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24 giugno 2022

Le "res novae" del XXI° secolo: appunti dal convegno con il professor Stefano Zamagni

La politica serve a gestire 

i beni e le relazioni di una comunità 

superando gli interessi delle categorie.

Noi cristiani dovremmo chiederci

cosa mettere al centro del nostro agire

tenendo presente Gesù Cristo, 

modello di fermezza e di bontà.

Gesù è stato molto veemente e deciso 

quando ha cacciato i mercanti dal tempio,

episodio che deve farci riflettere 

su quanto siano preziose l'onestà e la lealtà 

in economia e in politica.  

(cit. di מַתִּתְיָהוּ, marzo 2022, quarta lezione del laboratorio socio-politico diocesano)

Ne avrà 30 il prossimo anno, ma voglio proteggerlo da voi, che siete il mio pubblico e che di lui potete considerare interessante soltanto questo discorso. Per questo motivo ho scelto di menzionarlo in caratteri ebraici. 

Eravamo poco oltre metà marzo, c'era il quarto incontro del laboratorio socio-politico e in questa occasione Don Renzo ci ha posto due domande: A che cosa serve la politica secondo voi? Per quali motivi la fede dovrebbe aver a che fare con la politica? 

A fine post inserirò la risposta che avevo dato io sulle stesse questioni.

In questo post non ho soltanto ricopiato alcuni appunti presi qualche mese fa ma ho anche aggiunto delle considerazioni personali sul tempo in cui viviamo. Considerando le tematiche complesse e delicate emerse durante il convegno con Stefano Zamagni, mi sembrava quasi d'obbligo inserire, a inizio post, l'intervento di מַתִּתְיָהוּ sul bene comune e sul rapporto fede-politica. 


Le parti dedicate alle mie considerazioni sulle frasi di Zamagni saranno evidenziate in grassetto.

A) CARITA' E RUOLO SOCIALE DEI CRISTIANI DEL XXI° SECOLO:

La missione della Chiesa è l'evangelizzazione sociale, visto che la nostra identità e la nostra dignità si fondano sulla carità verso il prossimo. Quindi la Chiesa non può limitarsi a preparare le anime per il cielo. La carità come virtù deve animare la politica e non esiste carità senza verità.

Sostanzialmente, all'inizio della conferenza, questo professore che proviene dall'Università Cattolica di Parma stava considerando dannosa la separazione tra fede e vita. Sono d'accordo: come è stato sottolineato in uno degli incontri di formazione del laboratorio diocesano "Dialoghi di vita", che ho frequentato tra gennaio e marzo, oggi la fede cristiana viene vissuta come fatto privato. Questo significa che esistono parecchi casi in cui il credente frequenta regolarmente le celebrazioni e, nei momenti di preghiera personale, attua una sorta di sincretismo tra elementi cristiani ed elementi orientaleggianti, più frequentemente di matrice buddhista. Queste pratiche a mio avviso però sono anche un segnale di mancanza di valide guide religiose: da una parte ci sono sacerdoti e religiosi molto umani e sensibili verso i laici, dall'altra invece ci sono delle persone che, pur avendo consacrato la loro vita a Dio, nella quotidianità degli impegni si mostrano superficiali e poco interessati a creare una catechesi che sia "viva", fondata su valori di autenticità, coerenza e verità.

Dall'altro lato però è utile ammettere che anche tra i credenti c'è  incoerenza: si accede all'Eucaristia, la si adora ma, al di fuori della Chiesa, si giudicano pesantemente gli altri, ci si vanta di "presunti meriti" oppure ci si comporta in modo egoistico, arrogante, presuntuoso, proprio come dimostra Lc 18, 9-14, con l'episodio del fariseo e del pubblicano:

In quel tempo Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo». Il pubblicano, invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore». Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato.

Il cristiano deve dimostrare lo stile di vita evangelico, non vantarsi di essere migliore degli altri oppure chiudersi in una fede "personalizzata". 

B) LE "RES NOVAE" DEGLI ULTIMI 30 ANNI:

B1) FINE DELLA PRIMA GLOBALIZZAZIONE

Con lo scoppio della guerra in Ucraina si può considerare conclusa la prima fase della globalizzazione.

Il conflitto in Ucraina è la conseguenza del fallimento del pensiero liberal-liberista che negli ultimi tre decenni ha mercificato anche le coscienze individuali, oltre che le identità nazionali.

Ma finanza ed etica non possono vivere in sfere separate. Secondo il positivismo l'economia, per divenire una disciplina scientifica, deve separarsi dall'etica. La deregulation finanziaria degli anni '80, attuata in tutto il mondo occidentale, ha mirato alla recisione dei legami tra politica democratica e mercato. Il mercato dà priorità all'efficienza ed è paradossale quindi che dimentichi i valori della democrazia e della libertà!

La deregulation finanziaria ha rotto, gradualmente, l'ordine globale: con l'incentivare l'indipendenza del mercato dai governi si è purtroppo favorita la massimizzazione del profitto, dal momento che gli interessi delle industrie dominano su quelli dei consumatori.


Per me a questo punto è inevitabile proporvi alcuni versi di una poesia di Andrea Zanzotto che ha esattamente la mia età e si intitola Dirti natura. La poesia è formata da tre strofe. Riporto soltanto alcuni versi, i più significativi:

1° strofa= Che grande fu/poterti chiamare Natura: la poesia viene introdotta così e tutta la prima strofa è caratterizzata da verbi al passato. E' un passato remoto che richiama innanzitutto al fatto che, nell'antichità, in particolar modo, nell'antica Grecia, molti dei nomi gli dèi derivavano dagli elementi naturali. I popoli antichi erano affascinati e suggestionati dalle meraviglie naturali. Con il Romanticismo inoltre, a inizio Ottocento, il sublime considerava alcuni paesaggi (quelli di alta montagna, ad esempio) e alcuni fenomeni atmosferici (la tempesta) affascinanti e al contempo terrificanti. Non dimentichiamo però che il XIX° secolo, come testimoniano alcuni scrittori quali Charles Dickens, è l'epoca dell'incremento dell'urbanizzazione e dell'industrializzazione.

2° strofa= Al labbro vieni mia ultima, sfinita goccia di/ possibilità di/ dirti natura. La seconda strofa è tutta al presente. Alle soglie del 2000, come anche ora d'altronde, gli spazi verdi, nei paesi di provincia e anche in collina, iniziano a diminuire. Si costruiscono edifici e i terreni che prima erano campi o grandi giardini divengono vie di paesi. Aumenta l'inquinamento.

3°strofa= ora travolta in visura di loschi affari/fatta da bulbi oculari/incendiati/dal re di denari. Con "visura" qui si intende "burocrazia". All'uomo contemporaneo non sta a cuore il rispetto del creato ma l'aumento del profitto e... il riciclaggio di denaro sporco.

B2) DIFFERENZE TRA INTELLIGENZA ARTIFICIALE E AUTOMAZIONE

Fino ad oggi non è stata chiarita la differenza tra intelligenza artificiale e automazione. Se, da un lato, l'automazione toglie la fatica fisica e manuale sostituendo le braccia, dall'altro l'intelligenza artificiale sostituisce la mente. 

Ma con l'attuazione del trans-umanesimo dove sarà il confine tra umano e non umano?


Il trans-umanesimo è un'ambizione politico-filosofica che concerne l'unione tra uomo e macchina e quindi, vuole diventare la dimostrazione che la coscienza non è un ente esclusivamente umano. Il trans-umanesimo amplierebbe le potenzialità umane in modo indefinito, ma con il rischio di privare gli esseri umani di autonomia morale.

Qui ho invece pensato ad un triste film fantascientifico intitolato Intelligenza artificiale. La trama è la seguente: nel 2125 il nostro pianeta è devastato dall'effetto serra. Ci sono i Mecha, robot simili agli umani. E c'è un Mecha che non soltanto ha l'aspetto di un bambino ma è anche in grado di provare amore e tenerezza. Si chiama David. David, una volta fabbricato, viene assegnato ai coniugi Swinton, coppia il cui figlio Martin è ibernato da alcuni anni in attesa di trovare delle cure per la sua grave malattia. E Monica, la moglie, è infelice per questa situazione. David viene successivamente abbandonato in un bosco dopo che si è trovato un rimedio per la malattia di Martin. Il bambino-automa David deve allora cercare la Fata Turchina in una specie di Paese dei Balocchi, in modo tale da poter diventare un bambino vero. David ha conosciuto la storia di Pinocchio attraverso Martin.

Non ricordo molto altro di questo film, d'altra parte, l'ho visto nel 2011.

Naturalmente mi torna alla mente anche la trama di I'm your man: un'azienda tedesca che crea automi come donne o uomini ideali per gli umani single, dopo che questi ultimi sono stati sottoposti a dei test psicologici. Quelli di I'm your man sono automi che simulano galanterie e sentimenti.


B3) L'ECOLOGIA E I MOVIMENTI ECOLOGICI


L'ecologia e i movimenti ecologici chiedono di essere riconosciuti in un'epoca in cui il clima sta cambiando con l'aumento globale delle temperature, i periodi di siccità e la scarsità d'acqua. E' necessario un nuovo umanesimo in grado di coniugare storia, ingegneria, economia, arte e architettura.

Credo che anche qui il professor Zamagni abbia ragione. Ma può esistere un tipo di architettura che rispetti il creato? 

Alla fine degli anni Trenta del secolo scorso, un architetto americano, Frank Lloyd Wright, è stato l'inventore dell'architettura organica visto che i suoi edifici erano pensati in relazione agli ambienti che li circondavano. Le case e i materiali con le quali venivano costruite, per Wright, dovevano essere complementari agli ambienti esterni. L'esempio più lampante di ciò è La casa sulla cascata in un bosco della Pennsylvania. I volumi di questa casa si accavallano sopra una cascata:


La via dell'ecologia integrale probabilmente conterrebbe l'innalzamento delle temperature e costituirebbe una soluzione per rendere il mondo migliore visto che innanzitutto concepisce un'economia che metta al centro il benessere umano, in modo tale che gli uomini e le donne non siano soltanto dei consumatori, e poi, all'ecologia integrale starebbe a cuore l'integrazione degli ultimi e delle minoranze etniche, visto che la Terra non è un semplice serbatoio di ricchezze. San Francesco era un ottimo economista (e anche un ottimo poeta, aggiungo io, mentre ripercorro a memoria alcuni versi del suo Cantico delle Creature). 


Così San Francesco avrebbe voluto la società: Io voglio che tutti lavorino. Se tutti lavorano tutti hanno il pane. Quest'ottica sociale è più attuale che mai soprattutto se si considerano le politiche di tipo paternalistico-assistenziale adottate negli ultimi anni, scelte che non motivano molti lavoratori a contribuire in modo attivo al benessere della società. Un modello di prosperità inclusiva sarebbe più utile rispetto al reddito di cittadinanza. La prosperità inclusiva ci inviterebbe a costruire istituzioni di pace, reintegrando la dignità delle persone e del lavoro. Così si potrebbe modificare il detto latino Si vis pacem, para bellum: si vis pacem para civitatem. Anche nel Vangelo si dice: Beati i costruttori di pace, quindi, beati coloro che agiscono per il bene delle comunità, non beati i predicatori di pace. Non possiamo agire come se Dio non esistesse. Quando trattano le guerre di questi ultimi anni, i telegiornali e alcuni programmi televisivi tendono a polarizzare gli ideali, contribuendo quindi a formare fazioni che non dialogano ma si scontrano.

B4) L'INDIVIDUALISMO

L'individualismo è nato con la Rivoluzione francese che promuoveva la centralità dell'uomo. Ora invece l'individualismo è diventato un comportarsi come se Dio non esistesse. E' quindi la centralità della singolarità. Con il mettere al centro i bisogni e gli appetiti del singolo, si rischia di cancellare il concetto di comunità.


L'ottica del consumatore occidentale può essere riassunta dalla frase Volo ergo sum, ovvero, "sono tutto ciò che voglio": bevo fino a perdere il controllo di me stesso, sfogo i miei istinti senza pensare che sulle mie azioni ho una responsabilità, manco di rispetto a chi mi sta intorno e a me stesso.

A distanza di più di due mesi vorrei collegare il detto di questo docente con un'opera letteraria americana degli anni '30: Tender is the night di Scott Fitzgerald. Sembra che i comportamenti di Dick Diver, uno dei personaggi principali, possano essere ricondotti a disvalori contemporanei come "volo ergo sum". Dick è un pessimo marito. Però vorrei illustrarvi le scelte e l'immoralità di questo personaggio parlandovi invece della protagonista femminile del romanzo, l'affascinante Nicole Warren, sua moglie, che sostanzialmente, è la parte lesa e offesa. 

Nicole, nipote di un magnate della finanza di Chicago, è stata abusata dal padre a 12 anni, poco dopo la morte della madre. A 16 anni, a causa di una grave schizofrenia, era stata condotta presso una clinica di Zurigo in cui Dick Diver, suo connazionale, era già tra gli psicanalisti più rinomati e più dotati pur avendo 10 anni in più della sua paziente e pur avendo un ricordo ancora recente dell'Università. Nicole è praticamente una ragazzina senza famiglia: il padre è un depravato e la sorella una bugiarda egoista che non le ha mai voluto veramente bene. Con la sua ingenuità di adolescente profondamente ferita, vede in Dick, che la cura, un salvatore: lo idealizza. Dick acconsente, dopo pochi mesi di conoscenza, di sposarla, pur non amandola per davvero. A Dick piacciono soprattutto gli agi e le immense ricchezze della famiglia Warren. Non gli interessano né i talenti artistici di Nicole, dotata per il disegno e il canto (è un contralto) né l'intelligenza di Nicole, che parla fluentemente francese, italiano, spagnolo e tedesco. Con il denaro della moglie ragazzina può permettersi di lasciare la sua professione di psicanalista e di vivere nel lusso. Ma il denaro lo corrompe moralmente: più volte tradisce la moglie che nel frattempo è diventata madre di due figli. Lui e Nicole viaggiano molto in Europa, soprattutto in Francia e in Germania. Dick approfitta per sfogare i suoi istinti puramente sessuali ogni volta che gli si presenta l'occasione di una donna giovane e libera. Finché, sette anni dopo, non entra nelle loro vite Rosemary Hoyt, un'americana che sta debuttando nel mondo del cinema. Rosemary ha 18 anni, quindi, secondo l'ottica di Dick, Nicole, che nel frattempo è arrivata ai 24, è una "vecchietta" in confronto. Quindi Rosemary è più interessante. Nicole sospetta ci sia una storia tra Dick e la giovanissima attrice ma non urla e non fa l'isterica: reagisce con parole di sarcasmo e di amarezza ogni volta che è sola con Dick.

Tra l'altro Nicole Warren non nutre mai sentimenti di odio nei confronti della figura paterna. Passano gli anni. Quando Nicole scopre che il marito l'ha tradita anche con un'altra ex paziente, tenta il suicidio. La ragazza è in preda ad un collasso emozionale e a Dick non interessa, tant'è che si reca in vacanza a Roma dove incontra di nuovo Rosemary con cui ha rapporti ogni giorno senza veri sentimenti ma per pura attrazione fisica. Inoltre a Roma si ubriaca e viene coinvolto in una rissa. Dick picchia per il puro gusto di picchiare, non gli interessa chi ha di fronte, e così compie resistenza anche ai pubblici ufficiali di polizia. Dick ritorna in America per alcuni mesi ma, quando si reca in Francia in Costa Azzurra con la moglie, e lì sulla spiaggia c'è anche Rosemary (in accordo con Dick attraverso corrispondenze di lettere e cartoline), Nicole prende una grandiosa decisione a mio avviso: dopo una crisi di pianto telefona al suo migliore amico Tommy Barban, per metà francese e per metà americano e, per la prima volta, fa ciò che il marito ha fatto milioni di volte. D'altronde Tommy Barban è un altro tipo d'uomo: è un po' timido ma è ragionevole, sincero e semplice. Attendeva soltanto che Nicole convincesse se stessa a lasciare Dick. Grandioso è il discorso finale di Tommy a Dick: "Caro Dick, Nicole è stanca di te. E io aspettavo proprio che si stancasse di te. Lei non ti ama più e tu non l'hai mai amata per davvero". E, intorno ai 29 anni, Nicole Warren ricomincia una nuova vita, accanto a qualcuno che la ama per quello che è e non per quello che ha. E, dopo il divorzio, ottiene la custodia quasi esclusiva dei figli.

Libro costituito da personaggi deleteri, Tenera è la notte è tuttavia a mio avviso il libro che testimonia, anche più del Grande Gatsby, il degrado e il vuoto interiore delle classi sociali più alte negli Stati Uniti. La sovrabbondanza di denaro rende liberi di distaccarsi dall'etica, dalla morale, dalla correttezza e dal rispetto per l'altro.

Dick è quindi tutto ciò che di peggio vuole. Nicole lo intuisce e a lei il marito fa anche un po' pena per questo. Nonostante ciò, in lei, soprattutto negli ultimi cinque anni di matrimonio, c'è un'enorme sofferenza.

Bergson diceva: Pensa come uomo d'azione e agisci come uomo di pensiero. Oggi più che mai abbiamo bisogno di un pensiero cristiano che guidi l'azione politica al fine di migliorare le risorse a disposizione delle comunità, per una Gioia con le radici a forma di Croce.

Azione e pensiero dovrebbero in effetti essere complementari: il pensiero senza azione è una filosofia e un'intuizione fine a se stessa. Un'azione senza pensiero è facilmente di carattere irrazionale e può essere facilmente anti-etica e legata ad un individualismo esasperato.

Concludo il post con le mie risposte alle domande: A che cosa serve la politica secondo voi? Per quali motivi la fede dovrebbe aver a che fare con la politica? 

La politica serve ad agire 

secondo quello che dovrebbe essere il bene comune.

I suoi scopi sono: dialogare, anche con le persone rappresentate,

 ragionare sulle scelte da compiere,

discutere, attuare progetti.

La fede, essendo uno stile di vita, 

dovrebbe spingerci ad impegnarci

in campo sociale e politico 

e a coniugare 

l'etica con il pragmatismo, 

il rispetto della dignità umana

con la fiducia nel futuro.

(cit. Anna, marzo 2022, quarta lezione del laboratorio socio-politico diocesano)





15 giugno 2022

Storia del romanzo italiano (IV): da Goffredo Parise ai giorni nostri

Direi che è ora di chiudere la rassegna dei romanzieri e dei romanzi italiani. Avevo già trattato attraverso recensioni diversi libri e autori riassunti in queste ultime settimane, quindi, se mi leggete da almeno 5 anni, anche voi, prima di questa serie di post di Storia del romanzo italiano, un pochino avete conosciuto in particolar modo Manzoni, Fogazzaro, Pirandello, Buzzati, Pasolini e Calvino. E anche Goffredo Parise, il mio corregionale che è stato autore del Ragazzo morto e le comete, La grande vacanza, Il padrone.

Proprio da Parise volevo partire. Avrei dovuto inserirlo nel post di venerdì scorso, visto che ha esordito all'inizio degli anni Cinquanta. Ma, d'altra parte, molti autori italiani iniziano a scrivere negli anni Cinquanta e li troviamo ancora attivi negli anni Settanta-Ottanta.

E' il quarto ed ultimo post, ma è comunque impegnativo. Soprattutto per il fatto che, verso la fine, ricopierò le riflessioni di Gino Tellini, l'autore del mio manuale di riferimento, sul tempo in cui viviamo. E proverò a rifletterci anch'io.

Dalla prossima settimana ritornano i post corredati soprattutto da riflessioni mie, non soltanto da ciò che ho letto e studiato.

PARISE: DAL NEOREALISMO ALLA PERDITA DELL'IO

Parise era vicentino ed era soprattutto un giornalista. La sua carriera di autore attraversa diverse fasi: ha poco più di 20 anni quando esordisce con Il ragazzo morto e le comete (1951), romanzo neorealista il cui protagonista è un ragazzo di 15 anni, morto da poco, che viene ricordato molto frequentemente da altri adolescenti, come se fosse ancora presente tra loro. Anche qui, come nei romanzi del neorealismo, l'autore mette ben in evidenza la precarietà della vita delle classi più umili. Molto spesso il giovanissimo defunto è appellato con l'espressione "il ragazzo di 15 anni". 

Come nei romanzi neorealisti, nel Ragazzo morto e le comete l'italiano è caratterizzato da semplicità lessicale e sintattica e da fenomeni del parlato. 

Verso la fine degli anni Cinquanta si apre un nuovo periodo per la scrittura di Parise, che approda a dei contenuti che possano mettere in risalto la quotidianità e i vizi della borghesia veneta. Romanzi appartenenti a questa fase sono Il prete bello, Il fidanzamento, Amore e fervore.

E' del 1965 Il padrone, libro sulla vita d'azienda, sull'alienazione che comporta l'inserimento nel mondo produttivo industriale e sulla progressiva perdita di identità dell'io. Così si conclude il romanzo: con il matrimonio tra il giovane protagonista, vessato dal dottor Max, e una mongoloide, e la frase: Gli auguro una vita simile a quella del barattolo che in questo momento sua madre ha in mano, solo così nessuno potrà fargli del male.

Il padrone, come d'altronde Il crematorio di Vienna (1969), è una satira contro il mondo industriale.

Di Parise sono anche due raccolte di racconti: Sillabario n.1 e Sillabario n.2.

BIANCIARDI E IL BENESSERE CONSUMISTICO

Il benessere consumistico, l'integrazione degli intellettuali negli apparati del mercato finanziario sono tematiche molto presenti in Luciano Bianciardi, attivo soprattutto tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Sessanta: la sua narrativa è infatti satirica e sarcastica. Esempi di ciò sono I minatori della Maremma (1956), L'integrazione (1960) e La vita agra (1962).


MENEGHELLO E IL MICROCOSMO DI MALO

Anche Luigi Meneghello era veneto e vicentino. Il suo romanzo più famoso è Libera nos a Malo (1963), di impronta autobiografica: il microcosmo del paesino di Malo e la memoria dell'infanzia, insieme al ricordo della lotta partigiana nei dintorni di Asiago sono i contenuti di pagine improntate su uno stile semplice, con inserti dialettali. In questo modo l'autore ha evocato un mondo contadino che, come Pasolini sapeva già molto bene, stava morendo nell'Italia degli anni Sessanta.

RIEVOCAZIONI STORICHE NEL "GATTOPARDO"

Il Gattopardo, stampato nel 1958, è l'opera postuma di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che segna un caso isolato di ritorno al romanzo storico, precisamente, ambientato a metà Ottocento, con i moti rivoluzionari, la spedizione dei Mille e la nascita del Regno d'Italia. Il protagonista dominante è Fabrizio Corbera, principe di Salina, nel cui stemma è raffigurato un gattopardo. Fabrizio Corbera è apparentemente rigido e autoritario ma di fatto disincantato e malinconico, passivo osservatore di un mondo, il suo, che sta tramontando. Inizialmente questo romanzo non aveva suscitato grandi entusiasmi presso la nostra critica e presso gli altri autori. Calvino, non particolarmente ammirato, annota un'osservazione a mio avviso verissima a proposito del principe di Salina: L'anziano principe siciliano ci dice con intelligenza e finezza che non crede nel moto della storia. La sua elegia è tutta scetticismo e rinuncia.


LEONARDO SCIASCIA, LE INCHIESTE E L'OMERTA' MAFIOSA

Grande ammiratore di Alessandro Manzoni, Leonardo Sciascia, dalla Sicilia, predilige lo stile cronachistico, il genere giallo-poliziesco e le inchieste su dolorosi avvenimenti della nostra storia civile.

Al genere giallo-poliziesco, che sottolinea benissimo i silenzi e l'omertà mafiosa, appartengono: Il giorno della civetta (1961), A ciascuno il suo (1966) e Il contesto (1971). In ogni caso, il giallo di Sciascia non giunge mai a dare un vero volto ai colpevoli.

Del 1963 è invece il libro Il Consiglio d'Egitto, rievocazione storica dei privilegi nobiliari della Palermo settecentesca.

Infine, strettamente legati alla narrativa sono le inchieste di Sciascia e ne cito alcune:  Atti relativi alla morte di Raymound Roussel (1971), L'affaire Moro (1978), La scomparsa di Majorana (1975).

CARLO CASSOLA E L'IMPEGNO CIVILE

Romano di nascita, Carlo Cassola dapprima opta per una narrativa basata sull'impegno civile e di questa scelta sono testimoni romanzi come La ragazza di Bube (1960), La casa di Via Valadier (1956) e Fausto e Anna (1952).

Un cuore arido è invece un romanzo psicologico privo di riferimenti storico-politici ma caratterizzato da una banale routine quotidiana.

Il superstite invece, del 1978, è un atto d'accusa contro il militarismo.

GIANNI RODARI E LA LETTERATURA PER RAGAZZI NEL SECONDO NOVECENTO

Rodari inizia la sua carriera da autore di libri per bambini e ragazzi con Le avventure di Cipollino e Gelsomino nel paese dei bugiardi (anni '50) e in seguito, Favole al telefono. Soprattutto con la seconda opera Rodari si dimostra affascinato dal ribaltamento delle regole convenute: ho a casa Gelsomino nel paese dei bugiardi e ricordo che nel Paese dei bugiardi le cose funzionano al contrario, c'è una certa manipolazione linguistica: nelle cartolerie si vendono i prodotti alimentari e re Giacomone, che precedentemente era stato un pirata, per impedire che i sudditi parlassero delle sue imprese, ha stabilito che nessuno potesse più dire la verità, pena il carcere o il manicomio!


*Le principali autrici operative tra gli anni Sessanta e Settanta sono già state affrontate. Inquadro brevemente il contesto storico degli anni Settanta-Ottanta.

GLI ANNI SETTANTA E OTTANTA

Gli anni Settanta, immediatamente successivi al '68, anno della contestazione giovanile, non sono stati esattamente un bel periodo per il nostro stato: sono gli anni del terrorismo nero (di estrema destra) e del terrorismo rosso (di estrema sinistra). Le Brigate Rosse assassinano Aldo Moro nella primavera del 1978.

L'Italia è ormai omologata ai modelli americani. Eppure, qualcosa di positivo c'è in questi anni: la scolarizzazione, rispetto ai decenni scorsi, è aumentata e anche il piano dei diritti civili acquisisce più importanza. 

Tuttavia, aumenta l'individualismo e, come negli Stati Uniti, anche in Italia e in Europa si afferma la mentalità, caratterizzata da egoismo e dalla voglia di una grande libertà senza limiti, che può essere riassunta dal detto Volo ergo sum. Non è mia questa espressione ma del professor Zamagni, che è stato relatore di un convegno di economia etica alla nostra scuola di politica la mattina del 9 aprile a Verona. Quest'estate vorrei anche riportare i miei appunti a proposito di questa conferenza.

Comunque, negli anni Settanta, come anche nel decennio successivo, sono più frequenti le inchieste, i saggi e gli articoli di giornale. Emergono quindi giornalisti come Indro Montanelli, Oriana Fallaci, Gianni Brera, Eugenio Scalfari. Il romanzo quindi, come già negli anni '30, diviene secondario. Negli anni Ottanta, mentre il benessere e l'edonismo dilagano nell'epoca del governo Craxi, si afferma un nuovo autore, rappresentante più significativo del post-moderno italiano: mi riferisco a Umberto Eco.

Il post-moderno, ereditato dagli Stati Uniti, consiste nel rivisitare il passato con ironia: sembra che tutto sia già stato detto e quel che è importante è ridirlo giocando coscientemente e in modo ironico. L'io dei romanzi post-moderni non è finalizzato all'autoanalisi e angosciato dal caos della modernità ma un io sfiduciato a conoscersi oppure indifferente a conoscersi, che naviga nel caos. La verità diviene quindi un miraggio, o un'oasi nel deserto.

UMBERTO ECO E IL POST-MODERNO

Umberto Eco è autore e saggista. Il nome della rosa, del 1980, ha per protagonista il giovane Adso da Melk che racconta gli eventi di cui è stato testimone quando era novizio in un'abbazia benedettina cluniacense sui monti dell'Appennino toscano.

Quest'opera, ambientata alla fine dell'anno 1327, si presenta con l'espediente letterario del manoscritto ritrovato (scritto da Adso).


LA GLOBALIZZAZIONE, GLI ANNI NOVANTA E LE TENDENZE DEGLI ANNI DUEMILA:

Crolla il muro di Berlino (1989). Gli spostamenti internazionali divengono frequenti. Si avvia quindi il fenomeno della globalizzazione, prima di tutto economica e, in un momento successivo, tecnologica e social.

Quel che importa è la presenza dell'autore sul mercato, non i contenuti dei suoi libri. 

Emergono allora i lati più oscuri della vita, fatti di violenza e di pornografia. Di conseguenza, autori come Ammaniti, Moccia, Baricco, Houellebeck e Murakami ottengono successo e fama internazionale.

Ritengo però opportuno riportarvi le opinioni di Tellini a proposito degli anni Novanta e Duemila:

Il periodo che corre tra il 1993 e il 2011, ovvero, più o meno il ventennio berlusconiano, può definirsi l'età del degrado. Il fenomeno della globalizzazione come sviluppo di mercati senza confini, migrazioni internazionali, diffusione planetaria dell'informazione, ha acceso speranze di palingenesi mondiale, presto tramontate dinanzi a violenti squilibri economici e a violenti attentati terroristici (11 settembre 2001) che trasmettono insicurezza e panico. (...)

La società dei consumi produce eventi a ripetizione, una vera e propria "dittatura degli eventi" che sono presentati come occasioni eccezionali e irripetibili, ma di fatto sono il risultato di un'inflazione consumistica che tutto appiattisce. Il cosiddetto evento culturale diventa un prodotto usa e getta, da liquidare il più in fretta possibile e da buttare via. Ci sembra di essere super informati, di vivere in un villaggio globale dominato dall'accumulo dell'informazione, ma ci troviamo in realtà di fronte a un bagno incessante di risaputo, di mandato a memoria. La vita quotidiana è regolata dalla pubblicità camuffata da consiglio filantropico. Berlusconi è l'interprete, il maestro di questa umana pubblicità che comunica per slogan. (...) Anche la cultura letteraria è prigioniera del primato del "venduto" e "dell'acquistato".

Fa riflettere il parere di Tellini sulla nostra contemporaneità, fatta di cambiamenti repentini e rapidi. Il mondo del 1993 (io non c'ero!) penso fosse totalmente diverso da quello del 2011. Il 1993 è l'anno della distruzione del ponte di Mostar durante la guerra della Jugoslavia, il 2011 è stato, e questo me lo ricordo benissimo, sia l'anno del naufragio della Costa Concordia, favorito dalle competenze e dall'enorme senso di responsabilità del comandante Schettino che l'anno in cui il governo Berlusconi ha dato le dimissioni, con Napolitano Presidente della Repubblica (novembre 2011).

Nel 1993 c'erano le televisioni e il web, insieme ai computer, era riservato ai ricercatori universitari e agli studiosi del CERN. Nel 2011 i social e gli smartphone non soltanto esistono ma divengono pervasivi nella vita di noi adolescenti, ci danno già allora il diritto di offenderci gratuitamente, di simulare false identità, di formare gruppi contro qualche nostro coetaneo, di diventare aggressivi per cose da poco. Noi nati negli anni '90 siamo sostanzialmente degli scontenti. E' raro, e questo non lo dico soltanto io ma anche le statistiche, che i nati dal 1995 in poi, che tra l'altro non ricordano un mondo di tecnologie analogiche, abbiano sperimentato amicizie e rapporti affettivi stabili e sinceri. Lo smartphone è parte del nostro corpo.

Il mondo del 2022 è totalmente differente dal mondo del 2011. Si sta progettando il nucleare pulito, si stanno costruendo i primi hotel nello spazio e ci sono già i primi automi come camerieri in Giappone, in alcune città cinesi e statunitensi (elementi utopistici nel 2011). C'è stata la pandemia che noi giovani ricorderemo vita natural durante, dal momento che ha reso ancor più precaria la nostra vita, dal momento che ha provato a sminuire i nostri progetti e i nostri desideri, dal momento che ha reso ancor più evidenti le tensioni e le competizioni internazionali e l'enorme e inquietante problema del riscaldamento globale.

In noi giovani la pandemia ha lasciato delle ferite profonde. Già prima eravamo fragili dal punto di vista dei rapporti umani.

E' inutile che voi adulti ci critichiate continuamente come egoisti, chiusi, esigenti dal punto di vista lavorativo. Avete dei pregiudizi nei nostri confronti in campo lavorativo, pregiudizi tutti basati sul "non ha esperienza". E' colpa nostra se siamo giovani e quindi logicamente senza esperienza?! Voi non siete stati e non siete migliori di noi. Siete stati degli irresponsabili e ci state consegnando un mondo pieno di problemi. Non avete pensato a noi, ai nostri desideri di un minimo di stabilità economica, ai nostri progetti di famiglia, alle nostre fatiche e ai nostri sacrifici dal punto di vista degli studi e dei contratti a tempo determinato. 

Ai politici: non siete stati in grado di cogliere l'occasione, negli scorsi anni, di far diventare la globalizzazione un fenomeno di scambio culturale, di crescita umana oltre che economica. 

Tra poco rischia di scoppiare il conflitto Cina-Stati Uniti sulla questione Taiwan: tanto i potenti della Terra non sanno essere lungimiranti né diplomatici, non sanno pensare alle conseguenze drammatiche che una guerra può comportare per le popolazioni e per il mondo intero.

Non ci conoscete, ci giudicate e basta, ci ritenete disinteressati a questioni come la guerra arabo-israeliana, ci ritenete disinteressati alla politica e al bene comune (non è vero!), ci ritenete indifferenti nei confronti di religione e questioni etiche (anche qui, non è del tutto vero).  Non siamo proprio tutti egoisti, non siamo  esattamente tutti vuoti e senza emozioni, stiamo semplicemente lottando, in un precario presente, per quello in cui crediamo (almeno, noi giovani sani di mente). Per inaugurare, possibilmente, un futuro un po' migliore, più ecologico e... più umano. 

(Questa parte finale del post funge da introduzione al Convegno di Zamagni, quindi, alla prossima settimana con un po' di economia etica!)

10 giugno 2022

Storia del romanzo italiano (III): da Buzzati a Calvino

Negativa! E soprattutto... libera! Non ho al momento le energie di 10 giorni fa, ma pian piano ricomincio a vivere con tutti i miei impegni e nei prossimi giorni mi riprendo la mia vita sociale.

Che giornata limpida dalle mie parti... se fossi in forma al 100% sarei già in montagna.

Riparto dalla fine degli anni '20 per approdare all'inizio degli anni '60. In questo post è incluso anche Italo Calvino.

DINO BUZZATI E I PAESAGGI SUGGESTIVI:

I suoi principali romanzi sono tre. Esordisce, da neolaureato, con Bàrnabo delle montagne, ambientato per lo più nella Valle del Grave. La montagna è qui luogo di leggende, di favole, ma è anche luogo di confine, di ripidezza (le crode) e di immobilità. Il protagonista è Bàrnabo e fa parte del gruppo dei guardiaboschi incaricati di sorvegliare una vecchia polveriera carica di munizioni, poco distante dal paesino di San Nicola. I briganti però ci sono davvero e uccidono il capo dei guardiaboschi. Bàrnabo inizialmente fugge, lascia il posto di guardia e l'uniforme e scende temporaneamente in pianura.

Però Bàrnabo ritorna alle montagne verso la fine del romanzo, solo e senza onori. Però, quando i briganti ricompaiono, arriva per il protagonista la possibilità di riscattarsi.

Buzzati ha 29 anni quando fa pubblicare Il segreto del Bosco Vecchio, romanzo in cui le descrizioni dei paesaggi di montagna e boschivi trasmettono le emozioni che i paesaggi stessi suscitano in chi li osserva. Oltre a ciò, la natura è caratterizzata anche da personificazioni naturali (il Vento Matteo, ad esempio) e da caratteri magici. Anzi, si potrebbe affermare che qui il fantastico è la trasfigurazione del quotidiano.

Certo, l'incipit di quest'opera è quasi di stampo cronachistico e fornisce indicazioni precise ai lettori:

E' noto che il colonnello Sebastiano Procolo venne a stabilirsiin Valle di Fondo nella primavera del 1925. Lo zio Antonio Morro, morendo, gli aveva lasciato parte di una grandissima tenuta boschiva a dieci chilometri dal paese.

Non posso infine dimenticare Il deserto dei Tartari, opera della maturità e una delle mie più recenti letture (arriverà anche questa recensione). Introduco qui le tematiche principali di quest'opera con una premessa biblica. Già nel Nuovo Testamento il deserto appare come luogo di attesa: Giovanni il Battista si prepara all'avvento del Signore (Mc 1, 3):

Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. 
Come è scritto nel profeta Isaia:
Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te,
egli ti preparerà la strada.
Voce di uno che grida nel deserto:
preparate la strada del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri.

Anche in Buzzati il deserto è fatto di questo indefinito senso di attesa, dove il più piccolo evento può divenire presagio di un evento molto più grande. I soldati che operano all'interno della Fortezza Bastiani, circondata da un paesaggio monotono, attendono per anni l'arrivo dei nemici e talvolta nutrono le loro speranze ricorrendo alla leggenda dei Tartari, che anticamente forse hanno combattuto dalle parti della Fortezza. Per Giovanni Drogo, protagonista che butta via l'intera esistenza, il deserto rimanda all'aridità d'animo, all'incapacità di scegliere e di voler vivere. Dice infatti Gino Tellini: (...) l'attesa di Giovanni Drogo nella Fortezza Bastiani annulla il presente e rende non vissuta la vita.

Per collegamenti e approfondimenti sul Deserto dei Tartari ci vedremo tra qualche settimana.

ALBERTO MORAVIA E IL "MONDO BORGHESE MALATO": 

Era il marito di Elsa Morante. Lo è stato per un certo periodo. Nelle sue opere questo autore evidenzia la decadenza morale della borghesia e di questa classe sociale delinea un ritratto sconfortante fatto di estremo interesse per il denaro, di indifferenza verso gli altri e di frenesia sessuale. Le relazioni 

Gli indifferenti (1929) è un romanzo su relazioni non autentiche, su personaggi-automi e indifferenti a Dio, soggetti ai poteri economici. La vita di cui Leo, Mariagrazia, Michele e Carla sono prigionieri è una vita contrassegnata dalla mediocrità.

GLI ANNI '30: ROMANZO ROSA E ROMANZO COLONIALE

Con l'ascesa al potere del Fascismo si incrementano i generi di intrattenimento: il romanzo rosa e il romanzo coloniale ambientato in Africa e imperniato di propaganda politica. Nel 1936 in effetti Mussolini conquista l'Etiopia. E D'Annunzio celebra queste imprese con titoli in latino ai suoi romanzi in italiano: uno di questi è Teneo te Africa (1937). I contenuti di questo romanzo sono, per i nostri giorni, agghiaccianti: L'Italia ha finalmente il suo impero. Impero fascista, perché porta i segni indistruttibili della volontà e della potenza del Littorio romano.

Il romanzo rosa, destinato soprattutto ad un pubblico femminile borghese, è spesso ambientato in case ricche e pulite con protagoniste istintive che esasperano i loro sentimenti ma sempre rispettose delle loro famiglie di origine e della fedeltà. Molti di questi romanzi si concludono con il matrimonio.

Tra il 1929 e il 1935 si diffondono inoltre anche i romanzi gialli europei e i romanzi polizieschi (Simenon, L'Uomo che guardava passare i treni, Van Dine, La strana morte del signor Benson, Wallace, L'uomo dai due corpi).

IL NEOREALISMO (1945-1955):

Nella prima metà degli anni '40 c'è pochissimo tempo e poca voglia per la letteratura. C'è la guerra. Ci sono i bombardamenti notturni, tra il '43 e il '45 l'Italia è divisa e regna un clima di terrore: a nord ci sono i fascisti, molto violenti con i partigiani, e il sud è stato liberato dagli Alleati. Fiorisce la poesia di Quasimodo, Ungaretti e Saba sono ancora attivi, ma qui non si parla di poesia. Questa è Storia del romanzo italiano.

L'Italia esce sconfitta dalla guerra. Eppure, nonostante la povertà, la precarietà dell'esistenza, la fame, si diffonde una sorta di fervore ricostruttivo. Guerra e dittatura sono finite, si apre una nuova fase storica. 

Ecco dunque che il Neorealismo lo si può definire un movimento culturale e letterario ottimista che spera di ricostruire la cultura dalle macerie, prestando attenzione all'impegno civile, valorizzando le imprese dei partigiani che hanno lottato per la libertà e per la democrazia. In questo filone letterario si inserisce anche la memoria della Shoah e il dovere di non dimenticare, con Primo Levi e le sue opere Se questo è un uomo, La tregua, I sommersi e i salvati. 

Così Natalia Ginzburg definisce il Neorealismo: I romanzieri, negli anni del Fascismo, avevano digiunato, non essendovi molte parole che fosse consentito usare (...). Ora c'erano di nuovo molte parole in circolazione e la realtà appariva di nuovo a portata di mano... Ma poi avvenne che la realtà si rivelò complessa e oscura, indecifrabile non meno che il mondo dei sogni.

Tra gli autori vorrei ricordare Renata Viganò, infermiera emiliana, con il suo unico romanzo L'Agnese va a morire. Si tratta di un romanzo di ispirazione biografica. Dopo la morte del marito, Agnese aiuta i partigiani, ospitandoli anche a casa sua. Diventa l'organizzatrice delle staffette partigiane e nutre un odio profondo per i fascisti che hanno catturato e deportato il marito filo-comunista.

Elio Vittorini è autore di Uomini e no, opera sulla lotta partigiana a Milano. Inoltre in Elio Vittorini è ricorrente il motivo del viaggio (in Conversazione in Sicilia e nelle Città del mondo) come processo conoscitivo, scoperta del mondo e itinerario dentro la coscienza. Questo autore ha coltivato il mito americano: vedeva gli Stati Uniti come "terra di energia e di profitto".

Con il Neorealismo è importante chiarire che l'italiano scritto va incontro ad un processo di semplificazione lessicale e sintattica: la paratassi prevale sull'ipotassi, vengono eliminati i termini aulici e quasi del tutto anche i latinismi, si inseriscono parole derivate dal dialetto o dall'inglese. Quel che conta è illustrare le fatiche degli umili e arrivare a loro con una scrittura semplice, nella quale si inseriscono i fenomeni del parlato (dislocazioni e ridondanze pronominali, che polivalenti).

CESARE PAVESE E LA TRAGICITA' DEGLI EVENTI :

Ecco, Pavese era depresso. I critici della nostra letteratura sostengono che la sua depressione si sia aggravata dopo la morte di Leone Ginzburg nelle carceri di Regina Coeli. Erano molto amici. Eppure i suoi diversi romanzi non mi dispiacciono. C'è un certo fascino. Pavese rivela le abiezioni umane ma ama il mito e l'introspezione, come me.

Il primo è Paesi tuoi (1941), ambientato nelle Langhe. Berto e Tadino, i due protagonisti, sono rispettivamente un meccanico e un contadino che escono dal carcere. In questo romanzo la campagna è un ambiente che accoglie la violenza e l'immoralità umana. Qui in effetti c'è il tema dell'incesto e... dell'omicidio.

Se la campagna, come d'altronde nel suo più famoso romanzo La luna e i falò (1947), è teatro della brutalità umana, la città è invece luogo di impegno politico e civile. Nella Luna e i falò il protagonista è Anguilla che, dopo essere stato in America,
ritorna nelle Langhe, dove fa fatica a ri-ambientarsi dal momento che si rende conto che la realtà è molto cambiata rispetto a vent'anni prima. Gran parte della narrazione è strutturata sull'alternanza tra passato e presente.  La morte, in questo libro, è in stretta correlazione con la terra: morire significa ritornare ad essere terra e quindi ad essere immobili.

Vorrei menzionare altre due opere di Pavese che ho letto: La casa in collina (1949), sulla resistenza partigiana e sull'occupazione tedesca certamente ma anche sull'incapacità di Corrado, professore e protagonista, di prendere parte alla tragicità della storia: in effetti alla fine del romanzo si rifugia in montagna in quella che è stata la casa dei suoi genitori, come a cercare un riparo dalla storia.

La spiaggia (1939), che prevede la centralità di due coniugi, Doro e Clelia, ritrae una gioventù alto-borghese immatura che sembra vivere un eterno presente. La gravidanza di Clelia indurrà lei e il marito a riflettere sul loro rapporto.

VASCO PRATOLINI: L'AUTOBIOGRAFIA E IL ROMANZO SOCIALE

Negli anni scorsi ho recensito sia Il Quartiere sia Cronaca familiare.

Il Quartiere, romanzo uscito nel 1945, è un'opera che si concentra sulla formazione sentimentale e politica di Valerio, un adolescente che vive nei quartieri popolari di Firenze. Le vicende storiche qui fungono da sfondo. E' inoltre molto importante la collettività del quartiere: Valerio è la voce narrante ed esprime pensieri e sentimenti non soltanto suoi ma di tutti coloro che lo circondano.

Metello (1955) è invece un romanzo in cui il giovane operaio protagonista prende coscienza della sua condizione proprio quando si diffondono le idee socialiste, a fine Ottocento.

Cronaca familiare (1947) infine è un'autobiografia dedicata alla breve vita del fratello di Vasco, adottato, a causa della povertà e di drammatiche vicende familiari (la morte della madre di febbre spagnola), da una nobile e fredda famiglia. Vasco, che ha dovuto studiare e lavorare per guadagnarsi il posto di insegnante di Lettere presso le scuole superiori, invidia gli agi del fratello, fino a che Vasco e Ferruccio, diventati dei giovani-adulti, non si incontrano e dialogano, creando un rapporto forte e di empatia che da bambini non hanno mai avuto.

LE PRINCIPALI AUTRICI DEL PIENO NOVECENTO:

A) ELSA MORANTE: LA STORIA E LA FINE DEI MITI D'INFANZIA 

Descritta nelle biografie sulla Ginzburg come superba, altezzosa, iper-critica nei confronti degli altri, Elsa è autrice della Storia, opera in cui è ben visibile la crudeltà umana negli anni del secondo conflitto mondiale. Ida, rimasta vedova, è la protagonista e il figlio Giuseppe è stato generato da uno stupro. Questo romanzo presenta una visione fatalista della storia ma è anche una testimonianza della forza d'animo della protagonista.

La Morante, operativa soprattutto negli anni '50 nel panorama letterario, è inoltre autrice dell'Isola di Arturo: il protagonista, orfano di madre che vive sull'isola di Procida, finisce per innamorarsi della matrigna (dopo aver provato per lei sentimenti contrastanti), di pochi anni più grande di lui. 

Quando ne viene respinto, fugge e l'isola felice in cui è cresciuto smette di essere tale.

B) NATALIA GINZBURG E I RAPPORTI FAMILIARI:

Lei si chiama in realtà "Levi", ma per gran parte della sua carriera letteraria si è firmata con il cognome del primo marito. 

Dice Tellini di lei: La sua idea di scrittura è un'idea invernale, da ramo spoglio, "povera", se possibile, per ossimoro, un'idea musicale ma silenziosa.

Ad ogni modo, la famiglia, sia nei suoi romanzi che nelle sue commedie, è sempre presente e risulta un microcosmo affollato di affetti, abitudini, conflitti, egoismi 8La voci della sera, Lessico famigliare).

Però dagli anni '70 qualcosa cambia: infatti i romanzi Caro Michele, Famiglia e Borghesia, La città e la casa testimoniano rapporti deboli tra i componenti di un nucleo familiare, fatti di infedeltà, non di legami autentici. Tutti sono lontani, psicologicamente ma anche fisicamente.

PIER PAOLO PASOLINI E L'INTERESSE PER IL SOTTOPROLETARIATO:

Il penultimo autore per oggi. Poi inserisco anche Calvino in questo excursus, per questioni cronologiche non avrebbe senso spostarlo al quarto post. Certo è vero che Natalia Ginzburg ed Elsa Morante sono attive e operative tra gli anni Sessanta e Settanta. Ma va bene così il decennio '60-'70 è ricco anche di altre forme letterarie e verso la metà della prossima settimana concludo la rassegna.

Come romanziere Pasolini si afferma con Ragazzi di vita (1955): qui l'autore si concentra sul degrado economico, culturale e morale delle periferie romane, mettendo l'accento sull'emarginazione sociale subita soprattutto dagli adolescenti, privi di educazione. Per Pasolini, la metà degli anni Cinquanta è ben lontana dall'aver cancellato miseria e degrado urbanistico. Così egli stesso affermava: 

La miseria, l'indigenza, l'ansia, la corruzione non sono affatto diminuiti: anzi, sono aumentati. Parlare di benessere (di quel relativo benessere che consiste poi nel non morire di fame) è un insulto Viviamo in cuore alla mistificazione e all'ipocrisia. Se fossi un profeta farei ben tristi profezie.

La letteratura, il cinema e gli articoli di giornale di Pasolini sono una critica dura al conformismo borghese.

Ricorderete bene che negli anni Cinquanta si diffondono presso le case le televisioni e i frigoriferi. L'edilizia si sviluppa in tutta Europa, nonostante la guerra fredda e le tensioni tra Stati Uniti e Urss, ben visibili durante la guerra delle due Coree e la divisione di Berlino. Tuttavia, le disuguaglianze economiche e sociali rimangono.

Alle soglie degli anni '60 Pasolini fa pubblicare Una vita violenta. Qui il personaggio principale è Tommaso Puzzilli, giovane che vive in una baracca all'estrema periferia di Roma. Tommaso, coinvolto in una rissa, finisce in carcere. Quando esce si iscrive al PCI e cerca un lavoro, in attesa di fondare una famiglia con Irene, la ragazza che ama. Ma non riesce a realizzare il suo sogno: innanzitutto è malato di tubercolosi e un giorno annega nel Tevere nell'intento di salvare la vita di una prostituta.

ITALO CALVINO TRA IMPEGNO CIVILE E IL FILONE FANTASTICO:

Calvino esordisce alla fine degli anni Quaranta. Dopo i primi due libri di stampo neorealista (Il sentiero dei nidi di ragno e Ultimo viene il corvo), l'autore approda al filone fantastico con la famosa trilogia Il visconte dimezzato, Il barone rampante e Il cavaliere inesistente. 

Il visconte dimezzato è ambientato tra Boemia e Italia a metà Settecento. Medardo di Terralba, visconte soldato dell'impero austriaco, viene diviso in due metà da una palla di cannone. E così "Il Buono" e "il Cattivo" sono due mezzi personaggi rappresentanti, rispettivamente, del bene e del male.

Il barone rampante riguarda invece l'esistenza, trascorsa quasi del tutto sugli alberi, di Cosimo Piovasco di Rondò, che sceglie un atteggiamento di distacco dal mondo. Cosimo rappresenta l'intellettuale neo-illuminista, l'individuo libero dai pregiudizi, dotato di spirito critico, profondo osservatore della realtà. Alla fine del libero, dopo essersi ammalato, si aggrappa alla corda di una mongolfiera ed esce di scena.


Il cavaliere inesistente ha per protagonista Agilulfo, paladino di Carlo Magno ridotto ad una vuota armatura. Non esiste. E questo costituisce l'emblema dell'uomo contemporaneo svuotato di certezze, spesso definito soltanto per il ruolo professionale che ricopre.

Fa parte del filone fantastico anche l'opera, del 1972, intitolata Le città invisibili, dove le città, molte delle quali hanno  nomi di donne e caratteristiche o irreali oppure appartenenti al mondo delle fiabe.

Infine, Palomar, opera che si colloca quasi a metà degli anni Ottanta, ci offre un protagonista che osserva la realtà in modo quasi maniacale, molto molto dettagliato. Da queste osservazioni scaturiscono riflessioni sul cosmo, sul tempo e sulla vita.