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30 ottobre 2019

Il Nouveau Roman:


Secondo test per studenti frequentanti del corso di Letterature comparate: fatto! (E ho sicuramente seminato qualche errore, come tutti... A pensarci bene non so nemmeno se ho voglia di vedere i risultati).
Oggi comunque per me è stata una giornata veramente stupenda, al di là della prova scritta.
E' stata la giornata delle vere relazioni, dei confronti, delle passeggiate sul lungadige, dei pranzi condivisi, dei dialoghi che rivelano parti belle e anche un po' delicate di sé...
Adesso sono a casa e mi diverto da sola con la stesura di questo post. E così sdrammatizzo, perché una settimana fa ho accidentalmente versato il caffé proprio sulle pagine di quaderno in cui avevo fatto degli schemi relativi al Nouveau Roman e... nel test so già di aver sbagliato più che altro quelle domande che riguardavano il Nouveau Roman.
Poi, siccome sono due notti che praticamente non dormo per vari motivi, mi ficco a letto.

*AVVERTENZA!= C'è dell'ironia provocatoria in alcuni punti di questo post. Per cui, se siete intelligenti, cioè in grado di capirla, andate avanti a leggere... 

IL NOUVEAU ROMAN:

L'ho praticamente annunciato un istante fa: non dirò molto di serio a proposito del Nouveau Roman.
Soltanto, dirò in modo schematico, che:

-E' una "scuola" sorta a metà degli anni' 50, i cui esponenti principali erano Robbe-Grillet, scrittore, e Resnais, regista.

-E' una scuola trasversale, dal momento che non coinvolge soltanto l'ambito letterario ma anche il cinema.

-Il Nouveau Roman di Robbe-Grillet presta un'estrema attenzione ai dettagli quando descrive ambienti (soprattutto interni) e oggetti.

-L'oggetto, nel Nouveau Roman, è pura presenza. Conferire alle cose dei significati simbolici è una perdita di tempo.

-Comporta inoltre una ripetitività esasperante (continua ricorrenza degli stessi elementi).

-Eterno presente come tempo verbale in letteratura.

FILM L'ANNO SCORSO A MARIENBAD:



(titolo francese: L'annee derniere a Marienbad).

INIZIO:

E' un film del 1961, e già sul suo inizio c'è abbastanza materiale sul quale soffermarsi per "divertirsi".
La visione di questo film è stata la lezione da noi più sofferta.
Però, a partire da quella lezione e a partire da un senso di esasperazione che un po' tutti abbiamo provato e manifestato, abbiamo iniziato a parlarci, a confrontarci e a riscoprire i nostri diversi punti in comune.
Insomma, anche grazie al Nouveau Roman siamo diventati un gruppo unito!

Il film si apre con una melodia d'organo assordante e con una visuale che mette ben in evidenza la sfarzosità di un albergo per classi alte.

La voce narrante dice, già nei primi secondi: "In questo albergo immenso, lussuoso, barocco, lugubre, dove corridoi senza fine succedono ad altri corridoi, silenziosi, deserti, gelidamente decorati da intarsi in legno, stucchi, pannelli intagliati..." (e da qui le parole sfumano e si fa fatica a sentire il resto, perché la musica copre la voce).
E intanto la cinepresa scorre su soffitti maestosamente decorati.
Poi la voce narrante riemerge di nuovo: "In sale silenziose in cui i passi di colui che le attraversa, sono assorbiti da tappeti così pesanti, così spessi, che nessun rumore di passi arriva alle sue orecchie, come se persino le orecchie di chi cammina, ancora una volta, lungo questi corridoi, attraverso questi saloni, queste gallerie, in questo palazzo..."
E di nuovo la spettrale musica d'organo copre il timbro vocale. Ma non è abbastanza alta da non far capire allo spettatore che la voce narrante ripete, per la seconda volta, quello che ha detto all'inizio:
"In questo albergo immenso, lussuoso, barocco, lugubre, dove corridoi senza fine succedono ad altri corridoi..." (...)
Ma non in tutte le sue frasi risulta un discorso chiaro e perfettamente comprensibile, proprio a causa della musica d'organo che ogni tanto lo sovrasta.
Finché, per la terza volta, il narratore ricomincia: "In questo albergo immenso, lussuoso, barocco, lugubre, dove corridoi senza fine succedono ad altri corridoi..." .
Poi c'è di nuovo la musica d'organo e poi si ricomincia nuovamente con: "In questo albergo immenso, lussuoso, barocco, lugubre, dove corridoi senza fine succedono ad altri corridoi...".

1) Sapete, c'è un proverbio, tipico soprattutto delle zone delle campagne veronesi, che dice (= lo metto già tradotto in italiano): "Quando mi dicono qualcosa tre o quattro volte, state sicuri che la capisco subito!"

2) Dai, per favore, ripetilo una quinta, una sesta, una settima volta! Siamo tutti laureati in Lettere, nel nostro gruppo, siamo tutti interessati e motivati allo studio, abbiamo tutti passato il primo test del corso con valutazioni molto alte, fuori dalle aule discutiamo di letteratura e di cinema... Ti prego, ripetila ancora quella descrizione! Ripetila all'infinito e chissà, prima o poi, con le teste che abbiamo, finiremo per capirla.

3) La voce narrante che di tanto in tanto sfuma, soppiantata da quell'orribile musica d'organo. Questo è un indizio che ci fa comprendere quanto, per gli esponenti del Nouveau Roman, sia importante il ruolo del narratore, le sue sensazioni vissute nel profondo, i suoi sentimenti, i suoi pensieri particolarmente profondi, che inducono i fruitori di questo film ad interrogarsi su profonde questioni morali e filosofiche.

4) Dicevamo qualche ora fa a lezione, poco prima del test: il Nouveau Roman non comporta alcun impegno, né sociale, né civile né politico.
Infatti! E' questo il motivo principale per cui neorealisti ed esistenzialisti, che avevano molto a cuore concetti come "responsabilità", "pragmatismo" e "autodeterminazione", sarebbero stati i primi e convinti fans, i primi e convinti ammiratori di questo film!

5) Non vuoi impegnarti, non vuoi sostenere cause politiche, o alti ideali civili/morali. E' una tua scelta, etica oltre che culturale. Ma almeno sii  un po' originale, cavolo!! Ad un certo punto la ripetitività dà fastidio anche ai bambini di 5 anni!
Sii un po' originale come il simpatico e ironico Palazzeschi, oppure sii dinamico come lo erano e lo sono tuttora i post-moderni!
Per dare fascino ad un'opera, letteraria o cinematografica, non occorre che la trama sia complessa, almeno secondo me. Una componente fondamentale la gioca sicuramente il modo in cui si sviluppa una trama semplice: attraverso l'ironia, attraverso le azioni dei personaggi, attraverso i sentimenti, attraverso descrizioni, con tanto di metafore e similitudini, di paesaggi... O anche attraverso dialoghi di contenuto (esperienze personali dei protagonisti).

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CONTENUTO:

L'anno scorso a Marienbad è sicuramente una storia di persuasione: in questo hotel barocco, un uomo cerca di persuadere una donna ad abbandonare il marito per seguirlo, per riprendere la loro storia d'amore interrotta l'anno prima. 
Né lui né lei hanno diritto a un nome, poveri loro! Sono delle presenze quasi evanescenti. Delle presenze senza storia, delle presenze senza personalità.
Nei dialoghi tra loro, molto costruttivi, l'uomo cerca di far ricordare alla bella e vuota signora la loro storia d'amore.
Le risposte più ricorrenti della signora sono: "non lo so." e "lasciatemi andare".
Eh, accidenti, con quale entusiasmo ricorda una bella e idilliaca storia d'amore!! ... La passione verso il vero amore non muore mai... Ci accompagna per tutta una vita!

Ad ogni modo, che cosa è vero e cosa non lo è? E' lui il bugiardo o lei che soffre di una forma di demenza? Quel passato c'è davvero stato o è frutto di un'immaginazione che vuole soltanto sedurre?
Non ci è dato saperlo. Sono tutte domande destinate a rimanere senza risposta. Come di fronte a dei casi polizieschi irrisolti insomma: il fruitore si pone una serie di domande relative a delle informazioni che non avrà mai e che mai potrà avere.
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LA STREPITOSA MIMICA FACCIALE DEI PERSONAGGI:



Bellissimi vero??
Meravigliosamente espressivi ed espressivamente meravigliosi!!!
Un po' lontanamente mi ricordavano le fisionomie della Sposa cadavere di Tim Burton- film cartone animato del 2006.

Sono figure umane "morte dentro".

LA GELOSIA, ROBBE GRILLET:

La gelosia è un romanzo di Robbe-Grillet pubblicato nel 1957.
E' un romanzo di 130 pagine che contiene estrema minuzia di dettagli che l'autore fornisce e che continua a moltiplicare. Descrive in modo talmente dettagliato i luoghi della casa di A., la donna che si incontra ogni giorno con l'amante Franck, che il lettore perde presto la visione d'insieme.
Le descrizioni sono molto meticolose, perché precisano anche la collocazione di ciascun mobile rispetto alla porta e alle gelosie (le persiane).
Non c'è l'ombra di un sentimento o di un pensiero logico nemmeno a pagarla a peso d'oro!
Come si fa a capire che il marito di A. è geloso? E' solamente uno di cui spesso non viene nemmeno indicata espressamente la presenza, è solamente uno che spia le mosse della moglie e del suo amante.
(Spii e ti accontenti di spiare... ma sei normale?? Io non credo proprio... Sei il marito: se la vedi troppo intima con un altro uomo urla, batti i pugni e i piedi, piangi magari anche, fai scenate... Questo è umano e legittimo!).

La vita di A. è la vita che ogni donna vorrebbe avere: ogni giorno, aperitivi, cene, pranzi e visite in città con l'amante Franck. Ma che bella vita! La vita di assoluto quietismo e di puro ozio piacevole che vorremmo tutti!

I capitoli del romanzo iniziano spesso con la proposizione: "Ora l'ombra della trave di sud-ovest". Cioè, si dà importanza ai punti esatti in cui l'ombra della trave di sud ovest si proietta, a seconda della posizione del sole e a seconda dei momenti della giornata.
Ma che interessante!
E' così che La gelosia è divenuta un best-seller: e in effetti, il professore è stato talmente gentile da fornirci delle fotocopie del romanzo, dal momento che è fuori commercio da un bel po' (addirittura da 30 anni mi pare di aver capito).
Nel mio Le avventure di una liceale invisibile dovevo fare anch'io così: dare poca rilevanza ai pensieri, agli stati d'animo, alle relazioni e ai ragionamenti della piccola Zoe per mettere in primo piano le ombre del tetto della scuola, oppure le ombre delle case delle vie, o meglio ancora, le ombre delle sedie e dei banchi scolastici!!!

Mi ricordo soltanto un'altra cosa, poi null'altro: l'immagine, che ricorre ad ogni capitolo, del millepiedi (nome scientifico: scutigera) schiacciata sul muro. E' Franck che la schiaccia, ogni volta.
Ma quanti millepiedi compaiono in quella casa? Che non sia il caso di fare una bella disinfestazione contro lombrichi, insetti, artropodi e animaletti di quel genere che un pochino inquietano tutte le donne (compresa A., che perlomeno, ne segnala sempre la presenza a Franck)?

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Io sono tremenda, cattiva, troppo sincera, troppo schietta. La mia schiettezza era odiata quando facevo servizio in parrocchia. Ho scoperto che, alla fine, non piaceva nemmeno al nostro curato.
Che sollievo avermi persa perché ero troppo lucida e troppo sincera, vero?!!

Una volta a lezione ho detto seriamente quello che pensavo del Nouveau Roman, cioè che non ci sono sentimenti, che non c'è azione e che la psicologia e l'interiorità sono nettamente rifiutate.
E' la verità, ma forse l'ho detta nel modo sbagliato davanti ad un docente, forse l'ho detta in modo troppo deciso e diretto.
E' un qualcosa che devo ancora imparare a regolare.
Spero di non averlo diciamo "ferito", ma non lo so, non penso: se spesso ci ha chiesto un parere personale su romanzi e fotocopie che ci assegnava... Anche questo è stato molto bello, perché ho sentito che ci dava fiducia, che voleva far lavorare le nostre capacità critiche e le nostre capacità di collegamento.



26 ottobre 2019

"Donnarumma all'assalto", O. Ottieri, Letteratura industriale (parte B):

Eccolo, il secondo romanzo significativo della letteratura industriale.
Avrei voluto postare un po' prima le mie impressioni, ma ho avuto una settimana a dir poco "vertiginosa" e piena di impegni. Ho corso e non ero quasi mai a casa.
Peggio ancora: non smette mai di far caldo come fossero i primi di settembre, io corro e mi do da fare, sono stanca come fosse il 20 dicembre, come fossimo proprio sotto la vigilia di Natale. E invece a Natale mancano ancora due mesi scarsi.

*Ci tengo a precisarlo, comunque, non per arroganza ma perché è la verità: per le informazioni su Donnarumma all'assalto, fate affidamento a quello che scrivo io qui, non a ciò che mette wikipedia. Io ho seguito delle lezioni, ho letto, ho studiato. Wikipedia, quando parla di letteratura industriale, ha delle conoscenze e delle idee piuttosto confuse e frammentarie.

1. BIOGRAFIA DI OTTIERI:


Fondamentale è tener presente che Donnarumma all'assalto, romanzo pubblicato nel 1959, è autobiografico.
L'autore, Ottiero Ottieri, racconta infatti la propria esperienza lavorativa all'interno di uno stabilimento della Olivetti, in qualità sia di selezionatore del personale che di consulente psicologo per i dipendenti.
Vorrei scrivere qualcosa in più a proposito di Ottiero Ottieri, giusto per farvi capire che è stato un intellettuale di precoce e notevole intelligenza.
Ottieri era nato a Roma nel 1924 da genitori toscani. Risultava molto brillante al liceo: pensate che aveva fatto pubblicare presso Capriotti la traduzione dell'Agamennone di Eschilo.
Si era laureato in Lettere in anticipo, con una tesi in storia dell'arte su Leon Battista Alberti.
Nel '48, a 24 anni, era determinato a partire per Milano, visto che l'ambiente letterario e culturale romano non gli offriva delle vere e proprie opportunità di lavoro, ma soltanto delle periodiche collaborazioni con alcune riviste.
Giunto a Milano, aveva iniziato a collaborare a fianco di Guido Lopez, all'epoca capo dell'Ufficio stampa della Arnoldo Mondadori Editore.
Poi erano arrivati il matrimonio e due figli.
E' nel '53 che la Olivetti per la prima volta lo aveva assunto come selezionatore del personale, dapprima nella grande metropoli lombarda, poi, nel '55, a Pozzuoli, in un nuovo stabilimento nel Meridione.
Interrompo ora l'elenco dei fatti più rilevanti della vita di Ottieri, per aggiungere che, una volta trasferitosi nei pressi di Napoli, gli si apre tutto un mondo, di dignità, di famiglie numerose, di povertà e di disoccupazione cronica, che prima non conosceva.

2. CHI ERA ADRIANO OLIVETTI?

La Olivetti, negli anni '50, è stata un'industria di primaria importanza nel panorama sociale italiano degli anni '50. La sede principale era ad Ivrea e il suo presidente era Adriano Olivetti.
Era un "industriale illuminato", ovvero, l'esatto contrario del dottor Max del romanzo di Parise.
Oltre a potenziare la produzione delle macchine da scrivere, voleva realizzare un programma di promozione economica delle aree sottosviluppate del Sud e, molto importante, aveva tutte le buone intenzioni di realizzare delle comunità di fabbrica.
Le comunità di fabbrica prevedevano in primo luogo il riscatto dei lavoratori dalla catena di montaggio. Altro ottimo proposito di Olivetti era quello di rendere serene le relazioni fra i dipendenti e i rappresentanti del mondo del lavoro industriale.
Per facilitare la realizzazione delle comunità di fabbrica, Olivetti si era circondato di molti uomini di cultura, non soltanto ingegneri ed economisti ma anche architetti e umanisti (e tra questi ultimi anche Ottieri).

La Olivetti a Ivrea nei giorni nostri

















3. RIASSUNTO PRIMI TRE CAPITOLI:

Si parla del libro, finalmente!
Da notare innanzitutto che quest'opera è quasi diaristica: in ogni capitolo, ciascun paragrafo è preceduto da una scritta in corsivo che riguarda il giorno della settimana a cui si riferisce un determinato episodio.
Ma soltanto di una parte, giusto perché abbiate un'idea.
Per un confronto tra l'incipit di Donnarumma e l'incipit de Il padrone, vi rimando al seguente link:

Cap. 1: Il protagonista e la signorina S. sottopongono i candidati al lavoro presso lo stabilimento ad un test scritto. Dopo le prove scritte seguono la prova delle capacità meccaniche (come rimontare un macchinario) e il colloquio, con il consulente (Ottieri, che parla in prima persona senza mai rivelare il proprio nome).

Cap. 2: Si passa ad una breve descrizione dello stabilimento. E' una nuova fabbrica in un paesino del Sud Italia in riva al mare (Santa Maria nella narrazione, Pozzuoli nella realtà).
Il verde del mare, secondo il protagonista, che si dichiara originario del centro Italia, stonano con il grigio dell'industria:

Per me- e per altri- l'industria finora è stata la concentrazione, la folla fitta di teste e di macchine sotto i capannoni scuri e i fiochi tetti a sega.
Il sole nella fabbrica, il cielo, il verde e il mare, benché li ami, non mi convincono. Sono nato nel centro d'Italia e la giovinezza l'ho tutta trascorsa in paese di sole, diventando meridionale.
Ma l'industria l'ho conosciuta al Nord e la caratteristica di essa rimane sempre quella di essere grigia, se è un'industria vera. Le officine le ho sempre viste nere e senza spazio, come se la loro forza fosse proprio questa.

Pensiero mio: al sud non sono mai stata (e già solo per questo mi nasconderei di vergogna). Al centro sì, diverse volte.
In ogni caso, se da una parte un imprenditore ha necessità di costruire nuovi stabilimenti per nuove assunzioni, personalmente io un'industria immersa in un bel paesaggio di mare o di erba non ce la vedo!
Ma in generale, mi sono fatta l'idea che far costruire un'industria in una località che si trovi più a sud dell'Emilia Romagna equivalga a violentare la Natura...
Ma dai... per assurdo, ce la vedreste voi una fabbrica a Poppi (borgo medievale in collina, in provincia di Arezzo) o a Gubbio o nei dintorni di Urbino? Io non ci riesco.

Cap. 3: Il protagonista inizia la propria attività di consulente psicologo con tutti i candidati. Vuole conoscere anche chi è andato male negli scritti. Colpisce, almeno a me, il dialogo con Michele Pizza, un disoccupato da ben 5 anni, che vive con la famiglia di origine.

4. LE STORIE PERSONALI DI ALCUNI DISOCCUPATI DI SANTA MARIA:

NOTA IMPORTANTE! = I dipendenti in questo romanzo sono trattati non come bestie da soma che non devono far altro che sgobbare, ma come veri e propri esseri umani, con un vissuto alle spalle e con la malinconia negli occhi (= la tristezza di chi, suo malgrado, vive un eterno presente di povertà sociale, economica e culturale, a causa della disoccupazione).

E' stato per me bellissimo rilevare, durante la lettura del romanzo, che il protagonista-narratore è veramente un uomo sensibile, capace di ascoltare, riflessivo ed equilibrato, che mai una volta pronuncia giudizi pesanti o denigratori contro i non assunti che più di una volta capitano nel suo ufficio insistendo per essere reclutati nella ditta.

Ci sono tre casi umani particolarmente significativi, ma del terzo parlerò meglio nel prossimo paragrafo.

A) ACCETTURA VINCENZO: Ricorrenti sono le sue "visite" al direttore. Accettura colpisce più che altro per la sua disperazione e per la sua esasperazione nei confronti della sua situazione. Vorrebbe lavorare... Vorrebbe essere assunto dalla Olivetti, ma non c'è più alcun posto di lavoro nella fabbrica di Santa Maria/Pozzuoli. E così, un giorno si butta sotto l'auto del direttore della fabbrica.

Quante volte, durante la lettura, mi è venuto in mente il primo articolo della nostra Costituzione?
Soprattutto la prima frase.

L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. 
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

In effetti è così: la dignità della persona adulta e responsabile si basa sul contributo che essa può dare o dà alla società, compiendo un lavoro che sì lo renda un individuo socialmente utile, ma anche che faccia emergere le sue attitudini e le sue inclinazioni.
Insomma, l'ideale sarebbe non lavorare soltanto, ma lavorare con il sorriso sulle labbra e con la voglia di sfruttare le proprie potenzialità, ogni giorno, anche se è dura e difficile.

B) PAPALEO LUIGI: Era una ex manovale dell'industria, infortunatosi durante la costruzione dello stabilimento, per la caduta di una trave sulla testa. (L'invalidità riconosciuta è del 60%. Come fa a lavorare in fabbrica uno messo così?).

5. ANTONIO DONNARUMMA:

Il grave problema socio-economico che permea tutto il romanzo è che le domande di assunzione sono di gran lunga superiori alle esigenze di personale in fabbrica.

... E al nono capitolo compare Antonio Donnarumma. Compare nell'ufficio del protagonista senza mai aver presentato una domanda scritta di lavoro.
In particolare, una frase è emblematica del modo di Donnarumma di intendere il mondo. Eccola qui:

«Che domanda e domanda. Io debbo lavorare, io voglio faticare, io non debbo fare nessuna domanda. Qui si viene per faticare, non per scrivere.»

Antonio Donnarumma appartiene sempre, nonostante i cambiamenti del secondo dopoguerra che riguardano il boom economico degli anni '50, all'epoca pre-industriale, o forse meglio, alla società contadina, dal momento che reclama il suo diritto a lavorare perché esiste, senza sottoporsi ad alcun tipo di formalità.
E io più di una volta mi sono chiesta: ma chissà se Donnarumma sa scrivere...
E più di una volta mi è venuto da dire: però non ha proprio tutti i torti. Si esiste; e dunque per vivere bisogna lavorare.

6. IL CONSULENTE PSICOLOGO E AMERIGO ORMEA A CONFRONTO:

E' un confronto un pochino azzardato, però è un mio pensiero che riassumo qui sotto: questo consulente psicologo, che proviene da una precedente esperienza di lavoro nell'industria del Nord, è più o meno come l'Amerigo Ormea di Calvino.
Amerigo Ormea, quando è chiamato a fare lo scrutatore dei seggi nelle elezioni del '53, passa dall'ambiente del PCI al Cottolengo di Torino, ospedale per disabili, e gli si apre tutto un mondo, perché si fa un sacco di domande sul senso della vita, su cos'è la bellezza e su fino a che punto un essere umano può dirsi umano, quest'ultima questione riferita alle disabilità più gravi.
Il dottore della Olivetti, approdando in Campania, scopre, in particolar modo attraverso i colloqui con operai e candidati, un mondo sociale che prima non conosceva affatto.
E, come Ormea, ma in un altro tipo di contesto e di situazione, si pone una serie di domande e fa una serie di riflessioni sociologiche.
Ho fotografato delle pagine giusto per rendere l'idea e per evitare di trascrivere citazioni troppo lunghe che includono quasi un'intera pagina:

Donnarumma all'assalto, p.165



Ma forse, come afferma il mio docente, è più giusto collegare, innanzitutto dal punto di vista strutturale, Donnarumma all'assalto con Cuore di De Amicis.
Il primo riguarda il momento positivo delle industrie: Olivetti con tutte le sue buone intenzioni, Olivetti che garantisce una serie di servizi ai dipendenti, tra cui l'assistenza sanitaria. I sindacati che fanno molta fatica a trovare delle valide ragioni per proporre uno sciopero, date le condizioni di non-alienazione dei dipendenti.
Il secondo, del periodo post-risorgimentale, è un romanzo per ragazzi, ambientato nell'anno scolastico 1881-1882 e narrato dal punto di vista di Enrico Bottini.

Entrambe le opere accolgono la forma diaristica. In entrambe le opere si dà valore non solo al vissuto e alle speranze dei personaggi ma anche alle loro situazioni familiari (molto spesso non felici).

7. DONNARUMMA ALL'ASSALTO E LE IDEE DI PASOLINI:

Da sempre, anche negli anno '50, lo sviluppo economico delle regioni italiane non è mai stato omogeneo...
Questo è un romanzo relativo a "due Italie": l'Italia del Nord, industrializzata, con città e cittadine già in grado di garantire diversi servizi ai residenti che lì vivono e ai lavoratori che vi si recano, con un personale delle industrie piuttosto qualificato. E l'Italia del Sud, povera, con un sacco di famiglie in difficoltà.

Ad ogni modo, tutto ciò mi fa pensare all'Italia socialmente stratificata degli anni '50 che Pasolini, durante il suo operato intellettuale di giornalista, regista e scrittore aveva messo in evidenza.
Ci sono i borghesi, ovvero, coloro che hanno potuto permettersi gli studi e che hanno potuto diventare ingegneri, medici, docenti, avvocati e commercianti.
Ci sono ancora i contadini (anche se in netto calo, a causa dell'industrializzazione).
E c'è quella fascia di proletariato urbano che svolge lavori in fabbrica.
(E a Roma, a proposito di povertà e di degrado, c'è quello che lo stesso Pasolini chiama "sottoproletariato", ovvero, la popolazione delle borgate romane, delle periferie di Roma, senza cultura, senza morale e senza soldi).

Ci sono dunque diverse classi sociali, la differenza tra l'una e l'altra è notevole, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista culturale e dei valori.

Insomma, non è certo l'Italia degli anni '70, che, come sempre Pasolini afferma nei suoi Scritti Corsari, è l'Italia dell'omologazione e della televisione (i mezzi di comunicazione diffondono mode e tendenze che manipolano le coscienze e che le portano al conformismo. Di conseguenza, le differenze fra un borghese e un proletario tendono ad attenuarsi).



17 ottobre 2019

"Il padrone", G. Parise- Letteratura industriale (parte A):

Prima ancora di iniziare la recensione vorrei darvi un link particolarmente interessante: 

https://www.lafeltrinelli.it/libri/anna-napponi/avventure-una-liceale-invisibile/9788832102116

Se ci cliccate sopra andrete direttamente al sito della Feltrinelli. Attenzione, però: confermo che il romanzo sarà in commercio a partire dal 4 novembre, quindi non è ancora disponibile (nel senso che non lo trovate né domani né la prossima settimana!!).
Potete comunque iniziare a prenotarlo.
Sotto al prezzo trovate il riassunto dei contenuti del romanzo.
Lettura praticamente da "bollino giallo", consigliata agli adolescenti dai 13 anni in su.
In futuro, dopo che lo avrete letto, non dimenticatevi di lasciare una recensione, positiva ma anche negativa. (Personalmente ci tengo).
Al silenzio, alla freddezza e all'invidia, da sempre preferisco dei riscontri polemici su quello che scrivo e che faccio. Perché comunque mi aiutano anche le critiche a capire che cosa migliorare.

Informazione soprattutto per chi vive in provincia di Verona: nei prossimi mesi sono comunque previste delle presentazioni delle Avventure di una liceale invisibile durante le quali potrete acquistare delle copie autografate dalla sottoscritta e avere anche gratuitamente un simpaticissimo segnalibro con l'illustrazione dell'immagine di copertina.
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"IL PADRONE", GOFFREDO PARISE:

Perché ho scritto "parte A" nel titolo? Perché i due romanzi relativi alla letteratura industriale che il mio docente di letterature comparate ha assegnato da leggere, li trovo entrambi molto belli e molto significativi, per cui ho deciso di riassumerli entrambi in questi giorni.
Alla fine, l'unico argomento che odio di quel corso è il Nouveau Roman degli anni '50 (che per me non è la poetica dell'oggetto, ma la poetica del nulla). Prossimamente ci sarà un post dedicato anche a questa corrente culturale, così capirete bene i motivi per cui sto disprezzando il Nouveau Roman.
Ieri sera mi sono confrontata con alcuni miei compagni di corso di questo libro di Parise, e mi ha fatto veramente molto bene!


1) AMBIENTAZIONE ROMANZO:

Qui ho fatto un errore io. Cioè, un mio compagno di studi, nel leggere Il padrone, ha riconosciuto la città di Milano, io invece, fino a ieri ero convinta che la vicenda fosse ambientata a Verona o comunque in un Veneto che, a metà degli anni '60, si stava notevolmente industrializzando (i figli dei contadini, tra cui mia mamma, per far fronte alla povertà e alle difficoltà di proseguire gli studi, cercavano lavoro nelle ditte sin da adolescenti).

All'interno del libro non viene mai specificato il nome della città nella quale il protagonista giunge.
Io sostanzialmente ho pensato a Verona perché Saturno, il padre del dottor Max, a p. 128 canta in dialetto veneto: "la gavea 'na gamba de legno". (Questa è esattamente la lingua in cui penso e dalla quale traduco i pensieri in italiano. Non si tratta certo del dialetto milanese!).

Cartolina sullo sviluppo edilizio e industriale a Milano negli anni '60

Però, quasi all'inizio del libro, c'è questa descrizione:

Non ricordo affatto l'itinerario di questa prima passeggiata,  ho visto molte cose, ma quelle che mi sono rimaste bene nella memoria sono una enorme cattedrale, una grande piazza circondata da edifici tappezzati di scritte luminose, un alto palazzo (molto più grande di quello della ditta) che sorgeva da uno specchio d'acqua da cui galleggiavano larghe foglie e ninfee, anch'esso interamente d'acciaio e cristallo, e illuminato: all'interno, fin dove poteva salire il mio sguardo, ho visto grandi sale di esposizione e vari oggetti di cristallo e acciaio in mostra sui banchi.

Dai, è vero... è Milano. Stavolta ho forse l'1% di possibilità di aver intuito bene. 
Ma i paroni del romanzo, ovvero i membri della famiglia del dottor Max sono di origine veneta? Non lo si chiarisce. 
Resta comunque la certezza che Goffredo Parise era vicentino.

2) L'INCIPIT:

Chiarito il "dilemma" geografico, proseguo con un confronto di incipit.

INIZIO DEL PADRONE- cap.1:

Questo è il mio primo giorno nella grande città dove ho trovato lavoro. Non posso negare di essere un poco emozionato, da oggi la mia vita muta radicalmente: fino a ieri ero un ragazzo di provincia, senza nulla in mano, che viveva alle spalle dei genitori. Oggi invece, sono un uomo che ha trovato lavoro e che d'ora in poi provvederà a se stesso, non solo, ma già comincia a pensare ad una famiglia propria e, quando sarà il momento, ad aiutare anche voi, cari genitori. Sono partito dalla nostra città con le cinquantamila lire che voi mi avete dato, le terrò con cura, non le butterò certo via e ricorderò sempre questo sacrificio che avete fatto per me. Cari mamma e papà, vi vedrò sempre più raramente, i capelli bianchi si infittiranno sul vostro capo e, di tempo in tempo, la vecchiaia apparirà sui vostri volti pieni di speranza in me.

A inizio romanzo, il protagonista-narratore, che non rivela mai il suo nome proprio, (al contrario della mia protagonista, che a fine primo capitolo, dice chiaramente nome e cognome al lettore: "Mi chiamo Zoe Trevi. Ho 17 anni e per i miei compagni di classe non esisto") confida ai fruitori della sua vicenda i suoi stati d'animo: "oh, che bello, che emozione, cambio vita, da semplice ragazzo di campagna divento un dipendente di una ditta, acquisisco autonomia economica, continuo a coltivare i miei sogni e i miei progetti per il futuro!"
Trovo comunque bellissima l'apostrofe ai genitori ("Cari mamma e papà"), come se il ragazzo, appena arrivato nella grande città, stesse loro scrivendo una lettera.
Li ricorda sì con affetto, ma anche con gratitudine, dal momento che entrambi ripongono molta stima in lui e nelle sue potenzialità.
Nel primo capitolo, il ragazzo protagonista ha 20 anni tondi tondi ed è vivo dentro, nel tredicesimo (penultimo), lo riscopriamo un ventiduenne passivo, soggiogato psicologicamente alle volontà del dottor Max e della madre di quest'ultimo e incapace di uscirne.

INIZIO DI DONNARUMMA ALL'ASSALTO-cap.1:

Donnarumma all'assalto è incluso nella parte B di questo blog, ancora dedicata alla letteratura industriale. Cioè, è la prossima opera di cui parlerò, a mio avviso anche più accattivante di questa.

Marzo-lunedì

Sono entrato per la prima volta, all'improvviso, nel laboratorio psicotecnico. C'erano i candidati, seduti ai banchi, e hanno alzato il capo dai figli dei test per osservarmi. Eccone un altro, pensavano, il nuovo, l'ultimo venuto. Che tipo è? Porta bene o male? Lo sanno che il nuovo impiegato arriva sul loro destino. Una luce forte fluiva dalle due pareti di vetro, d'angolo, ma subito mi sono tolto gli occhiali neri; tuttavia mi sono comportato freddamente, da funzionario indecifrabile, senza guardare nessuno. Ho salutato la signorina S., la mia collega, e mi sono dato a sfogliare le pratiche dei candidati sul tavolo accanto alla lavagna.

Donnarumma all'assalto è un romanzo di Ottiero Ottieri. E' ambientato in Campania, non al Nord.
E qui, il protagonista-narratore, non è un giovane che sta per divenire un dipendente, bensì un uomo maturo, un uomo di cultura che viene trasferito presso un nuovo stabilimento della Olivetti, nel Meridione, dalle parti di Napoli.
Insieme alla signorina S. è addetto alla selezione del personale della fabbrica. L'assunzione dei candidati avviene prima di tutto mediante dei test attitudinali, poi c'è la prova delle abilità meccaniche e infine il colloquio.
Anche il protagonista-narratore di Donnarumma all'assalto sembra non avere un nome proprio (non viene mai detto all'interno del libro). 
Sebbene lo stile, in tutto il libro, risulti oggettivo e ben ricco di precisazioni cronologiche di tipo diaristico (giorni esatto della settimana e mese), traspare, nel corso di tutta la vicenda, la profonda sensibilità del protagonista, soprattutto nelle circostanze dei colloqui con i candidati.

3) LA MORTE DEI SENTIMENTI DEL PROTAGONISTA-NARRATORE:

E' l'elemento più interessante ma allo stesso tempo più triste e più sconcertante di quest'opera.
Ma è il dispotismo del dottor Max che rovina il protagonista, che all'inizio è un bravissimo ragazzo.

C'è qualcosa di strano, di stranissimo: il ragazzo senza nome ha 20 anni, il dottor Max è quasi un suo coetaneo, perché si intuisce subito che è ancora molto giovane, che avrà al massimo 5 anni in più.
Lavorare alle dipendenze di un padrone che, per l'età che ha, potrebbe benissimo essere o tuo fratello o tuo amico, non è abbastanza anomalo?
E un qualcosa che nella realtà non dovrebbe succedere mai.
In effetti, la confidenza tra il dottor Max e il protagonista inizialmente è molta, perfino troppa. Si danno del lei, ma parlano troppo tra di loro.
4/5 anni di differenza non sono poi così tanti, e lo dico anche pensando alla mia situazione personale.
Cioè, io non la sento tanto, la diversità. Ho un pochino di esperienza in più, un pochino di università in più rispetto ai '99 e ai 2000, tutto qui.
Ma, logicamente, data l'appartenenza alla stessa generazione, non posso ricoprire alcun ruolo educativo né direttivo.
Quello che si è portati a chiedersi all'inizio è: come fa un giovane a imporsi su un altro giovane in un contesto di lavoro? Ci riesce?
Il dottor Max ci riesce eccome, perché è un manipolatore, di fatto un ragazzino viziato, collerico e prepotente, che pian piano rivela tutto il suo incredibile cinismo.
(Con uno come il dottor Max io non condividerei nemmeno un caffè a metà mattina!)
Perché dunque, nonostante la sua giovinezza, Max è diventato padrone e coordinatore della ditta commerciale? Il padre Saturno, effettivo titolare, non ha voglia di occuparsene. Va a pesca. Non ha voglia di lavorare.
Comunque, il dottor Max, che solo all'inizio del libro appare come un giovane dall'aria triste e romantica (credo sia un giudizio ironico), dice esattamente questo al suo nuovo dipendente:
"Lei è arrivato dalla provincia così, puro e intatto. Si conservi così come mostrano i suoi occhi."

E il dottor Max colloca il protagonista-narratore in un piccolo ufficio di fronte al suo (il suo ex gabinetto).
Attenti a quell'ultima affermazione sopra, perché in pratica segna la morte, futura e certa, dei sentimenti e della libertà individuale del ventenne pieno di entusiasmo e di aspettative.
Quell'ufficio è troppo, troppo vicino a quello del padrone corruttore. 
Dal giorno dopo, per il ragazzo di campagna inizia una routine quotidiana monotona, ripetitiva, priva di originalità: ogni giorno fa le stesse cose.
A poco a poco, gli svaghi che non hanno a che fare con la ditta, lo annoiano, non gli interessano più.
Diviene un alienato, una persona incapace non soltanto di apprezzare ma addirittura di scorgere una realtà oltre la ditta, all'interno della quale peraltro, non svolge nessuna effettiva mansione.
Il dottor Max è un manipolatore, l'ho detto anche prima. Relega il giovanissimo nuovo acquisto in una stanzetta piccola, lo paga poco e non lo fa lavorare. Ma non perché gli voglia bene.
Tra l'altro, basta che il ragazzo sollevi qualche piccola obiezione a qualche suo discorso per sentirsi insultare.
Lo tiene ai margini della propria ditta per "lavorarselo", sostanzialmente, per fargli perdere non soltanto il candore e l'ingenuità da "campagnolo", ma anche i legami con il suo passato e con la sua famiglia di origine.
Già al sesto capitolo, il ragazzo arriva a non provare più nulla per nulla:

Sono a casa, nella mia città. Ho chiesto al dottor max alcuni giorni di ferie che mi ha subito concesso.
(...)
Al tempo stesso in questi giorni ho dovuto ammettere, con ripugnanza, che più nulla mi lega a mio padre, a mia madre, a Maria e alla città dove sono nato. Non un sentimento, un ricordo, nulla. Quello che provo è invece un sentimento, se così si può chiamare, di insofferenza, di noia e persino di assurdità. Spesso, stando con i miei genitori o con la mia fidanzata, mi domando cosa faccio lì, con quella gente.  Mia madre mi pare una donna qualunque, mio padre un vecchio altrettanto qualunque, Maria una ragazza che non soltanto non amerò mai, ma che sono convinto di non aver mai amato. La casa mi pare una casa triste e funebre, il mio letto il letto di un estraneo, la città una città di provincia come tante altre, noiosa e sonnacchiosa.

Domanda-provocazione che vi faccio: che cos'è un uomo senza memoria? 

E' molto facile, anzi, direi naturale, collegare la memoria allo sforzo del ricordo. Ma il ricordo, indipendentemente dalla sua positività o negatività, cosa implica?
Implica la sfera degli stati d'animo (cosa si provava durante quell'avvenimento e cosa si prova nel presente nel ricordarlo) e la sfera del pensiero (semplicemente perché la memoria ricostruisce, ripensa alle immagini che nell'effettivo presente del momento in cui si ricorda non sono più).

Togli all'uomo la facoltà del ricordo, secondo me gli togli tutto: gli togli la sua storia, il suo vissuto, la sua personalità, i suoi pensieri. E' sostanzialmente questo il motivo principale per cui detesto non certamente la letteratura industriale, che riflette su problemi economici e psico-sociali, ma il Nouveau Roman, dove c'è l'esplicita intenzione di annullare psicologia e memoria.
Robbe-Grillet, il fondatore del Nouveau Roman, non è stato un uomo di grande cultura, ma un grande sciocco, permettetemi di dirlo, anche se non dovrei, anche se dovrei studiare per questo esame senza preoccuparmi troppo di dare dei giudizi di valore.

4) IL FINALE E L'IMMAGINE DEL BARATTOLO:

Eh lo so, è uno dei miei più grandi difetti: rivelarvi il finale di ogni libro di cui svolgo la recensione.

Ognuno desidera trasmettere nel figlio che lo continuerà i propri caratteri individuali. Spero dunque che non sia come me, ma felice come sua madre nella beatitudine pure dell'esistenza. Egli non userà la parola, ma nemmeno saprà mai cosa è morale e cosa è immorale.
Gli auguro una vita simile a quella del barattolo che in questo momento sua madre ha in mano, solo così nessuno potrà fargli del male.

Finale terribile!
Praticamente, la famiglia del dottor Max costringe il ragazzo a sposarsi con Zilietta, un'adolescente mongoloide (senza disprezzo, eh, è che il romanzo non specifica che tipo di disabilità sia, dice solo "mongoloide").
Non vi dico attraverso quali metodi viene costretto, anzi sì, ve lo rivelo: attraverso lettere di persuasione e di condizionamento, che il dottor Max indirizza al protagonista al fine di provocare in lui un vero senso di colpa già soltanto per aver avuto l'intenzione di disobbedirgli.

Sapete una cosa invece?
Io mi auguro che mio figlio sia intelligente, anche più intelligente di me, tremendamente intelligente.
In quest'epoca di globalizzazione e di elevate tecnologie, nella quale la gente non si incontra per davvero, non si parla per davvero, nella quale la gente è per lo più superficiale, vuota, arrogante e insensibile, io mi auguro di partorire dei figli molto intelligenti.
Ma non di intelligenza soltanto scolastico-accademica (quando i voti risultano tutti più che sufficienti, va benone). 
Mi auguro, in sostanza, che i miei figli, già da adolescenti, sappiano servirsi della facoltà critica del pensiero, per capire bene le loro inclinazioni e la loro strada di vita, per comprendere bene che non è tanto "quanto fai e ciò che hai" che definisce quello che sei. 
Mi auguro che i miei figli siano intelligenti, così intelligenti da comprendere presto che la vita è una sola e unica e che va vissuta certamente rispettando la Natura e gli altri, ma anche avendo cura di se stessi e della propria originalità.
... Perché gli intelligenti, oggi come oggi, soffrono l'invidia, la rabbia, l'immaturità e l'avversione altrui... ma trovano sempre la forza di stringere i denti e i pugni per dire a se stessi: "Io persevero. Io sono un progetto. E affronto tutto ciò che c'è da affrontare per realizzarmi. Anche se, abbastanza spesso, i giudizi altrui mi fanno male."


10 ottobre 2019

Ciao Nuvolina!!! :-°(

Lungo "Elogio funebre" alla migliore amica che io abbia mai avuto.
(Ho scarse speranze sul fatto che stavolta vi possa coinvolgere in qualche modo, non parteciperete, almeno credo, al mio dramma reale e sentito. Sicuramente riderete, almeno per questo post.)


Nuvolina (Nuvola): n. 22/04/'19- m. 10/10/'19
 agosto 2019
Cara piccola Nuvolina,
era da agosto che non crescevi più. In questa foto avevi quasi 4 mesi. Il 22 ottobre ne avresti compiuti 6, ma purtroppo, a causa di un probabile difetto genetico, non sei arrivata neanche a stasera.
Questa casa di campagna ora mi sembra triste senza di te. Il portico è vuoto; e gli scatoloni sui quali ti sedevi o ti addormentavi sono tornati a servire come ulteriori depositi di immondizie.
Non ho, anzi, in famiglia non abbiamo mai visto né avuto una gattina così bella. 
Che vuoi che abbia fatto oggi, per la maggior parte del tempo? Lacrime e giri a vuoto da una stanza all'altra sussurrando: "Nuvolina!". Mi sento un po' sola. 
Da domani dovrò veramente e seriamente imparare ad accettare il fatto che tu non ci sei più, altrimenti rischio di apparire scema e ridicola, cara amica mia. 
Eh ma, da una parte, devo ammettere di aver abbastanza perso la testa per te, per quei mesi che sei vissuta da me. E ammetto di averti viziata.
Sei stata un'ottima compagnia. 
Eri la mia "signorina" a quattro zampe: bellissima, innanzitutto. 
E poi anche buona, delicata, dagli occhi dolci. Ma eri anche grintosa e leggermente "carognetta" (me lo ricorderò bene, sai, quel graffiettino che un giorno mi hai fatto quando stavo per metterti delle gocce negli occhi! Ha sanguinato un po'. Dai, questo post in fin dei conti è il tuo funerale: diciamo allora che è stato un modo alternativo per ringraziarmi del mio servizio da infermiera! A te mancava soltanto la parola, bella Nuvolina!).

Per tutta la giornata ho pensato alle nostre belle e simpatiche avventure di quest'estate.

Il 7 giugno, tre giorni prima dell'esame di metrica italiana, sono venuta a casa di Maria, una ex-collega di mia mamma. 
E' lei che ti ha affidata a me, e con te, lo sai bene, c'era anche il tuo gemellino Macchia. 
Che belli che eravate insieme.
Che belli che eravate da fotografare, soprattutto!
luglio 2019
Quel che né io, né Maria, né mia mamma sapevamo (e nemmeno ora sappiamo con assoluta certezza), era che probabilmente covavate entrambi lo stesso virus letale e malefico. Forse avete ereditato i geni sbagliati da uno o da entrambi i gatti-genitori.
Giugno, ad ogni modo, è andato bene. Più per te e Macchia che per me, che ero sotto esami e che dovevo studiare e ripassare già con un clima piuttosto torrido.
Fino ai primi 10-12 giorni di luglio avete corso, saltato e giocato alla lotta. Mi seguivate dappertutto, mi consideravate una specie di guida. Una "gattona" a due zampe, senza pelo, senza baffi e senza coda. E per di più, grande 30 o 40 volte voi.
Il giorno esatto del mio anniversario di laurea (17 luglio), mi sono accorta di qualcosa di anomalo in Macchia. Tu, cara Nuvolina, in piena estate stavi ancora bene: hai superato bene sia la congiuntivite che la verminosi. 
A Macchia è andata decisamente peggio: ha cominciato a diventare sedentario, depresso. Non giocava più. Ha iniziato a mangiare pochissimo. La sua pancia si ingrossava mostruosamente, senza che mangiasse.
E il 4 agosto, sia tu che io sappiamo bene com'è finita: è morto, è morto male, con una moltitudine di mosche che gli giravano intorno. 



Credo che tu abbia intuito il significato della morte, ovvero, il significato del "non rivedersi mai più".
Quando ho simbolicamente messo dei fiori sulla fossa, tu mi sei corsa dietro, ti sei strofinata attorno alle mie caviglie e mi hai guardata con un'aria triste. Forse intuivi che triste lo ero anch'io.
Ti sei sentita sola. 


Subito dopo la morte di Macchia, e subito dopo il ritorno (mio e dei miei genitori) da un breve viaggio di 2 giorni a Molveno, io e te abbiamo legato ancora più di prima.
Tu ti sei affezionata ancora di più a me e io ho avuto occhi praticamente solo per te, che sei diventata la mia preferita tra tutti i gatti di casa, declassando anche quel bestione di Ciuffolo, una gattone che campa da anni, che è sopravvissuto a tutto.
Stavi bene, sei stata bene bene più o meno fino alla metà del mese scorso.
Attorcigliavo uno spago su una canna sottile e ti facevo correre per la corte. Le chiamavo le "esercitazioni di caccia". Ti ricordi?
"Nuvolina la futura cacciatrice!", dicevo, tutta contenta, perché, prima che il tuo male si manifestasse, eri sveglia, correvi e riuscivi sempre a prendere gli spaghi e a morderli di gusto!

E dicevo anche "Mamma Nuvolina!" quando ti vedevo insieme al piccolo Fumo.
Tre mesi meno di te. E in certi momenti te ne sei presa cura come fosse un figlioletto.


Mamma Nuvolina! Nuvolina la Cacciatrice! 
Avrei voluto che tu potessi diventare quello che con gioia esclamavo fino a 10 giorni fa circa.
Invece non ci sei più e non puoi più essere un c*zz*!
Ma sarò disperata (e anche un pochino rimbecillita)! Nemmeno il fondotinta e il fard riescono a nascondere che, mio malgrado, ho pianto per te anche stasera.
E adesso, chi si arrampicherà sulla porta della cucina per reclamare cibo e affetto?!

Eri anche "Nuvolina la Conquistatrice di esseri umani". 
Tutti, non solo io, dicevano che eri una bella gattina. Anche chi ci veniva a trovare, diceva con tenerezza, quando ti vedeva: "Ooh! Ma che bella!".
Hai conquistato persino mia zia Marcella, che tanto appassionata di gatti non è mai stata.
E hai conquistato il cuore di mio cugino Chicco, che ci ha fotografate più volte quando, domenica 28 settembre, abbiamo festeggiato il mio compleanno. Ha fatto in tempo a conoscerti e ad accarezzarti poco prima di veder degenerare la situazione. Già a fine settembre avevi una brutta patina violacea negli occhi, che probabilmente ti faceva vedere soltanto delle ombre.

Dei tuoi ultimi giorni non voglio parlare. Non reagivi alle cure, povera cara Nuvolina. Io e mia mamma pensavamo ad una cosa: "E' una gattina principessina. Non può guarire, può solo andare verso l'agonia. Di mosche attorno a dei cuccioli agonizzanti ne abbiamo abbastanza."
Stamattina, quando ti ho messa in gabbia per andare dal veterinario, ti ho detto: "Andiamo a farci un giretto in macchina, a cambiare aria." 
Ma era il tuo ultimo viaggio. Ciao Nuvolina! Ciao Nuvolina!
Ti ho fatta, ti abbiamo fatta uccidere per farti evitare il peggio. 
Eri ad un punto di non-ritorno, perché eri esattamente come era Macchia una settimana prima di morire: inappetente, sedentario, con gli occhi malati e senza controllo delle feci.
Ciao Nuvolina! Ti porterò sempre nel mio cuore.
Anche se ogni tanto ti insultavo con qualche parolaccia, tu capivi che lo facevo per affetto.
Nuvolina, sei vissuta poco, ma, ottobre a parte, sei stata felice con me.

Il paradiso dei gatti non credo esista. D'altra parte, ad essere del tutto sincera, non credo tanto nemmeno nel Regno ultraterreno umano.
La mia fede è debole. Io due anni fa ero entrata in parrocchia per due motivi (non certo per trovarmi il fidanzato! E' successo, lo scorso anno, che per un periodo mi sono trovata in particolare sintonia con una persona, e allora? Non può capitare a chiunque una roba del genere?): sentivo il bisogno di maturare questo aspetto della mia vita, la fede per l'appunto, e volevo fare qualcosa di utile per i ragazzi.
Sono stata umile, collaborativa, volonterosa, rispettosa. Non posso rimproverarmi nulla.
E molti ragazzi lo sanno. Sanno che valorizzavo chi di loro, durante una condivisione, faceva ragionamenti intelligenti o osservazioni serie, sanno che, di ognuno di loro, intravedevo e apprezzavo delle qualità.
Avevo bisogno di supporto, avevo bisogno di una vera guida spirituale, non di un prete che alla fine si è rivelato completamente cieco.

E' grave, continuare a frequentare la messa eppure dubitare spesso di uno dei principi fondamentali del Cristianesimo. 
A me le preghierine e i canti non bastano: voglio capire! Sento il bisogno di riflettere su un brano biblico ("che attualità ha? cosa mi comunica?")
Io volevo e vorrei capire, perché ambisco a interiorizzare, prima o poi, questa storia della risurrezione della carne, proprio come il Pereira di Tabucchi. Sarebbe meraviglioso averne la certezza.
Dopo una vita terrena di difficoltà, di travagli e di sofferenze ci aspetta veramente la vita eterna, la luce eterna, la gioia eterna???


7 ottobre 2019

NOTIZIA BELLA E IMPORTANTE!


Vedete che ora in basso compare anche il logo della mia casa editrice sulla copertina?
A partire dal *4 novembre*, Le avventure di una liceale invisibile diverrà un articolo in commercio e quindi sarà nelle librerie del Triveneto!
Fra un mesetto scarso potrete vederlo perfino presso le librerie Feltrinelli delle città del nord est!
Dipenderà dal riscontro delle vendite dei prossimi mesi la possibile comparsa del libro nei punti di vendita presso Milano, Roma e Firenze, questo me lo hanno sempre detto. 
Ma è principalmente nel Triveneto che il gruppo editoriale Cierre fa e mantiene dei contratti con i suoi distributori.
Stamattina sono andata in sede per le ultimissime correzioni e per poter scrivere con la grafica la scheda di presentazione del romanzo. 
Notate che il prezzo rimane identico (è esattamente lo stesso di quest'estate).
Ve la metto in allegato perché a mio avviso è venuta benissimo!



In alto c'è il riassunto dei contenuti, sotto invece la mia biografia. 
Le "parole chiave" che vedete in basso a sinistra sono state pensate da me e dalla grafica per facilitare nella ricerca online: fra un mese, se digiterete una di esse, il motore di ricerca dovrebbe indirizzarvi anche sulla famigerata liceale invisibile creata da una "(ex)ragazzina" del '95 che sta mettendo tutte le sue energie per costruirsi l'avvenire che vorrebbe.

Colori, foto e decorazioni della copertina rimangono identici. 
La copertina è uguale a quella che è stata stampata a fine maggio, anche sul retro (resta identico anche l'estratto). 
C'è qualcosina in più sull'aletta destra, cioè nel punto in cui sono riportati alcuni miei dati biografici: c'è l'indirizzo di questo blog. Stavolta lo abbiamo messo soprattutto per il pubblico degli adolescenti (anche per facilitarli con ricerche e compiti scolastici, oltre che a interessarli minimamente alla letteratura!).

4 novembre (per il commercio si sta già entrando in periodo pre-natalizio) è tra asterischi perché a partire da quel lunedì sarà altamente probabile trovare il libro tra gli scaffali delle librerie.
Le 1000 copie saranno tutte quante stampate fra 15 giorni. 
Però, tra il tempo di stampa, di asciugatura delle colle, tra i contratti da stipulare e da firmare con i distributori, sarà molto difficile che Le avventure di una liceale invisibile possa essere visibile nelle vetrine già fra 15 giorni. E in effetti la grafica lo ha registrato come "novità di novembre 2019", sicurissima di quello che scriveva.

Gli estratti del romanzo sono nell'altro post (al di sotto di questo). Ho dovuto separarli perché altrimenti il sistema di blogger mi faceva storie (poco comprensibili) sulle difficoltà di pubblicare tutto quanto (notizia ed estratti) in un colpo solo.
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