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15 giugno 2022

Storia del romanzo italiano (IV): da Goffredo Parise ai giorni nostri

Direi che è ora di chiudere la rassegna dei romanzieri e dei romanzi italiani. Avevo già trattato attraverso recensioni diversi libri e autori riassunti in queste ultime settimane, quindi, se mi leggete da almeno 5 anni, anche voi, prima di questa serie di post di Storia del romanzo italiano, un pochino avete conosciuto in particolar modo Manzoni, Fogazzaro, Pirandello, Buzzati, Pasolini e Calvino. E anche Goffredo Parise, il mio corregionale che è stato autore del Ragazzo morto e le comete, La grande vacanza, Il padrone.

Proprio da Parise volevo partire. Avrei dovuto inserirlo nel post di venerdì scorso, visto che ha esordito all'inizio degli anni Cinquanta. Ma, d'altra parte, molti autori italiani iniziano a scrivere negli anni Cinquanta e li troviamo ancora attivi negli anni Settanta-Ottanta.

E' il quarto ed ultimo post, ma è comunque impegnativo. Soprattutto per il fatto che, verso la fine, ricopierò le riflessioni di Gino Tellini, l'autore del mio manuale di riferimento, sul tempo in cui viviamo. E proverò a rifletterci anch'io.

Dalla prossima settimana ritornano i post corredati soprattutto da riflessioni mie, non soltanto da ciò che ho letto e studiato.

PARISE: DAL NEOREALISMO ALLA PERDITA DELL'IO

Parise era vicentino ed era soprattutto un giornalista. La sua carriera di autore attraversa diverse fasi: ha poco più di 20 anni quando esordisce con Il ragazzo morto e le comete (1951), romanzo neorealista il cui protagonista è un ragazzo di 15 anni, morto da poco, che viene ricordato molto frequentemente da altri adolescenti, come se fosse ancora presente tra loro. Anche qui, come nei romanzi del neorealismo, l'autore mette ben in evidenza la precarietà della vita delle classi più umili. Molto spesso il giovanissimo defunto è appellato con l'espressione "il ragazzo di 15 anni". 

Come nei romanzi neorealisti, nel Ragazzo morto e le comete l'italiano è caratterizzato da semplicità lessicale e sintattica e da fenomeni del parlato. 

Verso la fine degli anni Cinquanta si apre un nuovo periodo per la scrittura di Parise, che approda a dei contenuti che possano mettere in risalto la quotidianità e i vizi della borghesia veneta. Romanzi appartenenti a questa fase sono Il prete bello, Il fidanzamento, Amore e fervore.

E' del 1965 Il padrone, libro sulla vita d'azienda, sull'alienazione che comporta l'inserimento nel mondo produttivo industriale e sulla progressiva perdita di identità dell'io. Così si conclude il romanzo: con il matrimonio tra il giovane protagonista, vessato dal dottor Max, e una mongoloide, e la frase: Gli auguro una vita simile a quella del barattolo che in questo momento sua madre ha in mano, solo così nessuno potrà fargli del male.

Il padrone, come d'altronde Il crematorio di Vienna (1969), è una satira contro il mondo industriale.

Di Parise sono anche due raccolte di racconti: Sillabario n.1 e Sillabario n.2.

BIANCIARDI E IL BENESSERE CONSUMISTICO

Il benessere consumistico, l'integrazione degli intellettuali negli apparati del mercato finanziario sono tematiche molto presenti in Luciano Bianciardi, attivo soprattutto tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Sessanta: la sua narrativa è infatti satirica e sarcastica. Esempi di ciò sono I minatori della Maremma (1956), L'integrazione (1960) e La vita agra (1962).


MENEGHELLO E IL MICROCOSMO DI MALO

Anche Luigi Meneghello era veneto e vicentino. Il suo romanzo più famoso è Libera nos a Malo (1963), di impronta autobiografica: il microcosmo del paesino di Malo e la memoria dell'infanzia, insieme al ricordo della lotta partigiana nei dintorni di Asiago sono i contenuti di pagine improntate su uno stile semplice, con inserti dialettali. In questo modo l'autore ha evocato un mondo contadino che, come Pasolini sapeva già molto bene, stava morendo nell'Italia degli anni Sessanta.

RIEVOCAZIONI STORICHE NEL "GATTOPARDO"

Il Gattopardo, stampato nel 1958, è l'opera postuma di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che segna un caso isolato di ritorno al romanzo storico, precisamente, ambientato a metà Ottocento, con i moti rivoluzionari, la spedizione dei Mille e la nascita del Regno d'Italia. Il protagonista dominante è Fabrizio Corbera, principe di Salina, nel cui stemma è raffigurato un gattopardo. Fabrizio Corbera è apparentemente rigido e autoritario ma di fatto disincantato e malinconico, passivo osservatore di un mondo, il suo, che sta tramontando. Inizialmente questo romanzo non aveva suscitato grandi entusiasmi presso la nostra critica e presso gli altri autori. Calvino, non particolarmente ammirato, annota un'osservazione a mio avviso verissima a proposito del principe di Salina: L'anziano principe siciliano ci dice con intelligenza e finezza che non crede nel moto della storia. La sua elegia è tutta scetticismo e rinuncia.


LEONARDO SCIASCIA, LE INCHIESTE E L'OMERTA' MAFIOSA

Grande ammiratore di Alessandro Manzoni, Leonardo Sciascia, dalla Sicilia, predilige lo stile cronachistico, il genere giallo-poliziesco e le inchieste su dolorosi avvenimenti della nostra storia civile.

Al genere giallo-poliziesco, che sottolinea benissimo i silenzi e l'omertà mafiosa, appartengono: Il giorno della civetta (1961), A ciascuno il suo (1966) e Il contesto (1971). In ogni caso, il giallo di Sciascia non giunge mai a dare un vero volto ai colpevoli.

Del 1963 è invece il libro Il Consiglio d'Egitto, rievocazione storica dei privilegi nobiliari della Palermo settecentesca.

Infine, strettamente legati alla narrativa sono le inchieste di Sciascia e ne cito alcune:  Atti relativi alla morte di Raymound Roussel (1971), L'affaire Moro (1978), La scomparsa di Majorana (1975).

CARLO CASSOLA E L'IMPEGNO CIVILE

Romano di nascita, Carlo Cassola dapprima opta per una narrativa basata sull'impegno civile e di questa scelta sono testimoni romanzi come La ragazza di Bube (1960), La casa di Via Valadier (1956) e Fausto e Anna (1952).

Un cuore arido è invece un romanzo psicologico privo di riferimenti storico-politici ma caratterizzato da una banale routine quotidiana.

Il superstite invece, del 1978, è un atto d'accusa contro il militarismo.

GIANNI RODARI E LA LETTERATURA PER RAGAZZI NEL SECONDO NOVECENTO

Rodari inizia la sua carriera da autore di libri per bambini e ragazzi con Le avventure di Cipollino e Gelsomino nel paese dei bugiardi (anni '50) e in seguito, Favole al telefono. Soprattutto con la seconda opera Rodari si dimostra affascinato dal ribaltamento delle regole convenute: ho a casa Gelsomino nel paese dei bugiardi e ricordo che nel Paese dei bugiardi le cose funzionano al contrario, c'è una certa manipolazione linguistica: nelle cartolerie si vendono i prodotti alimentari e re Giacomone, che precedentemente era stato un pirata, per impedire che i sudditi parlassero delle sue imprese, ha stabilito che nessuno potesse più dire la verità, pena il carcere o il manicomio!


*Le principali autrici operative tra gli anni Sessanta e Settanta sono già state affrontate. Inquadro brevemente il contesto storico degli anni Settanta-Ottanta.

GLI ANNI SETTANTA E OTTANTA

Gli anni Settanta, immediatamente successivi al '68, anno della contestazione giovanile, non sono stati esattamente un bel periodo per il nostro stato: sono gli anni del terrorismo nero (di estrema destra) e del terrorismo rosso (di estrema sinistra). Le Brigate Rosse assassinano Aldo Moro nella primavera del 1978.

L'Italia è ormai omologata ai modelli americani. Eppure, qualcosa di positivo c'è in questi anni: la scolarizzazione, rispetto ai decenni scorsi, è aumentata e anche il piano dei diritti civili acquisisce più importanza. 

Tuttavia, aumenta l'individualismo e, come negli Stati Uniti, anche in Italia e in Europa si afferma la mentalità, caratterizzata da egoismo e dalla voglia di una grande libertà senza limiti, che può essere riassunta dal detto Volo ergo sum. Non è mia questa espressione ma del professor Zamagni, che è stato relatore di un convegno di economia etica alla nostra scuola di politica la mattina del 9 aprile a Verona. Quest'estate vorrei anche riportare i miei appunti a proposito di questa conferenza.

Comunque, negli anni Settanta, come anche nel decennio successivo, sono più frequenti le inchieste, i saggi e gli articoli di giornale. Emergono quindi giornalisti come Indro Montanelli, Oriana Fallaci, Gianni Brera, Eugenio Scalfari. Il romanzo quindi, come già negli anni '30, diviene secondario. Negli anni Ottanta, mentre il benessere e l'edonismo dilagano nell'epoca del governo Craxi, si afferma un nuovo autore, rappresentante più significativo del post-moderno italiano: mi riferisco a Umberto Eco.

Il post-moderno, ereditato dagli Stati Uniti, consiste nel rivisitare il passato con ironia: sembra che tutto sia già stato detto e quel che è importante è ridirlo giocando coscientemente e in modo ironico. L'io dei romanzi post-moderni non è finalizzato all'autoanalisi e angosciato dal caos della modernità ma un io sfiduciato a conoscersi oppure indifferente a conoscersi, che naviga nel caos. La verità diviene quindi un miraggio, o un'oasi nel deserto.

UMBERTO ECO E IL POST-MODERNO

Umberto Eco è autore e saggista. Il nome della rosa, del 1980, ha per protagonista il giovane Adso da Melk che racconta gli eventi di cui è stato testimone quando era novizio in un'abbazia benedettina cluniacense sui monti dell'Appennino toscano.

Quest'opera, ambientata alla fine dell'anno 1327, si presenta con l'espediente letterario del manoscritto ritrovato (scritto da Adso).


LA GLOBALIZZAZIONE, GLI ANNI NOVANTA E LE TENDENZE DEGLI ANNI DUEMILA:

Crolla il muro di Berlino (1989). Gli spostamenti internazionali divengono frequenti. Si avvia quindi il fenomeno della globalizzazione, prima di tutto economica e, in un momento successivo, tecnologica e social.

Quel che importa è la presenza dell'autore sul mercato, non i contenuti dei suoi libri. 

Emergono allora i lati più oscuri della vita, fatti di violenza e di pornografia. Di conseguenza, autori come Ammaniti, Moccia, Baricco, Houellebeck e Murakami ottengono successo e fama internazionale.

Ritengo però opportuno riportarvi le opinioni di Tellini a proposito degli anni Novanta e Duemila:

Il periodo che corre tra il 1993 e il 2011, ovvero, più o meno il ventennio berlusconiano, può definirsi l'età del degrado. Il fenomeno della globalizzazione come sviluppo di mercati senza confini, migrazioni internazionali, diffusione planetaria dell'informazione, ha acceso speranze di palingenesi mondiale, presto tramontate dinanzi a violenti squilibri economici e a violenti attentati terroristici (11 settembre 2001) che trasmettono insicurezza e panico. (...)

La società dei consumi produce eventi a ripetizione, una vera e propria "dittatura degli eventi" che sono presentati come occasioni eccezionali e irripetibili, ma di fatto sono il risultato di un'inflazione consumistica che tutto appiattisce. Il cosiddetto evento culturale diventa un prodotto usa e getta, da liquidare il più in fretta possibile e da buttare via. Ci sembra di essere super informati, di vivere in un villaggio globale dominato dall'accumulo dell'informazione, ma ci troviamo in realtà di fronte a un bagno incessante di risaputo, di mandato a memoria. La vita quotidiana è regolata dalla pubblicità camuffata da consiglio filantropico. Berlusconi è l'interprete, il maestro di questa umana pubblicità che comunica per slogan. (...) Anche la cultura letteraria è prigioniera del primato del "venduto" e "dell'acquistato".

Fa riflettere il parere di Tellini sulla nostra contemporaneità, fatta di cambiamenti repentini e rapidi. Il mondo del 1993 (io non c'ero!) penso fosse totalmente diverso da quello del 2011. Il 1993 è l'anno della distruzione del ponte di Mostar durante la guerra della Jugoslavia, il 2011 è stato, e questo me lo ricordo benissimo, sia l'anno del naufragio della Costa Concordia, favorito dalle competenze e dall'enorme senso di responsabilità del comandante Schettino che l'anno in cui il governo Berlusconi ha dato le dimissioni, con Napolitano Presidente della Repubblica (novembre 2011).

Nel 1993 c'erano le televisioni e il web, insieme ai computer, era riservato ai ricercatori universitari e agli studiosi del CERN. Nel 2011 i social e gli smartphone non soltanto esistono ma divengono pervasivi nella vita di noi adolescenti, ci danno già allora il diritto di offenderci gratuitamente, di simulare false identità, di formare gruppi contro qualche nostro coetaneo, di diventare aggressivi per cose da poco. Noi nati negli anni '90 siamo sostanzialmente degli scontenti. E' raro, e questo non lo dico soltanto io ma anche le statistiche, che i nati dal 1995 in poi, che tra l'altro non ricordano un mondo di tecnologie analogiche, abbiano sperimentato amicizie e rapporti affettivi stabili e sinceri. Lo smartphone è parte del nostro corpo.

Il mondo del 2022 è totalmente differente dal mondo del 2011. Si sta progettando il nucleare pulito, si stanno costruendo i primi hotel nello spazio e ci sono già i primi automi come camerieri in Giappone, in alcune città cinesi e statunitensi (elementi utopistici nel 2011). C'è stata la pandemia che noi giovani ricorderemo vita natural durante, dal momento che ha reso ancor più precaria la nostra vita, dal momento che ha provato a sminuire i nostri progetti e i nostri desideri, dal momento che ha reso ancor più evidenti le tensioni e le competizioni internazionali e l'enorme e inquietante problema del riscaldamento globale.

In noi giovani la pandemia ha lasciato delle ferite profonde. Già prima eravamo fragili dal punto di vista dei rapporti umani.

E' inutile che voi adulti ci critichiate continuamente come egoisti, chiusi, esigenti dal punto di vista lavorativo. Avete dei pregiudizi nei nostri confronti in campo lavorativo, pregiudizi tutti basati sul "non ha esperienza". E' colpa nostra se siamo giovani e quindi logicamente senza esperienza?! Voi non siete stati e non siete migliori di noi. Siete stati degli irresponsabili e ci state consegnando un mondo pieno di problemi. Non avete pensato a noi, ai nostri desideri di un minimo di stabilità economica, ai nostri progetti di famiglia, alle nostre fatiche e ai nostri sacrifici dal punto di vista degli studi e dei contratti a tempo determinato. 

Ai politici: non siete stati in grado di cogliere l'occasione, negli scorsi anni, di far diventare la globalizzazione un fenomeno di scambio culturale, di crescita umana oltre che economica. 

Tra poco rischia di scoppiare il conflitto Cina-Stati Uniti sulla questione Taiwan: tanto i potenti della Terra non sanno essere lungimiranti né diplomatici, non sanno pensare alle conseguenze drammatiche che una guerra può comportare per le popolazioni e per il mondo intero.

Non ci conoscete, ci giudicate e basta, ci ritenete disinteressati a questioni come la guerra arabo-israeliana, ci ritenete disinteressati alla politica e al bene comune (non è vero!), ci ritenete indifferenti nei confronti di religione e questioni etiche (anche qui, non è del tutto vero).  Non siamo proprio tutti egoisti, non siamo  esattamente tutti vuoti e senza emozioni, stiamo semplicemente lottando, in un precario presente, per quello in cui crediamo (almeno, noi giovani sani di mente). Per inaugurare, possibilmente, un futuro un po' migliore, più ecologico e... più umano. 

(Questa parte finale del post funge da introduzione al Convegno di Zamagni, quindi, alla prossima settimana con un po' di economia etica!)

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