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23 maggio 2015

La morte di Domenico Maurantonio e la mia fortissima indignazione...


Circa due settimane fa, in un hotel di Milano, è accaduta una tragedia che ben conoscete: un ragazzo di 19 anni, che si trovava in gita scolastica, è precipitato da una finestra del quinto piano ed è praticamente morto sul colpo. Al momento della caduta indossava soltanto una maglietta. Ma perché è precipitato? Cosa è accaduto veramente quella notte? Che cosa i suoi compagni non vogliono dire agli inquirenti? Sono forse responsabili di un omicidio?! Queste sono tutte domande alle quali, per il momento, non c'è risposta. Anche se io mi auguro che la verità prima o poi venga a galla... i genitori del ragazzo hanno il diritto di sapere ciò che è accaduto al loro figlio.
Il padre del ragazzo ha ragione: Domenico non può essere morto così.

I giornali nazionali e i TG, fino all'altro ieri, hanno diffuso notizie false: che il ragazzo era ubriaco fradicio, che gli era stato dato un lassativo purgante, che un frequentatore dell'hotel lo aveva visto  precipitare dalla finestra... Ora che questi elementi sono stati tutti smentiti dalla precisione della scienza, mi infiamma un sentimento di rabbia... Ma perché i giornalisti, gli inviati e i conduttori dei TG si sono permessi di raccontare delle enormi bugie su una tragedia così grande? Avevano forse  intenzione di screditare la vittima agli occhi di tutti gli italiani??!
Ma possibile che nessuno pensi al terribile dolore dei genitori di Domenico?

E poi, altra notizia (ma questa volta veritiera!) che mi fa molto ma molto arrabbiare: la madre del ragazzo ha organizzato nei giorni scorsi una fiaccolata in onore del figlio e nessuno, dico nessuno dei suoi compagni e dei suoi insegnanti ha partecipato all'iniziativa!!!! Sconcertante, sconvolgente!!!! Davvero sconvolgente!!!!!! Ma che cattiveria!!!! Ma che cuori di ghiaccio!!!!! Ma quanta indifferenza!!!!! Ma i suoi compagni di classe cos'hanno da nascondere??!
Cavolo, è morto un ragazzo di 19 anni!!! Era un loro compagno, che ha condiviso con loro 5 anni di percorso scolastico, ma che soprattutto; era un essere umano come loro, capace di ridere, di piangere, di parlare, di abbracciare, di sorridere...
Domenico era un giovane al quale la vita è stata strappata troppo presto. Avrebbe potuto diventare un grande uomo, avrebbe potuto, negli anni futuri, realizzarsi in un particolare ambito professionale, avrebbe potuto costruirsi una bella famiglia, sarebbe potuto diventare una persona dotata di solidi valori etici... e invece, a mio avviso è morto due volte! Morto perché precipitato da un'alta finestra e morto anche a causa dell'indifferenza dei compagni e degli insegnanti, i quali si ostinano a non volerlo ricordare... e pensare che sarebbe stato bello riunirsi in chiesa tutti insieme, cantare, piangere, ricordare con parole e mazzi di fiori un amico....
Ma oramai io ho capito una cosa: tra i giovani della mia generazione la solidarietà non è praticata, o meglio, non è sentita...molti miei coetanei sono trincerati nel loro egoismo, nella loro insensibilità.
E io sono soltanto una rara eccezione... anzi, io sono troppo sensibile per poter vivere bene in un mondo caratterizzato dalla superficialità e dall'ingiustizia...

Fuori il tempo è grigio, come i pensieri che inondano il mio animo. Il delicato profumo del gelsomino non riesce proprio a rincuorarmi, anzi... mi ricorda tanto il sorriso di Gianmaria.
Aveva soltanto 17 anni... e la sua passione per la moto lo ha rovinato... Io so bene che non tutti i ragazzi e non tutti gli insegnanti della mia scuola hanno partecipato con spirito di solidarietà alla messa del trigesimo dalla morte... e questo mi ha molto ferita.
Ad ogni modo, anche se di fatto non l'ho mai conosciuto, anch'io posso dire di avere perso qualcosa, perché di tanto in tanto, i miei occhi incrociavano i suoi a scuola lo scorso anno... occhioni grandi e svegli. L'estate scorsa, dopo la maturità, mi era difficile pensare a tutto questo senza sprofondare in un mare di lacrime... Piangevo di nascosto dai miei familiari, seduta sotto l'ombra di uno degli ulivi che crescono nei campi attorno a casa mia. Mi sono tenuta dentro tutto il mio dispiacere e tutto il mio risentimento per diversi mesi.

Per quel che riguarda Domenico... chi sa il motivo per cui è accaduta questa tremenda disgrazia, parli, è suo dovere farlo!
Ma perché tutta questa indifferenza verso due genitori che hanno perso il loro unico figlio??!
Qualcuno dei miei lettori potrebbe spiegarmelo attraverso un commento sotto a questo post? Se lo facesse per davvero, gliene sarei grata per il resto dei miei giorni!!


22 maggio 2015

Pascoli e "l'impressionismo poetico":


Claude Monet, "Stagno con ninfee", 1900, olio su tela, Parigi, "Musée d'Orsay"
Sicuramente, durante il vostro percorso scolastico, avete avuto modo di conoscere i pittori impressionisti e alcune loro celebri opere. 



Forse potrebbe sembrarvi strano l'accostamento dell'aggettivo "poetico" al termine "impressionismo"...Eppure, se si leggono attentamente alcuni componimenti di Pascoli, ci si accorge della presenza di immagini fuggevoli, parziali, accostate attraverso un sistema sintattico basato sulla coordinazione. In certe poesie infatti, questo nostro grande poeta giustappone simultaneamente una serie di immagini visive e uditive; ciò accade ad esempio ne "Il temporale", ma anche in altre due liriche, ovvero, "Il lampo" e "Il tuono".
Prima però di analizzare i tre componimenti, vorrei delineare in modo abbastanza sintetico la sua poetica.

Innanzitutto è utile precisare che il tema più ricorrente in Pascoli è il mondo rurale, quindi, la natura. 
Nel corso della sua carriera letteraria, egli si è sempre posto l'obiettivo di mettersi in ascolto del battito del cuore della Natura per comprendere il suo oscuro linguaggio e le sue misteriose corrispondenze. Nelle sue poesie, Pascoli cerca di manifestare i suoi ideali, le sue sensazioni i suoi ricordi, ovvero: l'aspirazione alla purezza, il sogno, l'incombere della morte, la memoria di un'infanzia dolorosa (la prematura e improvvisa perdita del padre assassinato provoca nell'animo di questo poeta una ferita molto profonda, che il poeta non è mai riuscito a rimarginare).
Pascoli ci ha lasciato anche una testimonianza di dichiarazione poetica: si tratta del "fanciullino". Egli, in questo documento, sostiene che: "E' dentro di noi un fanciullino. (...). Quando noi cresciamo, egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia; noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello. (...)" Il fanciullino è la capacità di osservare il mondo con stupore e meraviglia. Questa facoltà è dentro ognuno di noi, anche se nel poeta è una vera e propria inclinazione. Il fanciullino è in grado di provare paura, di sognare, di piangere e di ridere, di trovare relazioni originali tra le cose e di nominarle in modo evocativo.

Ecco le tre poesie che propongo (tratte da "Myricae"):

 IL TEMPORALE:


Un bubbolio lontano...

Rosseggia l'orizzonte,
come affocato, a mare;
nero di pece, a monte,
stracci di nubi chiare:
tra il nero un casolare:
un'ala di gabbiano.


Dunque, in questa lirica è evidente la convivenza tra sensazioni uditive e sensazioni visive.
Ogni volta che recito mentalmente questa poesia, penso al tramonto di un sole che, prima di scomparire all'orizzonte, dipinge nel cielo suggestive lingue di fuoco. I colori del tramonto si riflettono sulle acque del mare. Il cielo però non è sereno: vi sono molte nubi, alcune bianche, altre "nere", minacciose, che annunciano un violento temporale in arrivo.
Tre sono i colori che animano il componimento: il rosso, che indica la quiete di un tramonto sul mare, il nero, che indica il temporale, ma che è anche simbolo di angoscia e di dolore e il bianco, colore delle" nubi chiare". Alla fine del componimento, compare il casolare, elemento che allude al desiderio di rifugio e di protezione dalla malvagità del mondo esterno.



 IL LAMPO:


E cielo e terra si mostrò qual era:

la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto     
una casa apparì sparì d'un tratto;
come un occhio, che,largo,esterrefatto,
s'aprì si chiuse, nella notte nera. 


Questo invece è un notturno tempestoso, in cui la Natura, alterata e sconvolta, rivela nel chiarore del lampo tutto il male del mondo.
Il cielo e la terra sembrano addirittura un'unica entità: anziché scrivere "si mostrarono qual'erano", il poeta dice: "si mostrò qual'era"!  
La lirica presenta due climax: la Terra è ansante (= come se stesse respirando con affanno), livida (=plumbea), in sussulto (=inquieta); il cielo è ingombro (=di nuvole), tragico (=sconvolto), disfatto (=aggettivo che allude alla violenza del vento, che tenta di squarciare le nubi).
Il "tacito tumulto", ossimoro evidente con allitterazione della "t", è il momento che segue il lampo ma che precede il tuono. 
La casa che appare e sparisce nel giro di pochi secondi é simbolo della presenza umana. E' paragonata ad un occhio che si apre e si chiude di fronte ad una Natura violenta, che rivela un dolore incomprensibile. Tra l'altro, il colore bianco della casa è in contrasto sia con l'aspetto cromatico del cielo, sia con quello della Terra (plumbei e dunque violacei).



IL TUONO:

E nella notte nera come il nulla,
 

a un tratto, col fragor d'arduo dirupo
che frana, il tuono rimbombò di schianto:
rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,
e tacque, e poi rimareggiò rinfranto,
e poi vanì. Soave allora un canto
s'udì di madre, e il moto di una culla.


Questa poesia, lo dico sinceramente, è quella che mi piace di più delle altre due. 
Già, con l'allitterazione della "n" al primo verso, l'autore riesce a trasmettere al lettore un senso di inquietudine...  La notte è "nera come il nulla"; ovvero, è una notte senza stelle, rivelatrice di morte, in attesa del fragore del tuono. ( lo spazio bianco tra primo e secondo verso è stato creato per esprimere l'idea dell'attesa). 
Dal verso 2 al verso 6, Pascoli descrive gli effetti del tuono, attraverso l'introduzione di figure retoriche di suono come onomatopee, climax e allitterazioni.
Il tuono sopraggiunge improvvisamente e genera un rumore simile a quello di un burrone che, candendo, dà origine ad una frana. 
... poi però , il tuono tace, e, prima di svanire, genera una debole eco. 
L'ultima frase della poesia è confortante: il dolce canto di una madre cerca di calmare il pianto di un bimbo che giace in una culla, spaventato a causa della violenza della natura. Il canto della madre allude all'amore, sentimento che mitiga le sofferenze e l'angoscia.
L'ultimo verso di questo componimento mi ha ricordato un'altra breve lirica delle "Myricae", intitolata "Notte dolorosa":

 Si muove il cielo, tacito e lontano:

la terra dorme, e non la vuol destare;
dormono l'acque, i monti, le brughiere.
Ma no, ché sente sospirare il mare,
gemere sente le capanne nere:
v'è dentro un bimbo che non può dormire:
piange; e le stelle passano pian piano.
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-17742>

Anche qui Pascoli delinea un paesaggio notturno che non è sconvolto dal temporale: gli elementi della Terra dormono placidamente, soltanto le onde del mare "sospirano", infrangendosi rumorosamente contro dei probabili scogli.
Singolari le "capanne nere", e riconducibili a tre interpretazioni: Esse sono nere perchè il materiale con il quale sono state costruite è nero, oppure perché sono oscurate dal buio della notte, oppure perché (e questo è più probabile), evocano il dolore e la solitudine del bambino? Queste tre interpretazioni potrebbero però essere complementari...
Qui, al contrario del "Tuono", è assente l'elemento consolatorio: nessuna donna canta per rassicurare il bambino, che sembra abbandonato a se stesso... anzi, le stelle, incuranti del suo dolore, si muovono lentamente nel cielo.



14 maggio 2015

La disastrosa situazione che coinvolge il Sudan:


Localizzazione del Sudan
Ricordate quel post che avevo scritto più di due anni fa a proposito del Sudan? Ero molto contenta per il fatto che, grazie ai provvedimenti presi dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, il territorio sudanese era stato dichiarato "territorio libero dalla poliomielite". 
Negli ultimi giorni però, ho letto su una rivista delle notizie sconcertanti su questo paese, che, a dire il vero, è uno dei più disastrati del mondo.
Stando a ciò che riferisce l'ONU, la situazione politica e sociale del Sudan è molto peggiorata negli ultimi mesi, al punto tale che ora la regione del Darfur è considerata "terreno fertile per l'islamismo radicale"...
E' una situazione piuttosto complessa, che cercherò di delineare nel miglior modo possibile. 
 
CARATTERI GENERALI DEL SUDAN:

Il Sudan è il paese più vasto del continente africano. A nord confina con l'Egitto, a ovest con il Ciad, a est con l'Eritrea e l'Etiopia e a sud con l'Uganda e con il Kenya.
Il paesaggio è molto variegato: a nord c'è il deserto, al centro la savana e a sud si estende la foresta equatoriale. Da anni il paese è retto da un governo di orientamento fondamentalista islamico.
In Sudan le potenzialità economiche non mancherebbero: oltre alle numerose piantagioni di arachidi, banane, ananas, cacao e sesamo, c'é anche una notevole quantità di petrolio. Tuttavia, la giovane popolazione sudanese, la cui età media è di 18,6 anni, soffre la fame dal momento che la stragrande maggioranza delle risorse alimentari e industriali di quello Stato si trova nelle mani delle multinazionali europee, le quali, indifferenti di fronte alla miseria nera degli abitanti, pensano soltanto a sfruttare i beni reperibili in quel territorio. Il PIL pro capite è di soli 1530 dollari l'anno.
Il tasso di mortalità infantile è spaventosamente alto, perché raggiunge il 66 per mille.
La capitale del Sudan è Khartoum, città caotica che presenta condizioni igieniche molto precarie. All'interno dello stato vi sono molte etnie, spesso in conflitto tra loro. Le lingue più parlate sono l'arabo, l'inglese e il nubiano (idioma africano).
Il Sudan ha ottenuto l'indipendenza dal Regno Unito nel 1956.

LA GUERRA CIVILE:

Da più di dieci anni ormai il Sudan
è sopraffatto da sanguinose guerre civili.
La gente del Darfur
Innanzitutto, bisogna menzionare la guerra civile tra gli arabi di religione islamica residenti a nord del paese e la componente cristiana che vive soprattutto a sud del paese. Questo conflitto interno era stato interrotto nel 2004 con la firma di un accordo di pace tra il governo islamico e i cristiani del sud. Non si deve però dimenticare che da alcuni anni, il potere politico nel Sudan del Nord è detenuto dal violento e malvagio dittatore Omar El-Bashir, molto ostile ai cristiani, sempre pronto a reprimere qualsiasi tipo di dissenso e incline a far giustiziare persino i presunti oppositori politici.
Nel 2003, è scoppiata anche la guerra nel Darfur, la regione occidentale dello Stato. Il conflitto in Darfur non si è mai del tutto sedato, nonostante la firma di due accordi di pace: uno ad Abuja in Nigeria nel 2006 e l'altro a Doha in Qatar, nel 2011. Negli ultimi mesi addirittura è addirittura divenuto più sanguinoso e più complesso. Questi gli schieramenti: da una parte ci sono le milizie islamiche paragovernative alleate con El-Bashir, chiamate "janjawid", dall'altra invece le milizie dell'opposizione alla dittatura, composte soprattutto dall'etnia gemir. Nelle ultime settimane, le milizie paragovernative supportate dal governo si sono prefisse di annientare entro la fine del 2015 l'etnia gemir. Secondo le notizie fornite dall'ONU, l'esercito favorevole ad El-Bashir sta provocando gravissimi danni alla regione del Darfur: incendia le abitazioni, ruba il bestiame, saccheggia i mercati... Oltre a ciò, sembra proprio che i janjawid stiano compiendo una vera e propria pulizia etnica contro i gemir: violentano le donne, uccidono i loro figli ancora bambini e massacrano tutti gli uomini e i ragazzi gemir che riescono a catturare: a dire il vero dapprima li deportano nel deserto e poi li massacrano a centinaia! Attuano più o meno le stesse crudeltà che hanno compiuto i Serbi ortodossi nei confronti dei Bosniaci musulmani nel 1995 a Srebrenica.
Perlomeno, l'obiettivo dei Serbi nel '95 era uguale a quello del popolo dei janjawid oggi: i janjawid islamici, avversi ai popoli di religione animista, mirano a stuprare le donne gemir non soltanto per affermare la loro superiorità ma anche per assicurarsi una discendenza etnico-biologica.
Per garantirsela, massacrano anche tutti i maschi gemir che hanno acquisito la capacità di generare. Essi infatti vorrebbero eliminare dalla faccia della Terra un'etnia da loro odiata e ritenuta indegna di esistere.
E' davvero una situazione terribile!

LE VIOLENZE A TABIT:

Tabit è un piccolo villaggio del Darfur. Qui, secondo l'associazione Human Rights Watch, tra il 30 ottobre e il 2 novembre 2014, i janjawid avrebbero stuprato pubblicamente circa 220 donne e avrebbero trucidato ben 194 uomini gemir di età compresa tra i 17 e i 36 anni. Naturalmente, il governo sudanese ha sempre negato questo episodio, che deve però essere considerato un crimine contro l'umanità. 

L'ONU riferisce anche che il governo di Khartoum intenderebbe fare del Darfur una base per le forze terroristiche provenienti dai paesi della regione, dal momento che l'esercito sudanese fondamentalista mira ad allearsi con le organizzazioni terroristiche presenti in Libia, in Mali e nel Niger.


IL SUDAN DIVISO IN DUE STATI:
Bambini in Sud Sudan

L'accordo di pace stipulato nel 2004 tra i cristiani del sud e i musulmani fondamentalisti del nord non ha migliorato i rapporti tra le due religioni e non ha garantito affatto il dialogo reciproco. Al contrario, ha provocato fermenti indipendentisti nella zona meridionale del paese. Inizialmente, El-Bashir ha tentato di soffocare nel sangue le rivolte del sud ma, nel 2011, grazie ad un accordo con il Movimento di Liberazione Popolare del Sudan, si è tenuto un referendum per la creazione di uno Stato indipendente dal nord. Il 9 luglio 2011, è stata dunque proclamata l'indipendenza del Sud-Sudan, cinquantaquattresimo stato africano. La situazione di questo nuovo stato è molto precaria: vi sono infatti contrasti latenti tra l'etnia nuer e l'etnia dinka. La democrazia è continuamente minacciata da tentativi di colpi di stato da parte di membri dell'etnia nuer ostili al Presidente dinka. Il Sud-Sudan è uno stato molto povero: le infrastrutture sono praticamente inesistenti, le strade sono tutte sterrate, la linea ferroviaria sta subendo negli ultimi mesi un processo di ristrutturazione grazie ai fondi delle Nazioni Unite.

Da quattro anni ormai esiste la separazione tra Sudan del Nord e Sudan del Sud.

... Ora che avete letto tutte le disgrazie qui denunciate, sicuramente starete pensando: "In molti stati africani la situazione è disastrosa. Ma noi cosa possiamo fare per quelle popolazioni?"
L'intento di questo post non è tanto un invito ad aderire a qualche organizzazione umanitaria o a qualche cooperativa di volontariato che si prefigge lo scopo di stare vicino ai popoli che vivono in condizioni di estrema miseria... Queste iniziative rientrano nei miei progetti di vita. Ma ora è meglio di no: sto ancora studiando, sto ampliando le mie conoscenze culturali. Magari fra qualche anno o subito dopo la laurea triennale. 
Dunque cosa posso/potete/possiamo fare per loro?! Sembrerà banale, ma dovremmo cercare di  apprezzare sia tutto ciò che abbiamo sia tutto ciò di cui possiamo godere, a cominciare dalla possibilità di mangiare più volte al giorno e di studiare.
Qui in Italia, studiare è un diritto. Laggiù in Africa, studiare è un privilegio che pochissime persone possono permettersi. Qui in Italia, un ragazzo di vent'anni di solito studia per cercare di costruirsi un futuro sereno e per soddisfare le sue aspirazioni. Laggiù in Africa, un ragazzo di vent'anni rischia di morire ogni giorno o a causa della fame, o a causa di gravi epidemie, o a causa delle guerre.
In Italia, i ragazzi della mia età impugnano penne e matite. In Africa, i ragazzi della mia età impugnano spesso i fucili e, sebbene siano molto giovani, sulla loro coscienza grava già la responsabilità di centinaia di morti. Spesso infatti sono costretti a fare i soldati.





6 maggio 2015

"Senza famiglia", Hector Malot:


Sono tornata, cari lettori! Vi ho piantati in asso per circa quindici giorni; ma non soltanto per motivi di studio accademico. Avevo deciso infatti di concedermi un breve periodo di pausa da questa mia attività online. (Non per vantarmi, ma vi assicuro che le recensioni dei film, i riassunti dei romanzi e la stesura di riflessioni personali richiedono un significativo sforzo mentale e intellettivo...)
Stasera vi propongo la recensione di "Senza famiglia" un capolavoro della letteratura francese che ha riscosso un notevole e meritato successo...


 TRAMA:
"Senza famiglia" è un romanzo scritto da Hector-Henry Malot, giornalista e scrittore francese vissuto nel XIX secolo.
Il protagonista è Remì, un bambino che vive a Chavanon, un povero villaggio della Francia centrale con "Mamma" Barberin, una contadina molto buona e protettiva.
"Fino agli otto anni ho creduto di avere anch'io, come gli altri bambini, una madre. Quando piangevo, una donna mi stringeva al suo petto cullandomi così dolcemente che le mie lacrime cessavano subito. (...) Per il modo con cui mi parlava, per le sue carezze, per la dolcezza che metteva anche se doveva sgridarmi, io credevo che fosse davvero mia madre."
Invece, all'età di otto anni, Remì scopre improvvisamente di essere un trovatello adottato e cresciuto dalla signora Barberin. Il signor Barberin è un carpentiere che lavora in città, sempre lontano da sua moglie e dal bambino adottato. Un giorno però, egli ritorna a Chavanon gravemente ferito a causa di un incidente di lavoro e, contro la volontà della sua consorte, decide di vendere Remì per quaranta franchi al signor Vitalis, un artista di strada e un ammaestratore di animali piuttosto anziano.
La separazione da "Mamma Barberin" causa un forte dolore nell'animo di Remì, il quale comunque gode, sin dall'inizio del romanzo, dell'affetto e della comprensione del signor Vitalis. Quest'ultimo infatti, più che un padrone, si rivela un ottimo compagno di viaggio, pieno di attenzioni verso il bambino, desideroso di insegnargli non soltanto a leggere e a scrivere, ma anche a suonare l'arpa. Remì dimostra molta intelligenza, apprende con facilità sia la lettura sia la musica e, con il resto della compagnia del signor Vitalis (formata in realtà da una scimmia chiamata Belcuore e da tre cani i cui nomi sono: Capi, Zerbino e Dolce) si impegna a dare spettacoli musicali e pantomime in giro per la Francia.
Il signor Vitalis dimostra la sua sincera benevolenza verso Remì, soprattutto quando, a Tolosa, lo difende dalle percosse di un poliziotto ostile ai musicanti di strada. Proprio per questo, Vitalis verrà condannato a due mesi di carcere. Rimasto solo, Remì giunge sulle rive della Loira dove scorge un battello sul quale navigano due inglesi: la signora Milligan con suo figlio Arthur, un bambino infermo e infelice. Remì allieterà Arthur con le sue canzoni, con i suoi brani musicali e con alcuni spettacoli teatrali eseguiti dai quattro animali. Remì si rivela un'ottima compagnia anche per la signora Milligan. Trascorsi due mesi però, il signor Vitalis, dopo aver ricevuto una lettera dalla signora Milligan, giunge verso la Loira per riprendere con sé il bambino, che si separa malvolentieri dai due inglesi.
A causa del rigido inverno, muore la scimmia Belcuore e due dei tre cani vengono azzannati dai lupi. Da questo punto in avanti del libro, il lettore si accorge del cambiamento dello stato d'animo di Vitalis il quale diviene triste e stanco, mentre, prima che i suoi animali morissero, appariva come un individuo energico e scherzoso.
Remì, il cane Capi e Vitalis giungono a Parigi, luogo in cui quest'ultimo vuole consegnare Remì al signor Garofoli per qualche settimana. Una volta entrato nella squallida dimora del signor Garofoli, Remì conosce Mattia, un bambino italiano, orfano di padre e separato dalla madre. Mattia vive in condizioni miserabili al servizio del signor Garofoli, suo zio. Tra i due bambini si instaura subito un  rapporto di fine complicità, al punto tale che io ho pensato addirittura: "Alla fine del libro scoprirò che questi due ragazzini sono figli degli stessi genitori". Mattia infatti si confida con Remì e gli racconta tutti i maltrattamenti che è costretto a sopportare(frustate e bastonate).
E così, dopo aver assistito alle terribili punizioni che Garofoli riserva ai ragazzi che sono al suo servizio, Vitalis decide di non affidare Remì a Garofoli.
I due allora si ritrovano a vagabondare da soli, nel gelo dell'inverno.
... Purtroppo anche Vitalis muore di freddo. Alla morte di Vitalis, Remì scopre la vera identità del suo compagno di viaggio: il suo vero nome era Carlo Balzani e da giovane era stato un famoso cantante napoletano. Remì allora si ritrova completamente solo al mondo, con un cane molto fedele al suo fianco e con un'arpa a tracolla. Dopo un po' di tempo, il nostro protagonista incontra nuovamente Mattia, il quale gli riferisce che il signor Garofoli è stato condotto in carcere per omicidio.

 Dunque, Remì è solo e appunto, senza famiglia, Mattia è lontano dalla sua terra natale e finalmente libero da un padrone violento e cattivo. I due ragazzini formano così una piccola compagnia di musicanti: Remì con l'arpa e Mattia con il violino. Decidono di tornare a Chavanon da Mamma Barberin. Una volta giunti al villaggio, la contadina dice a Remì che suo marito si trova a Parigi per rintracciare i suoi veri genitori. Mattia e Remì ripartono nuovamente per Parigi, dove vengono accolti da due legali. I due avvocati informano Remì della morte del signor Barberin e gli rivelano però che i suoi genitori sono inglesi.
Dopo molte altre travagliate avventure, Remì si ricongiunge con la sua vera madre, la signora Milligan, e anche con il suo vero fratello, cioè Arthur.
Il romanzo ha un finale molto lieto: Remì diviene un uomo colto, ricco e felicemente sposato. In seguito al ritrovamento del fratello maggiore, Arthur diviene un ragazzo robusto e solare. Mattia invece approfondisce gli studi musicali, diventando un violinista di fama internazionale.


REMI' E MATTIA:

La seconda parte di questo post è dedicata ad una riflessione approfondita sui due personaggi principali della storia.
Il cartone animato di alcuni anni fa
Remì è il protagonista della storia. E' un bambino molto sensibile, molto generoso, assetato di giustizia, perfettamente capace di distinguere il bene dal male. Mi ricorda un po' il carattere del personaggio di David Copperfield di Dickens. In effetti, alla fine del romanzo si può dire che c'é qualche somiglianza tra i due: innanzitutto le origini inglesi! E poi, le personalità degli adulti che li circondano: la madre di David era buona e dolce come la signora Milligan e anche come Mamma Barberin, il patrigno invece, di cognome Murdstone, era duro, avaro e privo di tatto, esattamente come il signor Barberin. Ad ogni modo, durante il romanzo Remì soffre molto per la mancanza di una vera e propria famiglia. Sebbene sia rispettato e amato dal signor Vitalis, è un bambino triste, che prova una profonda nostalgia dei tempi felici in cui poteva rifugiarsi tra le braccia di Mamma Barberin e dormire accanto a lei. Inoltre, Remì può godere soltanto della compagnia di un anziano signore e di tre animali. E questo non è l'ideale per un bambino, che dovrebbe invece andare a scuola, instaurare rapporti di amicizia con i compagni di classe, confrontarsi con loro, giocare con loro, abitare con i suoi genitori in una dimora fissa, dormire in un letto caldo e accogliente e non all'aperto.

Mattia è il deuteragonista di questa vicenda, o meglio, lo si potrebbe tranquillamente definire il co-protagonista. Io l'ho soprannominato il bambino prodigio. Mattia infatti suona con molta disinvoltura tre strumenti: il violino, il flauto e il corno. Inoltre, parla con scioltezza sia il francese sia l'inglese. Se prima ho paragonato Remì a Copperfield, ora potrei tranquillamente confrontare Mattia con Oliver Twist! Mattia subisce molti maltrattamenti da parte di Garofoli, il terribile zio che lo picchia quotidianamente. Anche Oliver Twist è umiliato, picchiato e insultato sia dalla direttrice dell'orfanotrofio, sia dagli adulti della parrocchia a cui viene successivamente affidato. Malgrado ciò però, sia Mattia sia Oliver si mantengono buoni, dolci, puri d'animo... Anche se sono circondati dall'ingiustizia e dalla cattiveria, entrambi conservano la loro grande forza morale. Mattia è un po' più piccolo di Remì, ma, nonostante questo, ha la maturità di un adulto. E' il primo a capire che Remì è figlio della signora Milligan. Ed è l'amico più sincero che si possa mai desiderare. 
Mattia e Remì coltivano il loro profondo rapporto di amicizia anche da adulti.

 CONCLUSIONI FINALI:

Vi ricordo che qui ho svolto un riassunto dei contenuti di quest'opera letteraria.
Ho infatti omesso diversi avvenimenti e molti altri personaggi.
L'intera vicenda è molto lunga perché si sviluppa nel corso di alcuni anni: all'inizio del romanzo Remì è un bambino di otto anni, alla fine invece ne ha quasi quattordici. E, da quanto è possibile comprendere, Mattia dovrebbe essere di circa un anno più giovane del protagonista.
"Senza famiglia" è un classico per bambini, ma, a mio avviso, anche per adulti... 
La lettura di questo libro mi ha infuso un po' di ottimismo e non soltanto per il lieto fine: in fin dei conti, l'unico personaggio davvero cattivo è Garofoli... abbastanza negativo è anche il signor Barberin. Ma per il resto, Malot delinea adulti compassionevoli e solidali verso Remì e Mattia.