggeva sempre e io rimanevo molto colpita dal contenuto. E' un racconto adatto a tutte le età.
“La vecchina abitava da anni (duecento? trecento?) sulla montagna più alta del presepe.
Il presepe era quello di Roma, presso la chiesa dei Santi Cosma e Damiano, tra le rovine dei Fori Imperiali. E' uno dei più belli del mondo, con montagne, burroni, castelli, villaggi, palazzi, ponti, ovili, osterie, negozi, e migliaia di finestre aperte e dentro si vede la gente vivere.
Ma la gente vive per lo più nelle strade, come a Napoli: centinaia e centinaia di figurine che vivono, comprano e vendono pesci, prosciutti, fichi secchi, castagne, caciotte.
E scale, scalette, scalinate: tutto un labirinto festoso su cui scendono gli angeli a grappoli dal soffitto, e un lungo corteo di mori, cammelli, cavalli accompagna i Re Magi, e bambini accorrono incuriositi.
Sulla collina più alta, nella casa più povera del villaggio, abitava la vecchina, e anche lei, la notte di Natale, si annodò in testa il fazzoletto più bello che aveva.
Preparò un fagotto di pomodori seccati al sole da portare in dono, e si incamminò a piccoli vecchi passi giù per un sentiero ripido, rotto ogni tanto da un mazzetto di gradini. Piano, piano, andava più piano di tutti. Ben presto la superò un gruppo di giovani, e in mezzo a loro ce n’era uno che suonava la fisarmonica.
«Coraggio, nonnetta!» la salutarono.
«Non é il coraggio che manca», rispose, fermandosi a guardarli.
Ma quelli erano già arrivati in fondo alla valle.
Un vecchio che fumava la pipa sotto il portico di casa la chiamò: «Ce la farete ancora? E’ lunga la strada.» «Ce la farò, ce la farò. Sarò l’ultima, ma alla mia età non é vergogna.»
La vecchina sospirò, ma seguitò a camminare. Non aveva tempo da perdere. E giù, e giù per sentieri e scale, e su, e su per scale e sentieri. Doveva passare ancora le montagne prima di giungere alla pianura.
Poi bisognava attraversare la pianura e ricominciare a salire per un bel tratto, dentro e fuori dai paesi aggrappati alla strada.
C'era sempre più gente lungo i sentieri e dalle case ne usciva dell’altra.
Dalle finestre aperte la vita delle case si rovesciava fuori con luci, suoni e colori. La vecchina vide una ragazza che toglieva dal baule uno scialle prezioso.
«Ecco,» mormorò con un pochino di invidia «lo scialle della dote. Io non porto che questi pomodori seccati. Com’é triste esser poveri, quando non si possono fare bei regali.»
Passò accanto a una casupola delle più meschine. Fuori dell’uscio una donna lavava dei panni in un mastello.
«Che cosa fate?» borbottò la vecchina «Il bucato la notte di Natale?»
La donna alzò gli occhi dal suo lavoro. Erano rossi e gonfi.
«Mio marito é malato, bisogna che guadagni io qualcosa.»
«Non sentite che i vostri bambini piangono?»
«Li sento si. Vogliono andare con gli altri alla grotta. Ma io non ho tempo di vestirli, ecco perché piangono.»
«Siete proprio un pulcino nella stoppa, non sapete cavarvela,» borbottò la vecchina.
Entrò in casa, diede un’occhiata al malato e gli cambiò l’acqua nella caraffa, poi vestì i bambini, con gesti ruvidi e precisi, senza smettere mai di rimproverarli meccanicamente. Quelli non badavano ai rimproveri: sentivano le sue mani buone e svelte, si lasciarono vestire in fretta, si lasciarono strofinare la faccia con un asciugamano bagnato, ma quando furono pronti schizzarono via con uno strido acuto; come rondini.
«Ti fanno perdere tempo, ma mica ti dicono grazie,» borbottò la vecchina riprendendo il cammino.
Ora poi cominciava a sentire appetito. Avrebbe chiesto volentieri qualcosa alle donne che recavano in equilibrio sul capo grandi ceste colme di verdura, di ciambelle fatte in casa, di frutti profumati. Ma era troppo orgogliosa per farlo.
La vecchina proseguì il suo cammino. Prigioniera del suo seggiolone, una puppetta grassa, rosea e lacrimosa strillava a più non posso, tuffando una mano rabbiosa nel piatto di spaghetti che le stava davanti.
«E tu che hai?» domandò la vecchina «Non ti piace la pappa? Su, su che é buona.» Ma la bambina non si chetava e non voleva mangiare. Finalmente la vecchina scoprì che le era caduta per terra una bambola di stracci: gliela raccolse e la bambina sorrise. «Su,» disse la vecchina, arrotolando uno spaghetto intorno alla forchetta «mangia. Ah, am. Quant’é buono… E la tua mamma? Le tue sorelle? Tutte a vedere il corteo dei Magi, scommetto. E ti lasciano qui sola come un’orfanella. Mangia con la nonnina, su. Ecco, brava, brava.»
La bambina, mangiando, farfugliava il suo linguaggio di sillabe sperdute, di mugolii ed esclamazioni senza significato: «Baa… beee…. gnioooo… Uhhh!»
La vecchina cominciò anche a parlare a quel modo, e intanto i minuti passavano, e passava la gente, sorridendo. Passò uno zampognaro, seguito da un codazzo di ragazzi. Passò quel contadino di prima, col suo cestello di arance. Solo quando il piatto fu vuoto la vecchina si riscosse, si guardò intorno, si rialzò.
«Piccerella mia, bisogna che me ne vada, altrimenti non arriverò in tempo. Vedi laggiù, quel chiarore? E’ la cometa che sta per spuntare. » «Biaooo… booo» rispose la pupa.
«Stai buona, si? Presto tornerà la tua mamma»
Ora la folla era un fiume variopinto e chiassoso, risuonava di grida, di pifferi, di nacchere e la vecchina era quasi al centro del presepe, e la luce della stella saliva in cielo come un incendio di buon augurio, e per un po’ la vecchina fu presa a braccetto da un gruppo di ragazze che cantavano e camminavano a passo di danza, e questo le fece mancare il respiro. Dovette proprio sedersi un momento a riposare, sulla panca di una osteria campestre, ma non accettò il bicchiere di vino che l’oste le offriva; per paura che le mettesse il capogiro, bevve solo un po’ d’acqua.
La gente passava. Era passata. Appena qualche ritardatario allungava il passo. Ecco, più nessuno.
«Arriverò ultima anche quest’anno.» sospirò la vecchina « Le mie povere gambe mi fanno male come se me le avessero battute. "
Si fece coraggio, a passi sempre più brevi e incerti, e ogni tre passi doveva fermarsi un attimo perché il cuore si calmasse. I rumori e luci della gran festa erano come una nuvola che si allontanava. Le pause di silenzio erano sempre più lunghe e distese.
In uno di quei silenzi udì ancora il pianto di un bambino. «Povero piccolo,» mormorò la vecchina «in una notte come questa, davvero, non ci dovrebbe essere al mondo un solo bambino che piange. No, no: in tutto il mondo non dovrebbe piangere nessuno. Ma tu dove sei, povero piccolo ? Dove sei?» Il pianto veniva da una capanna posta a pochi metri dalla strada. C’era una siepe intorno, ma così cadente che la vecchina non ebbe difficoltà ad attraversarla. La capanna era tutta buia, il pianto veniva di là. «Eccomi, eccomi,» sussurrava la vecchina, «eccomi, sono qui. Entrò nella capanna e proprio in quel momento per fortuna, la cometa superò l’ultima montagna, e illuminò tutto il cielo e al chiarore che penetrava dalla porta la vecchina vide il pagliericcio, la giovane donna che vi stava distesa con gli occhi chiusi, come svenuta, e il piccolo tutto nudo che giaceva accanto e piangeva.
«Ma tu hai freddo, ecco che cos’hai» esclamò la vecchina con la sua voce più dolce.
E sempre parlando tra sé la vecchina si muoveva per la capanna, trovava le povere fasce preparate per il neonato, e lo avvolgeva. A un tratto «Grazie» senti dire con un filo di respiro. Si voltò, e vide che la giovane madre era tornata in sé. Era troppo debole per muoversi e per parlare, ma i suoi occhi riconoscenti dicevano tante cose.
«Brava, brava,» disse la vecchina. E intanto accendeva il fuoco; metteva un po’ di acqua a bollire e il fuoco rischiarava la capanna come una piccola, capricciosa cometa che giocava con le ombre. Poi venne l’alba, piano piano grigia, poi bianca e dorata. La madre e il bambino dormivano. La vecchina dormiva su una sedia, col mento sulla mano. E quando si svegliò era tornato il padre e la notte di Natale era passata, e la vecchina non era arrivata fino alla grotta, perché tutti quei bambini le avevano fatto perdere tempo, ma era contenta e serena, anche se non aveva visto i Re Magi, gli angeli lontano lontano e la grotta.
Così lasciò quei pomodori seccati sul tavolo e si mise sulla via del ritorno, un passo dopo l’altro, nel silenzio del grande presepe addormentato, su su, in cima ai sentieri, ai tetti, alle scale, alle scalinatelle, fino a casa sua; che era la più vicina alle stelle”.
Gianni Rodari, "Racconti di Natale"
“La vecchina abitava da anni (duecento? trecento?) sulla montagna più alta del presepe.
Il presepe era quello di Roma, presso la chiesa dei Santi Cosma e Damiano, tra le rovine dei Fori Imperiali. E' uno dei più belli del mondo, con montagne, burroni, castelli, villaggi, palazzi, ponti, ovili, osterie, negozi, e migliaia di finestre aperte e dentro si vede la gente vivere.
Ma la gente vive per lo più nelle strade, come a Napoli: centinaia e centinaia di figurine che vivono, comprano e vendono pesci, prosciutti, fichi secchi, castagne, caciotte.
E scale, scalette, scalinate: tutto un labirinto festoso su cui scendono gli angeli a grappoli dal soffitto, e un lungo corteo di mori, cammelli, cavalli accompagna i Re Magi, e bambini accorrono incuriositi.
Sulla collina più alta, nella casa più povera del villaggio, abitava la vecchina, e anche lei, la notte di Natale, si annodò in testa il fazzoletto più bello che aveva.
Preparò un fagotto di pomodori seccati al sole da portare in dono, e si incamminò a piccoli vecchi passi giù per un sentiero ripido, rotto ogni tanto da un mazzetto di gradini. Piano, piano, andava più piano di tutti. Ben presto la superò un gruppo di giovani, e in mezzo a loro ce n’era uno che suonava la fisarmonica.
«Coraggio, nonnetta!» la salutarono.
«Non é il coraggio che manca», rispose, fermandosi a guardarli.
Ma quelli erano già arrivati in fondo alla valle.
Un vecchio che fumava la pipa sotto il portico di casa la chiamò: «Ce la farete ancora? E’ lunga la strada.» «Ce la farò, ce la farò. Sarò l’ultima, ma alla mia età non é vergogna.»
La vecchina sospirò, ma seguitò a camminare. Non aveva tempo da perdere. E giù, e giù per sentieri e scale, e su, e su per scale e sentieri. Doveva passare ancora le montagne prima di giungere alla pianura.
Poi bisognava attraversare la pianura e ricominciare a salire per un bel tratto, dentro e fuori dai paesi aggrappati alla strada.
C'era sempre più gente lungo i sentieri e dalle case ne usciva dell’altra.
Dalle finestre aperte la vita delle case si rovesciava fuori con luci, suoni e colori. La vecchina vide una ragazza che toglieva dal baule uno scialle prezioso.
«Ecco,» mormorò con un pochino di invidia «lo scialle della dote. Io non porto che questi pomodori seccati. Com’é triste esser poveri, quando non si possono fare bei regali.»
Passò accanto a una casupola delle più meschine. Fuori dell’uscio una donna lavava dei panni in un mastello.
«Che cosa fate?» borbottò la vecchina «Il bucato la notte di Natale?»
La donna alzò gli occhi dal suo lavoro. Erano rossi e gonfi.
«Mio marito é malato, bisogna che guadagni io qualcosa.»
«Non sentite che i vostri bambini piangono?»
«Li sento si. Vogliono andare con gli altri alla grotta. Ma io non ho tempo di vestirli, ecco perché piangono.»
«Siete proprio un pulcino nella stoppa, non sapete cavarvela,» borbottò la vecchina.
Entrò in casa, diede un’occhiata al malato e gli cambiò l’acqua nella caraffa, poi vestì i bambini, con gesti ruvidi e precisi, senza smettere mai di rimproverarli meccanicamente. Quelli non badavano ai rimproveri: sentivano le sue mani buone e svelte, si lasciarono vestire in fretta, si lasciarono strofinare la faccia con un asciugamano bagnato, ma quando furono pronti schizzarono via con uno strido acuto; come rondini.
«Ti fanno perdere tempo, ma mica ti dicono grazie,» borbottò la vecchina riprendendo il cammino.
Ora poi cominciava a sentire appetito. Avrebbe chiesto volentieri qualcosa alle donne che recavano in equilibrio sul capo grandi ceste colme di verdura, di ciambelle fatte in casa, di frutti profumati. Ma era troppo orgogliosa per farlo.
La vecchina proseguì il suo cammino. Prigioniera del suo seggiolone, una puppetta grassa, rosea e lacrimosa strillava a più non posso, tuffando una mano rabbiosa nel piatto di spaghetti che le stava davanti.
«E tu che hai?» domandò la vecchina «Non ti piace la pappa? Su, su che é buona.» Ma la bambina non si chetava e non voleva mangiare. Finalmente la vecchina scoprì che le era caduta per terra una bambola di stracci: gliela raccolse e la bambina sorrise. «Su,» disse la vecchina, arrotolando uno spaghetto intorno alla forchetta «mangia. Ah, am. Quant’é buono… E la tua mamma? Le tue sorelle? Tutte a vedere il corteo dei Magi, scommetto. E ti lasciano qui sola come un’orfanella. Mangia con la nonnina, su. Ecco, brava, brava.»
La bambina, mangiando, farfugliava il suo linguaggio di sillabe sperdute, di mugolii ed esclamazioni senza significato: «Baa… beee…. gnioooo… Uhhh!»
La vecchina cominciò anche a parlare a quel modo, e intanto i minuti passavano, e passava la gente, sorridendo. Passò uno zampognaro, seguito da un codazzo di ragazzi. Passò quel contadino di prima, col suo cestello di arance. Solo quando il piatto fu vuoto la vecchina si riscosse, si guardò intorno, si rialzò.
«Piccerella mia, bisogna che me ne vada, altrimenti non arriverò in tempo. Vedi laggiù, quel chiarore? E’ la cometa che sta per spuntare. » «Biaooo… booo» rispose la pupa.
«Stai buona, si? Presto tornerà la tua mamma»
Ora la folla era un fiume variopinto e chiassoso, risuonava di grida, di pifferi, di nacchere e la vecchina era quasi al centro del presepe, e la luce della stella saliva in cielo come un incendio di buon augurio, e per un po’ la vecchina fu presa a braccetto da un gruppo di ragazze che cantavano e camminavano a passo di danza, e questo le fece mancare il respiro. Dovette proprio sedersi un momento a riposare, sulla panca di una osteria campestre, ma non accettò il bicchiere di vino che l’oste le offriva; per paura che le mettesse il capogiro, bevve solo un po’ d’acqua.
La gente passava. Era passata. Appena qualche ritardatario allungava il passo. Ecco, più nessuno.
«Arriverò ultima anche quest’anno.» sospirò la vecchina « Le mie povere gambe mi fanno male come se me le avessero battute. "
Si fece coraggio, a passi sempre più brevi e incerti, e ogni tre passi doveva fermarsi un attimo perché il cuore si calmasse. I rumori e luci della gran festa erano come una nuvola che si allontanava. Le pause di silenzio erano sempre più lunghe e distese.
In uno di quei silenzi udì ancora il pianto di un bambino. «Povero piccolo,» mormorò la vecchina «in una notte come questa, davvero, non ci dovrebbe essere al mondo un solo bambino che piange. No, no: in tutto il mondo non dovrebbe piangere nessuno. Ma tu dove sei, povero piccolo ? Dove sei?» Il pianto veniva da una capanna posta a pochi metri dalla strada. C’era una siepe intorno, ma così cadente che la vecchina non ebbe difficoltà ad attraversarla. La capanna era tutta buia, il pianto veniva di là. «Eccomi, eccomi,» sussurrava la vecchina, «eccomi, sono qui. Entrò nella capanna e proprio in quel momento per fortuna, la cometa superò l’ultima montagna, e illuminò tutto il cielo e al chiarore che penetrava dalla porta la vecchina vide il pagliericcio, la giovane donna che vi stava distesa con gli occhi chiusi, come svenuta, e il piccolo tutto nudo che giaceva accanto e piangeva.
«Ma tu hai freddo, ecco che cos’hai» esclamò la vecchina con la sua voce più dolce.
E sempre parlando tra sé la vecchina si muoveva per la capanna, trovava le povere fasce preparate per il neonato, e lo avvolgeva. A un tratto «Grazie» senti dire con un filo di respiro. Si voltò, e vide che la giovane madre era tornata in sé. Era troppo debole per muoversi e per parlare, ma i suoi occhi riconoscenti dicevano tante cose.
«Brava, brava,» disse la vecchina. E intanto accendeva il fuoco; metteva un po’ di acqua a bollire e il fuoco rischiarava la capanna come una piccola, capricciosa cometa che giocava con le ombre. Poi venne l’alba, piano piano grigia, poi bianca e dorata. La madre e il bambino dormivano. La vecchina dormiva su una sedia, col mento sulla mano. E quando si svegliò era tornato il padre e la notte di Natale era passata, e la vecchina non era arrivata fino alla grotta, perché tutti quei bambini le avevano fatto perdere tempo, ma era contenta e serena, anche se non aveva visto i Re Magi, gli angeli lontano lontano e la grotta.
Così lasciò quei pomodori seccati sul tavolo e si mise sulla via del ritorno, un passo dopo l’altro, nel silenzio del grande presepe addormentato, su su, in cima ai sentieri, ai tetti, alle scale, alle scalinatelle, fino a casa sua; che era la più vicina alle stelle”.
Gianni Rodari, "Racconti di Natale"
8 dicembre 2012
Terraferma: la dignità dei clandestini e la morale
"Terraferma" è il titolo di un film molto toccante che illustra la condizione degli immigrati clandestini che cercano di raggiungere i paesi industrializzati per realizzare il sogno di una nuova vita.
E' ambientato in una piccola isola siciliana, abitata da pescatori che ospitano anche dei turisti, la maggior parte dei quali provenienti dalle grandi città del nord Italia. Al tempo stesso pero', è investita dagli arrivi dei clandestini e dalla regola del respingimento di essi, che costringe i marinai a non prestare soccorso ai dispersi in mare.
In questo contesto è inserita la vita di una famiglia formata da Ernesto, un uomo anziano autorevole e saggio, Giulietta, una donna rimasta vedova da poco e suo figlio Filippo, un ragazzo ventenne alla ricerca di un "approdo" saldo per la vita.
Tra i personaggi c'è anche Nino, lo zio di Filippo. Si tratta pero' di una figura poco significativa, di una persona superficiale e protesa solo al guadagno derivante dal turismo che finge di non accorgersi della triste reatà dei clandestini nemmeno di fronte all'evidenza.
Una mattina, durante la consueta attività di pesca, Ernesto intravede degli africani rimasti in mezzo al mare su un gommone. Nonostante abbia ricevuto l'ordine di non prestare loro soccorso, l'anziano signore avvicina la sua barca e li salva, trasportandoli verso l'isola e quindi verso la terra ferma. Ernesto è quindi portatore di un senso morale che ai nostri giorni sta scomparendo. L'etica del marinaio che aiuta chi è in pericolo di vita gli permette di aiutare quella povera gente, nonostante la conseguenza successiva, ovvero il sequestro del suo peschereccio da parte di poliziotti, simboli di uno stato assente in senso politico e morale.
Ernesto decide di accogliere presso la sua famiglia una giovane donna africana sul punto di partorire. Giulietta inizialmente si dimostra molto dura con la clandestina anche se, verso la fine del film, le due donne riescono ad instaurare un ottimo rapporto fondato sulla solidarietà e sulla stima reciproca. Infatti Giulietta si sente estranea al suo ambiente e ricerca, oltre l'orizzonte, un senso di sicurezza che soltanto la fiducia nella "terraferma" puo' offrire. La donna vorrebbe fuggire dall'isola, convinta che il futuro della sua famiglia possa trovare delle prospettive lontano da quel luogo in cui il tempo immutabile ha reso stranieri persino i suoi stessi abitanti.
E' importante riflettere sull'azione compiuta dal giovane Filippo alla fine del film: la sua famiglia decide di aiutare la donna africana e il figlio appena nato a fuggire dall'isola. Ma il loro piano viene sconvolto dalla presenza della polizia sulla riva del mare. Mentre gli altri membri della famiglia sembrano rassegnati a rimandare la fuga alla notte successiva, Filippo, senza esitazioni, rompe i sigilli del peschereccio sequestrato e prende il largo con i due clandestini, a notte fonda, verso la terraferma. La rottura dei sigilli in questo caso indica la rottura dai pregiudizi e dalle sottomissioni a costanti restrizioni, per raggiungere un "nuovo mondo".
Il titolo di questo film allude a un sogno e a un naturale desiderio di sicurezza. Infatti, la terraferma è sia la destinazione a cui mira chi sfida le insidie del mare che il superamento
dell' isola, dove la stasi del tempo sembra aver fermato il corso della storia oltre che aver rotto le certezze di tradizioni mai variate prima. "Terraferma" è un film che descrive una tragedia contemporanea e aiuta a riflettere sul fatto che purtroppo, legge e morale non sempre coincidono.
E' ambientato in una piccola isola siciliana, abitata da pescatori che ospitano anche dei turisti, la maggior parte dei quali provenienti dalle grandi città del nord Italia. Al tempo stesso pero', è investita dagli arrivi dei clandestini e dalla regola del respingimento di essi, che costringe i marinai a non prestare soccorso ai dispersi in mare.
In questo contesto è inserita la vita di una famiglia formata da Ernesto, un uomo anziano autorevole e saggio, Giulietta, una donna rimasta vedova da poco e suo figlio Filippo, un ragazzo ventenne alla ricerca di un "approdo" saldo per la vita.
Tra i personaggi c'è anche Nino, lo zio di Filippo. Si tratta pero' di una figura poco significativa, di una persona superficiale e protesa solo al guadagno derivante dal turismo che finge di non accorgersi della triste reatà dei clandestini nemmeno di fronte all'evidenza.
Una mattina, durante la consueta attività di pesca, Ernesto intravede degli africani rimasti in mezzo al mare su un gommone. Nonostante abbia ricevuto l'ordine di non prestare loro soccorso, l'anziano signore avvicina la sua barca e li salva, trasportandoli verso l'isola e quindi verso la terra ferma. Ernesto è quindi portatore di un senso morale che ai nostri giorni sta scomparendo. L'etica del marinaio che aiuta chi è in pericolo di vita gli permette di aiutare quella povera gente, nonostante la conseguenza successiva, ovvero il sequestro del suo peschereccio da parte di poliziotti, simboli di uno stato assente in senso politico e morale.
Ernesto decide di accogliere presso la sua famiglia una giovane donna africana sul punto di partorire. Giulietta inizialmente si dimostra molto dura con la clandestina anche se, verso la fine del film, le due donne riescono ad instaurare un ottimo rapporto fondato sulla solidarietà e sulla stima reciproca. Infatti Giulietta si sente estranea al suo ambiente e ricerca, oltre l'orizzonte, un senso di sicurezza che soltanto la fiducia nella "terraferma" puo' offrire. La donna vorrebbe fuggire dall'isola, convinta che il futuro della sua famiglia possa trovare delle prospettive lontano da quel luogo in cui il tempo immutabile ha reso stranieri persino i suoi stessi abitanti.
E' importante riflettere sull'azione compiuta dal giovane Filippo alla fine del film: la sua famiglia decide di aiutare la donna africana e il figlio appena nato a fuggire dall'isola. Ma il loro piano viene sconvolto dalla presenza della polizia sulla riva del mare. Mentre gli altri membri della famiglia sembrano rassegnati a rimandare la fuga alla notte successiva, Filippo, senza esitazioni, rompe i sigilli del peschereccio sequestrato e prende il largo con i due clandestini, a notte fonda, verso la terraferma. La rottura dei sigilli in questo caso indica la rottura dai pregiudizi e dalle sottomissioni a costanti restrizioni, per raggiungere un "nuovo mondo".
Il titolo di questo film allude a un sogno e a un naturale desiderio di sicurezza. Infatti, la terraferma è sia la destinazione a cui mira chi sfida le insidie del mare che il superamento
dell' isola, dove la stasi del tempo sembra aver fermato il corso della storia oltre che aver rotto le certezze di tradizioni mai variate prima. "Terraferma" è un film che descrive una tragedia contemporanea e aiuta a riflettere sul fatto che purtroppo, legge e morale non sempre coincidono.
1 dicembre 2012
Il diritto degli immigrati ad essere "cittadini del mondo"
" Fratellanza e solidarietà, punti di partenza e di arrivo per tutta l'umanità"
Oggi è possibile constatare come è cambiato il volto delle migrazioni nel mondo. Infatti assume sempre piu' l'aspetto e le fattezze dei volti di gente giovane, di intere famiglie che lasciano la campagna per cercare in città quei benefici che la zona rurale non offre.
Nella maggioranza dei casi, tuttavia, le persone emigrano per ragioni di sopravvivenza.
La gente va da una parte all'altra del pianeta, senza piu' un'origine e un destino determinati, come appunto facevano un tempo gli italiani che ne dopoguerra si imbarcavano per trovare una vita migliore in Sudamerica o negli Stati Uniti. Si parte e si va, in tutte le direzioni, spesso migrando per tappe e poi riprendere la strada del ritorno verso casa. Oggi i flussi migratori e le traiettorie si ripetono rendendo difficile distinguere l'andata e il ritorno e facendo in modo che ogni arrivo divenga anche un punto di partenza. L'importante è mettersi in viaggio verso la fratellanza mondiale, per arrivare alla meta in cui tutti ci sentiamo ed effettivamente siamo "CITTADINI DEL MONDO"
"CITTADINI DEL MONDO". Il fenomeno dell'immigrazione nel mondo è, ai giorni nostri, un "problema globale" evidenziato dagli oltre 200 milioni di persone costrette ad abbandonare la loro casa e il loro paese d'origine per vivere altrove. E' inoltre da precisare che questo dato numerico non considera coloro che si spostano all'interno dei propri territori a causa delle guerre o a seguito di spostamenti temporanei per motivi di lavoro o di studio.
I dati sono del World Migration Report del 2008, elaborato dall'Organizzazione Internazionale per l'Immigrazione. E questi sono numeri che fanno riflettere; basti pensare che nel 2005 vi erano circa 190 milioni di immigrati nel mondo, una cifra due volte superiore a quella del 1965.
A dire il vero non si dovrebbe parlare di immigrazione ma di migrazioni. Oggi il movimento migratorio è cresciuto a tal punto che la maggior parte dei paesi del mondo sono, al contempo, paesi di origine, di transito e di destino degli immigrati. Si tratta quindi di un fenomeno di vaste dimensioni, proprio perchè il numero di coloro che che varcano le frontiere degli stati aumenta di anno in anno. E i motivi sono molti. Vanno dalle trasformazioni generate dalla globalizzazione economica che ha impoverito maggiormente molte nazioni del sud del mondo, ai conflitti armati all'interno dei paesi stessi: dalla persecuzione religiosa alla ricerca di migliori condizioni di vita per i lavoratori dei paesi latinoamericani, asiatici e africani.
Oggi è possibile constatare come è cambiato il volto delle migrazioni nel mondo. Infatti assume sempre piu' l'aspetto e le fattezze dei volti di gente giovane, di intere famiglie che lasciano la campagna per cercare in città quei benefici che la zona rurale non offre.
Nella maggioranza dei casi, tuttavia, le persone emigrano per ragioni di sopravvivenza.
La gente va da una parte all'altra del pianeta, senza piu' un'origine e un destino determinati, come appunto facevano un tempo gli italiani che ne dopoguerra si imbarcavano per trovare una vita migliore in Sudamerica o negli Stati Uniti. Si parte e si va, in tutte le direzioni, spesso migrando per tappe e poi riprendere la strada del ritorno verso casa. Oggi i flussi migratori e le traiettorie si ripetono rendendo difficile distinguere l'andata e il ritorno e facendo in modo che ogni arrivo divenga anche un punto di partenza. L'importante è mettersi in viaggio verso la fratellanza mondiale, per arrivare alla meta in cui tutti ci sentiamo ed effettivamente siamo "CITTADINI DEL MONDO"
"CITTADINI DEL MONDO". Il fenomeno dell'immigrazione nel mondo è, ai giorni nostri, un "problema globale" evidenziato dagli oltre 200 milioni di persone costrette ad abbandonare la loro casa e il loro paese d'origine per vivere altrove. E' inoltre da precisare che questo dato numerico non considera coloro che si spostano all'interno dei propri territori a causa delle guerre o a seguito di spostamenti temporanei per motivi di lavoro o di studio.
I dati sono del World Migration Report del 2008, elaborato dall'Organizzazione Internazionale per l'Immigrazione. E questi sono numeri che fanno riflettere; basti pensare che nel 2005 vi erano circa 190 milioni di immigrati nel mondo, una cifra due volte superiore a quella del 1965.
A dire il vero non si dovrebbe parlare di immigrazione ma di migrazioni. Oggi il movimento migratorio è cresciuto a tal punto che la maggior parte dei paesi del mondo sono, al contempo, paesi di origine, di transito e di destino degli immigrati. Si tratta quindi di un fenomeno di vaste dimensioni, proprio perchè il numero di coloro che che varcano le frontiere degli stati aumenta di anno in anno. E i motivi sono molti. Vanno dalle trasformazioni generate dalla globalizzazione economica che ha impoverito maggiormente molte nazioni del sud del mondo, ai conflitti armati all'interno dei paesi stessi: dalla persecuzione religiosa alla ricerca di migliori condizioni di vita per i lavoratori dei paesi latinoamericani, asiatici e africani.
22 novembre 2012
NOTIZIA FANTASTICA!!!!
Khartoum, la capitale del Sudan |
E' avvenuto un progresso straordinario in Sudan, uno stato africano molto povero che ha vissuto una storia molto travagliata e caratterizzata da guerre civili, miseria, dittature militari.
Secondo valutazioni e studi elaborati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, pochi giorni fa, la zona meridionale del Sudan (che, tra l'altro, ha ottenuto l'indipendenza da Khartoum, la capitale del nord, mediante un referendum che si è tenuto nel 2011) , è stato dichiarato "territorio libero dalla poliomielite".
La sconfitta di questa terribile malattia, che purtroppo, ancora oggi, colpisce circa venti milioni di persone, è stata possibile grazie alla campagna di vaccinazioni iniziata nel 1988 e sostenuta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità presso la popolazione del Sud Sudan.
FANTASTICO!!!!! STRAORDINARIO!!!!! COME SONO CONTENTA!!!!!!
CI VOLEVA PROPRIO UNA NOTIZIA COSI' IN UN PAESE IN CUI LE BUONE NOTIZIE NON SONO MOLTO FREQUENTI!!!!
Io spero proprio che il presidente di questo stato si impegni, durante gli anni del suo governo, a promuovere riforme per il bene pubblico e a tutelare la sanità e l'istruzione.
Oggi, per la prima volta in assoluto, inizio a intravedere per davvero una concreta speranza di miglioramento per alcuni paesi molto poveri!!! Incredibile!!! Mi sembra di toccare il cielo con un dito!!!!
Un piccolo villaggio del Sudan |
So bene che la strada è ancora molto lunga, ma, con l'impegno di molti e con speranza e tenacia, probabilmente tra alcuni anni miglioreranno le condizioni di vita di alcuni popoli che hanno sempre conosciuto fame, guerre, epidemie, morte e disperazione. Inizia a realizzarsi il mio desiderio: finalmente, un paese poverissimo, sta vivendo un periodo di cambiamenti significativi e di miglioramento delle condizioni di vita!!!
Sono davvero fuori di me dalla gioia: pensate che da un bel po' sto cantando spensieratamente la celeberrima canzone di Michael Jackson che fa: "Heal the world... make it a better place... for you and for me and the entire uman race... There are people dying if you care enough for the living... make a better place for you and for me....."
20 novembre 2012
Gli effetti della violenza virtuale sui bambini
Circa cinquant'anni fa, quando la televisione, il computer e i videogiochi erano pressochè sconosciuti, i bambini vivevano l'infanzia in modo profondamente diverso rispetto ad oggi.
Questa grande differenza è causata principalmente dalla rapida e recente diffusione dei mezzi tecnologici; da un lato utili perchè permettono di conoscere in breve tempo notizie importanti che riguardano il mondo, dall'altro dannosi perchè propinano numerosi atti violenti.
L'uso di strumenti virtuali ha contribuito ad aumentare il numero degli episodi di violenza a cui un bambino è esposto.
All'inizio degli anni novanta, una statistica ha rivelato che un bambino di undici anni aveva già visto circa ottomila omicidi e più di centomila atti di violenza in televisione, mentre circa quarant'anni prima i bambini conoscevano la violenza o nella vita reale oppure, ma in maniera indiretta, nei libri e nei fumetti.
L'enorme potere della televisione e l'industria dei consumi hanno creato una diffusa indifferenza nei confronti di queste violenze mediatiche.
E' quindi mancata la consapevolezza degli effetti negativi poichè l'aspetto economico prevale su quello educativo e il rispetto per bambini e ragazzi è subordinato agli interessi commerciali. In uno dei suoi saggi, lo scrittore Erri De Luca afferma che "Tutto è regolato dalle leggi economiche; la cultura è un ramo minore dell'economia". Il desiderio di guadagno ha portato quindi a ignorare gli effetti dell'immagine virtuale sulla vita reale.
Sebbene da molti anni eminenti psicologi cerchino di dimostrare la possibilità di apprendere comportamenti aggressivi dalla visione della violenza, i detentori del potere mediatico hanno considerato queste affermazioni infondate e poco convincenti.
Nel 2011, la più illustre società di studio dei comportamenti aggressivi ha istituito una commissione per studiare, anche con strumenti statistici particolari, i comportamenti e le reazioni che vengono causate dalla violenza virtuale. La conclusione a cui si è giunti è che il costante contatto con questo tipo di violenza rende maggiormente aggressivi. L'apprendimento di essa è attivato in particolar modo dai videogiochi che comportano l'addestramento, attraverso la ripetizione, di atteggiamenti aggressivi come l'uccisione dei neri e la violenza sulle donne.
Gli studiosi hanno rilevato che l'esposizione alla violenza virtuale comporta la desensibilizzazione morale e quindi la distorsione nella valutazione delle azioni aggressive.
Tuttavia, bisogna considerare anche che non tutti i soggetti sono influenzati allo stesso modo da questa aggressività.
L'esposizione alla violenza nei media è un fattore di rischio per un maggior comportamento aggressivo a breve e a lungo termine. Bisognerebbe considerare questa conclusione per cercare di cambiare la situazione: bambini e ragazzi sono il futuro della società e, una volta riconosciuto questo fattore ad alto rischio si dovrebbe cercare di rimuoverlo con tentativi seri ed efficaci.
Nell'attesa dell'emanazione di una legge, non resta che consigliare a genitori ed educatori di vigilare attentamente e di intervenire per ridurre questo rischio. E' utile insegnare ai bambini un modo migliore per trascorrere il tempo facendo conoscere loro altri giochi che stimolano la collaborazione di gruppo e le abilità motorie. Inoltre, un altro metodo efficace per allontanare i ragazzi dalla violenza virtuale sarebbe cercare di suscitare in loro un vivo interesse nei confronti dei libri che possono trasmettere molti valori e possono anche essere una modalità efficace di trascorrere il tempo libero.
Questa grande differenza è causata principalmente dalla rapida e recente diffusione dei mezzi tecnologici; da un lato utili perchè permettono di conoscere in breve tempo notizie importanti che riguardano il mondo, dall'altro dannosi perchè propinano numerosi atti violenti.
L'uso di strumenti virtuali ha contribuito ad aumentare il numero degli episodi di violenza a cui un bambino è esposto.
All'inizio degli anni novanta, una statistica ha rivelato che un bambino di undici anni aveva già visto circa ottomila omicidi e più di centomila atti di violenza in televisione, mentre circa quarant'anni prima i bambini conoscevano la violenza o nella vita reale oppure, ma in maniera indiretta, nei libri e nei fumetti.
L'enorme potere della televisione e l'industria dei consumi hanno creato una diffusa indifferenza nei confronti di queste violenze mediatiche.
E' quindi mancata la consapevolezza degli effetti negativi poichè l'aspetto economico prevale su quello educativo e il rispetto per bambini e ragazzi è subordinato agli interessi commerciali. In uno dei suoi saggi, lo scrittore Erri De Luca afferma che "Tutto è regolato dalle leggi economiche; la cultura è un ramo minore dell'economia". Il desiderio di guadagno ha portato quindi a ignorare gli effetti dell'immagine virtuale sulla vita reale.
Sebbene da molti anni eminenti psicologi cerchino di dimostrare la possibilità di apprendere comportamenti aggressivi dalla visione della violenza, i detentori del potere mediatico hanno considerato queste affermazioni infondate e poco convincenti.
Nel 2011, la più illustre società di studio dei comportamenti aggressivi ha istituito una commissione per studiare, anche con strumenti statistici particolari, i comportamenti e le reazioni che vengono causate dalla violenza virtuale. La conclusione a cui si è giunti è che il costante contatto con questo tipo di violenza rende maggiormente aggressivi. L'apprendimento di essa è attivato in particolar modo dai videogiochi che comportano l'addestramento, attraverso la ripetizione, di atteggiamenti aggressivi come l'uccisione dei neri e la violenza sulle donne.
Gli studiosi hanno rilevato che l'esposizione alla violenza virtuale comporta la desensibilizzazione morale e quindi la distorsione nella valutazione delle azioni aggressive.
Tuttavia, bisogna considerare anche che non tutti i soggetti sono influenzati allo stesso modo da questa aggressività.
L'esposizione alla violenza nei media è un fattore di rischio per un maggior comportamento aggressivo a breve e a lungo termine. Bisognerebbe considerare questa conclusione per cercare di cambiare la situazione: bambini e ragazzi sono il futuro della società e, una volta riconosciuto questo fattore ad alto rischio si dovrebbe cercare di rimuoverlo con tentativi seri ed efficaci.
Nell'attesa dell'emanazione di una legge, non resta che consigliare a genitori ed educatori di vigilare attentamente e di intervenire per ridurre questo rischio. E' utile insegnare ai bambini un modo migliore per trascorrere il tempo facendo conoscere loro altri giochi che stimolano la collaborazione di gruppo e le abilità motorie. Inoltre, un altro metodo efficace per allontanare i ragazzi dalla violenza virtuale sarebbe cercare di suscitare in loro un vivo interesse nei confronti dei libri che possono trasmettere molti valori e possono anche essere una modalità efficace di trascorrere il tempo libero.
10 novembre 2012
"The Help" :quando il vento della libertà inizia a soffiare..."
"The help" è un libro straordinario scritto dalla brillante giornalista americana Kathryn Stockett.
Si tratta di un romanzo molto interessante che si svolge a Jackson, una città del Mississippi che purtroppo non gode di una buona fama:è infatti la città con il piu' alto tasso di omicidi tra bande.
"The Help" pero' è un racconto ambientato negli anni Sessanta che denuncia la vita difficile e miserevole delle persone di colore e la difficoltà di inserirsi in una società che le escludeva da tutto e le trattava diversamente rispetto alle persone bianche.
Il romanzo infatti espone le pesanti condizioni di servitu' a cui erano sottoposte le donne di colore. Queste ultime accudivano i figli delle donne bianche in cambio di pochi soldi. Inoltre non godevano del rispetto e della stima delle loro insensibili padrone pur essendo per loro aiuti indispensabili.
Una figura molto significativa del romanzo è Eugenia Phelan, soprannominata Skeeter. E' una ragazza bianca che aspira a diventare una scrittrice. E' intelligente e sensibile, con idee molto diverse dalle sue coetanee, soprattutto per quanto riguarda i diritti umani e l'uguaglianza sociale.
Le sue idee non vengono condivise nemmeno da sua madre, una donna poco consistente che desidera soltanto un buon marito per la figlia e che considera poco importante il fatto che la figlia si sia laureata con un buon voto.
Un' altra figura molto positiva è il personaggio di Aibileen, una donna nera, molto buona, pura e sincera e con una fede molto salda in Dio che ha allevato diciassette bambini bianchi e che ha visto morire il suo unico figlio in un incidente di lavoro (che tragedia terribile, poverina!!!).
Le vite di Aibileen, di Minny, un'altra donna di colore che ha molti figli e un marito che la picchia, e che spesso viene licenziata perché sopporta a fatica i maltrattamenti delle sue padrone, e la vita di Skeeter, s’intrecciano indissolubilmente.
Le tre protagoniste della storia iniziano così a narrare storie che nessuno aveva mai voluto ascoltare o raccontare fino a quel momento. Si incontrano segretamente (ai bianchi, come Skeeter, era proibito recarsi nelle case dei neri). Le due donne di colore raccontano la storia della loro vita alla ragazza.
Trovano quindi la forza d'animo di raccontare la frustrazione, il dolore, la rabbia che si prova a non avere diritti, e tra la paura di essere scoperte e la voglia di fare qualcosa per se stesse e i loro figli, rischiano tutto.
In seguito anche le altre domestiche di colore dello stesso quartiere racconteranno la loro travagliata storia a Skeeter, che si impegnerà in seguito a raccogliere le testimonianze di tutte le donne nere di Jackson in un libro.
Prima di concludere la mia recensione, vorrei segnalare un altro personaggio che, anche se di secondaria importanza, ha suscitato in me tenerezza. Mi riferisco a Miss Celia Foote, una donna bianca molto ricca e sposata felicemente con mister Johnny, un simpatico signore che la riempie di attenzioni. Celia è incredibilmente ingenua e poco pratica nei mestieri casalinghi (Minny diverrà la sua domestica) ma è una persona molto generosa immune dall'atteggiamento razzista dell'élite bianca locale, che per altro la critica e la emargina.
Nel suo indiscusso capolavoro, la scrittrice racconta una situazione che ha segnato in modo molto negativo la storia degli Stati Uniti e che ora tutti conosciamo, ma che comunque ci tocca nel profondo, e ci fa schierare dalla parte delle donne che hanno dovuto subire, che non si sono potute ribellare, che hanno perso tutto, ma che infine hanno anche vinto la battaglia per l'affermazione dei diritti umani.
Comunque, consiglio vivamente anche il film, che è uscito all'inizio del 2012: è fatto molto bene e si attiene abbastanza alla storia.
Si tratta di un romanzo molto interessante che si svolge a Jackson, una città del Mississippi che purtroppo non gode di una buona fama:è infatti la città con il piu' alto tasso di omicidi tra bande.
"The Help" pero' è un racconto ambientato negli anni Sessanta che denuncia la vita difficile e miserevole delle persone di colore e la difficoltà di inserirsi in una società che le escludeva da tutto e le trattava diversamente rispetto alle persone bianche.
Il romanzo infatti espone le pesanti condizioni di servitu' a cui erano sottoposte le donne di colore. Queste ultime accudivano i figli delle donne bianche in cambio di pochi soldi. Inoltre non godevano del rispetto e della stima delle loro insensibili padrone pur essendo per loro aiuti indispensabili.
Una figura molto significativa del romanzo è Eugenia Phelan, soprannominata Skeeter. E' una ragazza bianca che aspira a diventare una scrittrice. E' intelligente e sensibile, con idee molto diverse dalle sue coetanee, soprattutto per quanto riguarda i diritti umani e l'uguaglianza sociale.
Le sue idee non vengono condivise nemmeno da sua madre, una donna poco consistente che desidera soltanto un buon marito per la figlia e che considera poco importante il fatto che la figlia si sia laureata con un buon voto.
Un' altra figura molto positiva è il personaggio di Aibileen, una donna nera, molto buona, pura e sincera e con una fede molto salda in Dio che ha allevato diciassette bambini bianchi e che ha visto morire il suo unico figlio in un incidente di lavoro (che tragedia terribile, poverina!!!).
Le vite di Aibileen, di Minny, un'altra donna di colore che ha molti figli e un marito che la picchia, e che spesso viene licenziata perché sopporta a fatica i maltrattamenti delle sue padrone, e la vita di Skeeter, s’intrecciano indissolubilmente.
Le tre protagoniste della storia iniziano così a narrare storie che nessuno aveva mai voluto ascoltare o raccontare fino a quel momento. Si incontrano segretamente (ai bianchi, come Skeeter, era proibito recarsi nelle case dei neri). Le due donne di colore raccontano la storia della loro vita alla ragazza.
Trovano quindi la forza d'animo di raccontare la frustrazione, il dolore, la rabbia che si prova a non avere diritti, e tra la paura di essere scoperte e la voglia di fare qualcosa per se stesse e i loro figli, rischiano tutto.
In seguito anche le altre domestiche di colore dello stesso quartiere racconteranno la loro travagliata storia a Skeeter, che si impegnerà in seguito a raccogliere le testimonianze di tutte le donne nere di Jackson in un libro.
A sinistra Skeeter con Minny e Aibileen, in una delle ultime scene del film |
Nel suo indiscusso capolavoro, la scrittrice racconta una situazione che ha segnato in modo molto negativo la storia degli Stati Uniti e che ora tutti conosciamo, ma che comunque ci tocca nel profondo, e ci fa schierare dalla parte delle donne che hanno dovuto subire, che non si sono potute ribellare, che hanno perso tutto, ma che infine hanno anche vinto la battaglia per l'affermazione dei diritti umani.
Comunque, consiglio vivamente anche il film, che è uscito all'inizio del 2012: è fatto molto bene e si attiene abbastanza alla storia.
8 novembre 2012
Il secondo trionfo di Obama nelle elezioni politiche
"IL MONDO E' CAMBIATO"
Quattro anni fa, precisamente il 7 novembre 2008, su una delle prime pagine del giornale nazionale "La repubblica" era scritto a caratteri cubitali questo titolo. Ricordo che avevo criticato molto questa frase e chiudendo il giornale avevo pensato: "Il mondo sarebbe cambiato soltanto perchè è stato eletto Obama? Ma che senso ha un' affermazione di questo genere? Obama non è un mago dotato di superpoteri, è un uomo normale proprio come i suoi elettori e quindi il fatto che abbia vinto le elezioni non significa che il mondo è cambiato!! Nessuno è in grado di cambiare il mondo e i numerosi problemi degli Stati Uniti d'America non sono affatto risolti per la vittoria di Obama!!"
Avevo appena tredici anni, ero proprio una ragazzina, non potevo capire l'enorme progresso storico che era avvenuto in quel giorno. Ora invece conosco meglio la complessa realtà sociale degli Stati Uniti, la vita difficile delle persone con la pelle nera e lo spirito razzista che, fino a pochi decenni fa, caratterizzava la società americana e quindi comprendo che avere come presidente degli Stati Uniti un afroamericano sia un traguardo davvero eccezionale.
Ora è stato rieletto. Sono stata molto contenta di questo, anche perchè un politico che desidera attuare riforme al fine di migliorare economia e sanità merita la fiducia del popolo e ritengo anche sia un uomo di pace.
Apprezzo molto il programma politico di Barack Obama che prevede l'uguaglianza tra i cittadini e il rilancio dell'economia per uscire dalla crisi finanziaria e sono convinta che debba svolgere molto lavoro per migliorare alcuni aspetti della società americana. In effetti, non basta soltanto la vittoria per superare gli ostacoli e per risolvere la crisi economica. E' necessario anche che i cittadini americani collaborino con il governo e che gli avversari politici siano seri, propositivi, responsabili e aperti nei confronti delle generazioni future. Come ha ricordato Obama ieri durante il suo discorso, il compito dei cittadini non finisce dopo le elezioni e quindi non si limita alle elezioni.
Spero davvero che, con l'aiuto dei suoi collaboratori e con la fiducia dei cittadini, il leader del partito democratico degli Stati Uniti riesca a realizzare i suoi progetti molto positivi e a rappresentare nel miglior modo possibile tutte le etnie che convivono in quell'enorme territorio formato da cinquanta stati.
1 novembre 2012
Alba luminosa
Nel candore
della bianca brina
il riverbero
di un pallido sole
che lentamente sorge
allietato
dal dolce canto
di piccoli uccelli in volo.
Esili ramoscelli
dondolano lievi
al soffio
di una gelida brezza
che sfiora
le mie guance
e inumidisce
i miei occhi cristallini.
Ammiro
il chiarore
di questa fredda mattina invernale.
della bianca brina
il riverbero
di un pallido sole
che lentamente sorge
allietato
dal dolce canto
di piccoli uccelli in volo.
Esili ramoscelli
dondolano lievi
al soffio
di una gelida brezza
che sfiora
le mie guance
e inumidisce
i miei occhi cristallini.
Ammiro
il chiarore
di questa fredda mattina invernale.
25 ottobre 2012
"Eleonora"
"Eleonora" è il titolo di un racconto scritto da Edgar Allan Poe, un autore americano del XIX secolo.
Mi è piaciuto particolarmente perchè affronta temi interessanti e significativi quali: l'amore, la purezza, la bellezza della natura, la disgrazia di una morte improvvisa e ingiusta e la volontà di ricominciare a vivere e ad amare anche dopo un tragico avvenimento.
Il narratore della storia racconta che, nel periodo della sua infanzia e della sua adolescenza, viveva nell'isola dell'erba Multicolore con la cugina Eleonora. Il protagonista, quindi, racconta le felici giornate che trascorreva con lei, descrive un magnifico parco, gremito di fiori luminescenti e scarlatti e un ruscello dalle acque limpide e silenziose.
Eleonora aveva 15 anni, il narratore 20. I due giovani si erano innamorati proprio nel pieno dell'adolescenza di Eleonora.
Un giorno però Eleonora confida al suo amato di essere prossima alla morte e alla trasmigrazione in Cielo. Prima di morire, si fa promettere solennemente che l'avrebbe ricordata per sempre e che non si sarebbe mai più innamorato di nessun'altra.
I fiori e le piante della radura cominciano ad appassire e l'erba a seccare. Inizialmente il narratore è disperato e angosciato e trova pace soltanto nei sussurri di Eleonora nell'orecchio durante i suoi sogni.
Qualche tempo dopo, il protagonista, non trovando nulla di allettante e di piacevole nella valle felice del suo grande amore, si trasferisce in un paese lontano dove incontra un'altra ragazza, Ermengarda. Avviene così che si innamora di nuovo e si sposa con lei. Una notte giunge in sogno al protagonista una voce che gli dichiara di essere stato sciolto per sempre dal giuramento che era stato fatto ad Eleonora.
Ho riflettuto molto su questo racconto e sono riuscita a trovare un'interpretazione che ritengo valida e convincente.
La voce narrante potrebbe essere ognuno di noi.
Eleonora invece, rappresenta una persona a noi molto cara che ci rende felici e che è portatrice di valori, quali la bellezza,l'amore, l'innocenza, la gioia di vivere. Una persona che ci insegna anche a scorgere la positività della natura e del mondo. Eleonora inoltre è una figura strettamente legata alla natura e parte integrante di essa.
La morte di questa persona cara è straziante e ci deprime, soprattutto se avviene in modo improvviso. Sentiamo questa perdita un evento ingiusto che ci angoscia profondamente e così tendiamo a vedere il mondo che ci circonda soltanto per i suoi lati negativi e ci sentiamo morire dentro ( l'appassire della natura).
Pero', a volte, come in questo caso, puo' avvenire che riusciamo a trovare dentro di noi la forza di reagire di fronte a un dolore molto grande e quindi cerchiamo nuove opportunità per migliorare la nostra esistenza e per ricominciare a vivere. (il trasferimento in un paese lontano)
Quindi, troviamo risorse molto grandi e persone che amiamo e ci stimolano ad amare nuovamente, a vivere e a sperare.
La "pretesa" della dolce Eleonora era, a mio parere, irrealizzabile: infatti soprattutto una persona molto giovane, in questo caso di venti anni soltanto, non puo' chiudersi per sempre nel suo dolore. E' contro natura!!
Mi è piaciuto particolarmente perchè affronta temi interessanti e significativi quali: l'amore, la purezza, la bellezza della natura, la disgrazia di una morte improvvisa e ingiusta e la volontà di ricominciare a vivere e ad amare anche dopo un tragico avvenimento.
Il narratore della storia racconta che, nel periodo della sua infanzia e della sua adolescenza, viveva nell'isola dell'erba Multicolore con la cugina Eleonora. Il protagonista, quindi, racconta le felici giornate che trascorreva con lei, descrive un magnifico parco, gremito di fiori luminescenti e scarlatti e un ruscello dalle acque limpide e silenziose.
Eleonora aveva 15 anni, il narratore 20. I due giovani si erano innamorati proprio nel pieno dell'adolescenza di Eleonora.
Un giorno però Eleonora confida al suo amato di essere prossima alla morte e alla trasmigrazione in Cielo. Prima di morire, si fa promettere solennemente che l'avrebbe ricordata per sempre e che non si sarebbe mai più innamorato di nessun'altra.
I fiori e le piante della radura cominciano ad appassire e l'erba a seccare. Inizialmente il narratore è disperato e angosciato e trova pace soltanto nei sussurri di Eleonora nell'orecchio durante i suoi sogni.
Qualche tempo dopo, il protagonista, non trovando nulla di allettante e di piacevole nella valle felice del suo grande amore, si trasferisce in un paese lontano dove incontra un'altra ragazza, Ermengarda. Avviene così che si innamora di nuovo e si sposa con lei. Una notte giunge in sogno al protagonista una voce che gli dichiara di essere stato sciolto per sempre dal giuramento che era stato fatto ad Eleonora.
Ho riflettuto molto su questo racconto e sono riuscita a trovare un'interpretazione che ritengo valida e convincente.
La voce narrante potrebbe essere ognuno di noi.
Eleonora invece, rappresenta una persona a noi molto cara che ci rende felici e che è portatrice di valori, quali la bellezza,l'amore, l'innocenza, la gioia di vivere. Una persona che ci insegna anche a scorgere la positività della natura e del mondo. Eleonora inoltre è una figura strettamente legata alla natura e parte integrante di essa.
La morte di questa persona cara è straziante e ci deprime, soprattutto se avviene in modo improvviso. Sentiamo questa perdita un evento ingiusto che ci angoscia profondamente e così tendiamo a vedere il mondo che ci circonda soltanto per i suoi lati negativi e ci sentiamo morire dentro ( l'appassire della natura).
Pero', a volte, come in questo caso, puo' avvenire che riusciamo a trovare dentro di noi la forza di reagire di fronte a un dolore molto grande e quindi cerchiamo nuove opportunità per migliorare la nostra esistenza e per ricominciare a vivere. (il trasferimento in un paese lontano)
Quindi, troviamo risorse molto grandi e persone che amiamo e ci stimolano ad amare nuovamente, a vivere e a sperare.
La "pretesa" della dolce Eleonora era, a mio parere, irrealizzabile: infatti soprattutto una persona molto giovane, in questo caso di venti anni soltanto, non puo' chiudersi per sempre nel suo dolore. E' contro natura!!
15 ottobre 2012
Un giorno ritornero' da te, mia cara Inghilterra!!
8 ottobre 2012. Ore 13:50. Dopo un pranzo abbondante e poco salutare, esco dalla caffetteria della scuola insieme ad altri quattro compagni della mia classe. Raggiungiamo gli altri nel cortile della scuola.
Oggi è programmato il walking tour per Bournemouth, la città in cui stiamo facendo il nostro interessante stage linguistico. La mattinata a scuola non è stata affatto male: ho conosciuto Dave e James, i miei insegnanti. Sembrano due giovani molto in gamba e comprensivi. Sono anche simpatici: spesso ci fanno ridere con le loro battute brillanti.
Ieri sera, ho conosciuto la famiglia che ospiterà me e una mia compagna per tutta questa settimana. E' una bella famiglia; la signora è seria e gentile, il marito è gioviale. Ho già legato con la loro figlia diciannovenne, che ieri sera, al momento della buonanotte, si è congratulata con me per il mio buon inglese.
Una settimana è passata purtroppo, io sono ritornata in Italia due giorni fa stanca e molto contenta di aver vissuto questa meravigliosa esperienza.
Ho imparato molte cose: l'inglese ora lo so ancora meglio, ho arricchito ulteriormente il mio lessico e mi sembra anche di essere migliorata nella pronuncia. La scuola inglese che ho frequentato per tutta la settimana scorsa mi ha dato un bellissimo" Excellent. " Ero al settimo cielo, ero proprio contenta di me stessa!!!
Gli inglesi sono persone molto disponibili e aperte, danno indicazioni, fanno spesso domande sull'Italia a noi italiani, correggono la nostra pronuncia, ascoltano volentieri e non ci interrompono mai.
Pensate che i signori che mi ospitavano hanno trascorso il loro viaggio di nozze a Venezia e conservano un ottimo ricordo di questa città.
Siamo anche andati a Londra una giornata, il mercoledì. Sono convinta che valga la pena di visitare Londra almeno una volta nella vita. Ci sono monumenti antichi e tipici dell'arte gotica (uno stile che adoro alla follia), è piuttosto pulita e... le acque del Tamigi!!! Stupende!!!!! Ma sapete che sul Tamigi si naviga con i battelli?!!!
Addirittura!!!
Sono davvero felice, il viaggio mi ha fatto bene, ci voleva proprio.
Sono tornata carica di soddisfazioni e ho conosciuto un paese davvero interessante, abitudini e tradizioni davvero molto singolari.
Io consiglierei a tutti i ragazzi di aderire a una proposta di viaggio-studio così interessante. Si conoscono nuove persone, si migliora il proprio inglese. Un'esperienza simile insegna a diventare un po' indipendenti dalla famiglia e soprattutto arricchisce la mente e, per qualche giorno, mentre ci si sforza di parlare un'altra lingua, ci si appropria anche di un modo diverso di pensare non solo per quanto riguarda le strutture lessicali e grammaticali ma anche dal punto di vista culturale.
Tra un paio d'anni penso proprio di ritornarci!!!
Oggi è programmato il walking tour per Bournemouth, la città in cui stiamo facendo il nostro interessante stage linguistico. La mattinata a scuola non è stata affatto male: ho conosciuto Dave e James, i miei insegnanti. Sembrano due giovani molto in gamba e comprensivi. Sono anche simpatici: spesso ci fanno ridere con le loro battute brillanti.
Ieri sera, ho conosciuto la famiglia che ospiterà me e una mia compagna per tutta questa settimana. E' una bella famiglia; la signora è seria e gentile, il marito è gioviale. Ho già legato con la loro figlia diciannovenne, che ieri sera, al momento della buonanotte, si è congratulata con me per il mio buon inglese.
Una settimana è passata purtroppo, io sono ritornata in Italia due giorni fa stanca e molto contenta di aver vissuto questa meravigliosa esperienza.
Ho imparato molte cose: l'inglese ora lo so ancora meglio, ho arricchito ulteriormente il mio lessico e mi sembra anche di essere migliorata nella pronuncia. La scuola inglese che ho frequentato per tutta la settimana scorsa mi ha dato un bellissimo" Excellent. " Ero al settimo cielo, ero proprio contenta di me stessa!!!
Gli inglesi sono persone molto disponibili e aperte, danno indicazioni, fanno spesso domande sull'Italia a noi italiani, correggono la nostra pronuncia, ascoltano volentieri e non ci interrompono mai.
Pensate che i signori che mi ospitavano hanno trascorso il loro viaggio di nozze a Venezia e conservano un ottimo ricordo di questa città.
Siamo anche andati a Londra una giornata, il mercoledì. Sono convinta che valga la pena di visitare Londra almeno una volta nella vita. Ci sono monumenti antichi e tipici dell'arte gotica (uno stile che adoro alla follia), è piuttosto pulita e... le acque del Tamigi!!! Stupende!!!!! Ma sapete che sul Tamigi si naviga con i battelli?!!!
Addirittura!!!
Sono davvero felice, il viaggio mi ha fatto bene, ci voleva proprio.
Sono tornata carica di soddisfazioni e ho conosciuto un paese davvero interessante, abitudini e tradizioni davvero molto singolari.
Io consiglierei a tutti i ragazzi di aderire a una proposta di viaggio-studio così interessante. Si conoscono nuove persone, si migliora il proprio inglese. Un'esperienza simile insegna a diventare un po' indipendenti dalla famiglia e soprattutto arricchisce la mente e, per qualche giorno, mentre ci si sforza di parlare un'altra lingua, ci si appropria anche di un modo diverso di pensare non solo per quanto riguarda le strutture lessicali e grammaticali ma anche dal punto di vista culturale.
Tra un paio d'anni penso proprio di ritornarci!!!
6 ottobre 2012
Erich Fromm e San Paolo: l'arte di amare
Considerazioni sulla difficile arte di amare e sulla forza di un sentimento che regge il mondo e la storia dell'umanità.
E' un tema che ho svolto circa un anno fa.
L'amore è un sentimento di affetto vivo e intenso verso una persona che appare piacevole e cara.
Penso che la persona capace di amare riesca a sentirsi viva e a scorgere negli altri un "frammento" della persona amata; tende così a vedere in modo positivo il mondo e ad essere più comprensiva nei confronti degli altri.
Sebbene nella società l'amore sia un elemento che assume molta importanza nella vita quotidiana, spesso molte realzioni amorose falliscono.
Io giustifico questi fallimenti innanzitutto considerando che frequentemente vi è un fraintendimento tra vero amore e ricerca di una soddisfazione personale. Molti infatti tendono a rendersi attraenti fisicamente e a proporsi come persone di successo trascurando gli aspetti interiori.
Sono quindi incapaci di instaurare un rapporto profondo, significativo e rispettoso verso l'altro, visto come un oggetto per soddisfare il proprio bisogno di essere amati, molto diverso da quello di amare e anche per appagare il proprio egoismo.
Ritengo inoltre che l'egoismo sia diverso dalla stima di sè.
Mi ha molto colpita un'affermazione di Erich Fromm nel suo saggio : "l'arte di amare", all'interno del quale afferma che "... se è un bene amare i propri vicini in quanto umani, allora è un bene amare se stessi.". Quindi colui che ha stima di sè e che è in pace con se stesso, è più aperto all'amore verso gli altri.
Purtroppo dilaga anche l'idea di un amore solo erotico ed esclusivo, che aspira all'unione completa con l'altra persona. Questo accade solitamente quando due persone, sentendosi sole e incomprese, provano un'attrazione reciproca improvvisa che le unisce fisicamente. In realtà non provano amore ma avvertono soltanto il bisogno di soddisfare un "appetito fisico", di superare la loro solitudine con l'intimità sessuale. Si tratta quindi di un amore di breve durata perchè costituito soltanto da una pulsione improvvisa e non da un rapporto profondo che mira ad arricchirsi vicendevolmente. Una volta conquistata, la persona amata perde quasi subito il suo valore.
Oltre a ciò, molti matrimoni o convivenze falliscono perchè tra i due amanti non c'è mai stato un vero dialogo e un vero impegno nell'ascolto reciproco.
Alcuni addirittura vedono la vita coniugale come una fiaba romantica, desiderando uscire dalla casa di origine. Questa idea di amare si scontra poi con la realtà della vita quotidiana, fatta anche da contrasti e da discussioni.
E' utile riconoscere la difficoltà di agire con amore nei confronti degli altri, non solo a causa dei nostri limiti ma anche a causa del fatto che si è più inclini a vedere negli altri i difetti più che le doti.
L'amore è un sentimento molto grande, ma richiede molto impegno che nella fase più matura diventa dono di sè.
Ritengo che la famiglia sia il luogo privilegiato per imparare a vivere l'amore, valutando le difficoltà quotidiane attraverso il rispetto, la pazienza e la disponibilità.
Il brano pù bello nella pratica dell'amore l'ho trovato nella prima lettera di San Paolo ai Corinzi, capitolo 13, Nuovo Testamento:"... l'amore è paziente, non è invidioso, non si vanta, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non pensa al male ricevuto, non gode dell'ingiustizia. L'amore non avrà mai fine." E' proprio l'amore che regge il mondo.
E' un tema che ho svolto circa un anno fa.
L'amore è un sentimento di affetto vivo e intenso verso una persona che appare piacevole e cara.
Penso che la persona capace di amare riesca a sentirsi viva e a scorgere negli altri un "frammento" della persona amata; tende così a vedere in modo positivo il mondo e ad essere più comprensiva nei confronti degli altri.
Sebbene nella società l'amore sia un elemento che assume molta importanza nella vita quotidiana, spesso molte realzioni amorose falliscono.
Io giustifico questi fallimenti innanzitutto considerando che frequentemente vi è un fraintendimento tra vero amore e ricerca di una soddisfazione personale. Molti infatti tendono a rendersi attraenti fisicamente e a proporsi come persone di successo trascurando gli aspetti interiori.
Sono quindi incapaci di instaurare un rapporto profondo, significativo e rispettoso verso l'altro, visto come un oggetto per soddisfare il proprio bisogno di essere amati, molto diverso da quello di amare e anche per appagare il proprio egoismo.
Ritengo inoltre che l'egoismo sia diverso dalla stima di sè.
Mi ha molto colpita un'affermazione di Erich Fromm nel suo saggio : "l'arte di amare", all'interno del quale afferma che "... se è un bene amare i propri vicini in quanto umani, allora è un bene amare se stessi.". Quindi colui che ha stima di sè e che è in pace con se stesso, è più aperto all'amore verso gli altri.
Purtroppo dilaga anche l'idea di un amore solo erotico ed esclusivo, che aspira all'unione completa con l'altra persona. Questo accade solitamente quando due persone, sentendosi sole e incomprese, provano un'attrazione reciproca improvvisa che le unisce fisicamente. In realtà non provano amore ma avvertono soltanto il bisogno di soddisfare un "appetito fisico", di superare la loro solitudine con l'intimità sessuale. Si tratta quindi di un amore di breve durata perchè costituito soltanto da una pulsione improvvisa e non da un rapporto profondo che mira ad arricchirsi vicendevolmente. Una volta conquistata, la persona amata perde quasi subito il suo valore.
Oltre a ciò, molti matrimoni o convivenze falliscono perchè tra i due amanti non c'è mai stato un vero dialogo e un vero impegno nell'ascolto reciproco.
Alcuni addirittura vedono la vita coniugale come una fiaba romantica, desiderando uscire dalla casa di origine. Questa idea di amare si scontra poi con la realtà della vita quotidiana, fatta anche da contrasti e da discussioni.
E' utile riconoscere la difficoltà di agire con amore nei confronti degli altri, non solo a causa dei nostri limiti ma anche a causa del fatto che si è più inclini a vedere negli altri i difetti più che le doti.
L'amore è un sentimento molto grande, ma richiede molto impegno che nella fase più matura diventa dono di sè.
Ritengo che la famiglia sia il luogo privilegiato per imparare a vivere l'amore, valutando le difficoltà quotidiane attraverso il rispetto, la pazienza e la disponibilità.
Il brano pù bello nella pratica dell'amore l'ho trovato nella prima lettera di San Paolo ai Corinzi, capitolo 13, Nuovo Testamento:"... l'amore è paziente, non è invidioso, non si vanta, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non pensa al male ricevuto, non gode dell'ingiustizia. L'amore non avrà mai fine." E' proprio l'amore che regge il mondo.
26 settembre 2012
Ho 17 anni!!!!
Riflessioni sugli ultimi 5 anni, mentre sfoglio l'album delle fotografie.
Sfoglio lentamente il mio prezioso album di fotografie.
I miei occhi scrutano con molta attenzione quella piccola creatura appena nata, piuttosto gracile, che riposa beatamente tra le braccia di mamma.
Continuo a sfogliare le pagine dell'album. Vedo le finestre della mia grande casa decorate con fiocchi rosa, vedo il gioioso sorriso di parenti ed amici, la loro attenzione premurosa verso di me sin dai miei primi giorni di vita, il mio carissimo zio Vincenzo indaffarato a piantare un olivo al centro del giardino, in onore della mia nascita.
Non riesco a credere che siano trascorsi esattamente 17 anni dal 26 settembre 1995. I miei occhi si posano sulle fotografie di quella piccola neonata e provano un senso di profonda tenerezza.
17 anni... il mio ultimo anno da minorenne. Incredibile! Mi sento davvero grande!! Stamattina, appena alzata dal letto, ho avuto la strana impressione di essere cresciuta in altezza di qualche centimetro durante la notte.
Camminavo per la casa e mi sentivo davvero alta.
Si sta avvicinando la fine della mia adolescenza. Perlomeno, sono a buon punto. Ormai (anche dal punto di vista anagrafico) non mi manca molto per raggiungere l'età adulta.
L' adolescenza per me è stata (ed è tuttora) una fase di vita interessante e illuminante. L'ho intrapresa verso i 12 anni, quando ho iniziato ad indirizzare i miei pensieri verso il futuro con un atteggiamento ottimista e speranzoso, quando ho cominciato ad analizzare me stessa e a costruirmi degli ideali e dei valori che mi sembravano significativi.
E, proprio durante questa fase di vita, a 15 anni, si sono sviluppate le mie "capacità letterarie" e di immaginazione. Infatti ho iniziato a scrivere poesie.
Quante volte ho pianto, durante questi ultimi 5 anni, per un'emozione provocata da una melodia o dopo aver letto alcune pagine di un romanzo! Quante volte mi sono indignata per le ingiustizie del mondo!
Ho sofferto molto per la morte di mio nonno e anche per quella di mio cugino Luciano.
Ma soprattutto, mi sento soddisfatta di me stessa non solo per il fatto che mi piacciono le mie qualità interiori, ma anche per tutte le volte che prendo un buon voto a scuola. (Sinceramente capita spesso).
Farò tesoro della mia vita. Prometto a me stessa di cercare e di continuare a impegnarmi per raggiungere obiettivi e per realizzare i miei sogni.
23 settembre 2012
L'angoscia in uno stato oppresso da un regime
Il regime è una terribile modalità di governo che impedisce la libertà di pensiero, di opinione e sopprime ogni forma di dialogo e di confronto.
Il regime crea un clima di terrore. Lo dimostra anche qualche film drammatico ma al contempo avvincente e illuminante.
Ma dopo un po' di tempo Wieser, dopo aver ascoltato una musica dolce suonata al pianoforte da George, aveva assunto un comportamento diverso: da allora aveva iniziato a scrivere relazioni false sui due intellettuali per coprirli dalle loro intenzioni contro il regime. In effetti George scrive poi un articolo sull’alta percentuale di suicidi nella Germania dell’Est da far pubblicare su una rivista dell’Ovest. Questa potrebbe essere la prova che il ministro aspettava. Ma Wiesler aveva trovato il modo di far sparire la macchina da scrivere con cui George aveva scritto l'articolo. Era entrato nella sua casa e l'aveva sottratta dal nascondiglio nel quale Dreyman l’aveva sotterrata.
Christa-Maria era stata interrogata dalla Stasi e inspiegabilmente aveva denunciato il compagno rivelando che era stato l’autore di quell’articolo. A causa del tremendo senso di colpa, poco dopo la confessione si era fatta investire da un camion.
Il finale è molto amaro ma al contempo lascia un messaggio particolarmente significativo.
Qualche anno dopo infatti, Dreyman legge i documenti degli archivi segreti della Stasi e scopre di essere stato coperto dall'agente Wieser. Gli dedica allora un romanzo. Wieser, quando vede il libro in una biblioteca, lo acquista e si commuove.
17 settembre 2012
Dolce notte
Gioiose stelle
risplendono
soavi
nell'immensità del cielo.
La luna,
accarezzata
da una brezza leggera,
illumina
impetuose onde
che abbracciano
imponenti scogli.
risplendono
soavi
nell'immensità del cielo.
La luna,
accarezzata
da una brezza leggera,
illumina
impetuose onde
che abbracciano
imponenti scogli.
30 agosto 2012
L'emergere del femminile: una risorsa immensa per l'umanità
Padre Ermes Ronchi, fine teologo e ottimo antropologo, sostiene che: " Oggi esistono dei piccoli germogli che, come il mandorlo in fiore, annunciano la primavera e quindi l'emergere di una novità decisiva per il tempo a venire".
Negli ultimi giorni ho riflettuto molto sul significato di queste parole poetiche e piene di tenerezza.
Penso che Padre Ermes, in questa sua frase, abbia voluto riferirsi a un fenomeno molto rilevante negli ultimi anni: l'emergere del femminile e il meraviglioso dono della vita che la donna custodisce dentro di sè.
E' quindi portatrice di futuro!
Io ho sempre pensato che ogni bambino che nasce sia una piccola ma significativa luce di speranza che dona gioia al mondo, perchè tutti i bambini appartengono al futuro dell'umanità.
Ritengo che l'emergere del femminile sia sicuramente uno dei segni più belli del mondo d'oggi.
Come ho già scritto in qualche post, molte donne, fino a pochi decenni fa, hanno lottato per conseguire dignità e parità di diritti in una società che le sottovalutava e le umiliava.
Grazie alle loro battaglie e alla loro determinazione, hanno raggiunto dei buoni risultati.
La condizione delle donne è certamente migliore ora, nel nostro presente.
Purtroppo pero', ho l'impressione che diverse ragazze non si rendano conto dell' importanza della dignità e della parità dei diritti.
Non sono poche le adolescenti che aspirano ad ottenere un ruolo importante all'interno dei programmi televisivi e quindi, a diventare famose soltanto per il loro aspetto fisico e la loro esteriorità.
Odio la televisione soprattutto per questo: incoraggia le ragazze ad esibire in modo succinto la loro fisicità. La donna, all'interno del mondo televisivo, deve apparire: non viene attribuita alcuna importanza a cio' che realmente è, ai suoi sentimenti, alle sue doti caratteriali.
Così le ragazze non vengono stimolate all'impegno nello studio o nel lavoro, ambiti in cui è giusto ricercare soddisfazioni autentiche e notevoli gratificazioni.
Le adolescenti che partecipano a concorsi di bellezza pensano di realizzare i propri sogni vestendosi e truccandosi per sembrare molto attraenti e più grandi della loro età.
In realtà non sono consapevoli del fatto che in questo modo rovinano se stesse e la loro fase di vita. L'adolescenza infatti, è un periodo fatto di ansie, di emozioni, di mille domande a proposito della propria personalità e del proprio avvenire... un avvenire che prende in considerazione soprattutto le proprie doti interiori per realizzarsi come persone.
22 agosto 2012
Obesità, anoressia e bulimia: tre preoccupanti fenomeni sociali... molto spesso di origine psicologica
Sappiamo che, a partire dalle civiltà più antiche, consumare cibo con altre persone crea gioia, amicizia e condivisione.
Un cattivo rapporto con il cibo e problemi di relazioni autentiche possono invece creare gravi disagi alimentari.
Nella nostra società obesità, anoressia e bulimia sono tre fenomeni sociali legati ad un cattivo rapporto con il cibo. Nonostante abbiano in comune questo aspetto, ciascuna delle tre presenta rilevanti differenze che le distingue dalle altre due.
L'obesità è una condizione che indica l'accumulo in eccesso di grasso corporeo. Questo fenomeno può essere causato o dalla predisposizione genetica, o da un eccessivo apporto calorico, o da un metabolismo molto lento.
L'obesità può portare ad un aumento dei problemi di salute e ad una riduzione delle aspettative di vita.
L'anoressìa è la mancanza o la diminuzione dell'appetito.
La persona affetta da anoressìa prova un senso di nausea e di disgusto per il cibo, mangia poco, da sola e spesso a orari insoliti. Questo comportamento porta ad un'eccessiva diminuzione del peso corporeo e, nei casi più gravi, anche alla morte. Le cause principali sono l'ossessione di ingrassare e la convinzione di non essere all'altezza delle proprie aspettative.
Il termine bulimìa indica invece un disagio alimentare caratterizzato dalla tendenza ad assumere grandi quantità di cibo in breve tempo per poi ricorrere a vari metodi di disassimilazione quali vomito autoindotto, utilizzo di lassativi o intenso esercizio fisico.
In particolare, il vomito autoindotto può portare a conseguenze molto gravi; tra questi la rottura dello stomaco, una notevole perdita di potassio, problematiche cardiache, laringite ed erosione dello smalto dei denti, che con il passare del tempo divengono traslucidi.
In alcuni soggetti, la bulimia è provocata da problemi fisici e tra questi la disfunzione del tratto gastrointestinale, della tiroide e degli ormoni.
Questa malattia si manifesta soprattutto nelle ragazze adolescenti. Spesso anch'essa è causata dalla paura di ingrassare.
Infatti i mass-media, ai nostri giorni, propongono modelli fisici perfetti, impossibili da raggiungere e certamente molto distanti dalla realtà. Le adolescenti però, affascinate da questi modelli, si confrontano con essi, perdono autostima e tendono a considerarsi in sovrappeso, temono i giudizi degli altri sul loro aspetto fisico. Per questo motivo spesso si abbuffano e vomitano di nascosto.
Queste ragazze cercano quindi di sfuggire dal mondo reale per paura di affrontare le difficoltà, le emozioni e i cambiamenti dell'adolescenza.
Si rifugiano così in un mondo asettico che stimola i loro pensieri ossessivi al fine di distrarle dall'insoddisfazione di sè.
In alcuni casi, la bulimia è invece una conseguenza della depressione. A seguito di una disgrazia o di una forte delusione, dapprima la persona si chiude nel suo dolore dimostrandosi disinteressata nei confronti della vita, poi, per colmare il senso di tristezza e di vuoto, ricorre alle abbuffate che, anche se solo momentaneamente, placano il dolore psicologico.
Possono suscitare la bulimia anche le preoccupazioni di alcuni genitori che si dimostrano molto apprensivi per l'aspetto fisico di figli leggermente in sovrappeso.
Ritengo inoltre che, tra le molteplici cause di questa malattia, possa esserci anche una mancanza di dialogo tra genitori e figli, spesso accompagnato da un forte senso di abbandono.
Questi tre comportamenti alimentari, purtroppo, sono piuttosto diffusi nelle società dei paesi economicamente evoluti, dove spesso si dimentica il vero significato dei termini solidarietà e condivisione.
17 agosto 2012
L'occhio del lupo
Un lupo azzurro proveniente dalla gelida Alaska si ritrova a vivere in uno zoo. L'animale non ha che un occhio, è ormai vecchio, stanco di vivere, triste e solo. Il tempo scorre, i giorni passano sempre uguali. Il lupo si dimostra indifferente a quei visitatori che, davanti alla sua gabbia, assumono comportamenti superficiali e immaturi.
Un giorno però arriva Africa, un
ragazzino adottato che si ferma davanti alla sua gabbia e inizia a fissarlo con molta intensità. Inizialmente il lupo si infastidisce.
Ad un tratto, Africa chiude un occhio.
Questa è un'azione che rivela molta sensibilità: il ragazzino decide di mettersi sullo stesso piano del lupo per comprendere il suo modo di vedere il mondo.
Questa è un'azione che rivela molta sensibilità: il ragazzino decide di mettersi sullo stesso piano del lupo per comprendere il suo modo di vedere il mondo.
E così, attraverso la cicatrice dell'occhio morto dell'animale, spunta una lacrima. Una lacrima che, a mio parere, indica la commozione del lupo e anche la sua incapacità di reagire di fronte a un'attenzione sincera e continua da parte di un essere umano.
Il lupo inizia quindi a superare la profonda diffidenza nei confronti degli uomini.
Tra i due si instaura una
comunicazione molto particolare: fissandosi negli occhi, entrambi si ritrovano immersi nelle esperienze passate dell'altro. Il ragazzo ripercorre la vita del lupo nel Grande Nord dall'infanzia fino al giorno della sua cattura.
Il lupo invece, rivive il travagliato vagabondare del ragazzo attraverso le varie zone del continente africano fino al suo arrivo nel "mondo civilizzato".
Il paesaggio, con i suoi
colori e le sue atmosfere, è molto importante sia nella storia del
lupo che in quella di Africa.
Il rapporto tra il lupo e il ragazzino induce entrambi i protagonisti a riaprire gli occhi chiusi. Soltanto verso la fine della storia si scopre che il lupo teneva un occhio chiuso
perché aveva deciso di osservare il triste spettacolo dei visitatori con un occhio soltanto.
Ecco un altro romanzo stupendo che rivela il segreto dell’empatia e dell'amicizia: stare vicino a qualcuno ed entrare in relazione anche semplicemente con uno sguardo sincero, aperto e sensibile, per
restituire la voglia di vedere e di vivere a chi coltiva sentimenti di diffidenza o di indifferenza nei confronti degli altri.
8 agosto 2012
Midnight in Paris: cultura, arte, romanticismo e... un forte sentimento di nostalgia per il passato
"Midnight in Paris" è un film scritto e diretto daWoody Allen.
Gil
e Inés sono una giovane coppia in procinto di sposarsi. Sono entrambi statunitensi, ma nel film si trovano in vacanza a Parigi
con i genitori di lei e con due amici, in cui si sono imbattuti per caso.
Gil è uno sceneggiatore di successo a Hollywood con velleità di scrittore che decide di trascorrere un periodo di vacanza per trovare l'ispirazione necessaria a completare il suo primo romanzo. Le sue aspirazioni letterarie vengono però continuamente sminuite dalla fidanzata. Inés ritiene infatti che la carriera di sceneggiatore sia più ricompensata in termini di denaro.
Una sera Gil rimane solo a passeggiare per le vie di Parigi. Durante la passeggiata, incontra una bella vettura d'epoca e accetta una passaggio. Improvvisamente, si ritrova trasportato indietro
nel tempo, nella mitica Parigi
degli anni venti dove incontra i suoi idoli letterari, che a quell'epoca soggiornavano a Parigi; tra questi lo scrittore Scott Fitzgerald con la moglie Zelda ed Ernest Hemingway che gli offre lezioni di scrittura e che lo accompagna alla dimora di Gertrude Stein, la quale acconsente di leggere il romanzo di Gil e di dargli in seguito dei consigli preziosi.
Quando la notte giunge al termine, la vettura lo riaccompagna nel ventunesimo secolo.
Ogni notte Gil accetta un passaggio dalla stessa vettura. Nelle notti seguenti incontrerà anche altri artisti rilevanti come Thomas Elliot e Pablo Picasso.
Quando la notte giunge al termine, la vettura lo riaccompagna nel ventunesimo secolo.
Ogni notte Gil accetta un passaggio dalla stessa vettura. Nelle notti seguenti incontrerà anche altri artisti rilevanti come Thomas Elliot e Pablo Picasso.
Mentre vive in quella che egli stesso ritiene che sia un "epoca d'oro" , si innamora di Adriana, compagna di Pablo Picasso. Una notte i due subiscono lo stesso incanto e si ritrovano
proiettati nella Belle Epoque, considerata da Adriana il periodo migliore della storia. Ed è qui che Gil scopre che rimpiangere un "glorioso
passato ormai perduto" è un sentimento piuttosto ricorrente nell'animo
umano, in qualsiasi epoca storica. E soprattutto... si prova questo senso di nostalgia quando si preferisce pensare a un passato ideale, piuttosto che accettare l'insoddisfazione del presente.
Dopo aver lasciato Adriana, decisa a rimanere nella Belle Epoque, Gil ritorna al presente dove, una volta lasciata la fidanzata Inez, si ritrova solo di notte, su un ponte sulla Senna. Il curioso reincontro con una ragazza parigina conosciuta a un mercato e la loro passione per le notti parigine a piedi sotto la pioggia, lo indirizzerà poi ad accettare il suo presente.
Dopo aver lasciato Adriana, decisa a rimanere nella Belle Epoque, Gil ritorna al presente dove, una volta lasciata la fidanzata Inez, si ritrova solo di notte, su un ponte sulla Senna. Il curioso reincontro con una ragazza parigina conosciuta a un mercato e la loro passione per le notti parigine a piedi sotto la pioggia, lo indirizzerà poi ad accettare il suo presente.
Che film meraviglioso!! E' un film che mi ha coinvolta pienamente, quando l'ho visto ho sentito il sangue pulsare nelle vene e il cuore che batteva forte forte.
Ho apprezzato molto il messaggio del film. Nella
Parigi degli anni Venti, infatti, Gil trova tutto quello che desidera, grazie a ciò nei suoi ritorni alla realtà trova la forza di notare un rapporto insoddisfacente e superficiale con una ragazza che io, sin dall'inizio del film, ho giudicato superficiale e insensibile.
Ernest Hemingway diceva a Gil: "Tutti gli uomini temono la morte.
È una paura naturale che ci consuma tutti. Temiamo la morte perché
sentiamo che non abbiamo amato abbastanza o non abbiamo amato
affatto, che alla fine sono la stessa cosa. Comunque, quando ti innamori di una donna davvero eccezionale, una che merita il massimo
rispetto in questo mondo e che ti fa sentire davvero potente, quella
paura della morte sparisce completamente. Perché quando condividi il
tuo corpo ed il tuo cuore con una donna eccezionale il mondo
svanisce. Voi due siete le uniche persone nell'intero universo. Stai
conquistando quello che pochi uomini hanno conquistato prima, hai
conquistato il cuore di una donna eccezionale, la cosa più
vulnerabile che lei può offrire ad un'altra persona. La morte non
indugia più nella mente. La paura non annebbia più il tuo cuore.
Solo la passione per vivere, e per amare, diventa la tua unica
realtà. "